Quattro spine da niente per proteggersi dal mondo

Volevo scrivere tante cose allegre. Avevo pensato a un paio di battute mica male, avevo l’umore a mille fino a poco fa perché ero riuscito a studiare, a capire qualcosa in più e poi, col Trash week end in arrivo, già mi veniva da ridere. Poi ho acceso la TV e mi sono sintonizzato sul TG3 regionale. Proprio una brutta notizia. È morto il fratello di un mio compagno di classe delle medie. Fabrizio Marcelli. S’è schiantato con la moto contro il cordolo della rotatoria del centro commerciale L’Aquilone. Hanno provato a soccorrerlo, ma il cuore ha smesso di battere poco dopo essere arrivati in ospedale. Aveva ventuno anni e giocava a calcio. E poi il TG è passato ad un’altra notizia. Di politica. A me continuava a riecheggiare il nome di quel ragazzo che non ho subito ricollegato. Ho fatto una ricerca su internet e quando ho visto la foto mi sono sentito d’un tratto vuoto. Lo conoscevo di vista; una volta, mentre aspettavo Stefano, c’ho anche scambiato due chiacchiere. Con Stefano, suo fratello appunto, è tanto che non ci sentiamo. Una di quelle frequentazioni che si perdono alla fine della scuola. Di quelle che ti fermi a parlare quando capita, e che ti saluti da lontano.
Molto probabilmente non andrò al funerale. Mi sembra di invadere il dolore della sua famiglia con la mia presenza, che non può contare nulla, perché comunque non sono parte della loro vita. Visto che quando si parla della morte di una persona comune la cosa tende a precipitare nel vuoto e nel silenzio, io vorrei lasciare un piccolo segno. E posso lasciarlo solo qua, perenne. Poche parole che spero qualcuno possa leggere a Stefano, perché io non sono proprio capace in questi momenti di cercare il suo numero, prendere il telefono, chiamarlo, e dirgli che mi dispiace tanto. Non sono proprio capace e non voglio neanche esserlo, capace. Mi trasformerei in una maschera di lacrime e non riuscirei a dire niente.
La mia dedica è un pezzetto del Piccolo Principe. Quando è il momento di salutarsi perché l’aviatore è riuscito ad aggiustare il motore del suo aereo, e il principino deve tornare sul suo pianeta. È l’aviatore che racconta:
 
Mi sentii gelare di nuovo per il sentimento dell’irreparabile. E capii che non potevo sopportare l’idea di non sentire più quel riso. Era per me come una fontana nel deserto.
“Questa notte… sai, non venire!”
“Non ti lascerò!”
“Sembrerà che io mi senta male… sembrerà un po’ che io muoia. È così. non venire a vedere, non ne vale la pena…”
“Non ti lascerò.”
Quella notte non lo vidi mettersi in cammino. Si era dileguato senza far rumore. Quando riuscii a raggiungerlo camminava deciso, con un passo rapido. Mi disse solamente: “Ah! Sei qui…” E mi prese per mano. Ma ancora si tormentava: “Hai avuto torto. Avrai dispiacere. Sembrerò morto e non sarà vero… Io stavo zitto. “Ma sarà come una vecchia scorza abbandonata. Non sono tristi le vecchie scorze…” Io stavo zitto. Si scoraggiò un poco, ma fece ancora uno sforzo: “Sarà bello, sai. Anch’io guarderò le stelle. Tutte le stelle saranno dei pozzi con una carrucola arrugginita. Tutte le stelle mi verseranno da bere…” Io stavo zitto. “Sarà talmente divertente! Tu avrai cinquecento milioni di sonagli, io avrò cinquecento milioni di fontane…” E tacque anche lui perché piangeva. “È là. Lasciami fare un passo da solo.” Si sedette perché aveva paura. E disse ancora: “Sai… il mio fiore… ne sono responsabile! Ed è talmente debole e talmente ingenuo. Ha quattro spine da niente per proteggersi dal mondo… mi sedetti anch’io perché non potevo più stare in piedi. Disse: “Ecco… è tutto qui…” Esitò ancora un poco, poi si rialzò. Fece un passo. Io non potevo muovermi. Non ci fu che un guizzo giallo vicino alla sua caviglia. Rimase immobile per un istante. Non gridò. Cadde dolcemente come cade un albero. Non fece neppure rumore sulla sabbia.

30 commenti su “Quattro spine da niente per proteggersi dal mondo

  1. Anche io non ci sarei andata a quel funerale. Mi sarei sentita fuori luogo. Inopportuna. Invadente. O ci sarei andata nascondendomi, facendomi piccola piccola, quasi invisibile, per non disturbare il dolore dei suoi cari, per condividerlo nel silenzio della mia trasparenza.

