Non sono mai stato bravo con gli abbinamenti

Non sono mai stato bravo con gli abbinamenti cromatici. Quando si tratta del vestire poi, chiedere un consiglio a me è peggio che chiederlo a un cinese nato cieco. Il cinese per me è rappresentativo di ogni tipo di incapacità, non perché i cinesi non siano un popolo sveglio, furbo, abile, anzi, ma perché mi son antipatici a pelle, a prescindere dalla singola persona che comunque non saprei riconoscere (chiamasi razzismo). Come può essermi simpatico un popolo di elementi tutti uguali, più simile a un agglomerato di insetti laboriosi, un formicaio o un alveare, che a una società umana? Magari loro di mode e colori son anche esperti – da come vanno in giro, che sembrano degli involtini primavera intrappolati in una tovaglia natalizia, nutro i miei giustificabili dubbi – e quindi cade la mia osservazione, che non vuol essere scientifica, ma solo uno sfogo personale perché io dei cinesi, da quando sotto i portici di San Bernardino ci sono più negozi di inutili chincaglierie orientali, che emettono suoni insopportabili, che colonne, ne ho le palle piene. Potrei rivedere la mia idea soltanto in funzione della loro pelle che, all’asilo, ti fanno colorare con lo stesso pastello che prima avevi usato per il sole, ma anche questo discorso cade perché i cinesi non hanno la pelle gialla, ma di un colore che lo ricorda vagamente che, abbinato al concetto di pelle, non è più così gradevole e va ad avvalorare il mio distacco.
La mia incapacità di scegliere una giusta camicia per quel giusto pantalone che stia bene con le scarpe e poi con la giacca e che non stoni con la sciarpa è dovuta essenzialmente a un motivo: nell’armadio ci saranno 3 camicie, 3 maglie, 4 pantaloni, un giubbotto invernale, una giacca di jeans autunnalprimaverile (in estate la giacca non la uso) fine. Fate conto che alcuni 3 e 4 sono piuttosto ottimistici. Le opzioni possibili son molto ridotte, come sono ridotte le possibilità che esista un abbinamento fra tutti che sia quantomeno dignitoso. Qua scatta il sottomotivo, perché potrei anche andar in giro a fare shopping e rinnovare drasticamente il mio guardaroba, ma non lo faccio perché fare shopping mi stressa come nulla al mondo, fosse per me non entrerei in un negozio di vestiti mai nella vita, e poi perché io al vestire ci tengo come potrei tenere al mio giardino, che mio padre è imbufalito perché ogni volta che devo uscire calpesto l’erba ignorando l’esistenza di una stradina in pietra che giunge al cancelletto. È solo che io son sempre in ritardo e facendo la stradina allungo di almeno 7 o 8 secondi, per non dire 10 e allora opto per la scorciatoia, e l’erba calpestata sta diventando tutta giallina. Io l’ho sempre detto che questo giardino farà una brutta fine perché, finché ci son loro che se ne occupano sarà sempre rigoglioso e motivo di vanto nelle solite cene da calendario, ma quando il rincoglionimento avrà fatto dei miei, 2 rimbambiti alla riscossa (e poco ci manca) il giardino si evolverà in giungla e prolifereranno specie animali e vegetali di ere passate, pericolose e non troppo amanti della compagnia, perché io non l’ho mai voluto e poi il pollice verde non ce l’ho.
Tutto questo per dirvi che ieri, mentre mi cambiavo davanti allo specchio dello spogliatoio del Mc Donald’s, ho scoperto di avere gli slip bianchi con la t-shirt nera, destando, forse a ragione, l’orrore del collega che si cambiava con me. Ma non andava lo spezzato quest’anno?