Incappucciate i vostri spiccioli pure se siete sterili

Mercoledì sera durante Carramba, subito dopo che la Carrà aveva fatto rincontrare un vecchio senza voce perché aveva subito 2 gravi interventi alla gola, con la sorella argentina che non vedeva da 32 anni, e subito prima che la Carrà potesse far rincontrare un vecchio senza gambe perché aveva subito 2 gravi amputazioni, col figlio che non vedeva da 41 anni, che ovviamente vive in Argentina, chiede la linea urgente il TG1 per informare gli italiani della situazione un attimino preoccupante che sta attraversando la borsa. E già quando si manifesta l’edizione speciale di un tg che interrompe tutti i programmi come un ectoplasma all’improvviso, ti sale l’ansia a un certo livello. Insomma è stato convocato un urgentissimo Consiglio dei Ministri e Berlusconi ha parlato, e io ho capito solo che il sistema bancario italiano è il più saldo d’Europa, che a noi non accadrà mai nulla, ma ho capito pure che Berlusca e il suo squadrone stanno mettendo a punto una manovra precauzionale di interventi dello stato per sostenere eventuali crisi e fallimenti di banche. Manovra che, come ripete più e più volte il Cavaliere, non avremo mai bisogno di attuare, perché il nostro sistema bancario è tra i più saldi d’Europa. Ma allora perché hanno deciso di metterla a punto, questa manovra dico. Cioè se io penso che nel nostro paese mai e poi mai scoppierà una guerra che porterà carestie e povertà e morte, io non vado alla Conad a fare un rifornimento esagerato di acqua, zucchero, farina, conserve ecc. così, per precauzione. Non so voi, ma io alle parole di Berlusconi non tanto ci credo, come secondo me non ci crede neanche lui, visto che sta prendendo le precauzioni. È come usare il profilattico con una tipa sterile. Sarà che non siamo proprio così sicuri che questa qui sia sterile? Oppure appellandoci all’esistenza dei miracoli incappucciamo il cosino onde evitare che un ridente giorno di primavera la sterile, con grandi occhi luccicosi, ci comunichi: “Che meraviglia, aspetto un bambino”; e mo!?
Comunque, mentre la borsa mondiale crolla e Silvio con quel suo bel sorriso durban’s  scintillante (il sorriso che avvicina), dice a tutti che non è successo niente di che (scusate se una situazione del genere non si verificava dal lontano 1929), mia madre dice:
“Meno male che c’è Berlusconi, io mi sento tranquilla con lui”. Beata lei!
Poi è tornata la Carrà e il figlio argentino del senzagambe ha potuto riabbracciare il padre, che a sua volta ha abbracciato il figlio, perché le braccia, almeno quelle, ce l’ha. Chissà se è pure sterile. Beh no, se ha un figlio. Ma che c’entra, magari è uno sterile miracolato che non ha incappucciato il cosino. Vedi poi quando si parla di precauzioni. Ma tanto noi siamo il paese con il sistema bancario più saldo d’Europa. Che faccio, ritiro quei 4 spiccioli che ho in banca e li metto sotto al materasso? Ho una macchina da pagare, io.

Carnevale di parole [bla bla bla]

