2210 dollari a settimana grazie ad Alessia Fabiani

Ragazzi, devo condividere con voi una notizia fantasmagorica. Mi ha scritto Mamie Fabiani, che a giudicare dalle megalitiche gaff grammaticali nella breve e-mail, non può che essere Alessia Fabiani (che si è laureata, eh) sotto mentite spoglie, per propormi di rispondere a delle e-mail e a delle telefonate per la società Noacoop SRL (che ovviamente non esiste) in cambio di un decisamente equo compenso di 2210 $ a settimana (il cambio euro-dollaro non è che sia proprio il massimo della convenienza, però 2210 può andar bene uguale). Quindi, basta preoccuparvi per me perché il Matto ha trovato un lavoro, e che lavoro! Io, che sprizzo e spruzzo generosità da tutti i pori e i punti neri, voglio dare anche a tutti voi che mi leggete la possibilità di sistemarvi economicamente, fare a voi il dono che Mamie (fa più badante ecuadoregna che manager, con tutto il rispetto) ha dato a me e quindi vi riporto l’e-mail con i contatti per arrivare al fruttuoso guadagno.

Buon giorno! (Un entusiasmo che neanche la strafiga mamma bionda della pubblicità delle merendine.)
Rappresento come manager la ditta NOACOOP S.r.l. (Che non esiste, in questa dimensione e realtà, almeno.)
Se avete bisogno (mi dà del voi. Brava Alessia, cresciuta alla grande scuola napoletana) di un guadagno aggiuntivo come 2210 $ a settimana (oddio, schifo non farebbero a nessuno), allora potete scrivere a noi all’indirizzo email: Fedezoni.Vespasiano.68@googlemail.com (l’avete appuntato tutti?) e noi proponeremo (voce del verbo proponere?) questo lavoro.
Ecco che cosa serve fare – rispondere alle chiamate telefono e email.
Il lavoro verrà pagato una volta a settimana
(alla faccia della mia cassa integrazione che sono 2 mesi e ancora non si vede). Per iniziare, scrivete all’indirizzo email: Clinio.Berruti.83@googlemail.com (oddio, l’indirizzo è già cambiato?) Nome e Cognome e la città di residenza. Risponderemo entro 1-3 ore. (Che celerità al mio servizio! Non vedono l’ora di donarmi 8840 dollari al mese.)
Distinti saluti.

Mamie Fabiani

Alessia, capisco le tue ben note difficoltà ad esprimerti in un idioma che possa anche solo assomigliare all’Italiano e che sia almeno comprensibile, però 2210 dollari a settimana per rispondere al telefono… Cos’è, una linea hard? No, in quel caso te la caveresti meravigliosamente. Per ansimare bastano un paio di vocali.

Final Destination per i miracolati dell’AirBus

Oggi è la festa della Repubblica Italiana. Napolitano ha dedicato una sostanziosa parte del suo discorso agli sfollati aquilani che la passeranno in tenda, sotto la pioggia (perché qua piove da 3 giorni); lo ringrazio. Vorrei estendere la dedica di questa giornata, nella quale ogni anno proviamo a ricordarci di voler restare uniti attorno al primo degli ideali e dei diritti: la libertà, ai parenti dei passeggeri del volo sparito nell’Atlantico. Stanno continuando le ricerche, c’è ancora qualcuno che ha fiducia possa esserci qualche sopravvissuto. Non c’è stato alcun tentativo di ammaraggio o, se c’è stato, tanto bene non dev’essere andato, perché se no a questo punto starebbero tutti felici e contenti a sguazzare nelle tiepide acque tropicali. Supponiamo che l’aereo non sia esploso nell’impatto con l’acqua e che siano rimaste delle aree stagne in cui restare all’asciutto e respirare. Ora quei signori si trovano a 4mila metri di profondità. Rilevante la testimonianza del pilota del volo Parigi-Rio, tratta opposta a quello dell’Airbus scomparso, che dice di aver visto delle luci arancioni sull’Atlantico durante il loro volo, proprio nella zona in cui dovrebbe essere precipitato l’aereo. Le speranze sono veramente infinitesime.
Quando capitano di queste tragedie c’è sempre chi doveva finirci dentro, ma che in un modo o nell’altro, per caso, fortuna, destino, mano di Dio, non lo so, di certo gran culo, all’ultimo l’aereo non lo prende. È capitato a un medico francese e alla moglie che hanno fatto di tutto per imbarcarsi sull’aereo AirFrance, ma era pieno. “Siamo dei miracolati, volevamo essere su quell’aereo a tutti i costi e invece siamo rimasti a terra qui a Rio de Janeiro”, ha raccontato il professor Claude Jaffiol.
“Eravamo a Brasilia e avevano deciso di accorciare il nostro soggiorno e di rientrare a Montpelier, abbiamo smosso mare e monti per trovare un posto ma non c’è stato niente da fare”, ha proseguito Jaffiol riconoscendo di aver avuto una fortuna incredibile. Altra fortunosa coincidenza quella che ha salvato Marcelo Calaca, analista giudiziario di 37 anni che, giunto all’aeroporto, si è accorto di avere il passaporto scaduto da 2 mesi. Insieme a lui c’era un amico americano che ha deciso anch’egli di rinunciare al volo. “Avrei potuto insistere per imbarcarmi, ma ho pensato che se avevo il passaporto scaduto una ragione doveva esserci” ha detto Joao Marcelo al giornale O’Globo. “Sembra strano dirlo adesso, ma non avevo una bella sensazione.” Fatto ritorno a casa, all’alba il brasiliano è stato svegliato da una serie di telefonate sul cellulare, così ha saputo della notizia. “E mi sono venuti i brividi mano a mano che assistevo alle notizie alla televisione. Una sensazione difficile da spiegare, di allegria enorme, ma anche di profonda tristezza per tutte le persone che erano su quell’aereo.” Per non parlare del signor Claudio Freddi, un ingegnere di 54 anni che aveva prenotato un posto su quel volo per poi tornare in Italia, ma all’ultimo momento un contrattempo sul lavoro l’ha costretto a restare in Brasile salvandogli la vita. Ha chiamato a casa per rassicurare i familiari angosciati per le notizie che arrivavano dai TG: “State tranquilli perché io non ero sull’aereo”.
Io son contento per loro, per carità, però sconsiglierei a ciascuno dei suddetti miracolati la visione di Final Destination che comincia esattamente così. Fossi in loro avrei il culo serrato all’idea che la Morte si fosse già messa sulle mie tracce.

