Fin dove può spingersi un lettore con le sue critiche?

Ieri sera, sotto il post precedente, compare il seguente commento: “Scrivi bene, ma questo non giustifica totalmente quel pizzico di saccenza. Impressione di un lettore occasionale” firmato Sergio.
Saccenza è una parola che ha 2 accezioni: una positiva, quasi mai usata in verità (io non la conoscevo prima di scoprirla sul dizionario) e una negativa, quella comune. Da una parte il saccente è persona accorta, sagace; dall’altra presuntuosa: si dice di chi ostenta una sapienza superiore a quella realmente posseduta. Sergio faceva di certo riferimento alla seconda. Il punto non è se la mia scrittura sia o no saccente, ma quanto il lettore debba poter dire, giudicare, criticare in questo caso un articolo di un blog semisconosciuto (il mio), ma vorrei ampliare il discorso ai libri e potremmo dire anche ai film o alle canzoni, ai CD… che tutti i giorni noi fruitori dell’arte commentiamo blablabla e pure blablabla-bla e bla, tiè e ri-tiè! con la nostra bocca sempre pronta.
Lo spunto per parlarne è stato innescato certo dal commento di Sergio, ma soprattutto dalla discussione che quel commento, che io ho riportato su Facebook, ha poi generato. Sono 2 le ottiche che emergono.
– Chi sostiene che il lettore debba limitarsi a leggere il libro senza entrare nello specifico di stile, contenuto, dialoghi, trama, l’uso di certi termini piuttosto che di altri, “Io il finale l’avrei scritto così e non colì!”, perché non possiede le competenze riconosciute a un addetto ai lavori quale si presuppone sia l’autore stesso, e/o l’editor che ha scelto ed editato il testo, e/o l’editore che l’ha pubblicato esattamente come il lettore poi se l’è ritrovato fra le mani.
– Chi ritiene che chiunque possa dire la sua su qualsivoglia aspetto che riguarda l’opera che per un motivo qualunque ha scelto di acquistare. Dopo aver speso 10 barra 13 barra 22 euro sarà anche libero di dire o no quello che crede? Se gli ha fatto schifo spiegarne il motivo e massacrare l’autore, consigliargli di cambiare mestiere e dedicarsi a occupazioni più redditizie e vicine alle sue inclinazioni come scaricare pesci al porto oppure, che so, consegnare i piatti pronti alle mense degli asili della città.
A questo si collega, come un vagone a un altro dello stesso treno, la questione: E l’autore? Come deve porsi nei confronti delle critiche, quelle toste dei lettori esigenti che proprio in virtù di una fiducia prima accordatagli alla cassa della libreria, poi evidentemente delusa dalla lettura, non ci pensano 2 volte a vomitare parole che stroncano, pesanti come macigni?
Anche qui 2 opinioni che riassumo così:
– Le critiche aiutano a crescere, a riflettere su aspetti che altrimenti l’autore, da solo con se stesso, non noterebbe. Perciò l’autore deve apprezzare pure quelle più aspre nella ricerca di un miglioramento.
– Le critiche sono per di più la voce degli invidiosoni che puntano a distruggere, non a costruire, dovute spesso alla frustrazione che ti dà il desiderare senza ottenere mai. Pertanto l’autore deve procedere per la sua strada senza dargli peso, fregarsene senza spendere neanche un minuto a interrogarsi sul perché e sulla fondatezza di parole a priori inutili.
Francesco Pomponio (autore di 2 libri) dice*:

Il lettore ha il diritto soltanto di dire “mi è piaciuto” “non mi è piaciuto” non deve dirti come lui avrebbe scritto il tuo libro. Non è presunzione, ma come nessuno dice all’idraulico come deve fare il lavoro, non vedo perché chi scrive debba essere sempre sotto esame. Non è accettabile e chi dice che apprezza le critiche, anche se negative, molto probabilmente non dice la verità. Io non le apprezzo affatto. Se uno scrive un libro in un modo o non sapeva farlo meglio o è proprio così che voleva farlo. Quando vanno al cinema mica si mettono a dire che quel movimento di macchina doveva essere più veloce o la fotografia non va bene in quella scena, si vedono il film e alla fine o gli è piaciuto oppure no.

Daniele Pinna (agente letterario) dice*:

Commenti che fanno bene e fanno crescere. Scusate, ma come fate a sapere che chi ha lasciato il commento non ha competenze (riferito al lettore occasionale Sergio)?

Io dico*:

A me le critiche servono perché rileggo con occhi diversi. Mi interrogo. Per me quello col lettore, che apprezzi o no, è un confronto fondamentale. Chi meglio del lettore comune ha competenza per dire cosa non va nel tuo scritto, lui che magari l’ha pure comprato? Quando esco dal cinema, se un film non mi è piaciuto faccio il criticone. “Troppo cupo, lento, i dialoghi non reggono, la trama è debole…” Eppure mica sono un regista, o un attore.