Io penso che se a uno interessa una e glielo fa capire (uno è consapevole se gliel’ha fatto capire veramente, oppure se l’ha capito soltanto lui, il fatto di averglielo fatto capire, dico) e lei dice che ricambia, ma dimostra che se ne frega, forse l’atteggiamento in cui va cercata la verità è quello del fregarsene, in quanto dimostrazione. Sempre per la storia che non contano tanto le parole quanto i fatti, che poi non è una cosa provata, però è innegabile che i fatti hanno molta più probabilità di essere veri delle parole che, se ci pensate, sono solo facili suoni da emettere, sia che corrispondano a reali sensazioni sia che appartengano alla sfera delle buone ed educate consuetudini. Ora, perché fare un passo avanti, cercarmi, chiamarmi, domandarmi, e poi, quando rispondo, retrocedere come un gambero e sparire nella nebbia? Boh! Certe volte mi chiedo se sono io ad essere anormale, e mi rispondo pure di sì, per carità! Però tutto sarebbe più semplice nella vita se l’uomo vivesse le emozioni, le relazioni con l’altro, nel modo più semplice possibile. Se mangiasse una mela a morsi, piuttosto che farla a spicchi col coltello; se rispondesse ai propri impulsi, nobili come quelli dei sentimenti, senza starsi a domandare quale sia la tattica migliore per riuscire nell’effetto calamita e trattenere l’altro senza mai dargli certezze. Perché? Sono così belle le certezze! E invece è tutto complicato, passano i giorni e ti chiedi qual è il senso di un rapporto che vuole nascere, ma non nasce, e ti rispondi che forse è proprio perché non vuole nascere. Comunque non è che cambi nulla, ci risiamo. Trovare qualcuno interessante capita di tanto in tanto. Quando inizia a comportarsi così, smette di esserlo e tutto va a posto nel silenzio. Provare a contenere il proprio interesse è possibile, ma non dimostrare niente (cioè il fregarsene appunto) è per forza sintomatico del fregarsene reale. Cioè, tu riusciresti a dimostrare di fregartene sempre (indifferenza) a chi invece t’interessa? È quel sempre il problema.
Che poi non capisco cosa spinga le persone ad essere quello che non sono, a costruirsi maschere di comportamenti (a loro giudizio) convenienti. È faticoso; per ottenere cosa, poi?

Ho fregato mystery shopper

Domenica, dopo quasi un anno che lavoro al Mc Donald’s, sono riuscito a beccare mystery shopper. Il link è funzionale al fatto di non dover così spendere mezza pagina per spiegare cosa o chi è costui; i lettori bramosi di conoscenze dettagliate clicchino pure, magari qualcuno che ce l’ha come argomento della tesi, che ne so (a proposito: brava Fra che ieri s’è laureata e venerdì si festeggia); a quelli che invece je basta capi’ de che se parla stessero tranqui che tanto na spiegazione tera tera je a do pure io, e più precisamente seguita il punto. Mystery è uno stronzo pagato (pochino, e questo amplifica (tantino) il suo livello di stronzaggine) dall’azienda per fingersi una volta al mese cliente. Cambia tutti i mesi e la sua identità è supersegreta. Quando viene (a sorpresa) fa quello che un cliente qualunque farebbe. Ordina facendo un po’ il rompino del cazzo, quello che chiede panini speciali, senza quell’ingrediente e con quell’altro, poi ci ripensa, poi aggiunge le salse, poi non ha i soldi, insomma testa la resistenza e disponibilità di chi lo serve, se gli va, magari no, consuma quello che vuole, va al bagno, a fare o no i bisogni è irrilevante; lui ci va giusto a dare un’occhiata, e torna a casa a redigere la sua scheda con tanto di punteggio. Ebbene, è passato domenica sera, si è preso un big e alla postazione c’ero io. È tornato a casa, ha compilato la scheda e c’ha dato 102%, cioè il massimo. Questo significa un po’ di cose: che ha trovato il mio panino eccelso (so rendere speciale un panino se voglio, basta starnutirci sopra, o pulirsi le mani sporche di senape, o di formaggio fuso, o di polvere, nell’insalata che poi metti con cura nel panino, e altre pratiche ugualmente geniali); che non era il cliente su 2 che la ragazza in cassa manda regolarmente affanculo; che i bagni stranamente non erano la solita fogna in cui ogni realtà viene lasciata fermentare ore, fuori e dentro il water (è incredibile come l’89% dei clienti maschi non riesca a centrare il buco e il 99.9991 % delle femmine consumi quantità immonde di carta igienica che abbandona per terra o sul lavandino o educatamente nel suddetto water, che poi tiri l’acqua e s’intasa, e l’acqua sale sale sale e straborda); che la sala non era ridotta alla solita casa nella prateria che fai prima a liberare una quarantina di galline che a passare la scopa per terra; e, cosa più importante, quella che gaudente mi ha fatto esultare solo e disperato in cucina quando ieri pomeriggio l’ho saputo, oberato da centinaia di ordini perché ieri dalle 15.00 alle 17.30 è venuto tutto l’Abruzzo a mangiare e pure un po’ di Molise secondo me, è che nella mia prossima busta paga (e in quella della ragazza) ci saranno 50 euro di premio.

