Rose Calvert, ridammi quella tavola!

Le mie mani hanno sputato fuori almeno quattro o cinque inizi in sei minuti per il nuovo post, ma ogni volta mi rendevo conto che ricalcava troppo il mio stato d’animo, e che adesso il mio stato d’animo non è proprio di compagnia. Quando qualcosa non va, e quel qualcosa è più o meno tutto e solo quello che andava, diventa tosta davvero. Lì per lì ho pensato di ricercare la forza nel raggiungimento di un mio obbiettivo, ufficialmente importante. Ci tenevo, stavolta sul serio; solo che poi succede che, non per colpa mia, toppo anche là. È un periodo nero come il catrame, un continuo buco nell’acqua. Mi sento esausto. Divoro energie che mi alimentano per tutto quel tempo condiviso con chi mi sta vicino, solo che poi il conto si paga. Se finisci le scorte non importa se hai fame, sete, o se vuoi morire. Stai male; e lo stomaco ti tormenta con fitte lancinanti che non puoi placare, perché non c’è più nulla da mangiare né bere.
Ecco, vedete? Anche questo non è che sia proprio un solare inizio, anzi alla fine mi sa che ho scelto in assoluto il più ammorbante. Lo so che vi siete abituati al Matto allegro, quello che prende per il culo Anna Tatangelo, Gigi D’Alessio, Silvia Salemi, e la vita in generale. Quello che si fa sempre una risata su tutto. Quello che vive e racconta i suoi deliri comici con gioia, perché sa che faranno passare tre minuti di divertimento agli amici della Stanza. Quello che ha sempre voglia di trovare nelle cose il lato positivo, perché è convinto che ne esista sempre uno, insito in tutto. Quello che concluderà questo post con un pensiero luminoso. Quello che si sta facendo parecchio pena con tutti questi quello che, alla Quelli che il calcio, che non è proprio il migliore dei complimenti.  
Non so bene a quale prospettiva aggrapparmi. Ho delle percezioni, ma temo che siano addirittura più stupide di me. So a chi però, e li ringrazio per tutto il tempo che mi stanno dedicando. Una persona a me molto cara poco fa m’ha detto che io sono più fortunato di lui, perché ho numericamente più strumenti per trovare il mio orizzonte. C’ho creduto nonostante di quell’orizzonte per ora non ne scorga traccia alcuna. Solo buio e silenzio. Quant’è brutto questo silenzio! Continuo ad aspettare senza modificarlo, nel rispetto delle esigenze altrui. Intanto mi tengo stretto a qualcosa, qualunque cosa anche se instabile, sennò affogo. Mi conviene emulare quella furbacchiona della titanica Rose, che osserva Jack affondare negli abissi, con occhio languido e un quarto di lacrima che fatica a uscire, incastrata in quelle ciglia finte e pure rimmellate (anche per affrontare una tragedia bisogna sfoggiare un look a puntino), ancorata come un grasso polipo ad una tavola galleggiante. Tavola a cui il biondo protagonista del film più visto di tutti tempi avrebbe rinunciato, per farci salire la suddetta mollusca. E mentre Jack va giù, appesantito dal ghiaccio nei capelli, dalla mia poltroncina vellutata sala uno (una ce ne sta) del mitico Cinema Massimo, mi sovvenne un interrogativo a cui mai in tutti questi anni sono riuscito a dare risposta: “Ma possibile che un transatlantico del genere, realizzato da tonnellate di legno (che lusso!) affondi, e non sia avanzato un tavolino, un pezzo di parquet, di credenza, di comò, di pianoforte, una sedia spagliata, una mensola, la testiera di un letto, la paglia di una sedia prima impagliata, un copricesso in radica, qualcosa di galleggiante insomma, sui cui salire e proteggersi dal gelo, e magari salvarsi, invece di inscenare quello spettacolo pietoso di lei che sopravvive perché lui, chiamando a raccolta le ultime gocce di linfa vitale, ormai esanime, la issa (voce del verbo issare) sulla tavola?”. Se qualcuno ha interpretato il tutto diversamente mi venga in soccorso, rischiarerà così un dubbio cosmico. (Mi sento molto Asia Argento quando parlo di faccende cosmiche, confusione cosmica, lei è tutta un po’ cosmica.)
OK. Ah, quasi dimenticavo.
È uscita una mia nuova recensione. Ho scritto di Cell, l’ultimo libro di Stephen King. Visto l’umore fatico un po’ ad essere buono, anche quando scrivo. Cliccate su!

CELL

 
M.
 
Diluvia. È bello che piova adesso. (Fin qua sono serio.) Il cielo è scuro. Accendo la luce. (Ehm…)
Non significa niente, lo so, ma avevo promesso di concludere con un pensiero luminoso. (So anche che non fa ridere, ma capitemi!)

74 commenti su “Rose Calvert, ridammi quella tavola!

  1. ViOla, ma come faccio a non dire in una recensione che ci sono rimasto male perché il libro non finisce? E poi che ne sai che non è un mio bluff per attirare l’attenzione… Sì. O_o

  2. ah ecco un po’ stai capendo quello che intendo? ahahah allora senti me lascia stare le cure e resta così basta che prendi la pastiglina antispoiler poi vai benissimo 😛

    (ti curo io sennò, col taglio delle ditine!!!)

  3. sono sempre M., stavo leggendo i commenti e mi sembrano un po’ “funebri”… non che bisogna sempre gioire pero’… (ricordate Heidegger)… lui si riferisce a qualsiasi cosa per cui un uomo stia alla ricerca…

  4. La grandezza dell’uomo si misura in base a quel che cerca e all’insistenza con cui egli resta alla ricerca.(Heidegger)

    M.

  5. Elly guarda è nel secondo cassetto a destra dell’armadio..m’ero sbagliato..

    spero non lo trovi il tuo ragazzo..devo averci lasciato pure i calzini e i boxer zebrati Just CavalloPazzo

  6. MattoOoOoOoOoO scusami se suono adesso la sveglia solo adesso, ma sono stata tutto il santo giorno a fare shopping!! 😀

    ahuahuahuah sorry domani sarò puntualissima ^^

    Gogan -.- che fine ha fatto il mio tanga leopardato che abbiamo comprato oggi? eh?

  7. Rob, ma ti sei incorsivato tu, oppure è il mio blog che fa gli scherzetti? Vedo tutto corsivo. Ohmadonnamia! Vado da uno bravo. Ci vediamo presto allora! 😀

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