Trash week end (6) (Tanti auguri a me!)

Avevo pensato di saltarlo, il Trash week end di oggi, per quello che è successo a Fabrizio. Però poi mi sono detto che questo blog, che in tanti considerano superficiale almeno quanto il suo autore, forse ora come non mai poteva tirar fuori qualche risata, che non vuol dire essere irrispettosi, ma solo provare a reagire. E quindi il Trash week end si fa e, come vedrete sarà un TWE molto, ma molto trash. Come al solito si parte da voi.
Godeliano mi segnala il reality di punta della nuova stagione canalecinquesca: Il ballo delle (de)buttanti, ideato e prodotto (ma non condotto) da (ma va?!) Maria De Filippi. A presentarlo sarà la debuttante Rita Dalla Chiesa, per lei una grande emozione la sua prima esperienza in TV. In bocca al lupo Rita! (Maria, quando produci qualcosa che poi non conduci mi sa che sai a prescindere che sarà una porcata. Quindi… braaava braaava braaava!)
Miyazawa me n’ha segnalate tante, ma così tante, che quando ho letto l’e-mail, tirando un sospiro di sollievo, mi son detto: E anche ‘sto numero è andato.
Cominciamo con Kate Moss che è volata a Mallorca per tre giorni di totale relax. Il suo viaggio è stato interamente pagato da Sir Philip Green, suo amico e miliardario britannico, proprietario della catena di moda Top Shop. La mini vacanza, quasi un toccata e fuga, è costata 125mila euro (mica cazzi!). Il dettaglio rilevante è il perché: Kate, che ormai con i suoi 34 anni è lì lì per guadagnarsi il titolo di vecchiaccia da tappezzeria dello star business mondiale, starebbe vivendo un periodo di martoriante stress psicologico per via della concorrenza delle nuove leve, toniche, giovani, anoressiche e per questo richiestissime modelle diciassettenni che dominano le passerelle. Kate, stella mia, fattene una ragione. E poi la vita è piena di possibilità, puoi riciclarti in mille modi. Guarda Cecchi PaVone che non se lo cagava più neanche mia madre; è andato a scheccare all’Isola (in senso buono eh!) e ora conduce Scommettiamo che… Magari a te daranno Forum ora che Rita è passata in prime time.
Blake Fielder-Civil (chi è?), marito recluso di Amy Winehouse (ah, Magica Amy è sposata con un carcerato?), ha offerto 20mila sterline (quasi 25mila euro) per fare a pezzi quello stinco di santo di Pete Doherthy. La notiziola sbuca dal britannico Sun. Anfatti, qualche giorno prima Fielder-Civil aveva visto, proprio sul Sun, una foto di Amy in stato confusionale (sì, va be’…) ed era giunto alla conclusione che la sua mogliettina avesse ricominciato (quando mai ha smesso?) ad assumere sostanze stupefacenti e che il suo fornitore fosse proprio Pete Doherthy, ex fidanzato della sopracitata Kate che, come sappiamo, tutte le mattine fa colazione con una bella tazza di latte e pasticche colorate galleggianti tipo Cheerios.  A compiere il massacro dovrebbe pensarci il suo ex compagno di cella, che da pochi giorni è uscito. Pete, io ho provato ad avvertirti, ora vedi tu!
Le gemelline sono in arrivo. Logico, quelle di Brad Pitt e Angelina Jolie. Hanno speso la cifra irrisoria di 140mila dollari per allestire la nursery che ospiterà le bimbe (va be’, pure io ho pagato 140 euro la scrivania e quattro mensole per i libri). Hanno chiamato al loro servizio la famosa boutique per bambini Petit Tresor, per arredare non una cameretta ma una vera e propria suite: due lampadari rosa di cristallo (899 dollari), le culle, rigorosamente in stile Versailles (3.200 dollari) i fasciatoi in coordinato (2.800). Gli armadi francesi (4.500 dollari). I giocattoli non saranno, come per i figli dei comuni mortali, in peluche, ma in puro cachemire. Ed io che aspetto sbavante lo stipendio di ‘sto mese di 700 euro a cui devo sottrarre 185 euro che è la rata della macchina, 466 euro che è la rata dell’università, circa 200 euro che è la benzina, diciamo un 100 euro di cocktail del giovedì e sabato sera e cenette, altri 100 euro di varie ed eventuali e stiamo a: -351 euro… Svengo! (Un ragazzo che vorrebbe pubblicare un libro ieri m’ha chiesto se sono ricco; a ‘sto punto immagino che si sarà risposto da solo.)
Marco Borriello, attaccante del Milan, è stato sospeso dopo essere stato trovato positivo ad un controllo antidoping. Dai risultati è emerso che aveva preso dei corticosteroidi (cheee?). Solo oggi, a quanto sembra il tutto risale al Dicembre 2006, si è trovata la colpevole: la candida. Ebbene sì. La sua fidanzata, Belen Rodriguez, ai tempi soffriva di quest’infezione vaginale. I piccioncini, in preda agli ormoni, si lasciarono travolgere da un rapporto non protetto e patatan! ecco che anche lui s’è preso la candida. Allora lei, anima pia, gli ha dato la crema al cortisone che il medico le aveva prescritto. La società rossonera ha convocato la bella Belen e ha voluto sapere come s’erano svolti i fatti. Lei candidamente (Miya, questa te la potevi risparmiare però!) ha dichiarato: “Marco non è un dopato. Quando siamo in casa non beve né il tè, né la Coca Cola. Ha paura che possano avere effetti eccitanti collaterali”.
