Che uno resti a guardare un’immaginetta di 3 cm

Che uno resti a guardare un’immaginetta di 3 cm per 3, tipo fototessera, per 2 ore e mezza spezzate solo dalla pausa pranzo, ci starebbe pure, se solo il soggetto della foto fosse quantomeno conosciuto, legato a costui da una qualche forma di affetto non importa se ricambiato; sarebbe grave, ma almeno giustificabile. Invece no. Quindi mi dico che non è un periodo di piena sanità mentale, visto che mi son ritrovato rapito da una contemplazione anche un po’ ridicola per la mia pur sempre giovane età. Sabato sono andato a vedere Sette anime che non c’entra niente con la contemplazione di cui sopra. Ero convinto che la fortunata accoppiata Muccino – Smith non potesse essere in grado di bissare il capolavoro che è stato La ricerca della felicità dell’anno scorso, che io ho rivisto 3 volte pagando per 3 volte il biglietto e sappiate che ho bisogno di rivederlo al più presto. Se qualcuno dispone di una copia originale o tarocca del film ha la possibilità di dimostrare una generosità grandiosa invitandomi a guardarlo insieme che magari ci si conosce e ci si ama, oppure masterizzandolo e inviandomelo a Casa Matto, che la mia connessione non riesce a scaricare neanche un aforisma di 2 righe scritte grandi. Ho varcato la porta scorrevole con fare supponente, col sigaro in bocca e lo sguardo schifato verso tutti, pure verso il tronchetto della felicità all’ingresso, perché sapevo a priori ed ero pronto a criticare velenosamente, non per scarsa fiducia negli attori o nel regista, ma perché, non deludere dopo La ricerca della felicità, era parecchio complicato; i paragoni sono facile arma sulla bocca di tutti. Ebbene, mi sbagliavo, perché Sette anime è un gran bel film, e lo speravo. Una storia commovente e straziante che non voglio rivelare nei dettagli come faccio di solito, perché mi piacerebbe che stavolta andaste al cinema a vederlo tutti senza ritrovarmi messaggi minatori scritti coi pezzi di giornale o cuori di cerbiatti pulsanti nella posta, che lasciano intendere che ai lettori della Stanza non è tanto piaciuta la mia iniziativa rivelatrice. Muccino ha saputo tirar fuori il Will Smith attore che le americanate che lo avevano visto protagonista insieme agli alieni e alle catastrofi planetarie e alle esplosioni dei mondi non avevano evidenziato, tanto che consideravo Smith un attore mediocre prima de La ricerca della felicità. La regia di Muccino è riconoscibile e un vanto per l’Italia. Will Smith è incredibilmente intenso in tutto il talento che ha, perché ne ha e neanche poco, in espressioni toccanti, silenzi prolungati e più espressivi di inseguimenti e urla. Per questo dico che il Gabriele nostro che ora tante richieste ha dall’America, è riuscito a far emergere lo Smith attore. Intanto in America pare stia battendo tutte le previsioni superando gli 80 milioni di dollari d’incasso. Non fa molto testo, ma ieri la sala 1 del cinema Movieplex a L’Aquila era piena zeppa tanto che c’hanno sbaraccato all’angolino della fila 5 col telone del megaschermo a 10 cm dalla faccia. Il finale mi ha sorpreso. Mi è piaciuto perché in grazia di Dio ha una sua conclusione vera, definita e punto. Non come va di moda ultimamente che all’improvviso puff, schermata nera e titoli di coda accompagnati da una musica di violini che ti vien voglia di sparare una bestemmia, secondo la logica che la vita non finisce e può succedere di tutto e allora non finisce neanche il film. I 7 euro del biglietto, quelli so’ finiti però, e tu rimani deluso come quando compri 6 cartelle a tombola spendendo 12 euro e non becchi neanche un ambo da 35 centesimi. Invece Sette anime riempie e commuove. Una scena in particolare che ha fatto piangere miliardi… no, milioni… no, centinaia di migliaia… no, centinaia e basta di… no, decine… no. 1 spettatore: Franchino che, quando Will ha portato in braccio la vecchia paralitica maltrattata e torturata, al bagno, ordinando al padrone dell’ospizio di farla immediatamente lavare, è scoppiato in un pianto disperato e convulso scatenando anche il fastidio degli spettatori paganti, che non riuscivano più ad ascoltare le parole del film tanto erano acuti i singulti impasticciati di lacrime di Franchino, che, sotto mio consiglio è stato immediatamente accompagnato fuori dalla sala 1 e dal cinema e gettato ai margini del viottolo sopra un sacco di spazzatura semiaperto da un cane, che rovistava e gl’ha fatto pure la pipì sulle scarpe nuove comprate il giorno stesso ai saldi per 24 euro e 90.