(Stamattina mi tira la gamba sinistra, non so se sto semplicemente diventando vecchio o se è perché là dentro mi sto rovinando, più la seconda penso.)

I limiti della vita e dell’amore

Stamattina seduto (beh, in piedi è un po’ scomodo) sul cesso, nel mentre espletavo i miei regolarissimi bisogni fisici post colazione con latte e cereali (cacca, puntuale come un orologio svizzero), ho finito L’amore ai tempi del colera di Marquez. C’ho messo un po’ perché non ho più molto tempo per leggere, sebbene continui a farlo sempre, tutti i giorni, molto meno di prima, e il water-moment è uno dei pochi che mi restano. Non servo certo io da Preturo in L’Aquila (come direbbe la carissima neolaureata Alessia Fabiani) a dire che quello è davvero un bel libro e che non c’è molto da stupirsi se autori così non torneranno più. Sono molti i passaggi che colpiscono oltre alla storia così poco vicina alla realtà, ma chi lo dice che la realtà è quella che accade tutti i giorni, di un amore che resiste nonostante 50anni di vita fatta di altro, non condivisa. Di incontri, di famiglie diverse, figli, ma col pensiero di quel sentimento travolgente e giovane sempre nel cuore del protagonista Florentino Ariza, che conserva la speranza di poter un giorno avere la sua Fermina Daza con sé e soltanto per sé. E la segue non soltanto per le strade, la segue come un piccolo moscerino che tenta di cogliere nei suoi sguardi segnali, cambiamenti, e per lui Fermina è sempre meravigliosa nonostante il tempo, tanto, e i segni sul viso. Il finale non lo svelo, stavolta, perché vorrei che lo leggeste.
Quando ho chiuso il libro mi sono precipitato in camera alla ricerca di Cent’anni di solitudine, ma non l’ho trovato. Sono sicuro di averlo da qualche parte, mi ricordo che era uscito con Repubblica. Chissà dov’è finito. In compenso ho ritrovato un libretto di Marquez che avevo acquistato un’infinità di anni fa sulla spiaggia di Vasto. Avrò avuto 15 anni forse; c’era questa bancarella di libracci, e io passai quasi tutta la mattina a rovistare tra fumetti sgualciti, libri di ricette, harmony, alla ricerca di un libro vero, finché mi ritrovai tra le mani Dell’amore e di altri demoni, costava 2000 lire (i lettori più giovani forse non lo sapranno, ma fino a qualche anno fa l’Euro non esisteva, non è che sono proprio un matusalemme io), da allora non l’ho mai letto. A me qualche volta capita di comprare un libro e leggerlo moltissimo tempo dopo; ne ho tanti sulla mensola che mi aspettano eppure continuo a comprare. Credo che sia il libro a doverti chiamare e Dell’amore e di altri demoni è stato davvero paziente.
Vi lascio con un passaggio meraviglioso dell’Amore ai tempi del colera, uno dei tanti, devo dire, da brividi.
 
Il capitano guardò Fermina Daza e vide sulle sue ciglia i primi bagliori di una brina invernale. Poi guardò Florentino Ariza, il suo dominio invincibile, il suo amore impavido, e lo spaventò il sospetto tardivo che è la vita, più che la morte, a non avere limiti.
 
Non mettete mai limiti alla vita e all’amore, è inutile oltre che ingiusto.

Professione fulminato

Questa è la storia di William Hall (non sto copiando la De Filippi, semmai citando, mi piace il suo incipit, sottolineo incipit, come a dire: quello e basta), un povero disgraziato newyorkese di 44 anni che, stremato dal continuo aumentare del prezzo del petrolio, tenta di far andare il suo camioncino più che può, fino all’ultima goccia, e arrivare alla notte che la benzina costa meno per fare il pieno (ha tutta la mia stima). Ma quella è una notte chiamiamola inconsueta e William ancora non lo sa. Pioviccica, si ferma a un distributore della contea di Niagara (io lo dico sempre: mai farsi sorprendere da un temporale vicino a grosse fonti d’acqua) afferra la pompa della verde, e un fulmine lo becca in pieno scaraventandolo a terra.

