Sulla (mia) strada

Ho preso fra le mani ‘Sulla strada’ di Jack Kerouac quando mi sono sentito sulla strada pure io. Con la mente, il cuore e poco coi piedi. Un viaggio nel tempo perduto, fra i ricordi, le fotografie, il suono delle risate, le serate alcoliche, le feste di laurea a consumazione illimitata, i miei amori stupidi, l’amore della vita, finché non ne arrivava un altro di amore e di vita, le amicizie infinite e quelle che mi dicono ancora ti voglio bene e poi tornano a dimenticarsi di me. Un viaggio nei luoghi che ora non ci sono più, negli odori, nell’umido dell’erba e rametti che pizzicano la schiena nuda, nel calore di un sole fortissimo come non ne ricordo di così, che acceca gli occhi fissi sul volo delle poiane nel cielo terso. Una corsa nella neve che blocca le intenzioni più deboli, con parole che rimbombano ancora e ci manca solo che diano la colpa a me. Ho spostato la lancetta indietro di almeno tre anni e ho messo su carta una felicità non del tutto vera, accompagnato dal rombo della macchina scassata di Sal. Sal Paradise non riesce a resistere all’energia trascinante di Dean Moriarty che lo conquista e diventa il suo amico fraterno con cui cercare il senso di ogni cosa in giro per l’America. Vivono alla giornata rompendo tutti gli ideali di vita programmata. Sono invincibili, insieme riescono a riparare anche alle crisi che nel loro viaggio disturbano quel legame di sangue diverso. Migliaia di chilometri per scoprire il mondo fuori, certo, ma pure quello dentro loro stessi, quello dei sogni, quello dell’amore infinito che Dean sprigiona per tutte le donne che incontra, per tutti i figli che mette al mondo e di cui non si dimentica, pur se lontano, non completamente almeno. La loro è un’amicizia che trasforma l’ingiusto nel giusto se è l’amico a farlo, l’illecito nel difendibile, se è l’amico a compierlo. L’amico diventa una sconfinata riserva di energie per affrontare le disperazioni, la solitudine e pure per combattere contro questo immenso mondo che fa un po’ meno paura se guardato assieme. L’incontro è una luce che si apre, come un tanto atteso lunghissimo sospiro di sollievo, perché da ora in avanti ci sarà lui affianco a tener testa alle sue e pure alle paure dell’amico.
Tutti dovrebbero avere un Dean Moriarty a cui aggrapparsi per fuggire un paio d’ore, di mesi o una vita intera e tutti i Dean Moriarty del mondo dovrebbero trovare un comprensivo Sal Paradise che li tenga coi piedi per terra, incollati alle responsabilità, sempre pronto a salvarli dalle loro irresistibili follie. Io sono tornato da pochi giorni. Già mentre salivo le scalette del vagone avvertivo il vuoto della fine pure se c’era Dean sotto al treno a salutarmi e a saltellare da un binario all’altro col rischio di essere travolto da un convoglio in arrivo. Era eccitato per tutto quello che insieme avevamo vissuto e che raccontare non ha senso perché nessun racconto saprebbe sfiorare quelle nascoste corde del cuore che vibrano solo al tocco della vita vissuta. Da quando sono tornato e sono costretto a gioire solo di ricordi è come se adesso non avessi più la mia vita, riconquistata attraverso le parole. Questa è la prova che sono stato bravo e non vedo l’ora di mettermi di nuovo sulla strada per rincontrare i miei amici, i miei amori perduti, quello della vita che poi finirà, la mia città, i suoni e la felicità del mio sogno.

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