Vittorio Sgarbi e l’ennesima occasione mancata di stare zitto

L’Emilia reagirà al terremoto, non come l’Abruzzo che si piange addosso.

Tutti mi avete scritto che paragonare 2 fenomeni sismici così diversi è sinonimo di ignoranza e desiderio di far scalpore. Eccone subito una plateale dimostrazione. Avevo deciso di non commentare le parole del professor Vittorio Sgarbi, ritenendole capaci di commentarsi da sole. Il pensiero alle persone che sono morte, 309, e a tutte quelle che vivranno nel dolore per la loro mancanza, migliaia, mi impone il silenzio, e zittisce anche la rabbia di reazione. Perciò ho lasciato agli altri il piacere di scagliarsi contro. In molti, su blog e social network, hanno espresso il loro disprezzo verso un’esternazione che deborda ignoranza più di quanto faccia la Cascata del Toce con l’acqua. Vi ho ammirato, e di aggiungere altro disprezzo non mi sarebbe dispiaciuto, però mi sono trattenuto. Ho preferito assistere all’arrovellamento del mio fegato zitto zitto, piuttosto che lanciarmi in una lunga invettiva contro Vittorio Sgarbi, che comunque anche oggi non leggerete su questo blog, almeno sotto forma di parole. Passeggiando nella rete ho trovato l’immagine che vedete, realizzata dai soliti giovani geni che questo mondo virtuale per fortuna popolano. Mi ha divertito, e penso che renda giustizia intanto al mio senso di impotenza. Io un microfono nazionale per rispondere alle minchiate di qualcuno non ce l’ho, come non ce l’hanno gli aquilani, ma non solo. Tutti quelli che avrebbero cose intelligenti da dire, capaci di dare spunti, idee, di fare largo a riflessioni che nessuno ascolterà. Invece il microfono ce l’ha chi, come Sgarbi, si atteggia a gran conoscitore del mondo, giudicatore di vite di fronte alle quali pure Dio farebbe un passo indietro prima di sentenziare. E poi trovo che renda giustizia pure alle caprette, che sono creature infinitamente più simpatiche di Vittorio Sgarbi e, mi azzardo a dire, più utili. Producono un latte digeribilissimo; a Sgarbi basta aprire bocca per farti cadere il latte fino alle ginocchia. Mi sarei risparmiato volentieri questo articolo, se solo il professore avesse colto la sua seconda occasione di stare zitto. E invece no.

L’Aquila resta un teatro di fantasmi spopolato, e questo nessuno può negarlo.

Voglio credere che lui non abbia pensato alla ferita nei cuori di migliaia di aquilani, rinchiusi nella propria sofferenza silenziosa. Io sì, e trovo la parola fantasma indelicata, tracotante, vergognosa, cattiva. Mi sono ricordato di un fatto recente. Poco più di un mese fa c’è stata la settimana della cultura. Il 15 aprile, il Prof. Vittorio Sgarbi, alla presenza del Mons. Giuseppe Molinari, ha inaugurato proprio qui a L’Aquila una mostra dell’artista Giovanni Gasparro, rimasta aperta fino al 19 aprile. All’interno dell’evento è stato allestito uno stand dell’Editore Cantagalli dove i fantasmi aquilani hanno potuto acquistare l’ultimo libro di Vittorio Sgarbi. Questo per dire che lui, a vendere i libri nel teatro dei fantasmi ci viene, però. Allora, pur sapendo che non servirà a niente, gli auguro con tutta la sincerità e la franchezza di cui sono capace che a leggere i suoi libri possano per sempre essere solo e soltanto i fantasmi. Prima di parlare bisogna capire, e per capire è necessario vivere. Kytril