E voi che siete dalla vostra autori di blog, qualcuno di libri, qualcun altro lo diventerà – lo so perché è troppo bravo – come vedete la faccenda? Cosa direste se qualcuno vi scrivesse che non andate, che non avete stile, che la vostra scrittura fa un po’ schifX, che non meritate quello che avete ottenuto? (Anche se non dovrebbe servire, preciso che uno non si ritrova scrittore perché un giorno incontra Harry Potter che gli fa il piacere di urlare qualche formula magica prima di volar via a cavallo della sua Nimbus. È un percorso estremamente faticoso.) Che non riuscite a essere efficaci nei racconti, e metteteci pure che siete brutti va. Come vi sentite? Come la pensate, insomma, in merito al rapporto autore/lettore?

*Naturalmente ho dovuto tagliare qua e là i commenti cercando comunque di rappresentare l’opinione d’insieme che ne emerge.

34 commenti su “Fin dove può spingersi un lettore con le sue critiche?

  1. Invasione di serpi…uhm…Mourinho l’avrebbe definita “Il rumore dei nemici”…

    Credo che sia giusto ascoltare tutte le campane (ora mi butto sui luoghi comuni), guardare il rovescio della medaglia e leggere tra le righe.

    Quello che voglio dire (manco io lo so cosa voglio dire e mi chiedo come un lettore etichetterebbe questo mio commento) è che così come Gesù non piaceva a tutti, nessuno scrittore/cantante/attore/politico/idraulico/insegnante/allevatore di maiali elettrostatici antisommossa etc… può aspettarsi di piacere a tutti. Specialmente il politico…

    Ora, fin dove può spingersi con le critiche un lettore o un qualunque utente del web? Boh…non credo vi sia un limite se non quello di rimanere sempre nell’ambito della decenza, del rispetto e della critica cortese. Critica che non deve essere per forza costruttiva. Come si diceva dei film, a uno può semplicemente non piacere la storia. Magari tecnicamente è scritto in modo impeccabile (o, nel caso del film, diretto in modo impeccabile), ma la storia non gli dice nulla. Vuoi per mancanza di una determinata sensibilità di chi legge/guarda o perchè stava a pensà ai Mini Pony…

    Per dire. Io non ho letto un beneamato di quello che hai scritto (non ancora, eh eh), però seguo il blog perchè i tuoi post mi piacciono. Non saprei dirti perchè. Solo che soggettivamente sono gradevoli e d’effetto. Posso dare un giudizio, così come può darlo uno che è appena arrivato sul blog.

    Ora, siccome ho perso il filo del discorso perchè sono uno di quelli che pensa i Mini Pony ti lascio con una perla di saggezza: “I migliori allenatori stanno in tribuna”.

    Ma che cacchio ho scritto? Mah…

    Anakin

    • Anakin, la tua perla di saggezza dovresti inviarla anche a Moratti, chissà che finalmente non azzecchi un allenatore! 🙂

  2. Credo che molto dipenda dal fatto che chi fa la critica sia un semplice lettore oppure un addetto ai lavori, magari un altro scrittore. Io rientro assolutamente nella prima categoria (no, così…giusto per mettere le mani avanti ;)) e secondo me le critiche che provengono da persone come me sono le più disinteressate e, permettimi di dirlo, forse anche le più costruttive. A mio parere, dopo aver terminato un libro o aver visto un film, chiunque ha il diritto di poter fare le critiche che vuole. Darne una valutazione, dire se rispecchia il proprio guso personale come genere o come scrittura etc…Non si addentrerà in discorsi tecnici, perchè allora non si parlerebbe più di un giudizio da lettore, ma rientrerebbe nell’altra categoria di persone. Categoria nella quale, mi sembra, ci sia un’invasione di serpi. Mi è capitato di leggere infatti critiche di scrittori fatte ad altri scrittori, che di critico non avevano proprio nulla. La maggior parte delle volte io ci vedevo solo cattiveria e invidia. Poi magari mi sbaglio e in fondo per voi sono più costruttive queste… Ma ripeto, quelle critiche semplici, fatte da lettori semplici, che vogliono solo dare un giudizio e spiegare perchè il libro è piaciuto moltissimo o perchè invece non è piaciuto per niente, sono decisamente molto più obiettive.
    Ciao buona serata 🙂

    • Roberto, invasione di serpi è dire poco. A me interessano i pareri di tutti, scrittori, lettori, fiorai, maestri, elettricisti… purché si mantengano su un livello di educazione che dovrebbe appartenere a tutti i discorsi civili. Si può dire tutto, conta il “come”.

