C’è aria di festa in paese.
Più che di un’aria purtroppo si tratta di una ineluttabile certezza. I segnali sono inequivocabili. E sono due: la luminaria (una) a forma di rosone trecentesco, la stessa di Natale e Capodanno ovviamente, parzialmente fulminata, fissata ai due lampioni da un lato all’altro della strada, in corrispondenza dei cassonetti. Oddio, ieri per un attimo mi sono preoccupato. Pareva stessero costruendo una nuova base Nato. Uno spiegamento di uomini e mezzi senza precedenti per un solo addobbo, tra l’altro orribile.
Il secondo segnale è la giostrina tripla. Nessuno sa dove venga custodito per il resto dell’anno quella specie di Luna Park molto in miniatura, che spunta dal nulla nella settimana delle feste (come se fossero più d’una, sempre se il baraccone di quelli che loro chiamano eventi possa essere considerato una festa) e ce lo ritroviamo nello spiazzo a fianco al casermone segreto rivestito di bianco, che hanno innalzato nemmeno un anno fa. Chissà che attività si nascondono al suo interno. Le poche finestre sono altissime e oscurate. Quando passo con Iker tiro un po’ il guinzaglio per costringerlo a fare la pipì il più vicino possibile, io intanto allungo l’occhio per captare immagini. Niente di definito, solo un continuo proliferare di spostamenti. Un giorno che non scorderò mai ho potuto vedere un essere umano entrare. Ebbene sì. Una donna, poi uscita ad annaffiare le due piante accanto alla porta, che secondo me sono sintetiche o comunque di materiali alieni. Saprei riconoscerla tra milioni. Lei sa tutto, ed io l’ho vista.
Il primo elemento della giostrina è la Girella dei Calci in Culo: un cerchio di sedioline che girano (beh è una girella, non la merendina, va be’ ci siamo capiti) con tanto di musica house che rompe non poco i coglioni, perché, forse non l’ho detto, ma tutto questo si svolge a pochi metri da casa mia. Lo scopo è acchiappare una bandiera issata a un gancio in mezzo al cielo. (Che non è quello che cercava Baglioni e che troverai anche tu Strada Facendo. Evitiamo!) L’unico modo per arrivarci è per via propulsiva. Una spinta violenta dai piedi dell’amico forzuto sul tuo ben noto didietro, che ti spara come un cannone e tu, mingherlino e leggerissimo devi arrivare al fazzoletto. La coppia vincitrice becca un giro gratis. Ma il gioco può diventare un incubo se nessuno ci riesce. Il giro rischia di farsi eterno, e se devi andare a svuotarti la vescica oppure hai un appuntamento, ti conviene metterti l’anima in pace e pregare. Da lì non scenderai finché qualcuno non ti libererà dalla maledizione.
Il tutto è ripetuto a giustizia dei piccolini in una girellina dei Calcetti nel Culetto, alla disperata ricerchina di un gancetto in mezzo al cielino…
E poi l’umiliante macchina dei cazzotti. L’ho sempre odiata. È programmata per insultarti e farti sentire un’inutile merda di cavallo, che neanche puzza. Tiri un cazzotto, parte un termometro che sale e scende e si ferma categoricamente vicino al fondo tra suoni imbarazzanti, e poi una voce saccente, di un’antipatia che prenderei a legnate chi l’ha doppiata, sputa sentenze del tipo: “Ehi bello, datti all’ippica!” oppure “Ehi bello, su, non scherzare, colpisci!” , ma quella che m’ha turbato al punto da decidere di non sfidare più quel perfido guantone elettronico è stata: “Ehi bello, sei sicuro di essere un uomo?” .
M.
Ehi bello… VAFFANCULO!
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