Elsa, ma cosa piangi?!

Ieri le lacrime della ministra del Lavoro Elsa Fornero hanno rubato la scena alla crisi, allo spread, alla manovra, al nostro status di conclamata presente e futura povertà.
Tutti insieme dai: “Per noi poveracci hip hip hurra!”
Se avessi potuto, sarei salito sul palco e l’avrei abbracciata, la bisnonna che tutti noi vorremmo. L’avrei incitata a farsi forza. “Ce la puoi fare bisnonna Elsa! Il brutto momento passerà! La vita è bella e tu hai ancora tanti, ma tanti anni davanti! Credici fino in fondo e vedrai che riuscirai a pronunciare quella parola!”
Sacrificio. Aaahhh! Dolore.
In effetti ci vuole una gran faccia a chiedere agli abitanti di un Paese ufficialmente sottosviluppato di sacrificarsi ancora; lei evidentemente questa faccia non ce l’ha e si mette a frignare. Neanche piangesse per una questione personale poi. Per esempio: io che, se voglio scoprire i connotati di una pensione, dovrò rivolgermi a Giacobbo e implorarlo di farmi fare un sorso dal Santo Graal per arrivare a 150 anni anagrafici + 70 di contributi e allora forse… non ho mica pianto. E credo neppure voi. Qualcuno di voi ha pianto ieri? Sarebbe stato più giustificato il pianto sincronizzato dei milioni di Italiani all’ascolto che non il suo, a meno che la ministra Elsa Fornero non sia l’incarnazione di una bisnonna Madonna, che ci ama a tal punto da prendersi tutte le nostre pene nel cuore e soffrire per noi.
Deve intervenire il Premier Monti, se no non si va avanti, che la esorta con quella che secondo me diventerà la frase dell’anno: “Commuoviti, ma correggimi!” quando comincia a fantasticare sulle pensioni minime e non sa più neppure lui cosa sta dicendo.
Il signor preside riprende la brava insegnante che ha avuto un cedimento. Per la serie: La menopausa va combattuta, ma non in una conferenza stampa, soprattutto se si tratta del più importante passaggio della Storia moderna del nostro Paese. E lei si riprende.
Non mi era mai capitato di vedere un politico piangere.
“Meglio della faccia plastificata della Santanchè e delle barzellette di Berlusconi!” sento esclamare da più parti e leggo sui social network. Sì, anch’io ho la sensazione che sia meglio, però… Che cosa si piange?
Le lacrime denotano un momento di commozione, felicità oppure disperazione. Escluderei la prima, a meno che la signora Fornero non sia una sadica pazza che gode per la disgrazia in cui è caduta l’Italia. La disperazione… mica le hanno infilato il gatto nel tritacarne! Insomma, è una donna di successo, neo-ministro con neo-dentatura, ricca, con dei bellissimi orecchini. Che cosa si piange?
Secondo me lei quei provvedimenti non li avrebbe presi, per questo piange. Può essere? Me lo fa pensare l’attimo di estremo sconforto nello sconforto in cui, ripresa dalle telecamere di tutto il mondo, sussurra rassegnata: “Non va bene!” che è tutto dire.
Voi come interpretate le lacrime della ministra?