Miya è ufficialmente nominato vice direttore del Trash Week End. (Cazzi tuoi caro mio; perché al primo venerdì sera che non avrò visto, massimo alle 23.30, sul mio tavolo, almeno quattro bollenti trash-news di quelle very very trash, sarai licenziato!)
Ora le mie. Partiamo con un paio di schegge musicali. Marco Carta dopo aver trionfato Amici trionfa pure nelle vendite. Allibito e anche un po’ contento, ammiro il suo terzo posto con oltre 35mila copie vendute, dopo Coldplay e Ligabue che non sono proprio Paola&Chiara eh! Beh, alla fine, uno e dico un Amico di Maria è emerso! In bocca al lupo a lui, ci auguriamo che resti a galla, ecco, e tanto che ci stiamo, facciamo un grosso in bocca al lupo pure al Festivalbar che si prende il suo anno sabatico. Pare che quest’anno avessero pensato in grande. Si festeggiavano i 45 anni di Festivalbar e i 10 dalla scomparsa di Salvetti padre, colui che l’ha ideato. Grandi nomi a partire dalla conduzione affidata a Lucilla Agosti e Mammucari (grandissimi proprio) e poi le star mondiali che avrebbero dovuto (molto condizionale) partecipare, ma ad un certo punto blackout. Un sacco di forfait e Andrea Salvetti decide di mandare a cagare l’edizione di quest’anno per tornare il prossimo più trionfale che mai. Andrew, ma chiuderlo definitivamente no?!
E ora le chicche bomba. Tanti auguri a me, è la prima. Sì, oggi, se la memoria non m’inganna, compio diciannove anni. Ho appena finito l’Esame di Stato e ora mi libero da tutti i pensieri in attesa del primo giorno d’università… Grazie a tutti voi che avete intasato la TAG con gli auguri e grazie a chi mi ha mandato un sms, e a chi me lo manderà, e a chi m’ha telefonato, e a chi mi telefonerà, e a chi m’ha scritto un’e-mail, e a chi me la scriverà (fanculo a chi non farà niente di tutto questo!). Grazie al Myspace che ha avvertito tutti i miei friends così in anticipo, ma così in anticipo che m’hanno fatto tutti gli auguri il 26 facendo sì che una carovana di sfiga piombasse su di me senza pietà. Ma soprattutto grazie alla mia famiglia che sta fingendo di non ricordarsi che oggi è il mio compleanno, e ci sta riuscendo così bene che comincio a credere che non sia così improbabile che la finzione non sia finzione, non so se è chiaro.
Chiudo questo Trash Week End con una segnalazione importante. Qualche notte fa passeggiavo con Niccolò per il corso, era l’una e mezza passata e stavamo per tornare a casa quando ci sorprendiamo a fissare questo nano grasso che prosegue nella direzione opposta.
Io: “Ma è Beppe Grillo!”
Niccolò: “Ma è Lello Arena!”
Il mistero rimane irrisolto fino a ieri sera. Infatti, mentre in pizzeria azzannavamo le nostre bruschette, che come al solito hanno risbagliato a portarci (io la volevo ai funghi e mi è arrivata alle zucchine), fa il suo ingresso proprio lui: il nano grasso anche un po’ depresso, e parecchio informe (aggettivo non implicito nel grasso) con la stessa tenda a forma di camicia e gli stessi pantaloni che ci realizzi un abitino per diciassette bambini della Bolivia. È Lello Arena (di Verona). No non è Lello Arena. Sì che è Lello Arena. No, ma che ci starebbe a fare Lello Arena qua. Sì, ma mica stiamo a parlare di Clooney. Guarda che pure Lello Arena ha ritrovato la sua celebrità, ora fa l’arbitro ai ring di Buona Domenica, figurati se viene a L’aquila. Va be’ lo chiedo alla cameriera. Richiamo l’attenzione della donzella: “Scusa?!” “Sì?!” “Posso farti una domanda indiscreta?” “Sì, dimmi!” Dagli occhi allupati e le ciglia che sbattono vorticosamente capisco di aver sbagliato la premessa, perché ora lei si aspetta che le chieda se è fidanzata e a me poco frega, piuttosto io voglio sapere: “Ma quel signore là, è Lello Arena?”. Lei torna a guardare i piatti e le forchette e i coltelli che sta portando via dal tavolo vicino al nostro mentre dice: “Non l’ho visto, comunque oggi a pranzo c’era!”. Cioè, praticamente, sta sempre là?
Pure tirchio il nostro Lello, visto che quella è la pizzeria più economica dell’Aquila (ci sarà un motivo per cui noi non cambiamo mai, no?!).
Scusate se mi sono dilungato, la prossima proverò ad essere un po’ più stringato. Grazie come sempre a voi per le vostre segnalazioni e ne aspetto di nuovissime per venerdì prossimo, perché Trash week end… continua!
(Tanti auguri a me!) (L’hai già detto!) (Sì, lo so.) (E allora perché lo ripeti?) (Così…) (Megalomane!) (Grazie!) (Guarda che non è un complimento!) (Lo so!) (E allora perché dici grazie?) (Perché è vero!) (Allora sei proprio un megalomane!) (Grazie!) (Ancora?) (Sì; potremmo andare avanti all’infinito, lo sai?) (Ma non ti sembra di esserti già dilungato abbastanza?) (…) (Hei?!) (…) (Se n’è andato, il bastardo!) (Guarda che ti sento!)

