• Ieri sera a cena dagli zii e oggi a pranzo a casa, è così che va più o meno da 27 anni a questa parte. Tutto buono e gustoso e sotto controllo finché mi è andato un attimo di traverso un gamberetto quando mio zio alla mia risposta: “Non farmi male ha venduto 1200 copie” ha esultato esclamando: “Cavolo, allora un 20mila euro te li sarai intascati”. Che a me poi non è che vada tanto di parlare dei miei libri quando non sono costretto, o in ambienti poco affini a tale scopo. Quello che mi ha sempre sorpreso è l’idea purtroppo diffusa che vede uno, che pubblica un libro, ricoperto di soldi. Non è così, e parlo anche per chi ha dietro Mondadori o Feltrinelli o Bompiani. Il discorso non è riferito al libro, alla casa editrice, o al fatto che lo vediate o no nelle librerie. Il guadagno di uno scrittore è legato al numero di omini che per un motivo o per un altro vanno in libreria e pagano per portarselo a casa. Se quel numero è grande, ma tanto grande che quel libro poi si parcheggia un po’ in classifica, allora forse l’autore vive coi proventi del libro, altrimenti proprio per una ceppa. Ho avuto modo di conoscere e chiacchierare con autori Bompiani o Fazi che pubblicano regolarmente, ma che non superano le 5 o 6mila copie vendute a libro. E se i tempi sono più o meno quelli di un libro ogni 2 anni e se le percentuali dei diritti d’autore si aggirano intono al 10 per cento, facciamo che un libro costa 15 euro, quindi un euro e 50 a copia moltiplicato per 5mila fa 7500. Voi ditemi se si può vivere con 7500 euro ogni 2 anni. Ed è così che va per il 90 per cento degli scrittori. Quindi smentisco l’immagine dello scrittore milionario che fa la bella vita in giro per il mondo. Certo che esistono, è questione di numeri. Saviano, Giordano e compagnia bella che superano il milione di copie per esempio; in tal caso un euro e cinquanta va moltiplicato per un milione e viene fuori una cifra un po’ diversa. Ma non è sulle schegge impazzite che si può fare un discorso generale. Poi lui (sempre mio zio) dice che il secondo venderà il doppio del primo e se questa cosa è vera, evviva evviva, perché al decimo romanzo venderò 120mila copie. Ho deciso che per festeggiare cotale somma di denaro che mi piomberà presto sulla testa comprerò a mia madre una scopa rotante. Una roba che è leggera come una scopa e ha delle spazzole rotonde che girano vorticosamente e raccolgono la polvere, ma non aspira, diciamo che: “aspira in un certo senso”, come dice mia zia. Non so se per via dei litri di spumante che non era proprio Champagne Moet&Chandon 75cl da 45 euro, o per il potere ipnotico delle setole, mia madre, appena ha scorto l’elettrodomestico dalla misteriosa forma a lei ignota, le è zompata sopra come un falco con un piccolo criceto che corre, e ha cominciato a farne un uso smodato ripulendo tutta la casa di mia zia. Non riuscivamo più a fermarla. Rideva che le uscivano le lacrime, e continuava ad aggirarsi e a sbattere contro le pareti e il mobiletto delle conserve e la poltrona e i piedi del tavolo e i piedi delle persone che lentamente provavano ad accerchiarla come un toro infuriato da catturare. Tutto questo sotto gli occhi di mia zia che continuava a maledire il momento in cui ha deciso di mostrarle la sua scopa rotante.
    Beh, fate tutti un buon Natale. Grazie a chi ne ha augurato uno speciale a me e, come dice la mia collega Federica, che è speciale per tanti motivi: “Oggi è Natale, poi… si vedrà!” Ciao Stanza, e sempre e comunque evviva le stelle, non soltanto quelle del cielo.

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  • Me lo sono ricordato e sembravo anche discretamente deficiente mentre scrivevo su un foglio di carta marrone per fare i toast fissando l’Albero del Mc carico di letterine. E, come la vicedirettrice non abbia chiamato la neuro deliri per farmi caricare, ancora non me lo spiego, ma ce l’abbiamo fatta e allora via a Caro Babbo, mentre mi strafogo un Big Mc, penso che per Natale potresti portarmi…  Cominciamo da Giulia e Debora che scrivono:
    Caro Babbo Natale,
    quest’anno siamo state molto più bravissime dell’anno scorso. E quindi, visto che l’anno scorso quello che t’avevamo chiesto non ce l’hai portato, te lo richiediamo quest’anno. Se possibile vorremmo più soldi e felicità, soprattutto soldi.
    Beh, vogliono i soldi e non si può certo dire che non siano ostinate. Credeteci, ragazze. Prima o poi vi arricchirete. E sempre più bravissime, mi raccomando. A quanto pare la crisi si fa sentire e alla richiesta di danaro di Giulia e Debora si associa Jacopo che scrive:
    Caro Babbo Natale,
    sono Jacopo. Per quest’anno voglio tante cose, però qua non c’entrano tutte. Allora intanto mi accontento di solo tanta fortuna, felicità e soldi. Poi le altre le scrivo alla lettera di casa. Ciao.
