FOR

Fuori piove. È  un brusio delicato che fa da sfondo alla fine di tre settimane assordanti e massacranti e pure sconcertanti, giusto per dirne un’altra in anti, in preparazione alla visita della supervisora, mercoledì e giovedì scorso. Il Mc Donald’s è un evidente esempio di realtà in costante collisione con la comune immaginazione. Non biasimo tutti coloro che hanno la ferma convinzione che nella cucina dei Mc Donald’s si consumino le peggiori porcate possibili e immaginabili. Ne ero certo anch’io prima di ritrovarmici invischiato. Qualcuno mi raccontava che nei corridoi dei Mc Donald’s passeggiano topolini più o meno grossi e dalle colorazioni variegate, pure tendenti al nero e con la coda dura. Oppure che i crew (i ragazzi con la maglietta arancione) talvolta sputano sul pane o che, se cade una carne a terra, loro la raccolgono e la rimettono nel panino. Ebbene, la realtà è molto diversa. La realtà è che la pulizia maniacale che vedo quotidianamente ricercare e applicare lì dentro non l’ho vista da nessuna parte. Neanche alla trattoria casereccia in cui lavoravo prima del supermercato in cui lavoravo prima del Mc Donald’s. Non fatevi mai ingannare dalle apparenze di una realtà casalinga, familiare. Solo perché il piatto tipico sono le fettuccine al sugo fatto in casa non significa che i pomodori con cui l’hanno preparato, per esempio, non possano essere stati mezzi marci e usati ugualmente, per dirvi. Il Mc Donald’s è soggetto a una serie di controlli rigidissimi, uno di questi si concretizza nella FOR che sta per Full Operation Review. Due giorni pieni in compagnia della suddetta supervisora, questa ragazza dall’apparenza amicale e dalla sostanza spietata che controlla ogni minima cosa. Ogni significa tutto, tutti, tutte. A partire dalle scadenze, alle procedure per rimuovere la carne o per salare il filetto, per passare alla pulizia del locale e pulizia non è uno sguardo così, andante e superficiale. No, lei indossa un guantino candido e lo passa sotto le superfici più impensate. Gli angoli più interni, nascosti e irraggiungibili lei li raggiunge, verifica se c’è anche solo un leggerissimo velo di polvere e sottrae punti al risultato finale. Poi prende i tempi di servizio. Il cliente non può aspettare troppo e allora è tutta una corsa con gli occhi di lei che si dividono fra le tue mani e il cronometro. Ci sono volute tre settimane per dodici ore al giorno: le nove ore del turno più due o tre per dedicarci alle pulizie straordinarie, ad approfondire procedure non chiarissime, a fare in modo che tutto vada bene per superare la visita al meglio. È andata e avrei bisogno di andare pure io, sì, quattro o cinque anni in ferie per riprendermi. Chissà perché penso che la mia vicedirettrice non sarebbe d’accordo, però, per fortuna, una settimanella a metà novembre me la sono guadagnata. È già qualcosa.
E che farò in quella settimana? Forse comincerò a raccogliere il materiale per la tesi che il professore aspetta di vedere da settembre? Manco per niente, ho un racconto da finire (dopo magari averlo iniziato) e da inviare entro metà dicembre, poi c’è Supermarket24 e tutto il suo mondo intorno, che gira ogni giorno e che per un’ora d’amore non so cosa darei. Ah, no quella è un’altra. Sarà un lapsus per via dell’astinenza. Freud c’aveva visto lungo.

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sono Matteo

Sono nato a L’Aquila nel 1981.
Adesso vivo a Firenze, insegno ai bambini della scuola primaria e scrivo romanzi definiti “per bambini e ragazzi”, ma io dico non vietati agli adulti…

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