Quattro spine da niente per proteggersi dal mondo

Volevo scrivere tante cose allegre. Avevo pensato a un paio di battute mica male, avevo l’umore a mille fino a poco fa perché ero riuscito a studiare, a capire qualcosa in più e poi, col Trash week end in arrivo, già mi veniva da ridere. Poi ho acceso la TV e mi sono sintonizzato sul TG3 regionale. Proprio una brutta notizia. È morto il fratello di un mio compagno di classe delle medie. Fabrizio Marcelli. S’è schiantato con la moto contro il cordolo della rotatoria del centro commerciale L’Aquilone. Hanno provato a soccorrerlo, ma il cuore ha smesso di battere poco dopo essere arrivati in ospedale. Aveva ventuno anni e giocava a calcio. E poi il TG è passato ad un’altra notizia. Di politica. A me continuava a riecheggiare il nome di quel ragazzo che non ho subito ricollegato. Ho fatto una ricerca su internet e quando ho visto la foto mi sono sentito d’un tratto vuoto. Lo conoscevo di vista; una volta, mentre aspettavo Stefano, c’ho anche scambiato due chiacchiere. Con Stefano, suo fratello appunto, è tanto che non ci sentiamo. Una di quelle frequentazioni che si perdono alla fine della scuola. Di quelle che ti fermi a parlare quando capita, e che ti saluti da lontano.
Molto probabilmente non andrò al funerale. Mi sembra di invadere il dolore della sua famiglia con la mia presenza, che non può contare nulla, perché comunque non sono parte della loro vita. Visto che quando si parla della morte di una persona comune la cosa tende a precipitare nel vuoto e nel silenzio, io vorrei lasciare un piccolo segno. E posso lasciarlo solo qua, perenne. Poche parole che spero qualcuno possa leggere a Stefano, perché io non sono proprio capace in questi momenti di cercare il suo numero, prendere il telefono, chiamarlo, e dirgli che mi dispiace tanto. Non sono proprio capace e non voglio neanche esserlo, capace. Mi trasformerei in una maschera di lacrime e non riuscirei a dire niente.
La mia dedica è un pezzetto del Piccolo Principe. Quando è il momento di salutarsi perché l’aviatore è riuscito ad aggiustare il motore del suo aereo, e il principino deve tornare sul suo pianeta. È l’aviatore che racconta:
 
Mi sentii gelare di nuovo per il sentimento dell’irreparabile. E capii che non potevo sopportare l’idea di non sentire più quel riso. Era per me come una fontana nel deserto.
“Questa notte… sai, non venire!”
“Non ti lascerò!”
“Sembrerà che io mi senta male… sembrerà un po’ che io muoia. È così. non venire a vedere, non ne vale la pena…”
“Non ti lascerò.”
Quella notte non lo vidi mettersi in cammino. Si era dileguato senza far rumore. Quando riuscii a raggiungerlo camminava deciso, con un passo rapido. Mi disse solamente: “Ah! Sei qui…” E mi prese per mano. Ma ancora si tormentava: “Hai avuto torto. Avrai dispiacere. Sembrerò morto e non sarà vero… Io stavo zitto. “Ma sarà come una vecchia scorza abbandonata. Non sono tristi le vecchie scorze…” Io stavo zitto. Si scoraggiò un poco, ma fece ancora uno sforzo: “Sarà bello, sai. Anch’io guarderò le stelle. Tutte le stelle saranno dei pozzi con una carrucola arrugginita. Tutte le stelle mi verseranno da bere…” Io stavo zitto. “Sarà talmente divertente! Tu avrai cinquecento milioni di sonagli, io avrò cinquecento milioni di fontane…” E tacque anche lui perché piangeva. “È là. Lasciami fare un passo da solo.” Si sedette perché aveva paura. E disse ancora: “Sai… il mio fiore… ne sono responsabile! Ed è talmente debole e talmente ingenuo. Ha quattro spine da niente per proteggersi dal mondo… mi sedetti anch’io perché non potevo più stare in piedi. Disse: “Ecco… è tutto qui…” Esitò ancora un poco, poi si rialzò. Fece un passo. Io non potevo muovermi. Non ci fu che un guizzo giallo vicino alla sua caviglia. Rimase immobile per un istante. Non gridò. Cadde dolcemente come cade un albero. Non fece neppure rumore sulla sabbia.