Io, la parabola che preferisco è la fine del mondo

Le notti di pioggia complicano tutto. Lo scrosciare impietoso di quelle gocce pesanti sui teloni delle tende e sul rivestimento dei camper ha lo stesso effetto di un instancabile martello pneumatico nelle orecchie e nel cervello, che non riescono a riposare. Stanotte avrò dormito 3 ore, a voler essere generoso. In compenso ho scritto molto, ho ultimato un nuovo racconto e, anche se non ho ancora nessuna buona notizia per Supermarket24 (vi giuro che prima o poi uscirà) sono soddisfatto per le nuove storie che stanno vedendo la luce.
Ieri, parlando di Io speriamo che me la cavo, che ho citato nell’ultimo post, mi sono ricordato di uno dei temi dei bambini di Corzano che mi piaceva moltissimo, quello da cui viene il titolo del libro e del film. L’ho ritrovato. Il titolo del tema era: Quale parabola preferisci?
Svolgimento:
Io, la parabola che preferisco è la fine del mondo, perché non ho paura, in quanto che sarò già morto da un secolo. Dio separerà le capre dai pastori, una a destra e una a sinistra. Al centro quelli che andranno in purgatorio, saranno più di mille migliardi! Più dei cinesi! E Dio avrà tre porte: una grandissima, che è l’inferno; una media, che è il purgatorio; e una strettissima, che è il paradiso. Poi Dio dirà: “Fate silenzio tutti quanti!”. E poi li dividerà. A uno qua e a un altro là. Qualcuno che vuole fare il furbo vuole mettersi di qua, ma Dio lo vede e gli dice: “Uè, addò vai!”. Il mondo scoppierà, le stelle scoppieranno, il cielo scoppierà, Corzano si farà in mille pezzi, i buoni rideranno e i cattivi piangeranno. Quelli del purgatorio un po’ ridono e un po’ piangono, i bambini del limbo diventeranno farfalle. Io, speriamo che me la cavo. 
Io della fine del mondo invece un po’ paura ce l’ho. In questi giorni sto affondando tra articoli scientifici, superstizioni, profezie Maya, inversioni dei poli, whisky, mia madre… (È il caso di ricominciare a uscire.)
Meglio lasciar perdere, che di base, pure se ne parlo, sono profondamente ignorante in materia (Storia della Fine del Mondo 2), e allora tutti quei paroloni servono soltanto ad autosuggestionarmi inutilmente. Viviamo sereni (ssimi) fino al 20 dicembre 2012; il 21 si vedrà. Sempre se c’arriviamo, che magari uno sta tornando da Rio de Janeiro a Parigi e all’improvviso un fulmine colpisce l’aereo che sparisce dai radar e s’inabissa nell’Atlantico. È questa l’ipotesi più probabile della tragedia di stamattina. C’erano 231 persone su quel volo, tra passeggeri e personale di bordo, 5 italiani, alcuni bambini di cui uno appena nato. Una fonte dell’aeroporto di Charles De Gaulle di Roissy ha detto: “Non c’è alcuna speranza!”.
Il Presidente Sarkozy, informato stamattina della perdita di contatto con l’Airbus A330 di Air France che effettuava il collegamento Rio de Janeiro-Parigi, ha espresso la sua vivissima preoccupazione (non l’ho usato io il termine vivissima, ma le agenzie di stampa) ordinando ai suoi uomini: “Fate il possibile!” e poi sarà tornato a fare colazione con Carlà e i pan di stelle Mulino Bianco. Un abbraccio ai parenti delle vittime dalla Stanza.