William sta bene. Dopo diverse ore ha detto di sentirsi un po’ disorientato e che i suoi ultimi ricordi sono legati a una luce arancione immediatamente seguita da una bianca accecante, e poi il buio. Pare che il leggero colpo di culo del signore sia dovuto al fatto che lui, mentre questa così simpatica scarica elettrica folgorante lo attraversava da parte a parte, stesse tenendo in mano la pistola della pompa, che avrebbe scaricato la botta a terra. Per la serie: quando una pompa ti salva la vita.

Ma ce n’è un altro di signore che detiene il record mondiale, colpito 2 volte da un fulmine senza riportare conseguenza alcuna. È accaduto in Canada, lavorava in un cantiere in entrambe le circostanze, e in entrambe le circostanze è rimasto illeso. Mentre era a terra la seconda volta i soccorritori raccontano che abbia mormorato: “Strano, perché di nuovo io?”. Effettivamente non è proprio cosa da tutti i giorni. Domanda lecita, poveretto. Secondo il National Weather Service la possibilità di essere colpiti due volte da un fulmine durante la propria vita è di una su 9 milioni. Io una giocatina al superenalotto me la farei, fossi in lui.

Ricoverato in ospedale, sta meglio e desidera tornare al lavoro al più presto. Eh, ma allora te le cerchi, però! Avete presente quegli adesivi a forma di soli, stelline e lune che accumulano luce e la restituiscono al buio tutti fluorescenti? Ecco, secondo me il canadese quando esce a farsi un giro dopo il tramonto è caratterizzato da una inconsueta luminescenza naturale. Almeno la notte non rischia di essere investito per strada. A parte da un fulmine, chiaramente. E se non c’è 2 senza 3, oltre alla giocatina, io mi farei anche una sonora grattata lì, ché non si sa mai.

Il morbo è tornato

Oggi è un giorno triste per l’Italia intera, e la Stanza non può che abbracciare con sensibilità tutte quelle famiglie già colpite da tale tragedia che sa logorare lasciando un indelebile graffio nell’anima (che era un film, mi pare). Mi associo al dolore e indico il lutto mondiale (perché tanto si estenderà oltre i confini, lo so già) e il minuto (l’ora, il giorno, il mese, l’anno, fate voi) di silenzio, perché il morbo Moccia è tornato (uh mamma saura!) e sta contaminando il paese con la sua nuova letale epidemia: questa. Amore 14 non è solo un libro, ma tutta una serie di robette tipo penne, segnalibri, pupazzini, diari, astucci, zainetti, cartoline coi cuori, è anche una specie di fiction, insomma Moccia sta tentando davvero di ridurre i nostri cervelli a una poltiglia rincretinita, qual è il suo.
In questo filmato, gentilmente segnalatomi da Amelia, sono racchiuse allarmanti testimonianze direttamente dalla voce di chi vive ormai la fase acuta, irrecuperabile. Degna di nota la citazione della giovane e già devastata mocciosa intervistata, di un passaggio di Tre metri sopra il cielo che l’ha particolarmente colpita: "Cioè fa: i tuoi occhi so diamanti, poi lei fa: io ti vedo nei miei sogni, poi lui fa: il tuo nome luccica, poi lei fa: io e te tre metri sopra ar cielo".
Io mi chiudo in casa, voi fate come credete. Che la guerra dei mondi abbia inizio (e se qualcuno si azzarda ad andare in libreria a comprarlo giuro che gli tolgo il saluto)!

Julia, se vengo a Los Angeles me lo dici ‘sto segreto?

