Attenti, librai d’Italia, ché io vi ammazzo!

Simone Gambacorta, critico letterario, parla di Non farmi male:

Un esordio in narrativa con sette racconti.

Prova d’esordio di Matteo Grimaldi, “Non farmi male” esibisce sin dal titolo alcuni caratteri dei sette racconti che racchiude, per esempio la vulnerabilità, il pericolo e l’avanzare ineluttabile del dolore. Grimaldi sembra essere attratto dal nocciolo amaro delle cose che fanno la vita, che fanno e disfanno una vita, che fanno l’affanno della vita, per azzardare un gioco di parole su pagine dove le parole cercano un suono che sa di rumore, di attrito, di sfregamento crudo e crudele. “Cemento”, “Grigioscuro”, “Non farmi male” e “Domani addio” sono le testimonianze più apprezzabili di un esercizio della scrittura volto soprattutto ad osservare il farsi delle ferite, a dar corpo alle ustioni, a cogliere l’emergere di una lacerazione. Il racconto è l’incudine dove provare a martellare le parole della sofferenza, ma prima ancora è il laboratorio dove Grimaldi verifica la proprie capacità, dove collauda se stesso documentando un apprendistato che (almeno per ora) non ha ambizioni diverse da quella di crescere, di svilupparsi, di affinarsi (quanto a sicurezza e disinvoltura) nell’uso della lingua e nel governo della narrazione. Una prova d’esordio, come si diceva, primo giro di una giostra che tutto è meno che allegra, e dove quel che importa non è tanto il libro in sé, quanto le premesse e le sollecitazioni da cui muove: perché questa volontà di mettere le mani negli angoli scuri e questo desiderio di penetrare la nebbia suscitano curiosità, non foss’altro per la sensibilità e l’attenzione alle sfumature di cui Grimaldi dà contezza. Una morte per overdose, lo stupro di una ragazza, la violenza di un patrigno su un bambino, la fuga di un padre dalla famiglia sono alcune fra le vie che Grimaldi ha scelto di percorrere con questi racconti. All’uscita del prossimo libro scopriremo quale sorte abbiano incontrato le potenzialità che “Non farmi male” ci ha mostrato.

(Matteo Grimaldi, “Non farmi male”, Kimerik, pp. 113, Euro 10)
Simone Gambacorta
La trovate anche su Abruzzo Cultura, QUA.

M.

Visto che le persone mi scrivono (ieri l’ultima!) e mi dicono che hanno difficoltà ad ordinare il mio libro, perché i librai alla loro domanda “posso ordinarlo?” rispondono cose vaghe sulla distribuzione che impedirebbero loro di farselo arrivare in quei postacci che gestiscono. E visto che mi sono abbastanza rotto perché poi succede anche a me quando ordino certi libri di editori che non siano Mondadori, Bompiani, Mursia e compagnia bella, e mi c’incazzo perché è un discorso assurdo e inesatto e quel libro lo voglio, anche se loro, dai toni che usano, sembra che ne sappiano più di me e di chiunque vada a cercare un libro, diciamo qualche cosa che chiarisca una volta per tutte la questione. Intanto il mio libro si può ordinare e arriva anche molto in fretta. È dotato di codice isbn e codice a barre quindi si può ordinare anche all’estero, pensate un po! La storia della distribuzione, della casa editrice piccola e tutte ‘ste robe qua sono vere, nel senso che trovarlo esposto ovunque non è pensabile, però ordinarlo sì. Quindi insistete, perché ho ragione io e avete ragione voi a pretenderlo. Comunque, se non avete voglia (e vi capisco) di combattere inutili e lunghe guerre contro certi librai che al posto dei libri sembra si occupino di salami, formaggi e mozzarelle, cliccate sull’immagine di copertina in alto del blog e ordinatelo direttamente dal sito dell’editore. Non serve necessariamente la carta di credito e vi arriva a casa in quattro o cinque giorni lavorativi. E fatemi il piacere di segnalarmi la specifica libreria che v’ha risposto picche, ché poi ci penso io! Sì che è una minaccia! Grazie.

Solo perché dobbiamo sopravvivere.

