I have another big problem

And now the situation is very very hard. Ho un altro grande problema e stavolta sono cazzi amari (traduzione, sempre per gli amici). Oggi pomeriggio devo (sì, ce la posso fare) andare a parlare col mio professore di Gestione della Produzione e Logistica Aziendale (solo a pronunciare il nome dell’esame mi sale un conato di vomito, come quando ho avuto la malsana illuminazione di assaggiare un’aletta del Mc Donald’s, che stava al caldo da un po’ troppo tempo) per convincerlo a farmi la grazia. Sì perché certi professori hanno tra le mani più potere della Madonna + Gesù Cristo messi insieme, e lui è uno di quelli. Non so come, ma sono arrivato al punto che mi manca soltanto il suo esame e la tesi. È vero, sono un po’ indietro con gli anni (pure se sembro giovane), ma, considerato che l’informatica mi fa ribrezzo (come i nomi degli esami che la compongono, e le alette scadute), considerato che l’ho abbandonata e ripresa almeno 7 volte, che sono andato via di casa e tornato, che ho cominciato a lavorare ovunque e a qualunque orario e salario, che intanto ho pubblicato un libro e che quando scadrà quello splendido (e un po’ agghiacciante, a dire di qualcuno) conto alla rovescia in alto del blog, i libri pubblicati saranno 2, che i miei progetti (perché i sogni sono altri, ma comunque anche solo realizzare quelli sarebbe un sogno) non prevedono l’informatica, né una qualunque di quelle riluttanti righe di codice, né un solo tag da ricordare, stare in piedi qui, sul culmine della disumana montagna che ho scalato, senza ancora essermi buttato di sotto, è già una gran fortuna. È chiaro che, finché avrò l’università aggrappata alla schiena come un carico di incudini, resterò legato a una realtà che sento estranea da troppo, poi da qualche mese a questa parte non mi appartiene più per niente. E allora, visto che non riesco a studiare, per via del tempo, della voglia, dei conati, ho deciso di rivolgermi al professore con quelle che da molti sono definite scene pietose, tipiche del classico caso umano, che ho deciso di interpretare. Così gli ho scritto un’e-mail terrificante dal punto di vista dell’autostima a cui lui ha risposto (miracolo!) con un’e-mail terrificante dal punto di vista delle speranze, bacchettandomi un po’, ma dal finale incoraggiante in cui mi invitava a recarmi in facoltà nel suo orario di ricevimento, ma dopo il 17 perché prima era impegnato in convegni (ai Caraibi). Oggi è mercoledì 17 (lo so che avete anche voi uno straccio di calendario appeso al muro e che non è proprio una data propizia, però è la prima utile) e il suo giorno di ricevimento è il mercoledì, ne consegue che oggi pomeriggio vado.

Non so bene come si evolverà la discussione. I bookmakers americani quotano a 500 la possibilità che lui mi stenda con un ebete sorriso il blocco per verbalizzare un generoso e regalato 18, mentre a 0.2 quella che io a metà della informale chiacchierata esploda in un pianto disperato inzuppando di lacrime scrivania, carte, tastiera e costringendolo a chiamare i pompieri per salvare il salvabile del suo studio. Voi incrociate le dita perché io non sono proprio bravissimo in queste cose, ma ‘sta storia deve finire! (come diceva la vecchina, ex vicina di casa (ex per due motivi: primo mi sono trasferito, secondo è morta) quando da piccoli facevamo baccano nel piazzale e, vi giuro, ci tirava i secchi d’acqua bollente dalla finestra).