    Spero che i genitori del piccolo Jacopo lo abbiano dotato di un papiro di 9 km su cui riversare l’elenco completo dei suoi desideri altrimenti se li ritroveranno scritti pure sulle tende del cesso. Intanto complimenti alla capacità di sintesi acquisita nonostante la tenera età. Visto il poco spazio a disposizione ha ben pensato di puntare tutto sui soldi, male che va gli altri doni se li compra da sé. Bravo Jacopo! Chiudiamo coi sensi di colpa della povera Lucia.
    Caro Babbo Natale,
    quest’anno non mi è andata tanto bene. Per niente proprio, mannaggia. Spero che ti ricordi di me perché io di te mi ricordo sempre. Ti chiedo soltanto di farmi stare più calma quando mia sorella mi si ruba le mie cose e io gli meno. Poi pure tutto quello che ti pare, se è in più. Grazie.
    Lucia, ma tu fai bene a gonfiarla di botte tua sorella, sono pur sempre le tue cose insomma. E fai anche bene a non mettere limiti al grande Babbo. Tutto quello che arriva è bene accetto, basta che sia in più. Quindi sentiti orgogliosa di te. Caro Babbo… vi saluta e vi dà appuntamento a domani con nuove fantastiche letterine. Ah, e domani, per chi non se ne fosse accorto, è pure Vigilia. Cioè oggi, visto che è l’una e 51. Auguri e, mi raccomando, il vostro presepe è di gran lunga più bello di quello di vostra zia. Insistete con lei finché non si troverà ad ammetterlo. Mettetele pure le mani addosso, se necessario. ‘Sti parenti devono capire il vero spirito del Natale.
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  • I regali non li ho fatti tutti, ma una buona metà. E il buona fa sì che l’ago penda verso l’eccesso. E questo dà al mio animo una ventata di positività; insomma tutta una catena di conseguenze del Natale che non fa così male. Poi che fossero in totale 5 e io ne abbia fatti 3 è un altro discorso, però dei 2 mancanti, 1 ce l’ho chiaro in testa, l’altro no, ma mi verrà, come il quarto vien da sé del non c’è 2 senza 3. Il problema è che quello che ho pensato, ma non comprato, come al solito, sfiora l’impossibile, ma secondo me ce la farò (l’importante è crederci). Detto questo, aiutatemi a spezzare una lancia nel fegato dei librai tutti. Rappresentano una categoria di lavoratori odiosa e saccente. Non conoscono la letteratura, non sanno quello che hanno nella loro libreria né sanno distinguere un prodotto di qualità da una ciofeca colossale. Io non dico che a tutti debbano piacere i classici, ma perlomeno, non fare quella faccia da capra nauseata se io nomino Dostoevskij che ovviamente, oltre a non sapere chi sia, non possiedi, come se stessi parlando di Cristiano Malgioglio, e poi arriva una cretina con la cinta con gli anelli di ferro, che mi passa anche avanti assestandomi una gomitata non so quanto involontaria, chiede il libricino natalizio di Pulsatilla e tu scatti come una molla rinvigorita verso l’alta colonna in vetrina. Tocca ancora a me. “Può controllarmi un altro titolo?” Visto che non risponde immagino sia un Sì, il suo. “Mentre l’Inghilterra dorme.” Digita e fa: “No, abbiamo L’Inghilterra mente, sarà questo”. “Eh, no. Non è. Il titolo è quello che le ho dato io, non uno simile.”
    Mi piacerebbe aprire una libreria, o lavorarci. Penso che sarei molto diverso da questi individui che trattano i libri come vecchi stracci da appioppare alla gente. È la passione che fa del lavoro un lavoro amato. Non capisco perché scegli di insegnare alle elementari se odi i bambini, o di lavorare in una libreria se pensi che un libro abbia meno valore di un salame casereccio. Mi piacerebbe pure presentare il prossimo Sanremo che ovviamente, come ogni anno la Stanza seguirà e commenterà con pura perfidia senza vederne una sola puntata. Questo per dire che non sempre si può fare quello che si vuole, però non significa che uno non possa avere la consapevolezza che saprebbe farlo meglio di tanta altra gente. Non che presenterei Sanremo meglio di Bonolis, ci mancherebbe, certo è che Iva Zanicchi, Al Bano e Povia con tutti i suoi volatili hanno fracassato le palle.
    Visto che da metà dicembre la mia casella di posta elettronica sta subendo il bombardamento degli auguri natalizi che si traducono in cartoline interattive, video interminabili, foto pesantissime e applicazioni power point che per farle partire se ne passa un pomeriggio, invito chi ancora non l’ha fatto, a evitare tutto ciò, perché io cancello le e-mail di questo tipo senza neanche provare a leggerle. Non è cattiveria, è che il mio computer nu je a fa. E se nu je a fa, nu je a fa.  
    Stamattina suona il cellulare e sullo schermetto lampeggia DaquiCasa. Che vorrà mai la mia ex prof di italiano e latino delle superiori? Entusiasta e un po’ atterrito dico: “Pronto”. “Ehm, cercavo Barbara!” In quel preciso momento il telefono mi segnala la batteria scarica. Io potrei salutarla, dirle qualcosa, ma il tempo a mia disposizione è infinitesimale, perché dal momento in cui parte il segnale acustico ho circa 9 secondi di autonomia. “Ha sbagliato numero.” “Ah, mi scusi.” Riaggancia e il mio telefono si spegne. A questo punto dovrei dire qualcosa sul rincoglionimento senile come concetto generale applicato al particolare, ma non la dico, anche perché è Natale e non sta bene.
    Caro Babbo… stasera, che mi ricordi le letterine si spera.