Invidia

Mi è capitato spesso di sentirmi invidioso, però, col senno di poi, non mi vergogno della mia, di invidia. Non so come definire questo stato d’animo che mi anima quando incontro vite brillanti. Quando m’imbatto in fortune troppo evidenti, troppo luminose, perché possa considerarle comprensibili, soprattutto perché non appartengono a me. Se non col termine invidia. Non che cambierei la mia vita con una di quelle, perché vorrebbe dire rinunciare all’intero pacchetto e istallare tutto l’altro. Certo, se fosse possibile una fusione, ci penserei. Però io non ho mai desiderato il male di un’altra persona, non ho mai desiderato la malasorte più grave, magari che toppasse almeno un esame, quello sì, io che per superarlo ho avuto sempre bisogno del forzato massacro, perché quella scaglia fortunosa che si fa determinante, io non l’ho beccata mai, o quasi mai. Quello che voglio dire è che la mia, però, è una sana invidia. Non mi è mai saltato in mente di agire a tentare vane distruzioni. Né di pianificare azioni, lotte, provocazioni. Il mio è un sentimento un po’ mischiato. Diverso. Non cattivo. C’è persino dell’ammirazione, emulazione, ricerca di strade comuni,  nella speranza di raggiungere risultati affini. Nell’invidia che altri stanno dimostrando, invece, c’è solo rabbia per i propri fallimenti, per le proprie frustrazioni, per il non esser riusciti loro, che si scatena in manifestazioni al colmo dell’evidenza e della comicità.
Io ho sempre cercato di costruire la mia casa lentamente, dalle fondamenta, affrontando i disagi della Natura: il vento, la pioggia, il terremoto che di tanto in tanto si divertiva a buttare tutto giù. Ho sempre pensato a scavare, quando saltare non era possibile, e neanche volare; si mettano l’anima in pace coloro che sperano di superare così le difficoltà. Scavavo tunnel, e là nessuno era in grado di vedermi, di trovarmi e di ascoltarmi singhiozzare. E poi tornavo su e ripartivo in qualche modo. Senza esagerare. Senza credere di poter sistemare tutto in un’ora o in una notte. Ma mai e poi mai mi sono azzardato a piazzare bombe sotto le case o i sogni altrui. Mai e poi mai mi sono insinuato nei rifugi altrui, dove l’anima riposa senza protezioni. Qualcuno di molto antipatico, non perché lo conosca, ma perché un tipo che fa questo non può essermi simpatico, ci sta provando con me, infangando il mio nome come e dove può. Convinto forse di crearmi problemi. Ancora una volta la dimostrazione che dietro comportamenti del genere, oltre alla palese ignoranza, vi è una stupidità cosmica. Perché il bello è che qualcuno ritiene di poter infiltrare zizzania in rapporti molto seri, legati da intenti studiati da tempo, rapporti di assoluta fiducia, rapporti di successo. Invece basta una telefonata per riderci su e progettare altro, perché fin’ora ha funzionato tutto. Devo dire la verità: certe faccende mi divertono. Però un po’ mi dispiace perché tante energie invece che sprecarle mandandole a sbattere contro il muro di gomma dei miei occhi, potrebbero fruttare anche qualche soddisfazione che, invece, quel qualcuno crede di trovare nell’affanno, nel sudore, e in quello che è e sarà sempre e solo un eterno rosicare. Dio quanto rosica!

L’inarrestabile desquamazione

Mai sottotitolo fu più azzeccato di quello della Stanza. Sono cotto come un maialino (cotto, chiaramente. Altrimenti avrei detto: crudo come un maialino. Che sia spiedo, forno, padella poco importa). Però sono più magro di un maialino. La similitudine con l’irsuto animaletto era legata solo alla colorazione post-cottura, non certo alla massa corporea dei due termini di paragone (il maialino e me) sia chiaro! La botta di sole presa domenica continua a lasciarmi addosso segni agghiaccianti e anche parecchio schifosi. Intanto le croste sulla tempia destra (zona delicata, quella) hanno raggiunto il loro picco esplodendo contemporaneamente e liberando un liquame giallino che seccandosi ha dato vita ad altre crosticine, fortunatamente (come evidenzia il diminutivo ine) più piccole. Poi la pelle. Ohssantocielo! Ma cosa c’era in quel sole? Che composizione chimica avevano quei maledetti raggi? Il mio vellutato visino ha assorbito, senza far troppe storie, cinque ore d’intenso bombardamento di ultravioletti d’alta quota. Le storie l’ha fatte dopo. Provate a immaginare un fuoco sottopelle che si agita a ritmo di battito animale, batte come non ce n’è… Pensate che ieri accompagnavo un mio amico in centro con la macchina e lui sconvolto mi fa: “Hai acceso il riscaldamento, ma sei pazzo?” “No, è la mia faccia!”. Ormai un termoriscaldatore color fragola di stagione.
Quel che è peggio è che siamo solo alla seconda fase. La più terribile deve ancora palesarsi; quella che ti invalida, ti costringe all’isolamento, ti rende l’ultimo degli esseri su questa Terra. Quella che porta il dito dei passanti a puntarti, per poi emettere un bleah! burp! glab! vomit! e simili, e voltarsi dall’altra parte. Numerosi coloro i quali al verso hanno ritenuto opportuno allegare l’esclamazione: poveraccio! (ho una sensibilità, io); la terza ed ultima fase: l’inarrestabile desquamazione.
Sto provando in tutti modi a modificare il corso degli eventi, ma non vedo speranze. Ho impiastricciato la mia faccia con quintali di crema Nivea, e continuo a farlo ogni due ore. Pare reidrati la pelle e la aiuti a rimanere incollata. Ma così non è perché, già sul naso, piccole pellicine cominciano a svolazzare attaccate per un microscopico lembo. E poi la più chiara delle risposte arriva al tatto. La pelle è raggrinzita, secca, come una superficie che starà lì ancora per poco, morta sostanzialmente.
“Devo andare a comprare le sigarette.” “Ti accompagno!” Faccio per uscire dalla macchina e: “No, no, non ti preoccupare.” “Ma sì, dai, ti accompagno. Che resto a fare in macchina?” “Resti che… non puoi andare da nessuna parte. Sei mostruoso!” Ok, resto in macchina. Intanto stacco qua e là.
La trasformazione, se proprio non ce la fa a non proseguire il suo corso, l’importante è che trovi compimento al più presto. Perché io sto in ferie ancora qualche giorno, e non posso tornare in cassa drive a spaventare i bambini. Mica è Halloween!