I have a problem

Ho un problema (traduzione, per gli amici).
Oggi devo farmi la barba. Perché per lavorare al Mc Donald’s oltre a palesare inenarrabili qualità umanistiche/scientifiche/intellettuali ecc. bisogna attenersi ad alcune fondamentali regole igieniche/fisiche/sanitarie ecc. tra le quali figura quella di presentarsi sempre con un viso pulito con barba più o meno a livello 0. Allora, considerato il mio equilibrio ormonale, mi basta farmi la barba ogni due giorni per passare inosservato. Ieri non me la sono fatta, quindi oggi devo farmela. Argomentiamo la questione dicendo anche che farmi la barba non è proprio una passeggiata. Rischio ogni volta il dissanguamento. Mia madre l’altro ieri, dopo aver osservato l’asciugamano, prima bianco, ha esclamato: “Sembra il telo di Olindo Romano, l’assassino di Erba!” questo perché, ahimè, Madre Natura mi ha dotato di una pelle ultrasensibile (al contrario del cuore), che piange sangue non appena subisce lo sfioramento di una lametta. A questo aggiungiamo che non potendo permettermi Gillette Sensor No Limits Gel Ultra e tutte ‘ste cazzate qua, che ogni ricambio costa 5 euro, devo accontentarmi delle Bic Bilama (fin troppa grazia) Slalom, che corrispondono, come precisione e delicatezza, a un’ascia boscimana. Il problema sta nel fatto che io oggi pomeriggio devo uscire e non riesco a tornare in tempo per tutto il rituale della barba che prevede doccia di almeno venti minuti tra i vapori che ammorbidiscono la pelle e, a seguire, l’atto del recidere il pelo che va compiuto con estrema professionalità e pretende massima attenzione, perché al lavoro attacco alle 20.00 e devo pure mangiare (arrivateci voi all’1.00 di notte senza nulla nello stomaco). È chiaro che avrei potuto farmela stamattina, però ora subentra lo scientifico calcolo delle conseguenze, del futuro, del guardare sempre al domani, la sostanziale differenza tra l’uomo e la gallina, insomma. Domani ho un’altra mezza chiusura, esco alle 23.30 e ok che domani è il giorno dopo di oggi e quindi domani non servirebbe rifarmela, però, essendomela fatta la mattina del giorno prima, poi domani sera un po’ si vede, e allora qualcuno potrebbe rompicchiare. Mentre voi risolvete il problema facendo uso di grafi orientati e di quante più teorie conoscete sul calcolo delle probabilità (che il manager si accorga del livello della mia barba leggermente superiore al consentito), io penso a dove poter comprare una lampada nuova alle mie tartasaure che da qualche giorno vivono al buio perché la vecchia s’è fulminata e quella che avevo tre mesi fa acquistato, avendo già sentore dell’addio della vecchia (sono un tipo previdente io), me l’hanno data già fulminata e l’ho chiaramente scoperto quando sono andato ad avvitarla per sostituire la vecchia, cioè due tre giorni fa, appunto (provarla il giorno stesso pareva brutto). Insomma, qual è la giusta ora per l’omicidio perfetto della mia faccia?  