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  • L’idea mi è venuta in ritardo, ma mi è venuta. Penso positivo perché son vivo e perché son vivo e perché quell’imponente Albero di Natale bianco vicino alla trash dove si svuotano i vassoietti e alla vetrinetta delle sorpresine degli happy meal, pieno zeppo di piccole letterine natalizie, che da giorni mi fissa come se volesse dirmi qualcosa, finalmente ieri mi ha parlato, mentre facevo un giro in sala a dare una pulita ai tavoli e a vedere se i cessi erano umanamente utilizzabili oppure se era il caso di evacuare (in tutti i sensi) il locale e aspettare Dana Scully coi pompieri, la disinfestazione, CSI Miami, lo staff scientifico alla ricerca del paranormale tutto (italiano e americano), e Ratzinger pure. Ebbene dalla prossima mezzanotte, appena torno dal lavoro, daremo vita alla rubrichetta biodegradabile: Caro Babbo, mentre mi strafogo un Big Mc, penso che per Natale potresti portarmi… che raccoglierà i desideri più bellini dei bimbi frequentatori del Mc Donald’s di L’Aquila. Ogni giorno posterò un paio di letterine fino a quando sarà dignitoso postare letterine di Natale (penso che potremmo fissare il giusto limite all’Epifania) e fino a quando non mi priveranno forzatamente della materia prima (penso che l’Albero lo lasceranno ancora per un po’) che magari Babbo legge la Stanza e può accontentare le piccole pesti. Quindi invito i nottambuli a tornare a dare un’occhiata fin da stasera perché i desideri dei bimbi sono i desideri più veri. A questa perla di sdolcinata ovvietà aggiungerei anche: i più stronzi. C’è questo signore vestito di rosso, antipatico e profondamente ingiusto, che passa una volta all’anno a cui possono chiedere quello che vogliono; figuriamoci se stanno lì a farsi problemi.
    Parentesi (quadra) metereologica non richiesta: [pensavo fosse il mio piazzale e invece era il Palavela di Torino e le mie Adidas non sono proprio pattini con la lama e io non sono proprio Carolina Costner] e quindi ieri notte sono crollato sui sampietrini congelati e Iker mi leccava la faccia nel tentativo di mostrarmi dispiacere e invece negli occhi gli leggevo il sadico divertimento di quando uno cade; che poi non ho mica capito perché, se uno cade, e magari (?) si fa anche male, ciò debba provocare risate inconsulte tutt’intorno. Provo almeno a proteggere la macchina dal gelo infagottandola col telo che Iker ha deciso di ridurre a brandelli in una lenta, ma sistematica operazione che porta avanti tutte le notti, pensando forse che i risultati non siano così evidenti. Ora mettere il telo sulla macchina equivale a un minuzioso lavoretto di bricolage per tentare di coprire tutta la superficie dell’auto coi pezzi ormai decimati che conservo nel bagagliaio. Che poi non è che siano così economici questi accessori, e 100 e passa euro per un telo nuovo col capperino che li caccio prima dell’anno prossimo, a costo di incollarli sul vetro con la Pritt roller mini, fino ai primi tepori primaverili, tutte le notti, a -18 gradi.
    Ora riprendo la lettura di Anna Karénina che finalmente, dopo 80 pagine di romanzo, si è manifestata, no perché cominciavo a temere che avessero sbagliato il contenuto del libro, come quando a Beautiful scambiano le provette e i bambini non si sa più se sono di Ridge, di Taylor o di un alano. A stasera con le prime letterine di Caro Babbo…
    Buon inizio settimana a tutti!
    Aggiornamento notturno: Caro Babbo, mentre mi strafogo un Big Mc, penso che per Natale potresti portarmi… Intanto un paio di letterine dell’albero del Mc Donald’s visto che sono uscito di gran carriera e mi sono ricordato che avevo lanciato questa fantasmagorica rubrica soltanto a casa. Quindi ho toppato, mannaggia la miseria. Non è semplice riuscire a restare lì più del dovuto.  Domani ci riprovo; che qualcuno mi mandi un segnale di fumo per ricordarmelo.