Italia in semifinale contro la Russia… Grandissimi!

Abbiamo finalmente sfatato l’incubo dei rigori. Abbiamo vinto. Mitici! Ora ci aspetta la Russia in semifinale. Ma riviviamo, con gli occhi lucidi della gioia più bella, gli splendidi tiri dal dischetto della nostra Nazionale di eroi contro la Spagna.

 
Non era la Spagna quella? Come abbiamo perso?! Oddio, ho sbagliato filmato su You Tube!
Va be’, è inutile prenderci in giro. Che non fosse proprio una grande Italia s’era abbondantemente palesato. Tre partite: una persa, una pareggiata col Burundi e una vinta contro la Nazionale Cantanti Francesi facevano ben sperare solo Donadoni che, viste le condizioni di Toni che in campo pareva uno di Zelig, e la tenacia dimostrata nel non volerlo sostituire, non so chi sperava segnasse, forse Buffon. Comunque ai quarti c’era arrivata, la Spagna non è che abbia proprio incantato (neanche l’Italia, per carità!) e quindi i rigori.
La piccolissima differenza che intercorre tra i piedi dei giocatori spagnoli e quelli degli italiani è la stessa che c’è tra un bradipo e l’eterna danzatrice Carla Fracica, come la chiama Franco. E gli italiani sono il bradipo, se non s’era capito. Tutti parlano della lotteria dei rigori. Ma quale lotteria? Il rigore è un gesto tecnico di quelli che tu provi e provi e provi in funzione di serate uniche, l’occasione della tua vita, quando hai gli occhi del mondo addosso, e quella palla deve entrare. E non è entrata. L’emozione. Ma quale emozione oh! Quella è gente pagata milioni di euro per giocare certe partite. E lo stipendio non è che glielo levano, ora che hanno perso. Sì, sono un po’ incazzato, in particolare col signor Di Natale che, se aveva fretta, o altro da fare, poteva defilarsi e andare a prendere il primo aereo per Fanculicchio, ché qualcuno che calciasse per lui lo trovavamo. Ha battuto il rigore con una sufficienza che lo parava pure mia nonna, figuriamoci Iker Casillas che non è proprio mia nonna. Poi la storia di Del Piero numero cinque. Ma Donadoni l’ha capito che l’ordine è fondamentale, o pensa che per i rigori valga la proprietà commutativa come per la somma?
Complimenti a Miyazawa che c’ha quasi beccato; un po’ meno complimenti a Donadoni, che non si dimette (tanto ci penserà Abete (non so chi sia, ma penso uno importante)), su cui ora incombe il fantasma di Lippi. Ok che dopo la vittoria mondiale non s’è visto più, ma non sapevo fosse morto. E com’è successo? Se fossi in Lippi mi farei un grattatina. E poi che ansia! È la nazionale italiana, mica il bosco di The Blair Witch Project!

Trash week end (5)