La stronza della porta accanto

Avete seguito Miss Italia? Io no perché tutte le serate sono capitato a fare chiusura e la cosa non è che mi sia dispiaciuta poi molto. Quella trasmissione la stanno allungando fino all’inverosimile; tra qualche anno diventerà peggio di Sanremo e le ragazze in gara alla finalissima saranno 1000. Quest’anno addirittura hanno aggiunto “Per te Miss Italia… è rimandata!” quando, a settembre con gli esami di riparazione? Che amarezza! Comunque sabato sera la manager fa: “Stanno eleggendo Miss Italia venite, venite!” tutti alla tv (perché al Mc Donald’s abbiamo una tv) e tutti: “Vince la 20, vince la 20!”. “Miss Italia 2008 è la numero 97 Miriam Leone!” che, diciamocelo, tutta questa bellezza a parte il solito fisico mozzafiato, non ce l’ha. Io le altre non le ho viste, ma già la seconda mi pareva un po’ più caruccetta, poi, quando ha parlato, ho ringraziato Dio per non averla fatta vincere.  Ma ‘sta Miriam proprio non mi piace. Primo perché ha il nome di una cartomante che stimo moltissimo, e di Miriam ce n’è una tutte le altre son nessuna. Secondo perché s’è tatuata un megalitico giglio colorato di rosso perché per lei passione e purezza nella vita vanno a braccetto. Non che i tatuaggi non mi piacciano, sono il primo ad averne uno piccolo piccolo sul polso, ma mica voglio diventare Miss Italia io. Una Miss Italia tatuata, dai! E non venite a dirmi che Miss Italia deve rappresentare le mode, le nuove generazioni perché se no l’anno prossimo pretendo vinca mia sorella diventando la prima Miss Italia dark. Ma questa del tatuaggio non è l’unica stranezza-record stabilita da Miriam, infatti lei, se non erro (ma potrei tranquillamente errare, so (inglese), correggetemi se sbaglio) è anche la prima che vince dopo essere stata ripescata (godiamoci l’eliminazione) e questo, se da una parte accende le speranze delle future miss mostre cacciate alla prima selezione, quando da 1000 diventano 998, dall’altra avvalora evidentemente la mia tesi che tanto bella ‘sta Miriam, non era. È giunta al concorso in quanto prima miss dell’anno. Cioè, non ho capito. Se organizzo Miss Preturo e la faccio proclamare il 1 gennaio quella di diritto va a Miss Italia perché prima miss dell’anno? Stesso percorso fece la Carfagna, e ho detto tutto. Comunque ha vinto lei e quindi l’hanno fatta parlare. Avete sentito che odiosa? Sembra provenga da 10 anni di televisione. Ma dove sono finite quelle timide ragazze indifese che quando le inquadrano diventano rosse e non azzeccano un congiuntivo? Questa è la stronza della porta accanto, altro che la ragazza della porta accanto. Miriam era stata scelta anche per Miss Cinema che prevede un corso di recitazione gratuito a New York all’Actor’s Studio di Anna Strasberg. Poi ha vinto Miss Italia e, come da regolamento, ha dovuto cedere la fascia; quindi due sono le cose: il corso a New York o se lo paga o se lo sogna. In complesso comunque un ottimo risultato per la rete prima della RAI che ha superato di poco i 3 milioni di spettatori. Complimenti a Conti che è riuscito quasi a fare peggio di Facchinetti col suo X-Factor; e non era facile eh! Faccio un appello a Del Noce: che ne dice, caro direttore, di far riempire il palinsensto delle prossime prime serate con le nuove puntate di È quasi magia Johnny?

Adesso si continui a cercare Denise

La bimba che hanno ritrovato in Grecia non è Denise. Stavolta un po’ c’avevo sperato. Tante coincidenze sembravano poter finalmente restituire la felicità a Piera Maggio. Ieri l’ho vista a Pomeriggio5, con negli occhi la speranza, ma con l’ammirevole proposito di spegnere qualunque entusiasmo, perché era molto probabile che quella si sarebbe rivelata l’ennesima segnalazione vana. Però la bimba conosce qualche parola d’italiano, ha 8 anni, l’età che avrebbe adesso Denise, il taglio degli occhi e un segno sotto l’occhio sinistro che hanno fatto sussultare Piera Maggio al momento in cui le hanno mostrato la foto. E allora, quando Brachino le ha domandato cosa avrebbe fatto se l’esame del DNA fosse risultato positivo (domanda ingiusta), lei ha acceso un sorriso e in quell’istante, sono certo, ha immaginato sarebbe andata davvero così, e ha detto che si sarebbe catapultata in Grecia a riprendersi sua figlia. Piera Maggio continuerà a cercare Denise come ha fatto in questi 4 anni, e se Denise è viva sono certo che prima o poi la troveranno, perché ha una madre che non riesce ad arrendersi, tramutando il ritrovamento di sua figlia nell’unico scopo degli anni che le restano da vivere. Tanti sono i bambini che scompaiono, rapiti e venduti; tutti i genitori piangono, molti nel tempo si arrendono. Non li sto giudicando, anzi. Penso che dopo un po’ sopraggiunga una stanchezza che ti debilita e ti costringe a valutare la possibilità che non rivedrai più tuo figlio, e che nel tempo questa possibilità si faccia abitudine. Così le televisioni smettono di occuparsi del caso, i giornali si concentrano su notizie più fresche e negli anni la scomparsa di quei bambini cade nell’oblio della dimenticanza. Piera Maggio non so dove trovi la forza per tenere i riflettori accesi su sua figlia. È stanca anche lei, è esausta, ma se qualcuno si azzarda a chiederle di riposare lei lo sbrana come una leonessa. Tante sono le ombre nella famiglia Pipitone, però nella mia visione semplice delle cose vedo una disperazione e una forza che non è fisica, ma interiore, perché fisicamente quella donna sta crollando, ma non molla mai. Spero che Denise un giorno possa sapere di avere una madre così.