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  • Intanto fatemi dire che – non so fino a quando – il mio editore ha deciso di ridurre le spese di spedizione a un euro, anche per il contrassegno. Mi sembra un buon motivo questo per chi, titubante, non ha ancora letto Non farmi male, di accaparrarselo. Ma ci pensate? Con solo un euro in più sul prezzo di copertina arriva un omino che vi suona alla porta e ve lo consegna. Ah, se potessi averne uno che va a lavorare per me, per solo un euro. Basta cliccare sull’immagine di copertina che vedete nel blog e ordinarlo in poche facili mosse e in pochi facili (?) giorni, diciamo 4 lavorativi, vi arriva a casa. Esiste pure una pagina su aNobii che riguarda il mio libro ed è qua. Ho visto che qualche caritatevole lettore mi ha aggiunto alla sua libreria virtuale e lo ringrazio. Voi che l’avete letto o che vi proponete di leggerlo o di tirarlo contro il vostro peggior nemico, aggiungetelo alle vostre. (E ditelo pure alla vicina di casa che c’è questo giovane e talentuoso scrittore emergente che non puoi non leggere (o tirare contro ecc.) No senti, davvero, non puoi non!) È il famoso, magico passaparola che non costa nulla. Invece eccome se costano i latrocini che la Wind perpetra ai miei danni nelle ore più insospettabili della notte. Primo sms ore 23.45: Le abbiamo scalato 5 euro dal suo credito per il rinnovo del Noi Wind. Ho il Noi Wind, ‘sto periodo non lo sto usando tanto, comunque lo tengo, mi conviene, ne sono consapevole, sospiro e richiudo lo sportellino. Secondo sms ore 01.33: La informiamo che abbiamo scalato dal suo credito 4 euro per la proroga di ulteriori 6 mesi dell’opzione Pieno Wind. Quindi ora sto a posto per altri 6 mesi che quando mi chiamano mi ricaricano, e pure questa mi conviene perché sono maestro nel trattenere la gente al cellulare che non sa che ogni minuto sono 5 centesimi che finiscono nelle mie tasche, anzi nella mia sim che non è nella mia tasca, ma cementificata nel telefono, che se la stacco muore. Terzo sms, ore 02.48: Il 22 dicembre sarà addebitato il costo semestrale di 4 euro per fruire di Pieno Wind e del bonus accumulato. Scusate, non sono quelli che mi avete appena scalato, comunicandomelo nell’ultimo sms? Insomma senza colpo ferire sono passato da 25 euro a 14 euro che a quanto pare diventeranno presto 10, visto che il 22 è domani, e non so neanch’io perché. Mentre vi date da fare per benino col vostro passaparola io a Passaparola oggi ci vado a pranzo. Tornano Luca e Niccolò da Firenze e fanno sosta a L’Aquila. Pranziamo insieme e torniamo, dopo così tanti mesi, nella nostra pizzeria madre, che ci aprirà il cuore in un abbraccio commosso nel rivederci. Il pesce pulitore prenderà a sbaciucchiare il vetro dell’acquario in piena crisi isterica per la felicità e la cameriera che si lamenta e piange perché quando la incrociamo in centro facciamo fnta di non conoscerla, esploderà in una valanga di saluti spasmodici e sorrisi epilettici.
    Vi abbraccio e vi bacio (delicatamente) augurandovi buona domenica e mi raccomando: ullallà ullallà ullalla-llà passaparola, io sono qua!
    Aggiornamento lampo: Passaparola era chiuso ed è stato un immenso dolore scoprirlo, allora abbiamo ripiegato sul menù pizza di Leclerc (con tanto di 11 salse tra maionese e ketchup per le patatine) + caffè macchiato + crostatina al cioccolato (io). Come al solito il tempo è stato troppo poco, ma ci vediamo presto. 

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  • Chi dice che non si può prevedere il futuro dice menzogne (menzognero!), o non si guarda abbastanza allo specchio. Certo che si può prevedere, almeno qualche volta, soprattutto se riguarda aspetti che conosci a memoria perché è con quelli addosso che sei nato, come la sfiga e la buona sorte. Uno lo sa se è sfigato o fortunato. Io al gioco (e non solo) sono sfigato e lo so che lo dicono tutti: “Io non ho mai vinto niente!” e invece qualche volta hanno vinto. Nel mio caso è davvero così, ma non è che la cosa mi preoccupi, è solo una constatazione. Poi, se si parla della tombola, vade retro bestialità inscatolata e sacchetto di numeri malefici! Quando qualcuno pronuncia entusiasta la parola tombola, si accende un incontrollabile meccanismo che mi parte dal fegato (da dentro l’organo proprio, come una fitta di dolore o una cisti infetta) e mi costringe ad alzarmi di scatto dalla sedia e gridare al cielo: “No, vi prego, la tombola no!”
    Ieri sera, alla grandiosa tombolata natalizia coi colleghi del Mc Donald’s, la piccola Wendy (citazione di una canzone che in un passato che preferiamo dimenticare, una certa persona le scrisse per dimostrarle i propri sentimenti, cospargendo il testo di errori da secondo quadrimentre della prima elementare) mi ha aiutato a evitare lo show, tenendomi ancorato alla sedia a suon di costolette d’agnello ipnotiche e salsicce riscaldate. Erano 3 tombole. La prima coi giocattoli, giusto per riscaldare l’ambiente, e la ragazza seduta accanto a me ha vinto 2 walkie talkie rosa di una bambola che sembrava Barbie, ma non era. La seconda con tante buone schifezze natalizie impacchettate in cesti trasparenti coi nastrini, e la ragazza seduta accanto a me ha vinto un cesto di vini. La terza era la vera tombola, quella ricca, quella che solo il nostro amato (?) direttore poteva pensare per noi e Wendy con fare indifferente, colta l’aria fortunosa che aleggiava su quel posto a sedere, ha distratto la ragazza che sedeva accanto a me, che non era poi più seduta accanto a me e, in verità, non so che fine le abbia fatto fare, ma non ha vinto più niente, e neanche Wendy. Comunque vi elenco i premi. Ambo: un iPod Apple da 8 giga che ha vinto la ormai nella Stanza celebre Anita che stupita ha detto: “Ambo, oddio. Aiuto. Ma può essere?” Terno: una macchinetta digitale di un certo livello che non ho vinto io. Quaterna: un lettore dvd, impianto home theatre che, a dire della vicedirettrice, farebbe pure il caffè (e sicuramente sarà meglio di quello del Mc che un mio amico ha definito: idraulico liquido gusto cemento) che non ho vinto io. Cinquina: una lampada che non ho capito che poteri ha. Se l’avessi vinta l’avrei istallata nell’acquario, e