Buonasera (oddio, c’ho la faccia bruciata che sono andato a fare una scampagnata coi colleghi del Mc e c’erano pure le mucche e i vitellini e un toro che mi osservava  per niente amichevole) e benvenuti al Trash week end (5). Diamoci una mossa ché è tardi, e cominciamo con Naomi Campbell che ne ha ricombinata una delle sue, stavolta all’aeroporto di Heathrow. Era diretta a Los Angeles, ma per un problema di bagagli il volo aveva subito un piccolo ritardo. Quando il malcapitato agente le ha comunicato che la sua valigia che conteneva un preziosissimo completo Yves Saint Laurent, che le era stato prestato per partecipare ad uno show televisivo in USA, era andata dispersa, lei si è trasformata in un’incontrollabile belva. Ha aggredito verbalmente l’equipaggio della British Airways per poi sfogarsi su due agenti a calci e a sputi. Dovrà scontare duecento ore di lavori socialmente utili, risarcire duecento sterline (duecentocinquantadue euro) ad ogni agente offeso (si so sprecati!) oltre a pagare una multa di duemilatrecento sterline. Naomi non è nuova ad episodi di questo tipo, ricorderete tutti quando l’anno scorso prestò cinque giorni di servizio presso la nettezza urbana di New York per aver aggredito la sua cameriera. In tutto questo mi chiedo: ma alla fine il suo vestito, l’avrà ritrovato?
Torniamo in Italia; non vorrei rovinarvi la serata comunicandovi che Vladimir Luxuria sarà uno/una dei/delle protagonisti/ste dell’Isola dei famosi. Non oso immaginare la trasformazione fisica che la ex parlamentare subirà per forza di cose tra le desolate spiagge Venturesche. Credo che non potrà: farsi le cerette, farsi la barba, farsi i capelli, farsi gli ormoni. Oddio, Vladimir, cosa diventerai? Ripensaci, ti prego!
Flavio Briatore ed Elisabetta Gregoraci sono partiti per la luna di miele, destinazione: Egadi. Finalmente per Flavio ed Eli è giunto il momento di godersi il meritato riposo. I giorni precedenti al matrimonio sono stati impegnativi e frenetici. Così recita l’articolo. Sono contento per loro, avevano davvero bisogno di un attimo di pace. Quando il mercoledì, e talvolta il sabato, scarico il camion al Mc Donald’s penso a Briatore e alla Gregoraci e mi convinco di essere una persona fortunata. Dobbiamo sempre tener presente chi sta peggio di noi, chi ha avuto in sorte una vita difficile e si spacca la schiena tutto il giorno per andare avanti. Eli e Bria tenete duro!
Jamie Lynn Spears (la sorella dell’arcinota Britney) è diventata mamma a diciassette anni, di una bimba che hanno chiamato Maddie, pare per omaggiare Madonna, pare sempre perché anche Jamie vorrebbe fare la cantante. Britney era presente in ospedale quando è nata la nipotina, sì, incatenata al letto numero sei, della terza bianca stanza imbottita e insonorizzata del reparto Psichiatria, con fagotti in bocca per evitare che gridi e litri di calmanti nella flebo.
Rimaniamo in tema very important person, ma very very, e parliamo di Mariah Carey, la regina delle classifiche di tutto il mondo, che tratta il giovane neomarito come fosse il suo schiavetto, e si fa pure portare alla toilette, così lui, mentre lei espleta i suoi bisognini, le tiene la borsa. Che ci terrà dentro ‘sta borsa? Non è che è stata lei a fregarsi il vestito a Naomi?! Ora la segnalazione di m, che si preoccupa delle condizioni igienicosanitarie di Zac Efron che, con tutto il rispetto, non conosco, ma pare abbia fatto un musical. Ebbene, questa giovane stella del cinema, dalle stimatissime fonti di MSN, parrebbe dimenticarsi spesso di fare la doccia. Allora facciamo un appello a Zac non tanto per lui quanto per il bene di chi deve stargli vicino: e lavati!
Ed ora una notiziola carina neanche troppo nuova. Un cinquantasettenne giapponese (va be’, mica devono essere tutti famosi), insospettito dal suo frigorifero che si svuotava misteriosamente durante la notte, ha istallato un sistema di videosorveglianza nel suo appartamento di Fukuoka, per scoprire che una sconosciuta viveva da tempo nel soppalco del suo armadio. Quando l’uomo non c’era l’inquilina usciva alla ricerca di cibo. Al momento dell’arresto ha dichiarato di non avere altro posto dove vivere. Pure lei non ha tutti i torti. Allora io mi appello al vostro buon cuore. Se avete un soppalco, una casetta di legno da esterni o semplicemente un frigorifero, ospitatela! In fondo lei non fa del male, mangia e basta, e neanche vi disturba perché esce la notte a procacciarsi il cibo (in casa vostra).
Chiuderei con un video trash-comico segnalatomi da Ariel. Guardate questo bimbo che sparata regina!

Bene, prima di salutarvi e darvi appuntamento alla prossima settimana con un nuovo TWE, non posso ignorare le nefaste parole di Miyazawa che, ricordiamolo, non ha sbagliato una sola previsione sull’Italia azzeccando di volta in volta persino i risultati. Per lui stasera vince la Spagna 3 a 1.
Au revoir!

