Non sai, non capisci e non potrai mai immaginare

Non credo occorra una particolare predisposizione o una laurea specialistica, ed escluderei pure quella che i miei genitori si ostinano a qualificare come breve (dieci anni c’avrò impiegato, se tutto va bene, alla faccia del breve!), per arrivare a comprendere che può essere di cattivo gusto (dico può perché, se qualcuno lo fa, non è opinione di tutti, evidentemente) fotografare a più riprese una famiglia che, seguita da due vigili del fuoco, recupera dal suo appartamento tagliuzzato coperte e borsoni pieni di vestiti, il televisore e uno scatolone di libri. Tutto questo sotto i flash di una gita di benvestite che camminano le strade aquilane e fermano il tempo su immagini che nessuno dovrebbe vivere, segmenti di vite che loro osservano dalla platea, come se fosse tutto frutto di un copione e quella gente attori con una vita al di là del palco. In strada il vociare dei passanti e i motori delle automobili non riescono a coprire il rispettoso silenzio che viene dal cielo e si propaga su tutto. È una coltre di tristezza che sta nel fondo di ogni cosa: nel verde degli alberi, nel nero consumato dell’asfalto, nelle crepe sui muri, nei rinforzi di legno, nelle impalcature, nella vita bollente del sole e dei bambini che corrono in mezzo a tutto questo. Sono rimasto qualche istante a guardarle, quelle donne sorridenti e coi tacchi alti, e mi sono chiesto se avrebbero riso allo stesso modo se una grande mano avesse deciso tutto a un tratto di scambiare i ruoli. Dare a loro la parte delle terremotate coperte da una tuta vecchia e con la pelle arsa dal sole di quattro mesi vissuti in tenda, a salvare il salvabile di una casa che sarà presto abbattuta, con qualcuno a ridere e scattare foto, con nella testa solo l’impellente problema di trovare un localetto carino dove pranzare, non importa il conto perché da turisti non si bada a spese. Avrei ringraziato e ammirato quella grande mano se proprio in quell’attimo avesse dato una bella shakerata alla terra, sotto i loro piedi e sotto i loro tacchi, per vedere quanti istanti avrebbero impiegato quei sorrisi a trasformarsi in ghigni paralizzati dal terrore, la pelle del viso sbiancarsi come un foglio nuovo e le macchinette fotografiche dritte nelle loro custodie.
Le distanze funzionano e non funzionano. Quando due realtà si incontrano, così vicine fisicamente, ma così lontane che nessuno e nessuna spiegazione saprebbero risultare efficaci di fronte alla mancata esperienza, qualunque scambio è inutile. Quella gente sarà e rimarrà povera di possedimenti e valori economici, quell’altra, nonostante non smetta di ripetere: “Lo so… Mi dispiace… Vi capisco… Immagino…” non sa, non capisce, non gli dispiace e non potrà mai immaginare perché, nonostante quei pochi metri, è e rimarrà povera di valori morali ed esperienza; di questa esperienza, almeno.

22 commenti su “Non sai, non capisci e non potrai mai immaginare

  1. Non ci sono parole di fronte al quadro che hai dipinto. Non ce ne possono essere di fronte a chi vede la propria vita andare in frantumi senza ragione dall’oggi al domani e cerca di ricostruire il possibile, ma non riesco a trovare niente da dire a chi non rispetta un dramma simile, chi non capisce che non potendo comprendere o condividere la sciagura l’unica cosa da fare è rispettarla. Cosa si potrebbe dire a persone del genere? Non capirebbero comunque

  2. La (in)civiltà

    [..] Nel nostro Paese (scrivo con la maiuscola perchè nonostante tutto ritengo l’Italia un grande Paese) il rispetto delle regole assume delle connotazioni del tutto relative. Diciamocelo, da nord a sud, violare le regole sembra quasi una prer [..]

  3. Forse le signore scambiano la realtà con i reality, che probabilmente seguono con passione. Non ci sono commenti da fare di fronte a questa assoluta insensibilità e mancanza di rispetto.

  4. fallen, è questo il motore che dovrebbe muovere tutte le cose.

    soleepioggia, purtroppo, per ora, è ancora soltanto uno slogan. Però continuiamo a provarci.