avrei trasformato Italia e Nerozza nelle nuove Tartarughe Ninja del 200(quasi)9. Ma, come avrete capito dalla proposizione ipotetica passata che, in quanto al passato appunto, è morta là, non sono stato io ad aver fatto cinquina. Attenzione amici perché è arrivato il momento clou. Un silenzio che Saviano potrebbe scriverci il seguito di Gomorra, interrotto solo dai numeri che si susseguivano alternati ai mannaggialamiseria! che non era proprio quella la parola, però ci siamo capiti. La super tombola era un televisore grandioso, con lo schermo ultrapiatto, nero lucido che avrebbe donato alla mia stanza (quella dove dormo, non questa) un non so che di Richard Gere e Julia Roberts e pure di Milanello e riserva estiva e invernale. Tutte sensazioni che la mia camera ha dovuto abbandonare quando la Cicchy ha gridato: “Tombola!” sotto gli sguardi lanciafiamme di 60 persone scontente e con la mia cartella in stato di coma irreversibile accertato. Tanto che a un certo punto ho controllato che i miei numeri mancanti non partissero dal 91 o che non fossero negativi, non si sa mai. Ma andatevi a rileggere cos’ho scritto al 18esimo rigo del precedente post. E così è stato. Ho fatto tombola dopo la tombola e cioè tombolino. Ho vinto una cena per 2 nel ristorante che ci stava maledicendo da un’ora e mezza perché erano le 2 passate e doveva chiudere e noi continuavamo ubriachi a chiedere vino. Ho vinto insieme a un altro ragazzo. Ci siamo guardati, e io per sicurezza ho agguantato il coltello. “Non penserai mica di fregarmi il buono!” Lui ha preso il vassoio unto d’olio che aveva davanti. “Se non me lo lasci, quel bel maglioncino verde che indossi (con una certa grazia che mi contraddistingue) lo trasformo in una palude unta di lardo di vitello liquefatto!” Al sentire cotali amichevoli esternazioni tra noi, il direttore, visto che sembrava sconveniente costringerci a dividere questa cena e a consumarla insieme, ha optato per farci dare un buono a testa. Evviva. Chi viene a cena con me? (Io già lo so, perché posso prevedere certi futuri, accadimenti, appunto. E ne sono felice.)
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  • Quel maledetto abete s’è spostato. Dico quello contro cui dovevo abbattermi con la macchina a velocità sostenuta coi polaretti attaccati ai capelli e le occhiaie blu e il piede intrappolato nel ghiaccio. Tu dimmi se uno parte sparato con la macchina contro un abete e l’abete all’ultimo istante ZAC – passettino a destra (o a sinistra se no Veltroni ricomincia a parlare di insostenibile tendenza dei media verso l’indice berlusconiano) – e io (perché si sta parlando di me non di uno a caso. Me, me e solo me) vado a finire dentro la stalla del bue e dell’asinello e pure dei maiali cacatori, che non sono stati molto felici della mia inaspettata visita, dimostrando il fastidio che provavano attraverso un movimento frenetico di rotazione della loro codina bitorzoluta come un trottolino amoroso dudù-dadadà e azionandosi nella loro miglior peculiarità: l’arte del cacare sincronizzato. Stasera ci sarà la cena di natale coi colleghi con annessa tombolata, e se i premi sono quelli dell’anno scorso (macchinette digitali, televisori, lettori dvd…) una piccola illusione nella buona sorte ce l’ho, nonostante in 27 (ebbene sì) anni di buone speranze solo una volta, che non so ben ricollocare nel mare magnum degli stracci dei natali passati, mi è stato concesso un ambo da 200 lire, mi pare. In compenso faccio sempre tombola col numero successivo a quello che fa fare la tombola vera, e non so quanto questo possa essere consolante. La prima parte della cena, che poi è quella dove si mangia, mi tocca saltarla perché il Mc Donald’s non chiude mai e io lavoro fino alle 23 e 30. Spero che la mia fidata Wendy mi metta da parte qualcosina perché arriverò là con una fame immonda e, se non saranno vivande, saranno persone a nutrirmi, sappiatelo. Per pranzo ho ingollato una pentola di liquame con dei pezzi sul marroncino galleggianti e pure vivi, visto che mi è parso scorgerli agitarsi sul gas, preparata amorevolmente dalle manine di fata di mia madre, con la compagnia di Uomini e Donne. Io mi chiedo soltanto una cosa: ma Gianni Spertica, nonché il più grande ballerino del mondo, chi lo veste? Oggi portava un maglioncino viola sopra la camicetta bianca che poi ha copiato a Maria che sembrava dovesse affrontare la traversata delle Ande piuttosto che registrare la consueta oretta di gallinaio prepomeridiano. Addirittura la tuta di pile (pronuncia: pail) dello stesso viola di Gianni e i moon boot da neve sempre viola. Io le mode non le seguo; per caso va il viola? Il livello di sopportazione ha raggiunto il culmine quando hanno ricominciato a parlare di troni, imperi, Re, tronisti, corteggiatori, regni e, visto che io sono per la democrazia popolare, ho portato di soppiatto una crostatina al cioccolato che sembra del Mulino Bianco, ma non è (serve a darmi l’allegria), in camera. Se mia madre scoprisse che sbriciolo in una stanza diversa dall’unica adibita, e cioè la piccola cucina gialla, per penitenza mi obbligherebbe a saltare dal terzo piano su un tappeto di ricci di mare. Ma io lo sgradito gusto in bocca di quella che lei chiama minestra lo devo pur cancellare in qualche modo. Ne sono cadute talmente tante, di briciole, che temo che qualunque mossa per nascondere l’ardito gesto sarà vana cosa. Mia sorella, quando qualcuno facente parte di questa famiglia (persone che vivono sotto lo stesso tetto nel disperato tentativo di non incontrarsi mai), le chiede quando farà il presepe, perché l’8 dicembre ha detto che lo farà lei prima o poi, risponde sempre: “Domani”. Fino a ieri sera alle 19.00, quando l’ho accompagnata alla fermata del bus, sapevo stesse andando in centro. Sì, al centro di Avezzano, mi ha detto la donna delle pulizie Flo. Ma perché io devo essere sempre l’ultimo a sapere le cose. Non dico il primo, ma almeno prima della donna delle pulizie, acciderbominchia! Non è neanche tornata a dormire e, se non fosse una pratica abituale da parte sua, mi preoccuperei anche. Chiudo con la solita essenziale parentesi (quadra) metereologica non richiesta e naturalmente estemporanea.