Solo, credevo di volare e non volo

Poi ieri Toni ha giocato e quindi, come promesso, ho cambiato canale. A canale5 c’era il Memorial Battisti che io speravo fosse qualcosa del tipo: vi facciamo rivedere un po’ (magari tutte) delle sue esibizioni e ne parliamo insieme accompagnati dalle sfumature della sua voce eterna, e invece era un baraccone di pseudo cantanti riciclati per l’occasione che, su un palchetto di una piazza romana, guidati dall’eleganza caprina di Loretta Goggi, stavano ammucchiati a canticchiare le sue canzoni con Vandelli in prima linea, che non lo reggo più perché continua a fare soldi in memoria dell’amico Lucio morto. E quindi ho ricambiato, e poi ho ri-ricambiato e poi ho ri-rimesso la partita, e così via fino a quando sono finiti entrambi e ho trovato pace. L’Italia ha vinto, doppietta (non di Toni, ma) di De Rossi e, come dice Lippi, 6 punti in 2 partite, e avanti così senza troppi entusiasmi. Se sta bene a lui! Io non vorrei insistere più di tanto perché poi qualcuno potrebbe accusarmi di portare sfiga a Toni e cose così, ma quand’è che quel palo scoordinato ha segnato l’ultimo gol in nazionale? Se qualcuno ricorda tale momento, grazie. Intanto aspettiamo fiduciosi che la Madonna decida di fare il miracolo concedendo alla palla di rimbalzare su una parte qualunque del corpo di Toni prima di finire in porta, visto che pare che neanche Lippi voglia privarsene. Una cosa positiva o drammatica, a seconda dei punti di vista, dal Memorial Battisti è venuta fuori. Silvia Salemi è ancora viva e, dopo l’esecuzione vomitevole a cui ho assistito, persino fischiata (a ragione) dal pubblico, aggiungerei un sottolineato purtroppo.

Io non so che pensate voi di Battisti, chi ha vissuto la sua musica sulla pelle e chi l’ha amato nonostante non appartenesse a quegli anni. Io penso che uno come lui non tornerà più. Sarà pure un pensiero banale, ma non trovo molte parole per definire quello che è stato e che continuerà ad essere per sempre. E mai e sempre non sono termini che uso spesso.

Chi buttereste nel buco nero?