  5. A luglio, a Roma, alla conclusione del mio master insieme alle sedi del corso provenienti da tutta Italia, i presidenti delle varie sedi hanno fatto un intervento. L’ultimo è stato riservato alla sede de L’Aquila, che ci ha dimostrato come si può tremare, cadere e rialzarsi. Ci hanno fatto vedere le immagini di una sede distrutta e ricostruita in una roulotte, gli sforzi di chi nonostante tutto riprende a vivere, la forza, il coraggio. Ed era solo un piccolo esempio di una piccola realtà, chissà quante ce ne sono di storie come questa nella tua città. L’applauso, il rispetto, l’emozione, gli occhi lucidi di noi tutti partecipanti hanno accompagnato per un tempo che sembrava essersi fermato quello splendido slogan: L’Aquila ritorna a volare.

    Sono ancora commossa ogni volta che ci penso.

  6. Hai ragione !Il confine si posa esattamente tra vivere e sopravvivere!

    Ricordati però, che su queste macerie , tra queste lacrime, molte Signore sono scese dai tacchi e si sono rimboccate le maniche.

    Per quelle poche che nonostante tutto non rinunciano alla visione della loro immagine riflessa in vetrine fantasma…non c’è speranza! Non c’è terremoto abbastanza potente per segare loro i tacchi, unico mezzo a loro concesso per elevarsi.

  7. vale, anch’io la vedevo così. Mi sentivo fortunato rispetto a chi nella vita avrà solo rapporti insignificanti, poi mi sono chiesto quanto queste persone comprendano la natura insignificante dei loro rapporti.

  8. Purtroppo la maggior parte delle persone vive in bolle, bolle asettiche dove sono concessi solo sogni, desideri, dolori personali, bolle che sfiorano tragedie, ma esatto, sfiorano le tragedie, offrono un sorriso di circostanza, una parola falsa, non sentita, e passano oltre evitando così di essere contagiate da disgrazie altrui, da possibili virus mortali…Sfiorano gli altri senza mai degnarli di un’occhiata in più rispetto all’altra persona che le sfiora, non hanno emozioni ”vere” , non hanno dolori che straziano il cuore o gioie che fanno piangere, non sanno cosa sia la vita, cosa sia amare odiare, lottare e capire la gioia di farcela con le loro mani…

    Si vivono cosi, sono state fortunate? Per il mondo in cui viviamo ora fatto d’apparenza e di belle parole forse si trovano bene, non lo so non sono cosi non posso rispondere a domande…

    Forse è una bestemmia quella che dico in questa casa ma compatisco più loro, loro che nella vita non avranno niente se non fulgide e insignificanti rapporti, fatte con altre maschere pirandelliane come loro…

    Il popolo aquilano è forte nonostante la terra malvagia, nonostante le perdite, nonostante le case distrutte ed i sogni non infranti ma rimandati e saprà tornare a sorridere, amare ed odiare come era prima di questo forse con più consapevolezza nella vita…

    Ogni volta che succede qualcosa di brutto noi esseri umani ci fermiamo e siamo in bilico, mentre tutto scorre, e sembra difficile anche respirare ma rare volte siamo deboli, quasi sempre torniamo vivi e ricominciamo a sognare, sperare, credere, è quello che fanno gli aquilani ora…

    Arisentirci

    Vale

  9. mi spiace tanto, lo ripeto, per quello che state vivendo.

    e solo chi lo vive può capire.

    il mio compagno è un pompiere e viene là una settimana al mese. viene solo per voi eh, perché per i soldi che gli danno, non vale la pena.

    ma vale la pena eccome per quello che gli “date”, perché darvi una mano arricchisce quelli come lui

  10. fieramosca, stai cercando di dirmi che gli altri post non erano ispirati? 😀

    arhal, quale dei tanti pensieri?

    panchi, certe volte è così difficile…

  11. Complimenti Matteo, hai scritto un post ispirato.

    Pur essendo barese, km lontano dalla vostra realtà, condivido lo sdegno per l’approccio di quelle “signore” ad un dramma simile.

    Consoliamoci, noi almeno non siamo come loro, o per lo meno ci impegneremo per non esserlo.

  12. io non posso dirti che immagino,ti capisco o cos’altro perchè non ho mai visuuto un terremoto ma conosco la mentalità di quelle donne in equilibrio sui loro tacchi che battono sicurezza e non vita.ciò che posso dirti è che è triste e se tu o qualc’un altro ha visto crollarsi un palazzo sulle proprie spalle io ho visto,un amico,una vita schiantarsi con la sua moto contro un muro non pericolante ma che ha fatto crollare la sua vita.

    non fotogreferei mai un muro mezzo in piedi e mezzo chissà dove,così come non direi mi dispiace e ti capisco ma mediterei solo in silenzio.

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