Il paradosso dei se e dei sì

Ieri alla radio hanno detto che al mare fa freddo perché il nostro paese è stato ricoperto da una fitta coltre di nubi basse che stazionano sulla costa, e che in montagna fa caldo perché la montagna è alta, quindi buca le nubi basse e il sole riscalda le vette. Ho pensato, sorridendo, a tutti i miei paradossi.
In macchina, mi godevo il silenzio dovuto alla mancanza delle voci che mi infastidiscono, mentre la strada non mi sorprendeva. È la stessa, si consuma, ma resiste quella, mentre cambiano i perché, i se e i sì. Sono moscerini, mosche, mosconi e pure vespe certe volte, che si affaticano dall’alba al tramonto e la notte, perché soffrono d’insonnia, a bisbigliarmi parole di sconforto nelle orecchie e a pizzicarmi con quelle loro zampette secche.
Il silenzio mi fa compagnia. Non occorre un silenzio totale, ma un silenzio di assenze. Mi piace, per quanto odi le mancanze. Le assenze di cui parlo non appartengono alla nostalgia, ma alla speranza che continuino a mancare. Se il mondo fosse capace di costruire una calotta tutta per me, che sappia isolarmi oltre che rendermi invisibile, mi ci tufferei e chiuderei gli occhi. Magari fatta proprio di nuvole, per nascondere me, che sono alto, abito fra i monti, ma ho freddo nonostante il sole.

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