Stamattina mi sono svegliato e ho tirato un sospiro di sollievo. Col gran parlare che si sta facendo in questi giorni non era così scontato svegliarsi e, nel caso, non era così scontato che il luogo del risveglio fosse la propria camera da letto. Ero terrorizzato all’idea di ritrovarmi in una delle infinite dimensioni possibili perché il buco nero aveva risucchiato anche me, e invece di buchi neri neanche l’ombra, anch’essa nera, suppongo. Hanno acceso ‘sto benedetto anello gigante e il primo dei 4 esperimenti previsti è andato come doveva, perché pare che i protoni si siano fatti la dovuta passeggiata per i 27 km dell’anello tornando al punto di partenza (che bravi). Il Large Hadron Collider (costato la quisquiglia di 9 miliardi di euro (no, non ho sbagliato)) ha funzionato, per questo gli scienziati del Cern esultano gaudenti. Ora spareranno un altro fascio in senso opposto per testare anche l’altra direzione, dopodiché i fasci verranno lanciati contemporaneamente per osservare cosa succederà quando entreranno in collisione ad altissime velocità. E che succederà? Questo è l’interrogativo che affligge il mondo per quello che è l’esperimento più importante di tutti i tempi. Pare che questo scontro ricreato in laboratorio riprodurrà le condizioni della creazione del tutto, il Big Bang, che è poi il più diffuso modello cosmologico che descrive l’origine dell’universo. Molti, però, per la maggior parte idraulici, lavandaie, casalinghe e restauratori di tavolini (con tutto il rispetto) gridano all’allarme perché, secondo il loro molto modesto (anche se non lo sanno) parere, questa storia porterà alla formazione di buchi neri che nel giro di 4 anni potrebbero inghiottire il nostro bel pianeta, per ritrovarci chissà dove. I fisici si fanno una risata (io faccio le corna, non si sa mai) e tranquillizzano tutti che il Collider è sicuro (anche perché con quello che è costato ci manca pure che ci risucchia, dai). Nell’attesa dell’esito dei prossimi esperimenti vi chiedo: se doveste pensare a qualcuno o qualcosa che a vostro parere merita di essere al più presto risucchiato dal buco nero, chi sarebbe? Io dico Paola Perego solo per far contenta mia madre che non la sopporta e Barbara D’Urso perché non la sopporto io, e poi il vecchio che abita vicino a me che continua a chiamare il mio cane Ica quando invece si chiama Iker che, se non lo risucchia il buco nero, troverò al più presto un modo alternativo per sbarazzarmi di lui. Detto questo, stasera gioca l’Italia, la seconda partita di qualificazione contro la Georgia. Spero che possa scattare un accenno di Big Bang nella testa dei nostri giocatori, così, giusto per creare una sorta di condizione primordiale di vita cerebrale. E, se gioca Toni, giuro che cambio canale.

Una cena col botto

Ieri c’è stata (non certo perché l’ha voluta Dio) la cena per salutare Davide, un ragazzo che ha lavorato al Mc per quasi un anno, finché non gli è scaduto il contratto e, nonostante fosse bravo (ma le meccaniche dei rinnovi spesso (non sempre) esulano dalla bravura) si sono dimenticati di prolungarglielo (diciamo così), cose che succedono. Lungo aperitivo al Barbarossa, poi alla Vesuvio (l’ultima volta, uscendo, ho pensato che la pizza non era poi così buona; ieri, uscendo, ho pensato che la pizza sembrava un frisbee di plastica dura, pertanto potete dedurre che… non era poi così buona, ecco). Davide è stata la prima persona che ho incrociato in cucina il giorno in cui sono stato assunto 10 mesi fa. Ero terrorizzato. Me lo ricordo quel sorriso avanzare verso di me e: “Piacere, Davide!” e da lì è stato davvero un piacere ogni volta che i nostri turni si sono sovrapposti, anche per stracci di mezzore. È una di quelle persone che ti rende le ore lavorative divertenti e, visto che almeno a me mancherà, ci tenevo a ringraziarlo con una bella cena. Eravamo tanti ed è andata bene se non fosse per il dopo, quando, a mezzanotte inoltrata, abbiamo deciso di rivederci tutti in centro per l’ultima bevuta. Non abbiamo fatto in tempo a percorrere neanche 100metri che io e Franco vediamo materializzarsi un autoscontro non consentito e, nel panico, in piedi sullo spartitraffico al centro dell’incrocio poco più avanti, a discutere col sopravvissuto dell’altra automobile, Anita, una delle ragazze della cena. È bastato giusto un attimo in cui ha deciso di assentarsi con gli occhi (senza lasciare il cartello torno subito), alla ricerca di un accendino caduto chissà dove, probabilmente sotto il sedile, per non accorgersi della precedenza e dell’automobile che saliva, che lei ha preso in pieno. Un po’ di paura, il danno tutt’altro che irrilevante (se se la cava con 2mila euro è già tanto), la colpa quasi completamente sua a parte per il fatto che il tipo nell’automobile bianca correva parecchio, e per una presunta pistola che la guardia giurata (perché si è rivelato una guardia giurata) ha fatto prelevare a suo padre arrivato in fretta e furia per nasconderla nel suo furgoncino prima di mettersi a fare foto dappertutto. Forse non poteva portarla dietro? O magari quella borsetta nera conteneva altro, che so cocaina, una bomba atomica, un set di vibratori da viaggio. Fatto sta che siamo stati fino a tarda notte a fare compagnia ad Anita che tentava di sbrigarsela con i carabinieri. E stamattina alle 9.00 (4 ore di sonno, dico generosamente) corso sulla salute e sicurezza sul posto di lavoro con l’ingegnere dell’anno scorso che ha detto le stesse parole dell’anno scorso, ma che a differenza dell’anno scorso s’era sbrodolato qualcosa addosso, con sospetta perdita di liquidi attorno all’inguine, per non parlare della bavetta che gli colava all’angolo della bocca. Me l’hanno raccontato. Fortuna che in tutto questo io dormivo.