Aspetta e spera che la telefonata (non) si avvera, e non è un problema di campo, o di credito, o di batteria; se uno non compone il numero e non preme sulla cornetta verde, ti puoi sbattere per terra, ma la telefonata non arriva, e non c’è santo che tenga. Al cinema ci vado lo stesso (non è che una telefonata mi cambia la vita, sia chiaro, né la giornata), a vedere un altro film (quindi qualcosa l’ha cambiata, però). Un segreto tra di noi, il grande (?) ritorno di Julia Roberts. Visto che a me la Julia piace proprio tanto, pure se qua e là voci mi suggerivano di evitare, io e la mia testardaggine masochistica abbiamo deciso di non lasciarci abbattere dai due flop di Un giorno perfetto e Decameron pie e siamo andati, peraltro alla multisala Garden, a diciamo 20 km (forse più) da casa mia, perché né il Movieplex né il Massimo hanno apprezzato, e quindi immediatamente tolto dalle sale. Sarà stato per via degli incassi, ma neanche questo interessa a me e alla mia testardaggine masochistica; noi vogliamo Julia boccalarga a tutti i costi, e Julia boccalarga avremo. Piove, nell’ampio parcheggio non più di 10 automobili (lontani i tempi in cui bisognava girarselo 2 o 3 volte per trovare un posto). Tra un po’ i ragazzi della biglietteria cominceranno a travestirsi da clienti e a pagare il biglietto per pagarsi gli stipendi. Come dice Franco, fosse stato per gli incassi aquilani Julia Roberts sarebbe morta di fame. 4 persone in sala per un totale di 16 euro, un sucCESSOne, insomma. Il film ha tutta l’aria di essere carino, giusto l’aria; con quelle enigmatiche inquadrature iniziali sui volti, sugli orologi, sulla pioggia, i primi dialoghi d’impatto. Poi comincia a snodarsi la trama che io avevo letto e che sulla locandina recitava più o meno così: una famiglia all’apparenza perfetta che custodisce un segreto. Perfetta? Ma se è una famiglia di disadattati psicotici, ed è chiaro fin da subito. Chi scrive recensioni, locandine, realizza trailer, mi chiedo: ma il film lo guarda prima o va a caso? Riassumiamo la trama. Julia è la moglie di uno scrittore di successo, un uomo freddo che maltratta il figlio che poi cresce e diventa scrittore pure lui. Julia ha una sorella più piccola che si affeziona molto al ragazzino, cresceranno insieme diventando grandi amici. Julia rimane incinta dell’uomo cattivo scrittore di successo e nasce Rayne sorella del ragazzino disadattato che poi diventa scrittore pure lui. Fin qui ci siamo? Questo ragazzino è costretto a vivere un’infanzia sotto tortura, perché il papà cattivo pretende un rigore estremo e gli riserva penitenze dolorose, come restare immobile a braccia spalancate con due barattoli di vernice, uno per mano, per un tempo indefinito, in garage. Ogni tanto compare un orologio digitale che segna ore e minuti uguali. 11.11 10.10 22.22 per capirci, che io mi ricordo che quando uno becca ore e minuti uguali vuol dire che qualcuno nel mondo lo ama, ed è una bella consolazione questa, ma non c’entra una ceppa col film. La svolta si ha quando arriva il giorno della laurea in lettere di Julia, ormai anzianotta. Il figlio maschio, scrittore affermato, torna da New York per l’occasione, Rayne, sua sorella, lo va a prendere all’aeroporto, intanto Julia e marito cattivo procedono in macchina e succede che il figlio di Jane che è la sorella di Julia, quella che era diventata amica col figlio poi grande scrittore (non vi perdete, eh) fa rimbalzare la palla da baseball prima su un tavolo, poi su una sedia, poi da qualche altra parte, insomma ‘sta palla finisce per strada. Lui va per raccoglierla proprio nel momento sbagliato, perché sta passando l’automobile a gran velocità di padre cattivo che per evitare il figlio di Jane, sorella di Julia, sterza violentemente e si appiccica a un albero. Julia muore. Non dovevo dirvelo? Va be’ che tanto è una cosa che succede quasi subito. Seguita una valanga di flashback per ricostruire la storia di questa famiglia, e tutto il mistero ruota attorno a un libro, che è il nuovo libro di ragazzino cresciuto e divenuto scrittore di successo, che si appresta a pubblicare, ma che a quanto pare conterrebbe un segreto capace di far morire il padre cattivo di crepacuore. È la rivalsa che quel bambino cresciuto aspettava da sempre nei confronti di un padre che non ha mai dimostrato di amarlo. Sì, ma che ci sta scritto dentro ‘sto libro? L’avete capito voi? Io no, perché nessuno lo dice, però una vaga idea alla fine del film ti viene, e ha a che fare con un po’ di corna sparse. Il film nella sua interezza non è granché, ma il finale fa veramente schifo. Il giovane scrittore, figlio del vecchio scrittore cattivo, decide di non pubblicare più il manoscritto, lo brucia addirittura. Che romantico, ma che cazzata. Uno scrittore per una buona storia calpesterebbe padre, madre, sorelle, amici e ovviamente nemici. In fondo è sempre una storia, non è detto che sia realtà.