[X] Weekbook. Vanessa Diffenbaugh nel bagno turco con me

Mi manca l’aria. Ehi voi, dove avete nascosto l’aria? Ohmioddio, ridatemela! Mi convinco che sia tutto normale, visto che mi trovo in un bagno turco. Non so ancora chi sta per fare il suo ingresso, chi vorrà proprio me. Incredibile! Intanto, col culo appollaiato sulle piastrelle e gli occhi al soffitto costellato di bastoncini colorati, mi godo l’atmosfera deliziato dal cinguettio di un uccellino che neppure sulla spalla di Alex Del Piero, con le tette della Chiabotto a mezzo metro, dimostrerebbe tanta gaiezza. Il portale si apre. Una figura femminea dai lunghi capelli lisci avanza, prima lentamente e poi con passo sicuro, come se mi conoscesse.
Sarà per via del vapore che non facilita la visibilità, sarà per i litri di liquidi che ho perso assieme alle forze e alla lucidità, sarà perché non mi aspettavo di incontrare Vanessa Diffenbaugh nel bagno turco di un hotel di Porretta Terme in provincia di Bologna (a 30 metri esatti dal ristorante in cui hanno risucchiato dal mio conto corrente 465,70 euro invece che 46. È così evidente che i maroni ancora non smettono di vorticare?), fatto sta che non la riconosco.
“Matteo Graimaldo? La ragazza alla reception mi ha detto che ti avrei trovato qui.”
“(Sarebbe G-R-I-M-A-L-D-I, con la i finale e senza a) Sì, sono io.”
“Salve, mi chiamo Vanessa Diffenbaugh (finalmente ho capito come si pronuncia il suo cognome. Non chiedetemi di ripeterlo però, perché è tutto uno sputacchiare) cercavo proprio te. Ho scritto…”
Il linguaggio segreto dei fiori, porcadiunavaccagrassaincalorevogliosadisessoscatenatoconuntoroinsaziabiledigranlungapiùanzianodilei!”
“Come dici?”
Per fortuna non conosce l’Italiano e quindi non coglie la forma di espressività popolare che ho fatto precedere al punto esclamativo. Tutto il dialogo fra noi avviene in Inglese. Io mi son premurato di tradurlo, cercando di restare fedele all’originale.
“Dicevo… so bene chi è lei, complimenti! Ma cosa ci fa qui?”
“Sto facendo il bagno turco, che domande!”
“E come mai cercava proprio me, Vanessa?”
“Perché vorrei essere intervistata all’interno della tua rubrica 4 Chiacchiere (contate) con…”
Ma questa è completamente pazza!
“È davvero sicura? Voglio dire… il suo romanzo staziona nella classifica da tipo 200 settimane, ha venduto qualcosa come 300mila copie solamente in Italia. Ha appena ceduto i diritti in America per oltre un milione di euro. Sono uscite recensioni su tutti i più importanti giornali del mondo ed è stata intervistata da radio e televisioni nazionali e internazionali. Cosa se ne fa di 4 domande di numero, poste da uno che non è un giornalista, non è uno scrittore, non è… insomma… cosa?”
“La verità è che da quando hai intervistato Federica Manzon e quella gran figa di Giorgia Wurth, mi sono detta: loro sì e io no? E che sono io figlia della merda?! Sapessi che rabbia a sentirmi un’esclusa… Così ti ho cercato per tutta Italia e adesso voglio partecipare alla tua rubrica! Fammi una domanda, ora!”
“Così, su 2 piedi e avvolto dal vapore, mi coglie un attimo impreparato…”
“Chiedimi che volevo dire con questa storia del linguaggio segreto. Dove l’ho scoperto. Come impiegherò tutti i miliardi che sto incassando. Quali sono i miei progetti futuri. Se mi serve un interprete per parlare coi fiori… Qualunque cosa porca paletta fiorita!”
“Signora Diffen, le mie sono domande mirate, proprio perché le chiacchiere sono solo 4 e allora vanno ben scelte. Ci devo pensare e questo posto non mi facilita il compito.”
“Allora usciamo da questo inferno e infiliamoci nell’idromassaggio. Vedrai che un bel bicchiere di tisana depurativa stimolerà la tua curiosità.”
E così posso presentarvi l’intervista più importante di tutta la mia carriera di non-giornalista. Signore e signori ho il piacere di ospitare sul mio divanetto virtuale a forma di penna piumata Vanessa Diffenbaugh. (Per leggere l’intervista cliccate qua!) Ora posso andare in pensione. I politici maturano la pensione con un giorno in Parlamento, io con un’intervista fatta bene.
Naturalmente non è andata proprio così come da me raccontato. (Prima che mi arrivi un  jet privato carico di querele, è bene che lo specifichi.) Tutto il merito è della redazione di Sololibri.net e dell’ufficio stampa della Garzanti, così gentile da attrarre la signora Diffenbaugh nella mia trappola. Spero di aver fatto cosa gradita, come si dice. Grazie anche alla traduttrice, senza di lei nulla sarebbe stato così com’è, chevvelodicoaffà! Un grazie di cuore alle affezionate lettrici e collaboratrici di Sololibri.net, per aver contribuito con le loro curiosità ad arricchire l’intervista. Per ultimo grazie alla signora Vanessa, che non leggerà il mio ringraziamento, ma lo dico lo stesso, perché fa un certo effetto sapere che dall’altra parte c’è una che fa quello che vorresti fare tu, moltiplicato per 100 miliardi.
Badate, ho arrotondato per difetto.

