Della faccenda di Sarah Scazzi vorrei esprimere in parole solo due o tre miei pensieri (forse quattro).
Primo pensiero.
Lunedì scorso Federica Sciarelli ha stuprato una donna e l’Italia tutta in diretta, nella sua trasmissione di RAI3: Chi l’ha visto. (RAI!) E’ vero che la gente vuole sapere, si affeziona a un caso, si batte su internet attraverso forum, blog e Facebook per diffondere le foto della ragazza nel tentativo disperato di contribuire, però la gente non vuole vedere una madre paralizzata dallo strazio. Una maschera di cera mentre la giornalista (?) presentatrice o quello che è le urlava in faccia con la sua voce gracidante: “Signora, stanno cercando il corpo di sua figlia!”. Dico l’Italia tutta perché guardavo mia madre soffrire, davanti alla TV, di un dolore reale perché in quella madre rivedeva lei stessa.
Secondo pensiero.
In uno dei servizi che hanno mandato in onda prima che la faccenda si facesse chiara, venivano dipinti gli amici grandi di Sarah come delle cattive compagnie, ragazzi sulle cui macchine lei mai sarebbe salita, protagonisti forse della sua scomparsa. Io pregherei questi ragazzi di denunciare la trasmissione perché i giornalisti (?) o quello che sono, devono smetterla di cibarsi delle altrui disgrazie da loro stessi pompate o, in certi casi, inventate del tutto.
Terzo pensiero.
Sebbene il signor zio mi faccia vomitare non mi viene in mente pena migliore (o peggiore) che lasciarlo nelle mani dei detenuti, altro che proteggerlo e guardarlo a vista perché vuole suicidarsi. Che problema c’è se lo fa? Almeno l’avrà deciso lui e, francamente, (ecco in arrivo i sei secondi di cattiveria pura) non mi pare proprio una vita da tutelare la sua. Comunque i detenuti sapranno come farlo pentire.
Quarto e ultimo pensiero.
Ieri notte a Matrix si parlava di Sarah. Il discorso si sposta. Bisogna denunciare ogni molestia e allora la Palombelli nomina il Telefono Rosa. Vinci, il giornalista (?) presentatore o quello che è la invita a dare il numero, lei non lo sa a memoria e dà il sito. Vinci chiede alla regia di trovare il numero. Dopo qualche minuto arrivano dei cenni e Vinci (non volevo credere alle mie orecchie) se ne esce così: “Ebbene, mi dicono che il Telefono Rosa non ha un numero di telefono”. Devo dire che non è vero? C’è bisogno che qualcuno dica che il Telefono Rosa, in quanto telefono, anzi tanti telefoni, ai quali rispondono volontarie pronte a sostenere le ragazze e le donne abusate che hanno bisogno di un consiglio, ovviamente, naturalmente, ha un numero? Sono andato a dare un’occhiata sul sito internet del Telefono Rosa, si sa mai che i numeri siano scritti in piccolo in qualche sottopagina inaccessibile e invece – pensate un po’- c’è una sezione che si chiama Parla con noi nella quale sono indicati indirizzi e tre (non uno, tre!) numeri di telefono. E sono i seguenti: 06/37518261-2 e 06/37518282. Tre, capito Vinci?

6 risposte a “Pochi pensieri su Sarah Scazzi, senza parlarne troppo”

  1. Matteo
    Matteo

    La cronaca dovrebbe essere trattata con la delicatezza imposta dal dolore di chi la vive e così non è.

  2. Avatar piccolastellasenzacielo7

    Invece di parlare di attualità e di tutto quello che succede nel mondo si da priorità ai fatti di cronaca spostando l’attenzione popolare su altro. La cronaca, viene ,a sua volta, spettacolarizzata e trattata , negli orari più insoliti , come se fosse argomento di intrattenimento. L’ASSURDO ,ORMAI, è REALTA’.

  3. Matteo
    Matteo

    A me preoccupano altre questioni, più della preservazione della salute di quell’uomo lì. Il tuo è un discorso buono e giusto, che non fa una piega, ma che non mi appartiene. Di fronte a tali atrocità smetto di essere buono e giusto.

  4. Avatar Marta
    Marta

    Sì, siamo d’accordo che lo sciacallaggio sia una pratica orribile, a tutti i livelli e con ogni grado di accanimento e tempestività.
    Siamo anche d’accordo sul fatto che le cose che diciamo riflettano le nostre personali opinioni, eppure le tue, per quanto riguarda la giusta “punizione”, sono condivise da molti e la cosa mi disturba e m’interessa molto, anche in rapporto appunto con l’ascendente che i media hanno sulla popolazione.

  5. Matteo
    Matteo

    Marta, ho seguito la trasmissione. PRONTAMENTE mi pare un termine incondivisibile. Gliel’ha detto, ma poi nonostante la signora abbia risposto: “E’ meglio” lei il collegamento l’ha lasciato aperto fino alle lacrime di Sabrina.
    Il resto del post appartiene a me. Mia e solo mia opinione. Come il tuo commento a te.

  6. Avatar Marta
    Marta

    Caro Matteo,
    purtroppo la televisione gioca un ruolo fondamentale in ogni aspetto della vita politica e sociale di questo Paese. Non è vero che la gente non vuole vedere il dolore di una madre in un momento terribile: lo vuole eccome. Lo brama a tal punto che è disposta ad assistere allo smembramento dei casi più scioccanti per ore e ore e giorni e giorni di trasmissioni pre e post incarceramento del colpevole.
    L’unica novità è stata che, indipendentemente dalla volontà della Sciarelli, il fatto si sia svolto in diretta. Ma non mi è parso un fatto più abominevole dei plastici su Cogne mostrati da Bruno Vespa, tantopiù che la Sciarelli ha prontamente invitato la madre della vittima ad abbandonare la trasmissione.
    La curiosità morbosa ci caratterizza dai tempi di Vermicino, siamo affamati di particolari, strazio e vendetta, proprio come siamo pronti a dichiarare di voler reintrodurre la pena di morte per i colpevoli e di giudicare arbitrariamente il valore minore di una vita.
    Grazie a Dio le autorità, in primis i carcerieri di Misseri, sono avvezzi a trattare casi del genere e non si fanno prendere dalla frenesia di bassa umanità che in questi giorni sta attraversando l’Italia.
    Certamente anche una persona come lui, che ha commesso un atto tra i più convulsi e ingiustificabili, ha il diritto di essere tutelato, di sostenere un processo e di potersi difendere. Noi, invece, non abbiamo nessun diritto di darlo in pasto alla violenza dei carcerati, proprio come non abbiamo il diritto di dare in pasto il dolore delle vittime ai media.
    L’utilizzare due pesi e due misure non può che portare a una diseguaglianza e all’annullamento dei diritti umani, ponendoci sullo stesso piano dei peggiori criminali.

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sono Matteo

Sono nato a L’Aquila nel 1981.
Adesso vivo a Firenze, insegno ai bambini della scuola primaria e scrivo romanzi definiti “per bambini e ragazzi”, ma io dico non vietati agli adulti…

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