Se abbiamo battuto Cipro possiamo battere chiunque

Lippi è tornato signori miei. Ieri sera, nella prima partita delle qualificazioni per il prossimo mondiale, abbiamo letteralmente disintegrato una delle compagini più forti al mondo. La Germania? No. La Francia? No. La Spagna? Macché, di più di più. Il Brasile? Ma no, molto più forte, dai! Vi arrendete? Ok, ve lo dico io, Cipro. Finisce 2 a 1 con il solito goal dell’ultimo secondo di Di Natale, ma Cipro è Cipro. (E cos’è Cipro?) È un isola a sud delle coste della Turchia, che fa un quarto degli abitanti di Roma e che, a quanto pare, ha una squadra più forte dell’Italia che di abitanti ne fa quasi 60milioni. Che agonia, ragazzi. Buffon sembrava l’uomo ragno e il telecronista ad un certo punto s’è lasciato andare all’espressione: “A questa Italia sta benissimo il pareggio con Cipro!” e là, a pochi minuti dalla fine, ho spento, anche perché ero in un ritardo cosmico e dovevo ancora passare per il bagno per via di uno sgradevole fastidio intestinale (e ci siamo capiti).
La verità è che l’Italia ieri ha fatto veramente schifo, molto più schifo dell’Italia di Donadoni, ad esempio, però ha vinto.
Fare raffronti adesso è prematuro. È solo la prima partita, però si intravede già una differenza sostanziale che poi è l’ago della bilancia nella carriera e nella vita non solo di un allenatore. Lippi ha e ha sempre avuto qualcosa che a Donadoni manca, un’arma che definirei invincibile: il culo.
 
Mia madre: “Ma adesso ai mondiali ci fanno partecipare pure ‘ste squadre sconosciute?”
Io: “Mamma, sono le qualificazioni. Devono poterci provare tutti i paesi del mondo (così, per renderle il concetto un po’ più semplice di quello che è).”
Mia madre: “E quel paese che è stato completamente raso al suolo dall’uragano non ce l’aveva pure lui una squadra di calcio? Come farà ora a partecipare ai mondiali?”
Io: “Immagino che lì abbiano altri problemi, ora.”