Da un po’ di tempo a questa parte vanno di moda i film criptici che non finiscono, che ti fanno sentire un idiota perché partono i titoli di coda e tu non c’hai capito niente. Ma dove sono finiti i vecchi film di una volta, quelli con 3 personaggi: uno buono, uno cattivo e l’amico di quello buono che uccide il cattivo nella scena finale? La prossima volta il film lo lascio scegliere da qualcun altro. Magari dopo quella certa telefonata, se arriva.
Qua ha smesso di diluviare e si vede persino un po’ d’azzurro; buon week end.

Gustosi i marfonuggets!

Quel che resta dell’after di 8 ore al Mc è un orribile segno maori sull’avambraccio destro dovuto più che alla sbadataggine nel recuperare la griglia, e quindi sfiorarla con la suddetta parte del (mio) corpo, all’incazzatura che mi stavo prendendo con uno che tutto stava facendo tranne che il suo lavoro, che poi ho aspettato fuori casa sua e ho prima legato a una colonna del portico e poi ucciso bruciacchiandolo con i cerini (33 confezioni). Nella pausa di 2 ore gentilmente concessami tra il primo turno di 5 ore e il secondo di 3 ho pensato bene di mettermi a studiare là fuori anche perché, solo tornare a casa a mangiare e ripartire significava starci pelo pelo coi tempi, e considerate le agghiaccianti oscillazioni della borsa e la considerevole distanza casa-Mc (che tra poco diventa la mia prima abitazione e quindi pagherò meno tasse visto che ogni mese mi trattengono in busta tra i 300 e i 500 euro di contributi, che non è proprio una bazzecolina) io con la macchina se permettete ci cammino il meno possibile, e a piedi non è un percorso umanamente praticabile. Tutte buone motivazioni per restare là. La sera ero stravolto, trattavo tutti male, manager compresi, non sopportavo più quegli assillanti suoni di friggitrici e toaster e griglie e lavaggio mani e friggitrici e griglie e toaster e toaster e toaster (ci siamo capiti, era per ricreare l’ansia da ripetizione suoni) e mi è venuto anche il raffreddore. Ho starnutito roboante sopra a una confezione di nuggets da 6 aperta, dubito che il mio sterco nasale sia peggiore di quello che c’è dentro quei polletti bomba; posso averli soltanto purificati. Sì, poi alla signora gliel’ho dati lo stesso, figuriamoci.

Ho ritrovato due chiamate anonime alle 12.28 e alle 12.36. Ho come la sensazione che fosse il famigerato tecnico Telecom; se era la Mondadori è pregata di richiamare, grazie.

Oggi che è il mio giorno libero provo a riprendermi. Mezza giornata a casa di un amico che molto gentilmente tra un caffè e un caffè mi raserà la testa che ‘sti capelli non si possono più vedere e a me la testa rasata piace tanto, e mezza giornata provo a imparare quelle cavolicchio di formule con e elevato a lamda che, se qualcuno sa cos’è, è pregato di farmelo sapere al più presto, prima che io impazzisca e uccida il professore a colpi di lamda. E tanto che c’è, se mi riassume le regole di integrazione e risoluzione derivate (e va a farmi l’esame), rigrazie. Io intanto aspetto una certa telefonata.

Messaggio preregistrato

Salve, risponde la segreteria telefonica della Stanza del Matto. Il Matto è momentaneamente assente (proprio momentaneamente eh) perché oggi ha deciso di spararsi (il significato stesso della parola decisione implicherebbe una qualche seppur labile forma di volontà propria, cosa che qua non è) un così gradevole doppio turno da 8 ore al Mc Donald’s. Se vi va, pensatelo, travolto da puzze, suoni e fumi tossici, magari vi sente e sono certa (io, la segreteria) che apprezzerà. Se invece volete compatirlo o anche fargli dei complimenti gratuiti e immotivati, che sono sempre ben accetti, o anche raccontare la vostra, di giornata, lasciate pure un messaggio dopo il segnale acustico. Vi risponderà (se vi risponderà) al suo ritorno (se mai tornerà).

