L’inarrestabile desquamazione

Mai sottotitolo fu più azzeccato di quello della Stanza. Sono cotto come un maialino (cotto, chiaramente. Altrimenti avrei detto: crudo come un maialino. Che sia spiedo, forno, padella poco importa). Però sono più magro di un maialino. La similitudine con l’irsuto animaletto era legata solo alla colorazione post-cottura, non certo alla massa corporea dei due termini di paragone (il maialino e me) sia chiaro! La botta di sole presa domenica continua a lasciarmi addosso segni agghiaccianti e anche parecchio schifosi. Intanto le croste sulla tempia destra (zona delicata, quella) hanno raggiunto il loro picco esplodendo contemporaneamente e liberando un liquame giallino che seccandosi ha dato vita ad altre crosticine, fortunatamente (come evidenzia il diminutivo ine) più piccole. Poi la pelle. Ohssantocielo! Ma cosa c’era in quel sole? Che composizione chimica avevano quei maledetti raggi? Il mio vellutato visino ha assorbito, senza far troppe storie, cinque ore d’intenso bombardamento di ultravioletti d’alta quota. Le storie l’ha fatte dopo. Provate a immaginare un fuoco sottopelle che si agita a ritmo di battito animale, batte come non ce n’è… Pensate che ieri accompagnavo un mio amico in centro con la macchina e lui sconvolto mi fa: “Hai acceso il riscaldamento, ma sei pazzo?” “No, è la mia faccia!”. Ormai un termoriscaldatore color fragola di stagione.
Quel che è peggio è che siamo solo alla seconda fase. La più terribile deve ancora palesarsi; quella che ti invalida, ti costringe all’isolamento, ti rende l’ultimo degli esseri su questa Terra. Quella che porta il dito dei passanti a puntarti, per poi emettere un bleah! burp! glab! vomit! e simili, e voltarsi dall’altra parte. Numerosi coloro i quali al verso hanno ritenuto opportuno allegare l’esclamazione: poveraccio! (ho una sensibilità, io); la terza ed ultima fase: l’inarrestabile desquamazione.
Sto provando in tutti modi a modificare il corso degli eventi, ma non vedo speranze. Ho impiastricciato la mia faccia con quintali di crema Nivea, e continuo a farlo ogni due ore. Pare reidrati la pelle e la aiuti a rimanere incollata. Ma così non è perché, già sul naso, piccole pellicine cominciano a svolazzare attaccate per un microscopico lembo. E poi la più chiara delle risposte arriva al tatto. La pelle è raggrinzita, secca, come una superficie che starà lì ancora per poco, morta sostanzialmente.
“Devo andare a comprare le sigarette.” “Ti accompagno!” Faccio per uscire dalla macchina e: “No, no, non ti preoccupare.” “Ma sì, dai, ti accompagno. Che resto a fare in macchina?” “Resti che… non puoi andare da nessuna parte. Sei mostruoso!” Ok, resto in macchina. Intanto stacco qua e là.
La trasformazione, se proprio non ce la fa a non proseguire il suo corso, l’importante è che trovi compimento al più presto. Perché io sto in ferie ancora qualche giorno, e non posso tornare in cassa drive a spaventare i bambini. Mica è Halloween!