Il mio conto corrente ha “beneficiato” degli effetti della bio-sauna

Piombo a Villa Madre proprio a ora di cena, dopo 1000 chilometri in 3 giorni.
“Con chi sei andato a fare questo pacchetto benessere?”
“Con Alsazia, Lorena, Romolo e Remo.”
“Sei sicuro di essere andato con tutte le persone che hai appena nominato?”
Semmai del contrario. Rispondo con estrema convinzione: “Certo che sì!” pur consapevole che, quando Madre interroga, è perché sa.
“Strano, stamattina ho incontrato proprio Alsazia dal parrucchiere.”
Non mi resta che percorrere la via del dubbio: “Madre, sei sicura che fosse lei?”
“Mi stai prendendo per una deficiente?”
“Ok, a pensarci bene forse Alsazia non era dei nostri.”
Tenuto conto che.
– L’ultima volta che sono entrato in una piscina avevo 12 anni e ne sono uscito con la convinzione di odiare il nuoto, dopo che il mio di allora istruttore mi aveva ficcato la testa sott’acqua per un tempo che a me parve infinito. Quella è stata appunto l’ultima volta.
– Non avevo mai fatto l’idromassaggio. Dell’altra roba-benessere che ha a che fare con l’acqua (percorso caldo/freddo, cascata per la cervicale, bombardamento fianchi/cosce, doccia colorata, nebulizzata, profumata – ignoro i termini tecnici, nonostante una signorina abbia speso 10 minuti abbondanti a illustrarmi le tappe che avrei affrontato, e quindi chiamo tutto per quello che mi è sembrato, per le sensazioni che mi ha dato, per la serie: parlo come magno –) ne ignoravo l’esistenza.
– Non ero mai entrato in una sauna.
– Né in una bio-sauna.
– Il bagno turco lo avevo visto solamente nei film pornografici nei quali fanno l’amore fra sconosciuti, avvolti dal vapore.
– Prima di martedì ero convinto che gli uccellini di bosco si trovassero nel bosco, invece ho scoperto che si trovano pure nelle SPA-benessere, altrimenti non riesco a spiegarmi quei cinguettii.
Credo di essermela cavata egregiamente, a eccezione di un paio di momenti imbarazzanti.
– Stremato, sudato, spossato, vaporizzato, inumidito, bio-saunizzato abbandono le chiappe su uno scalino del percorso caldo/freddo, precisamente nella corsia del caldo, a godermi il tepore dell’acqua. Si genera una fila, della quale mi accorgo soltanto quando il distinto signore con le vene varicose dietro di me decide di emettere un colpetto di tosse. Si tratta di un percorso che tu devi fare senza fermarti, passando appunto dal caldo, al freddo e poi di nuovo al caldo e al freddo quante volte vuoi, lo saprete tutti (tranne me). No che ti siedi, ma io mica l’avevo capito.
– “Le mie ciabattine, hanno rubato le mie ciabattine!” grido allarmato alla fanciulla magrissima che dopo un po’ si presenta con le mie infradito-zattera in mano. “Erano nella sauna!”
“Ah, pensa un po’! Chissà come… Devo averle dimenticate.” Le indosso e sento la pianta del piede avvampare fra le fiamme. Mi ustiono, ma non faccio una piega, mantenendo intatta l’espressione distesa sul volto, mentre capisco cosa ha provato Giucas Casella quando ha deciso di umiliarsi in mondo visione passeggiando sui carboni ardenti. Con la differenza che io per fortuna non ero in mondo visione.
Il giorno dopo, colazione da Re. 2 tavolate piene di dolcetti, e la cameriera che ci chiede cosa preferissimo. A me è venuta la tentazione di risponderle: “Grazie faccio io!” e mischiare il latte e il caffè in una tazza. Quando ho capito che non funzionava come nelle topaie frequentate in questi anni, ho ordinato un gustosissimo cappuccino. Nell’attesa, da personcina discreta quale sono, mi concentravo ad ascoltare i discorsi degli altri. Giuro che ho sentito un uomo incravattato chiedere alla moglie: “Cara, gradisci del succo d’arancia?” testuali parole. Roba che neanche a Centovetrine. Al che ho abbassato lo sguardo sulla mia tuta acetata e ho desiderato uno smoking da prima colazione, oltre che un paio di zeri in più sul conto corrente.
A proposito di conto. Ceniamo in un ristorantino tipico. Mangiamo divinamente. Fra l’altro scopro come sono fatte le tigelle e il sapore di quella salsiccia spalmabile non lo dimenticherò mai per il resto della vita. Euro 46.50 in 2. Pago col bancomat, come del resto faccio per quasi tutte le spese di questi giorni. La mia banca deve conoscermi meglio di chiunque altro per non avermi bloccato il conto. Considerate le uscite spropositate, poteva sembrare che qualcuno mi avesse clonato la carta. Torno a L’Aquila. Faccio un saldo per rendermi conto di quanti mesi dovrò lavorare per ricostruire quanto scialacquato. Mi si ferma il cuore finché non mi accorgo di una stranissima uscita di euro 465,70 proprio la sera della cena. È il conto del ristorante! Il signore si è “sbagliato” digitando 465,70 al posto di 46,50 (il 7 l’ha proprio partorito la sua fantasia), io non ho ricontrollato la cifra, ho digitato il PIN e poi OK. In sostanza gli ho regalato 419 euro. Ho chiamato e si scusano tanto.
“Prima o poi dovevi accorgertene!” e ride. Cazzo si ride! “Passa pure al ristorante quando vuoi che…”
“Io abito a 500 chilometri di distanza. Ero lì in vacanza.”
Devo faxargli il mio IBAN e lo scontrino che mi hanno rilasciato. Il culo ha voluto che io, che butto via tutto all’istante, lo avessi conservato (senza volerlo) nel portafogli. E loro mi fanno un bonifico del preso-in-prestito, chiamiamolo così.
Ditemi se a uno non gli deve partire la brocca.