Caro Matto, sei un superficiale

Ho collezionato proprio ieri il mio terzo: “Sei un superficiale!” nelle ultime due settimane. È un risultato inaspettato che m’inorgoglisce non poco. Sul serio. M’inorgoglisce e mi rassicura appurare che determinate persone non riescono ad attraversarmi, se non voglio. Non posso stare a spiegare perché, se prima spendevo quattro parole e una telefonata, adesso neanche mezzo saluto. Se da un non legame passo a un non sentirci; non dovete rimanerci male solo perché sembrava che la cosa m’interessasse. Cioè m’interessava pure, mica no, ma si vede che da un certo punto in poi non m’è interessata più. Sarà successo qualcosa, sarà che ho riflettuto, sarà che è bastato un dettaglio che in massa giudichereste insignificante, perché voi guardate l’anima delle persone, lo so, ma io sono libero di vivere come meglio credo e regalarmi davvero, solo a chi amo da anni. Quindi state attenti, oh voi che vi accingete a conoscermi, non lasciatevi ingannare dalla mia apparenza genuina perché, anche se nella maggior parte dei casi vi assicuro non è mia intenzione, comunque riesco a far male fregandomene d’improvviso. Non per scelta, ma perché è così che capita. Ragazzi, fatevene una ragione; la superficialità è la migliore delle mie qualità.
Detto questo domani torna il Trash week end, perché oggi è venerdì, giusto? (Di Giugno, no? Del duemila e qualche cosa, perché il nuovo millennio è arrivato da un po’, se non erro.) Va be’, comunque, come al solito, se avete trash news sui nostri tanto amati VIP nostrani e non, non (non è una ripetizione anche se ho detto per tre volte di seguito non) esitate a segnalarmele.
Tra poco torno al lavoro. Ringrazio la beauty farm Mc Donald’s per la sauna gratis che mi ha regalato ieri. Nonostante il condizionatore, vicino alle griglie non si può proprio stare. Il formaggio, che di solito si scioglie nel panino col calore del pane tostato e della carne, ieri ha accelerato il suo processo liquefacendosi sul banco condimenti e trasformando quella che era una stecca dura e compatta in una specie di serpente molle, semifuso. Non vi dico quanto facile, e soprattutto veloce, è stato separare le fettine una dall’altra per fare i panini. Non vorrei essere pessimista, ma mi pare che oggi faccia più caldo di ieri e il solo pensiero di dover inalare aria bollente fino alle 22.30 mi spompa. Ora vado a farmi una bella doccia gelata, poi scelgo il boxer più onda su onda che possiedo, e vado. E se ho caldo mi tuffo nel lavandino dei pomodori per una rinfrescatina, tra un Big Tasty (che ho appurato pronunciarsi Testi, anche se tutti continuiamo a chiamarlo Tasti, ma in fondo non è un problema, non so per voi) e una mandata di otto regolari. Buona serata!

Qualcuno si è domandato e risposto sulla mia fine

Dopo il mio terzultimo (contando questo), a dire di qualcuno, incomprensibile e pieno di cazzate (in tono sempre scherzoso eh!) post, quel qualcuno ha ben pensato di scriverne una sorta di epilogo chiarificatore della mia condizione di trasformazione psico-fisica, da me descritta attraverso le solite frasi pompose di cui sono capace, che hanno come unico scopo quello di compiacere e accalappiare nuovi lettori, prelevate naturalmente da frasipompose.it (in realtà io conosco al massimo una quindicina di vocaboli che alterno spesso a caso (va detto), altre volte mi regolo a seconda del suono).
Questo è quanto sarebbe accaduto:
 
Matteo Grimaldi iniziò a strisciare sul pavimento della sua camera: era per lui sempre più faticoso stare in piedi. Il verde dei suoi occhi divenne, giorno dopo giorno, più acceso e pericoloso. La sua corazza iniziò a squamare (le squame liberavano veleno letale). Qualcuno racconta che avesse anche delle branchie, dovendo vivere in apnea, ma questo non è documentabile. Arrivò, dopo un breve periodo di confusione mentale, che si manifestò inizialmente con la progressiva incapacità di prendere ordini al Mc Donald’s (“chi vuole cosa, e cosa vuole chi?” fu il suo primo dilemma), il delirio: ad esempio, non riusciva più a distinguere il tempo da un ago (si pungeva deliberatamente con gli aghi delle bilance); le pulsioni dai sentimenti; la forza dei sentimenti dalla fragilità del cinismo; il suo cuore da una serra; un contratto di 20 anni dalle patatine Vertigo; una frase di senso compiuto da una scoreggia; l’incontro di un’anima da un attacco di sciatica. Era giornalmente soggetto a fenomeni autodistruttivi, durante i quali si mortificava senza pietà. Ironia della sorte, lo scrittore di Non farmi male, si faceva male da solo. La Rondine dal suo braccio volò via, e al suo posto comparve una piaga. La madre un giorno raccolse per terra il suo Cuore, perduto durante un violento attacco di dissenteria emotiva.
Fu chiamato un brillante e bel veterinario che eseguì alla perfezione un delicato intervento di cardiochirurgia riparativa, ma Matteo perse nuovamente il suo Cuore mentre mingeva sul best seller della Clerici Fammi male in cucina. Nonostante la grande premura nelle attenzioni dell’aitante veterinario, nulla fu possibile per lo scrittore che fu quindi prelevato e portato al Cottolengo, senza cuore ma vivo, nell’estate 2008. Morì, però, poco dopo, in circostanze misteriose, sembra per auto-fagocitosi (si credeva un libro).
Qualcuno teme possa essersi accoppiato ed aver lasciato progenie, ma negli ambienti ambigui della sua città si mormora che preferisse abusare in macchina di giovani soggetti di sesso maschile.
Tutte le copie del suo libro sono state bruciate per evitare pericolose contaminazioni mentali.
Gli amici stanno raccogliendo le firme necessarie per avviare il processo di beatificazione, considerando anche le stimmate comparse al posto della Rondine (neanche Padre Pio osò tanto).
 
Cioè, praticamente il senso del mio Tutto sarebbe tirare le cuoia?! Va be’, dopo questa inutile chicca posso andare (sorridendo) a marcire nel Mc Donald’s. Intanto, se a qualcuno vengono in mente altri possibili prossimi destini per la mia autodistruzione cerebral-emotiva (c.f.r. sempre frasipompose.it), può inviarmeli a matteo1077@gmail.com. Se non schiatto prima, giuro che li pubblico.