    [Il cielo oggi è di un colore strano: azzurro]
    Comunque dobbiamo aver fatto qualcosa di veramente grave per esserci meritati tutta l’acqua che è scesa fino a oggi, e ho come la sensazione che non sia finita qui. Chi è lo stronzo con cui posso prendermela? Abbia le palle di confessare, forza!

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  • Oggi mi sento, fiducioso, pieno di belle speranze e saltellante perché il mio futuro sarà roseo come una rosa e giallo come il giallo (il pastello o il pennarello, pure la tempera, se preferite) e azzurro come le piastrelle del mio cesso che hanno pure dei decori più chiari e la plafoniera in coordinato, acquistata nello stesso negozio dove mio padre ha preso quella verde per la mia camera a seguito disastrosa esplosione dei faretti, ecco perché io dico che è da cesso e non da camera. Evviva il buonumore, e allora fatemelo scrivere prima che venga spazzato via dal fiume d’acqua che attraversa L’Aquila (se a qualcuno avanza un’Arca (di Noè, che le imitazioni non mi piacciono, poi vengon fuori le falle e affondo, e allora meglio pagare di più che morire affogato) può farmela recapitare nella Stanza smontata e inscatolata, corredata da libretto delle istruzioni che preveda l’Italiano tra le lingue, che ci penso io a rimontarla o al massimo ingaggio il commesso di Brico che, per una ciotola di sbobba gusto pollo, ti rasa pure l’erba del giardino e ti stura il pozzetto degli scarichi lenti). Il perché di tanta positività mica lo so. Forse è solo la speranza prima di un viaggio. O il raggiungimento del livello massimo di spappolamento di maroni da pesudodepressione e sensazioni affini e allora TAC, sono felice, di che? Sarà una reazione fine a se stessa, sarà per via di qualche pasticca che ho assunto (non pensate a male, erano solo smarties rubate) o perché s’è sgonfiato il dito medio dopo aver costretto il pus a uscire (su un Big, tra l’altro) che poi ho servito appetitosissimo. Sarà che quest’anno sta finendo e che non è stato proprio memorabile, anzi. E quindi evviva evviva. Certo è che con l’inizio dell’anno nuovo non è che cambierà chissà che, almeno nell’immediato, a parte l’aria. È l’aria che muove le azioni e gli stati d’animo e accende la volontà e fa raggiungere i traguardi. Sembra strano che l’aria da sola possa fare tutto questo, ma è così, come una miccia che qualcuno innesca e che in assenza di fuoco e ossigeno mai potrebbe far esplodere la bomba, pure se quell’esplosione è quanto più inseguiamo e pure se la bomba è pronta da mesi. Questo sistematico cambiare è solo benvoluto. Continue scosse di terremoto e continue eruzioni vulcaniche e maremoti a spegnere la lava e grandinate che mi feriscono come pietre che volano in faccia per effetto di un elicottero che decolla e crea vento con le pale. Io, meravigliato guardo l’elicottero e le pale, e le pietre non le sento perché voglio vederlo volare. Non è quasi mai un gran periodo il Natale e dicembre più in generale. Quest’anno proprio non m’interessa di bambini che nascono nelle grotte, né di doni, né di stelle comete e speranze e animo buono. Trovo carine tutte quelle luci per strada, anche utili. Ci si vede meglio e alla fin fine, se ci pensate, le paghiamo noi senza averle espressamente richieste. Penso a me, il Re degli egoisti. Penso che stasera prenderò la macchina e aprirò i finestrini e farò entrare l’aria gelida finché, intorpidito dal freddo, non riuscirò più a girare il volante e il piede resterà sull’acceleratore pressato da un blocco di ghiaccio e sorriderò come Jack (oh, Jack!) con la brina sulle labbra e sui capelli e il blu sotto agli occhi prima di lasciare la presa della tavola dove Rose staziona leggiadra (durante le riprese di Titanic, Kate Winslet ha toccato i 103 quintali) e affondare; e andrò a sbattere contro un abete. Detto così sembra brutto, ma vi giuro che sono positivo come un protone. Che sia un buon anno per tutti, pure se ancora non viene Natale. Se non ne parlerò più, che questi valgano da auguri.
