Attenti alla squinzia sciacalla telefonica!

Cerco, in ogniddove attorno a me, il coraggio di avvicinarmi nuovamente al portatile, che la mia amica Papi mi ha scaricato sul sedile del passeggero, accompagnando il gesto con francamente esagerata disperazione: Riportamelo in vita, dagli una ripulita! Ti scongiuro! prima di fuggire a gran velocità, terrorizzata dall’idea che io potessi accorgermi di quanto fosse lercio. La superficie esterna dell’oggetto è ricoperta di uno strato color terra di Siena bruciata, neanche l’avesse tirato fuori da un lago di melma. Lo apro, e i pulsanti, originariamente bianchi, mi provocano un senso di repulsione, accompagnato da un conato all’idea di dover appoggiare le dita su quella che pare urina essiccata al sole. Papi, quando dicevi ripulirlo pensavo dai file cattivi e pesanti, liberare spazio di memoria, non che dovessi sciacquarlo con l’acido muriatico. Indosso i guanti antisettici, la mascherina e la tutona bianca da astronauta che mi son fatto prestare dal mio amico carissimo Warrick Brown di CSI: Las Vegas. Punto lo spruzzino caricato ad acido in direzione del dispositivo posseduto dal demone liquame. Quando sto per sparare parte a squillare il cellulare. Sono 2 o 3 volte che vi racconto di telefonate che speri on e invece poi è off. Pare come se me la stessi tirando, ma tant’è che a lampeggiare stavolta non è un numero metropolitano, di quelli che mi fanno sudare il cuore, e che immagini abbiano trovato proprio te, ma la scritta numero privato, che esalta l’effetto precedentemente descritto costringendo il cuore, già sudarello, a farsela addosso. Premo su rispondi, ma non risponde: il touch dev’essere insensibile al lattice. Nel tempo di togliermi pure i guanti il telefono si placa, e io sparo un porca scrofa! che mi sentono dal vicino bar, perché adesso non saprò mai chi mi cercava e, naturalmente, non mi cercherà più; il treno passa una volta soltanto e quelle robe lì. Invece io sono fortunatissimo perché 10 minutini dopo, assieme al treno, riparte il telefono. Stavolta non mi faccio fregare e, in un battibaleno, esplodo un suadente: Sì, prooontooo? Piazzare un convinto e allo stesso tempo frettoloso davanti all’universale pronto fa di voi personcine impegnate, con non molto tempo a disposizione che si prega l’interlocutore di far fruttare al meglio perché non si dimostri tempo perso, per voi e per lui, all’altro capo del telefono.
Matteo Grimaldi? Sì. Parlo con il signor Matteo Grimaldi? (Costei è forse una non-udente? Ho appena risposto di sì, santo cielo!) Sono io. Per la precisione sono Matteo Grimaldi. Aggiungerei volentieri il signor, così è proprio sicura di parlare col Matteo Grimaldi che cercava. Buongiorno, la chiamo da Torino, dalla sede centrale di Spillos (nome di fantasia). Spillos, Spillos, mi ripeto nella testa. Non mi è nuova questa parola… ma certo! E’ la compagnia alla quale da quasi 7 anni pago la rata della macchina di euro 185/mese, per quella che non è una Ferrari Testarossa, ma una Matiz Verdeacqua. L’ultima rata è fissata per luglio 2013, giorno in cui darò un party. Vi annuncio già che ci sarà Belen Rodriguez ad agitarsi sulle voci di Lady Gaga e del cugino Cristiano Malgioglio in duetto. Sembra una barzelletta, ma è vero, e non era neanche così difficile immaginarlo. Concentratevi sulla tonalità del ciuffo di Malgioglio e avrete le vostre risposte. (E che vorrà Spillos da me?) Spillos sta chiamando tutti i suoi migliori clienti per proporre loro una copertura assicurativa vantaggiosissima. Deve aver sbagliato numero, signora. Io con voi ho soltanto questa cosa della macchina che non vedo l’ora di… Ma lei vive a L’Aquila! Sì (e che pippa c’entra?). Allora saprà cosa vuol dire ritrovarsi senza niente dopo un tremendo terremoto. (Non ci posso credere. Mentre ci credo resto in silenzio e la faccio parlare.) La nostra compagnia la risarcirebbe fino a 200mila euro in caso di morte e invalidità gravi riportate dopo un evento cataclismatico. Non sono male 200mila euro no? Ehm, in effetti no. Certo che da morto non vedo come potermeli godere, e non mi sembrano una gran consolazione, seppur sopravvissuto riportando invalidità definitive. Certo signor Grimaldi, ma non troverà nessuna assicurazione che la copre da eventi di questo tipo. Ma mica ci sono solo i terremoti, pure i naufragi. Avrà sentito della triste storia della Costa no? Bene, se lei dovesse andare in crociera e la nave affondasse, avrebbe il nostro risarcimento massimo di 200mila euro (e guardo il mondo da un oblò, e muoio un po’…).  Ma non è finita qua. La nostra compagnia la risarcirebbe anche in caso di esplosione della sua abitazione, come è tristemente capitato a una palazzina di Bari. Uno non è che gliele augura queste cose, eh. (Piazzo la mano, libera dalla cornetta, sui gioielli di famiglia, e do una scaramantica ravanata.) Però è sempre bene essere previdenti. Mi schiarisco la voce e provo a risponderle con una gentilezza che non è da me: Io preferisco non godere dell’opportunità che mi state offrendo. La donna, con un tono a metà fra il derisorio e il saccente: Quindi preferisce non proteggersi? (La mano, preposta al gesto, insiste nell’intima operazione di scudo anti-sfiga.) Beh, diciamo che preferisco pensare che non sarei comunque felice se mi capitasse una sciagura di questo tipo, pure con i vostri 200mila euro. E poi ho delle spese fisse e, anche se si tratta di una piccola cifra mensile, sul mio budget pesa. Per questo la ringrazio molto, ma… Ma lei vive a L’Aquila! (Ancora?) Dovrebbe essere a conoscenza dei rischi. Di quali rischi sta parlando? Della possibilità che possano fare altre scosse devastanti signor Grimaldi! Mi scusi, ma lei sta telefonando a tutti gli abitanti dell’Aquila, e di Bari, e ai parenti dei superstiti o delle vittime della tragedia del Giglio? Nooo, assolutamente! Quindi lei, signor Grimaldi, preferisce non dover rinunciare al suo caffè quotidiano, perché alla fine, se fa bene i suoi conti, di un caffettino al giorno si tratta, e mettere al rischio la sua tutela? Io non metto a rischio nessuna tutela, semmai preferisco non dover sperare di aver investito bene i miei soldi. Ma vive a L’Aquila, si rende conto? (Oh, hai rotto il caXXo con questa storia!) Lei, signora, dovrebbe sapere che i terremoti non sono prevedibili. Quindi potrebbe tranquillamente farne del settimo grado domani a Torino, e radere al suolo la sede centrale di Spillos. Tiè!
Mi scusino i lettori torinesi; non ce l’ho con la vostra splendida città, ma ‘sta squinzia sciacalla telefonica, che ci vuole una faccia per fare un lavoro così, me le ha cacciate di bocca queste parole.