BIP!

Dio ti ringrazio! Se fosse stato per la Telecom…

Ieri l’altro è morta la connessione. Qualcuno avrà notato che avrò risposto a mezzo commento in tutto. La lucetta del modem continuava a lampeggiare e a un certo punto, io e la mia ben nota eterna pazienza ci siamo rotti e abbiamo deciso di chiamare il 187, anche parecchio innervositi. L’operatore mi chiede se sono sicuro di aver mai posseduto un’ADSL visto che la mia zona, da un rapido controllo, risulta scoperta. Io gli rispondo che intanto non sono pazzo (e mi pare una precisazione doverosa) e che da 2 anni a questa parte navigo libero e felice (mica tanto) e che solo dal giorno prima la lucetta del modem non si decideva a stabilizzarsi. E quindi lo prego gentilmente (ho anche usato la parola gentilmente) di fare un controllo un attimino meno rapido, ecco. Torna dopo un po’ e mi dice che avevo ragione, che c’era un guasto, di tenere il modem acceso fino a mercoledì sera e tutto sarebbe andato a posto. Stupito dalla magia a cui avrei assistito, un operatore della Telecom più efficace del dito di E.T. telefono (appunto) casa, chi l’avrebbe mai detto, riaggancio gaudente, vado in cucina urlando e minacciando chiunque che se avesse spento il modem l’avrei lanciato nella vasca delle mie tartasaure con tanto di coltellino seghettato alla gola di mia madre che troppo spesso pecca di non saper resistere alla tentazione di mettere in off qualunque elettrodomestico, in virtù della sua innata indole al risparmio energetico. Quando ho avuto la conferma che tutti avessero capito, sono tornato in camera, mi sono vestito con la solita felpa azzurrina con la zip, della nike e i jeans (con la zip pure loro), scarpe e giaccone pesante, perché tra pochi giorni qua nevica, e sono uscito, dopo avere naturalmente spento il modem io stesso.

La mattina dopo la suoneria del cellulare mi sveglia, e io odio quando il cellulare mi sveglia, a meno che non sia una voce amata a farlo, ma è da troppo che non accade, so (sempre inglese) sapevo che avrei odiato chiunque e infatti l’ho odiata, la tipa che si qualifica come operatrice di un’agenzia esterna che lavora per Telecom, che mi comunica che sulla mia linea è tutto a posto, non ci sono guasti.

“Ah, che bella notizia. Avete già sistemato tutto?” “Sì, no, cioè, non abbiamo sistemato niente, perché era già tutto in ordine.” “Guardi non è così perché internet non va.” “Ma lei è sicuro di avere l’ADSL?” “Ancora?” “Ancora cosa?” “Ieri l’operatore della Telecom mi ha chiesto la stessa cosa. Se vi chiamo per segnalare dei guasti sulla linea forse è perché prima funzionava, non crede?” “Allora è un miracolo!” “Eh, io ora rivoglio il mio miracolo!” “Facciamo così, do il suo numero di cellulare a un tecnico che la chiama e vi mettete d’accordo, poi se la vede con lui!” “Va be’!”

Mi alzo, faccio pipì, vado a fare colazione, accendo il PC e la luce non lampeggia, resto a guardarla fisso e non lampeggia, le dico: “Mbè?! Mo devi lampeggia’, ho chiamato il tecnico!” E la luce non lampeggia. Tutta ieri ha lampeggiato soltanto una volta, ma poi la linea è tornata subito. Ora che mi chiama il tecnico mi toccherà fingere che abbia sbagliato numero.

Ringrazio sentitamente il cielo per l’immediata restituzione del miracolo, ora sì che credo in Dio.

Vi ricordo che Diletta cerca casa, quindi continuate a far circolare la voce e provate a convincere qualcuno che può, a prendersi cura di lei, è così bella.