    (Parlerò d’altro, non è che non parlerò proprio più.)
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  • Intanto vorrei ringraziare la Panda nuova bordeaux che ieri sera, in pieno diluvio universale, mi è quasi venuta addosso privando il mio debole cuore di almeno 8 anni di vita, soltanto perché ero come al solito in ritardo, coi vetri appannati e stavo superando a destra, pratica per me ormai usuale su quella strada perché evito così una quarantina di automobili dormienti, che poi uno dice: se sono tutte incolonnate e la corsia di destra è liberissima, pare sputare sulla buona sorte non utilizzarla, seppur vietata. Insomma, questa Panda rossa ha avuto la mia stessa idea proprio nell’istante in cui le stavo passando accanto. Sono svenuto sul clacson che ha destato la signora dal torpore secolare di cui la demenza l’ha dotata fin dalla nascita. Ha cominciato a imprecare e ha aperto il finestrino. Quando si sentono ispirati aprono il finestrino e generano momenti di dialoghi che rimangono storici, come le scene di un film da Oscar.
    “Ma dove cazzo vai?” dice lei. “Ma dove va lei!” dico io (omettendo la parolina con le 2 zeta). “Io ho messo la freccia” dice lei. Come se la freccia fosse una sorta di raggio immobilizzatutto che la faccia padrona della strada, e gli altri si sveglieranno e riprenderanno a muoversi solo quando lei avrà parcheggiato in garage. “Cosa c’entra? Io ero già su questa carreggiata che stavo superando tutti, quindi lei, prima di buttarmisi addosso, avrebbe dovuto guardare se la strada era libera” dico io. Un’automobile da dietro suona. “Complimenti per la guida! Lo sa che quello che stava facendo è vietato e, se le fossi venuta a sbattere, mi ripagava per nuova?” dice lei (un po’ idiota, penso io. E poi la consecutio temporum un attimo da rivedere). “Non credo, visto che è anche quello che stava tentando di fare anche lei” dico io. L’automobile risuona. “Ma che cazzo vuole questo” dice lei. “Va be’, signora, ci vediamo” dico io, che sono sempre più in ritardo. “Sì, ci vediamo a fanculo” dice lei (ma dove ha vissuto costei fino ad oggi, nelle fogne metropolitane insieme a quei grossi topi con la coda lunga e dura, e neri e cattivi che come si chiamano lo sanno tutti, penso io). “No, grazie signora. Non ci tengo a vedere casa sua” dico io e me ne vado.
    A proposito di quei topi, l’altra sera Iker finto Labrador mi osservava con occhi sospetti mentre rientravo con la macchina nel piazzale e, stranamente, si teneva a una certa distanza da me, al buio. Quando ho ultimato le pratiche: controllare che il cancello elettrico si fosse chiuso perché un paio di volte è rimasto aperto e Iker è uscito e poi non è riuscito a rientrare ed è rimasto tutta la notte fuori. Mettere il telo sulla macchina per non farla gelare, o quel che resta del telo visto che finto Labrador ogni notte ne strappa un pezzo e adesso sembra il vestito di quelle donne fantasma che appaiono luminescenti nell’oscurità e ondeggiano fissandoti con gli occhi da ebete. Controllare che anche il garage fosse chiuso perché una mattina, dentro, ho ritrovato una volpe furiosa per essere rimasta intrappolata e non è stato un incontro simpatico. Mi avvicino a Iker per dargli una carezza, ma lui si sposta evitandomi e gira la testa. “Iker, cos’hai in bocca?” Sarà sicuramente l’osso, penso anche se lui non scappa come quando vuole giocare e farsi rincorrere. Lo acchiappo. “Fammi vedere che hai in bocca!” E come al solito gli apro la bocca con le mani e vedo spuntare una coda lunga penzoloni. Allontano di getto le mani in un istante di paralisi totale, mentre lui continua a fissarmi con gli occhi di quando pensa di aver fatto qualcosa che non doveva fare, tipo quando acchiappa i fazzoletti di carta per strada, mentre lo porto a spasso, al solo scopo di fare un dispetto. Io gli sorrido con una goccina di sudore che scende dalla fronte e comincio a retrocedere come un gambero verso il cancelletto. “Buonanotte Iker!”
    Che ve lo dico a fare che la mattina dopo ho ritrovato la migliore amica della signora con la Panda bordeaux, stesa davanti al garage senza vita. Sì, quella con la coda lunga e il nome che inizia per zoc.
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  • Ne avevo di cose da dire su quello che sta accadendo nella classifica dei CD, ma sono riuscito a trattenermi fino a oggi che è uscita pure quella dei libri e allora via a una nuovissima puntata di Stop al televoto!
