Invidia

Mi è capitato spesso di sentirmi invidioso, però, col senno di poi, non mi vergogno della mia, di invidia. Non so come definire questo stato d’animo che mi anima quando incontro vite brillanti. Quando m’imbatto in fortune troppo evidenti, troppo luminose, perché possa considerarle comprensibili, soprattutto perché non appartengono a me. Se non col termine invidia. Non che cambierei la mia vita con una di quelle, perché vorrebbe dire rinunciare all’intero pacchetto e istallare tutto l’altro. Certo, se fosse possibile una fusione, ci penserei. Però io non ho mai desiderato il male di un’altra persona, non ho mai desiderato la malasorte più grave, magari che toppasse almeno un esame, quello sì, io che per superarlo ho avuto sempre bisogno del forzato massacro, perché quella scaglia fortunosa che si fa determinante, io non l’ho beccata mai, o quasi mai. Quello che voglio dire è che la mia, però, è una sana invidia. Non mi è mai saltato in mente di agire a tentare vane distruzioni. Né di pianificare azioni, lotte, provocazioni. Il mio è un sentimento un po’ mischiato. Diverso. Non cattivo. C’è persino dell’ammirazione, emulazione, ricerca di strade comuni,  nella speranza di raggiungere risultati affini. Nell’invidia che altri stanno dimostrando, invece, c’è solo rabbia per i propri fallimenti, per le proprie frustrazioni, per il non esser riusciti loro, che si scatena in manifestazioni al colmo dell’evidenza e della comicità.
Io ho sempre cercato di costruire la mia casa lentamente, dalle fondamenta, affrontando i disagi della Natura: il vento, la pioggia, il terremoto che di tanto in tanto si divertiva a buttare tutto giù. Ho sempre pensato a scavare, quando saltare non era possibile, e neanche volare; si mettano l’anima in pace coloro che sperano di superare così le difficoltà. Scavavo tunnel, e là nessuno era in grado di vedermi, di trovarmi e di ascoltarmi singhiozzare. E poi tornavo su e ripartivo in qualche modo. Senza esagerare. Senza credere di poter sistemare tutto in un’ora o in una notte. Ma mai e poi mai mi sono azzardato a piazzare bombe sotto le case o i sogni altrui. Mai e poi mai mi sono insinuato nei rifugi altrui, dove l’anima riposa senza protezioni. Qualcuno di molto antipatico, non perché lo conosca, ma perché un tipo che fa questo non può essermi simpatico, ci sta provando con me, infangando il mio nome come e dove può. Convinto forse di crearmi problemi. Ancora una volta la dimostrazione che dietro comportamenti del genere, oltre alla palese ignoranza, vi è una stupidità cosmica. Perché il bello è che qualcuno ritiene di poter infiltrare zizzania in rapporti molto seri, legati da intenti studiati da tempo, rapporti di assoluta fiducia, rapporti di successo. Invece basta una telefonata per riderci su e progettare altro, perché fin’ora ha funzionato tutto. Devo dire la verità: certe faccende mi divertono. Però un po’ mi dispiace perché tante energie invece che sprecarle mandandole a sbattere contro il muro di gomma dei miei occhi, potrebbero fruttare anche qualche soddisfazione che, invece, quel qualcuno crede di trovare nell’affanno, nel sudore, e in quello che è e sarà sempre e solo un eterno rosicare. Dio quanto rosica!