Pettinelliate quotidiane

Stamattina la Pettinelli nel corso della coinvolgente trasmissione su RDS che qualcuno le fa presentare (e che io non seguo, sia chiaro) ha dato la sua ennesima news dal mondo che, guarda un po’, non ha trovato riscontro alcuno. Ho provato a cercarla nel www e, non so se per via della mia riconosciuta incapacità nello scegliere parole chiave (molto probabile), o se perché era veramente una boiata, non ho trovato nulla. Comunque, secondo lei, starebbero per mettere sul mercato un nuovo telecomando per la tv che funzionerà come la Wii, senza telecomando praticamente, anche se la Wii il telecomando ce l’ha. Avete presente l’ultima trovata della Nintendo che, grazie a degli speciali sensori, capta i movimenti del corpo e quindi, che so, un duello di spade non è limitato a schiacciare un pulsante, ma devi far finta che il telecomando sia la spada e colpire il nemico come se ce l’avessi davanti? Bene, allora, sempre secondo la Pettinelli, le tv del futuro, attraverso la stessa tecnologia, permetteranno al telespettatore di cambiare canale toccandosi l’orecchio destro, di alzare il volume ruotando la mano in senso orario e di abbassarlo in senso antiorario, e cose così, senza aver più bisogno del classico telecomando gommato che s’intrufola nel divano o tra le coperte del letto e non sai mai dov’è.
Pensate a cosa accadrebbe se nei minuti finali di una tesissima partita di Champion’s League, con la vostra squadra in difficoltà, dovesse arrivare la simpatica sorellina undicenne che, alquanto desiderosa di vedersi l’ultima puntata di Wings vs Braz, con scaltro gesto, si tocca l’orecchio e la tv cambia canale. Voi fate lo stesso e torna alla partita, lei si ritocca l’orecchio, voi pure, finché inizia un’accesa discussione che culmina in calci, pugni, schiaffi e, come colonna sonora, la tv che saltella da un canale all’altro, si spegne e si riaccende, grida e si ammutolisce a seconda dei colpi che vi scambiate nel combattimento, e che lei capta come segnali; come posseduta da un demone.
Spero si tratti solo della classica pettinelliata quotidiana, altrimenti prevedo un futuro di incontrollabili tic nervosi e schizofrenia cronica. Se già da ora utilizzo la tv come qualcosa su cui appoggiarci le cose (eloquente, no?), una sorta di mensola cubica, quello sarà davvero il momento dell’estremo saluto al mezzo. Che impazzisca pure quella quaquaraquà della Pettinelli, noi salviamoci!

L’aria, sopra al mondo, è troppo diversa

Il cambiamento è obbligato quando sei dentro una realtà che ti indebolisce, che ti rende inerme nei giorni dopo averti fatto gridare perché, nella tua camera, senza usare troppa voce, per non svegliare i tuoi. Un’esigenza del corpo, perché restare a guardarti con quegli occhi, senza poterli vantare propri, credimi, soffocava. La ricerca di uno stato d’animo che non prevedesse lacrime per te era uno degli obiettivi primari di quei mesi, come coltelli in continua rotazione negli squarci aperti. Peccato che limitarmi a decidere di cambiare non poteva portare giovamento alcuno, finché fosse corrisposto a una volontà soltanto mia. Costringere il corpo a non reagire, costringerlo a mantenere inalterato il battito, la frequenza dei respiri, è cosa vana. A modificarsi dev’essere la sostanza, ciò che ha tenuto le mani strette su ogni tua esigenza, anche la più ridicola, come ridicolo ero io, per un anno esatto. È la fisiologia dei sentimenti, coi loro tempi e coi miei di tempi. Nel palmo della mia mano restavi in alto a osservare il panorama dalla tua posizione privilegiata rispetto al resto delle persone. Credevi fossi io così premuroso, attento, vicino, incollato quasi. Invece era la scia di un sentimento che continuava a tenerti sopra al mondo, nonostante il nostro tempo ufficiale fosse finito dopo pochi mesi. Non giudicarmi freddo, rancoroso, distaccato perché io ora ti guardo con un sorriso diverso, finalmente Amico.