Lettera inviata nel 1854 al Presidente degli Stati Uniti d’America, Franklin Pierce, da Seath, capo indiano della tribù dei Duwanish:

Come si possono comprare o vendere il cielo e il colore della terra?
L’idea sembra strana.
Noi non siamo padroni della freschezza dell’aria e dello zampillare dell’acqua.
Come si può chiedere di comprarla da noi?
Per la mia gente qualsiasi componente di questa terra è sacro.
Qualsiasi ago splendente di pino, qualsiasi sponsa sabbiosa, qualsiasi nebbia nell’oscurità, qualsiasi insetto ronzante è santo nella memoria ed esperienza del mio popolo.
Continuate a contaminare il vostro letto e una notte sarete soffocati dai vostri stessi rifiuti.
Quando i bisonti saranno stati tutti sterminati, i cavalli selvaggi tutti domati, quando gli angoli segreti delle foreste saranno invasi dall’odore degli uomini e la vista delle colline sarà oscurata dai fili che parlano, allora l’uomo si chiederà: dove sono gli alberi ed i cespugli?
Scomparsi!
Dov’è l’aquila?
Scomparsa!
E cosa significa dire addio al rondone e alla caccia, se non la fine della vita e l’inizio della sopravvivenza?

Non so se poi quelle terre l’abbiano vendute o semplicemente gli americani se ne siano impossessati senza troppi scrupoli, come sono soliti fare. Quello di cui sono certo è che la cività non si misura in anni di evoluzione e tecnologia e potere economico. Esistono popoli di gran lunga più civili degli americani che ad esempio puniscono un delitto con un delitto. O degli italiani che fingono di non vedere e non sentire l’afrore di centinaia di quintali di spazzatura che soffoca un’intera città. Seath ci vedeva lungo. E ora, a noi, non resta che sopravvivere.

M.

Va be’ che
a Carnevale ogni scherzo vale, ma addirittura votare… Io spero che alla fine dentro tutte le urne d’Italia vi siano solo le schede compilate dai politici candidati, che a votare per loro stessi ci vanno sicuro, e la mia, con barrata la casella corrispondente al trisnipote di Seth (creata artificiosamente da me con la preziosa matitina in dotazione). 

Funeral Blues

W. H. Auden

Fermate tutti gli orologi, isolate il telefono,
fate tacere il cane con un osso succulento,
chiudete i pianoforte, e tra un rullio smorzato
portate fuori il feretro, si accostino i dolenti.

Incrocino aeroplani lamentosi lassù
e scrivano sul cielo il messaggio Lui È Morto,
allacciate nastri di crespo al collo bianco dei piccioni,
i vigili si mettano guanti di tela nera.

Lui era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed Ovest,
la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica,
il mio mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto;
pensavo che l’amore fosse eterno: e avevo torto.

Non servon più le stelle: spegnetele anche tutte;
imballate la luna, smontate pure il sole;
svuotatemi l’oceano e sradicate il bosco;
perché ormai più nulla può giovare.

L’immensità di un sentimento capace di superare di gran lunga quello che, per altri, è l’assoluto; insomma, cosa c’è di più totale dell’Universo? E invece tutto si riduce a scenografia se si parla del loro amore, che è il vero spettacolo della serata. Fate caso ai termini. Non dice cancellate le stelle, dice spegnetele, come se fossero solo luci di scena che ora non servono più. Imballate la luna, come quando si fa un trasloco. Smontate il sole, svuotatemi l’oceano, e sradicate il bosco. È ora di portare via i pezzi dal palco; perché è giunto il tempo degli applausi finali, e non è per scelta dell’uno o dell’altro, ma di un destino che ha deciso di distruggere e lasciare un solo superstite a vivere il resto della vita nel dolore. Nel vuoto che lascia il ricordo. La rileggo spesso per godere della sensazione che mi dà. Di qualcuno che ha capito l’Amore, e ha saputo raccontarlo solo dopo averlo perso.

 

M.

Everyman, il libro nero di Philip Roth.

Tornano le recensioni del Matto, consigli utili per una lettura quantomeno dignitosa. È periodo di sottotitoli questo. Scusate se ne faccio un uso smodato; ora non potete capire, ma credetemi sulla parola, stanno diventando un’ossessione, e presto o tardi scoprirete il perché. Una felice ossessione direi. Comunque, tornando a noi, ho letto un po’ di libri ultimamente, ma per via del poco tempo a disposizione e delle troppe cose da fare, che poi sono evidentemente due motivazioni collegate, non li ho recensiti. Finché Everyman non mi è entrato nel cuore. L’ha scelto lui. Sapete quando dovete dire assolutamente cosa ne pensate di quello che vi scorre sulla pelle? Quando siete coinvolti a tal punto che, se non lo fate, esplodete? Leggetelo perché Philip Roth è un mostro di bravura, e non serviva certo un Matto qualunque di periferia a dirlo. 
QUESTA la mia recensione su Abruzzo Cultura che ringrazio, perché mi fa dire sempre quello che penso.

M.

Rileggo L’amico ritrovato perché sono certo di trovare tra le sue pagine quello che cerco. Presto una grande notizia. Ma grande grande grande (come te sei grande solamente tuuu!). (Mina, ma quest’uomo cos’è, un pallone aerostatico?!) Un po’ di pazienza. Ma ne vale la pena.