  2. “…non andrò al funerale. Mi sembra di invadere il dolore della sua famiglia con la mia presenza, che non può contare nulla, perché comunque non sono parte della loro vita”

    mi è sembrata una frase così giusta e priva di ipocrisia che mi sembrava buona cosa sottolinearla.

    La maggior parte delle volte i vicini ed i conoscenti alla lontana si presentano ai funerali solo per senso del dovere o per fare buona impressione, anche quando non sono veramente interessati alla persona che è scomparsa, ed io la trovo una cosa orribile.

  3. Grazie, Matto, per il commento nel mio blog e per le belle parole scritte qui in cui non posso che riconoscermi, perché anche a me è capitato, di recente, di perdere amici o di venire a conoscenza della scomparsa di un vicino.

    Ricambio l’augurio e spero che la tua scrittura possa dare altri buoni frutti. Kimerik è un buon editore?

    Un saluto.

  4. Miya, è che certe volte le biciclette si rompono. E o le cambi o non pedali più. Mi sa che per chi amava con tutto se stesso Fabrizio la bicicletta s’è rotta e la voglia di pedalare è morta con lui. Questa è l’ingiustizia. Non che non si possa tornare a vivere, e non si possa più ridere, o essere felici, ma una mancanza così condizionerà per sempre ogni cosa, tornerà per sempre a lacerare con un piccolo ricordo di un istante. E’ questa l’ingiustizia. Che per chi resta la vita è rovinata. Come una mela. Vi saranno parti gustose, nuove possibilità, certo. Però quel vuoto marcio sarà lì incancellabile.
    Mia sorella è tornata a casa qualche notte fa esultando perché un cervo le avrebbe a dire suo attraversato la strada. Mia madre sta tentando di convincerla che era un agnellino. Io sto tentando di convincere mia madre che era il fumo.

  5. MaD, il luogo dello schianto è uno dei metri quadrati d’asfalto più calpestati del territorio aquilano. Vi transitano migliaia di automobili al giorno. Io ancora non ci vado, ma sono certo che, nonostante il gran baccano, mi sembrerà muto.

  6. Ogni tanto arriva qualcosa o qualcuno che ti butta giù dalla bicicletta… lo so che si usa la metafora del cadere da cavallo, ma a me non piace. Per cavalcare serve troppa grazia, troppa eleganza che non ho, ti provoca troppe rotture di culo (il francesismo c’è tutto e non venite a sindacare) indi utilizzo la bici. Perchè da sempre bici significa Bartali e Coppi e i miei occhi sbrilluccicano d’immenso. La bici è simbolo di spensieratezza infantile, e io sono tanto bimbo… dentro. Tornando alle metafore – si sbanda, si cade ma ci si rialza. Si aiuta e ci si fa aiutare lasciando che a cadere, inesorabile, sia una lacrima prigione di un pensiero triste.

    Quasi quasi mi faccio schifo da solo. Matt, la Stanza è con te. Non ne son sicuro, ma di certo io si. 😀

    Hop, hop, hop… oggi mi sento una pallina impazzita!

    P.S. non è che qualche invidioso cattivo mi sparerà per il puro gusto di vedermi abbattuto come un capriolo in Val di Non? (ci saranno i caprioli in Val di Non o ci sono solo le mele?)

    -era tanto per smorzare l’allegria-

  7. E’ capitato anche a me e capisco il tuo stato. In un incidente sui colli bolognesi è morto un ragazzo con cui giocavo in squadra a basket. Lui era un buon playmaker, io una buona ala.

    Rimasi scosso e l’unica cosa che feci fu andare sul luogo dello schianto, non al funerale.

    Il dolore di certe perdite è talmente privato che non voglio mai essere di troppo.

    MaD

  8. che peccato…sapere di qst notizie riempie di tristezza tutti…cmq alla fine il tuo post e le tue parole arriveranno al diretto interessato….bene!

    un bacio e un abbraccio virtuale..

  9. Hai fatto bene a ricordarlo a modo tuo,forse la presenza lontana di un benchè minimo conoscente del defunto sarebbe sembrato forse un pò un atto di buonismo..e ne ho visti del genere,ai funerali..

    se ti conoscessero però capirebbero che quelle quattro spine adesso ti stanno stritolando il cuore..

  10. Neanche io sono bravo con le parole in queste circostante. Ma mi sembrava doveroso lasciarti un commento, data la situazione, per dirti che mi sento vicino a te e alla famiglia del tuo amico. Mi dispiace.

    Giuseppe

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