    Spariamoci un po’ di libri (spariamoci proprio, che è meglio). Sorvoliamo sulle prime 3 posizioni occupate dalla ormai arcinota sag(r)a di Twilight (quella erre tra parentesi è di Erotte) e procediamo noncuranti. Al quarto posto c’è Il gioco dell’angelo di Zafòn che se lo vedi pensi che sarebbe ideale per costruirci le fondamenta di una villetta in campagna, assieme ad altri 150 libri di quella mole tipo Anna Karénina, che mi è stato regalato dal ragazzo proprietario della libreria in occasione della mia prima presentazione e che, non si sa perché, sarà per la mia condizione psicofisica instabile, in questi giorni ho trovato il coraggio di affrontare. Appena l’avrò finito (poco meno di 2 anni, suppongo) vi dico qualcosa. Il gioco dell’angelo ve lo consiglio, anche se in quel caso, vista l’impaginazione e la dimensione del font, le 600 e passa pagine sono più volute che reali, se no come facevano a farlo pagare 22 euro? Al sesto posto è tornata la Rowling con la sua nuova creazione che non si chiama Harry Potter e quando finisce ‘st’agonia (col doppio apostrofo)? ma Le fiabe di Beda il Bardo, una raccolta di storie scritte per giovani maghi e streghe. Il libro non so com’è perché di costei non ho mai letto una parola, ma sempre costei se ne fregherà altamente visto che ha venduto più di 400 milioni di copie ed è entrata nel Guinnes dei primati come fenomeno editoriale di tutti i tempi. Sono tornate anche la Littizzetto alla posizione 18 con La Jolanda furiosa e Licia Troisi con Il destino di Adhara al 22esimo posto e in entrambi i casi niente da dire per mia manifesta estraneità. Un grande applauso a Bruno Vespa che dopo una pubblicità martellante che veramente non se ne può più, ci manca soltanto che il suo romanzo mi tamponi per strada e mi chieda pure i danni, è riuscito a entrare in classifica al 25esimo posto con Viaggio in un’Italia diversa. Facciamo un salto nella narrativa italiana e ancora primo da immemore tempo è La solitudine dei numeri primi e Paolo Giordano saluta e bacia tutti da un arcipelago lontano e incontaminato coi pesci pagliaccio e le stelle marine sorridenti perché, grazie a Mondadori che gliel’ha scritto, ora può vivere di rendita fino alla morte. Secondo, Venuto al mondo della Mazza(ntini), no perché se no qualcuno poteva pensare che Valeria Mazza s’era messa a scrivere libri e, considerando la classifica, glielo consiglierei caldamente. Al 10mo posto Un cappello pieno di ciliege (senza i, mi raccomando, perché la Oriana pure dall’Aldilà può permettersi di reinventare le regole della grammatica italiana). Soltanto 23esimo Enrico Brizzi che ci riprova ancora una volta, ma niente da fare. Il successo di Jack Frusciante è uscito dal gruppo non torna, ma lui di libri ne scrive tanti ed è questo che conta. Chiuderei con una constatazione idilliaca. La celebre agenda Moleskine 2009, dati alla mano, sta vendendo più del nuovo libro di Federico Moccia e tutto questo è meraviglioso. Passiamo ai CD. Anche qua c’è una coppia di testa che pare imbattibile, Laurozza Pavesini e Giuseppa Gaetana Ferraglia. Io ho scaricato entrambe e queste sono le mie sensazioni. L’ascolto di Primavera in anticipo mi ha fatto lo stesso effetto di un virus e così ho fatto quello che Avast mi consiglia sempre e cioè rimuovere il file, visto che neanche la quarantena lo voleva. Gaetana non è male e oltre a Novembre che la caattà sa spansa an an astanta (perché lei conosce solo le a) contiene altri 3 o 4 buoni singoli, quindi non ci libereremo della Ferreri per i prossimi lunghi mesi, poi, se va a Sanremo come si dice in giro, allora siamo a posto. Se solo imparasse a rispondere alle domande, l’arte della favella insomma, mannaggia. Attenzione che al terzo posto arriva di gran carriera il Grande Rene con le sue canzoncine natalizie che sale di 7 posizioni superando Tiziano Ferro che rimane quarto perché i Guns nel frattempo precipitano un attimo alla 9. Non ho scaricato l’album di Irene perché io quelle canzoni le conosco da quando alle suore ci obbligavano a cantarle tutte nel corso della infinita notte della Novena, attesa con ansia e panico da tutti i genitori dei bimbi atterriti alla sola idea, perché sai quando entri nella sala della conferenze e non sai se e quando esci. Ricordo che alcuni si portavano la colazione per il giorno dopo, in sacchetti cuki gelo salvagusto. Sono veramente contento per il successo di Anna Tatangelo che dopo la defaillance del debutto del suo nuovo album Nel mondo delle donne in 22esima posizione, questa settimana riesce a recuperare raggiungendo ben il 23esimo posto. Toccata e fuga nei download perché c’è uno che ha superato Novembre conquistandosi la prima posizione che si chiama Luca Butera e la canzone è Wow! che sarà la prima parola uscitagli di bocca dopo aver controllato le classifiche. E sempre per la serie: ma chi è? alla posizione numero 3 troviamo Chiaraluna con la canzone Nel mio paese, che a quanto pare non ha neanche un’etichetta discografica visto che a quella voce corrisponde un vuoto. Chiudo rispondendo a Wendy e a chi come lei mi bombarda di e-mail attanagliato dalla domanda: Gigggi neanche 3 settimane fa era primo, e mo’ addò sta? Ve lo dico io addò sta. Lui che ama la sua Anna non riesce a separarsi da lei neanche un istante e così ha deciso di scendere negli abissi a farle compagnia al 28esimo posto.
    Mi sono dilungato pure troppo allora faccio economia nei saluti. Stop al televoto! finisce qua, quindi ciao.
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sono Matteo

Sono nato a L’Aquila nel 1981.
Adesso vivo a Firenze, insegno ai bambini della scuola primaria e scrivo romanzi definiti “per bambini e ragazzi”, ma io dico non vietati agli adulti…

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