Sì, sono proprio io

Allora: Cassano dal primo minuto, e l’avevo detto io che doveva giocare! Pare che Pirlo abbia segnato il rigore che ci dovevano regalare (ho visto bene? E avevo detto pure questo). È più veloce mia nonna di Toni, ma Donadoni non l’ha convocata. Poi dicono che nel mondo del calcio non esistono le raccomandazioni; povera nonna che c’ha sempre creduto! L’Italia ha vinto lo stesso, la Romania non ha vinto, la mia tartaruga d’acqua non ha cagato, e la vicina è riuscita a ritardare l’avvento del suo personalissimo ciclo mensile di ben sei giorni quindi, per questa serie di splendide e fortunose coincidenze, non si sa come, siamo approdati ai quarti di finale. Donadoni, sempre molto moderato e razionale: “Noi possiamo battere chiunque!”. Chiunque finora è stata una squadra di cadaveri, e all’Italia sono serviti un rigore e un rimpallo a culo su mezza barriera. Vediamo che succede domenica con la Spagna (comunicazione di servizio: Miyazawa, sbrigati con la previsione ché ho una certa urgenza di assaporarmi un gruzzoletto di sonanti dindini, perché se mi fossi giocato i tuoi risultati dall’inizio a quest’ora sarei milionario. E scemo sì, ma fino a un certo punto). Intanto, che qualcuno spieghi alla mia amica che quel tristissimo strombazzamento accompagnato a canti e balli e bevute e grida in piazza non voleva significare che l’Italia s’era riconfermata campione del mondo, essenzialmente per due motivi. Uno: sono gli Europei, due: non l’ha vinti, ha solo vinto una partita. Meglio comunque festeggiare, che ‘ste cose, coi tempi che corrono, non sai mai se e quando ti ricapitano.
L’accoppiata maglietta + cappellino con la scritta Forza azzurri! ha portato bene; soltanto che io domenica non lavoro, quindi non provate a chiedermi di indossare ugualmente la divisa del Mc Donald’s perché già per strada mi riconoscono in borghese: “Uh, guarda quello alto là sotto!” “Chi è?” “Come chi è?” (Sì, cara, lo puoi dire forte. Sono proprio io: l’autore di Non farm…) “Il paninaro del Mc Donald’s!”.

E andare lontano

Quando non sei sicuro di volere qualcosa e quella cosa vuole te. Quando non esiste un solo motivo perché non debba andare così, eppure è piena la tua testa di perplessità. Quando il tempo si fa ago della bilancia, preziosa risorsa che già non hai, figuriamoci se avrai poi. Continuare a pensare mi sottrae energie, proprio ora che non posso permettermi di perderne troppe. Poi penso che non avrei potuto permettermi un sacco di cose che poi ho acchiappato al volo, nel cielo, tenuto e amato, però subito abbasso gli occhi perché quelli erano un tempo e un Matteo diverso, che si giocava tutto in una manche secca, a cui non importava perderlo, quel tutto, perché era convinto che valesse la pena vivere per vivere. Stavolta è tutt’altro discorso. Non che non creda più alle pulsioni, è solo che esistono priorità decisive, ed è mia volontà seguirle, perché solo così avrò la possibilità di decidere davvero della mia vita. È faticoso restare in piedi. E le parole sono corazza a proteggere un magma che ha il potere di ferire. Devo aver in qualche modo sconfitto la fragilità dei sentimenti. Devo aver in qualche modo sviluppato cinismo, e tutto quello che non si spezza, ma sa uccidere. Devo aver in qualche modo nutrito quel piccolo seme di freddezza che qualcuno mi ha piantato nel cuore. Ora sono indeciso. Se strappar via la profumata pianta che rende di un verde acceso e pericoloso i miei occhi nuovi, oppure se accettare con un sorriso malinconico, ma destinato alla vittoria, la mia nuova natura. Il fatto è che difficilmente si può far qualcosa quando è Natura che vuole altro. Sono solo domande, in giorni che non trovano risposte. E non sono neanche, a dire il vero, le domande predominanti di questi giorni. Non sono vere domande, solo qualcuna assomiglia alla verità; quasi nessuna mi uccide come sembrerebbe. Quindi non facciamo che mi affaccio dalla finestra, attratto dal poco rassicurante verso di una sirena impazzita, e scorgo due ambulanze pronte a portarmi via.
Tutto bene e niente in ordine, insomma. Si stava meglio quando si stava peggio (sicuro?). Meglio così che peggio (lo diceva una signora biondona che veniva a comprare la frutta quando lavoravo al supermercato dietro casa). Rosso di sera bel tempo si spera. Sì, ma chi vive di speranza muore disperato. Quindi cielo a pecorelle pioggia a catinelle. Che sfiga! Eh, ma dovresti saperlo che la fortuna aiuta gli audaci. Ma c’è una certezza, almeno una in tutto questo: Trenta giorni ha Novembre con Aprile, Giugno e Settembre, di ventotto ce n’è uno tutti gli altri ne han trentuno. Avete fatto più che bene a chiamare le ambulanze.
Stasera partita da Mc Donald’s; accoppiata fatale: maglietta + cappellino con scritto Forza azzurri! stacco a fine primo tempo. Se scorgo del nefasto giuro che mi cambio, altrimenti aspetto la fine in divisa. In campo Cassano dal primo minuto. Donadoni tenta il tutto per tutto. Tentarlo prima pareva brutto?!