Una succosa morte

Non provo repulsione per gli insetti. E neanche un folle amore. Non sono uno di quelli che se calpestano un uovo di moscerino piangono e si infliggono lancinanti pene corporali per l’efferato omicidio appena compiuto, e neanche appena vedo un animaletto più o meno volante gli piombo addosso e lo spiaccico a suon di frustate col Messaggero.
No.
Io lascio vivere. Esistono loro, esisto anch’io. Tu stai alla larga da me, io sto alla larga da te. Non mi pare un concetto di difficile comprensione.
Succhio l’anguria e sputo i neri semi di malavoglia. Devo mangiarla anche se non mi va, altrimenti domani finisce nel bidone della spazzatura, e non è che la cosa m’intristisca particolarmente. Già è parecchio andata, farinosa e di un rosso scuro, che prendi in mano la fetta, e la polpa si stacca da sola e cade sul tavolo. La schifosa mosca grassa, attirata dal dolce succo, si avvicina rumorosamente e non mi si scolla di dosso. Glielo dico. Stai attenta che finisci male. È temeraria e non s’arrende; non sa che è sbagliatissimo sottovalutare il nemico, soprattutto se è grande cinquecento miliardi di volte lei. Lo so che gl’insetti non capiscono, ma questo non allevia il fastidio di un ronzio continuo, e poi le piccole zampette che si posano, e si staccano, e si posano ancora, un po’ più giù, sulla gamba, e io provo a scacciarla, ma lei ritorna.
Quando non vuoi sentire, spegni la fonte del rumore.
La musica dello stereo t’infastidisce?
Premi off.
Scatta l’allarme della macchina perché un topo ha sfiorato la ruota?
Premi off.
Sei ad una festa e ti stai eccessivamente rompendo i maroni?
Te ne vai.
Solo che io sono a casa mia e non esiste telecomando per liberarmi del peloso insetto. Allora penso che forse se l’accontento la smetterà di volarmi sopra. Bene. Colpisco la mosca con il panno per asciugare i piatti, e poi, mentre si dimena sul tavolo stordita, alla ricerca della lucidità per riprendere il volo, sollevo il mezzo cocomero e glielo appoggio sopra, dalla parte della scorza. Starà percependo quel lieve scricchiolio come un semplice spappolamento di ogni microparte del corpo. Non ronza più. Ha avuto quello che desiderava.
Ora sì che è una mosca soddisfatta.
 
M.
 
Il mio dirimpettaio, in bilico sulla scala, sta trasformando il suo balcone in una gabbia, illudendosi di poter impedire così ai suoi gattini la libertà. Se fossi uno dei suoi due gatti, ora gli salterei addosso, in una coccola estrema. Giusto per fargli perdere l’equilibro.

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