  3. Matteo, se vuoi ti regalo il mio, tanto non credo che lo leggerò. Così poi tu lo regalerai a qualcun altro e anche quello lo butterà. E la cultura si diffonde

    Io leggo le prime dieci pagine, se ce la faccio. Se un autore non riesce a catturarti con le prime dieci pagine, figurati che potrà fare in seguito.
    Non ho più il tempo per leggere roba che (per me) è inutile.
    Adesso sto leggendo il libro di Federica Manzon, Di fama e di sventura. E l’ho quasi finito in pochi giorni. Perché dovrei privarmi di letture così belle per leggere il libro di uno che cadendo dalle scale è diventato un caso editoriale mondiale?
    E che ha scritto tre gialli di non eccelsa qualità quando poteva entrare tutto in un giallo mondadori, senza allungare tanto il brodo?

    A proposito, quando avrò finito il libro della Manzon ti mando due righe, visto che è stato grazie a te che mi sono convinto a leggerlo. Ero molto scettico sugli scrittori italiani di oggi. Ma questo è un’eccezione eccezionale 🙂

    • Francesco, io sono sempre felice di poter consigliare un romanzo perché significa che io per primo ne ho goduto. ‘Di fama e di sventura’ è stato un colpo di fulmine per me. M’interessa molto avere il tuo parere a lettura completata. Un abbraccio

  4. condivido tutto.
    E in particolare rivendico il diritto del lettore di lasciare il libro alla quinta pagina se non gli piace. Io lo faccio.
    Ho interrotto la lettura di Uomini che odiano le donne, che pure è piaciuto a un sacco di gente, perché mi annoiava.

    Un’altra cosa che odio di cuore è quando ti fanno la psicanalisi. “Questo sei tu, si capisce subito.” E questa è la cosa più leggera che ti dicono. A volte passano a cercare i tuoi problemi infantili e i rapporti con papà e mamma.

    Ecco perché mi piacerebbe un semplice “mi piace” “mi annoia” persino un “mi fa schifo” e così via.
    Tanto alla fine per gran parte è questione di gusti e ciò che leggendolo a me piace tanto ad altri sembra insulso.

    Ma non si può piacere a tutti, questo è ovvio e quasi banale, anche se vorremmo che fosse vero il contrario.

    • Francesco, e io che volevo provare a leggerlo. A me capita rarissimamente di mollare un libro, devo essere proprio nauseato. Pure se non mi sta piacendo poi tanto vado avanti fino alla fine. Confido sempre di trovarci qualcosa di buono. La psicanalisi è capitata pure a me con ‘Non farmi male’. In uno dei racconti, il piccolo protagonista tiene un diario nel quale annota i comportamenti del compagno della madre che abusa di lui. Questo è bastato a far pensare a tutti che io avessi subito violenze sessuali da piccolo.

      Giuliana, anch’io credo sia una sciocchezza il dover leggere tutto il libro per farsi un’idea anche precisa del valore. Ricordo quando collaboravo con una casa editrice microscopica come lettore esterno. Dovevo valutare i manoscritti. A me sarebbero bastate pochissime pagine, anche una a volte, per buttare tutto al secchio. Loro mi chiedevano una scheda completa e allora mi toccava arrivare alla fine mandando indietro continui conati di vomito. Perciò, a un certo punto, ho smesso.

  5. Come scrittrice, autrice, sceneggiatrice, persino blogger, ho sentito tante di quelle critiche che potrei venderle un tanto al chilo, a quelli che ne hanno bisogno. Ho imparato a fare la tara, a capire quali sono le critiche all’autore e quali all’opera (o al post), quali sono rancorose e quali oneste, quali superficiali e quali attente al millimetro.
    E’ stato un lavoro di anni, e non finisce mai perché appena arriva una critica negativa il primo impulso è sempre rintanarmi in un angolo a piangere. Una volta mi è capitato davanti a una scheda di 13 valutazioni su un soggetto a cui tenevo molto (soggetto arrivato in finale a un concorso). La prima lettura è stata la percezione di schifo da parte dei giurati. Volevo appendere il computer al chiodo. Poi ho riletto le valutazioni con calma.
    Dicevano l’esatto contrario di ciò che avevo percepito a caldo. Perché la mia concentrazione a caldo era andata sulle considerazioni in negativo.
    Quindi so per certo che non si può ragionare sulle critiche a stomaco vuoto, o prima di aver preso il caffé a colazione. Si reagisce male.
    Dopodiché ognuno che si prende la briga di leggere, vedere, dedicare anche un minuto di attenzione a quello che scrivo o rendo pubblico per mia scelta può dire quello che vuole. Sull’opera. Trovo irritante chi comincia a fare la psicanalisi dell’autore partendo da ciò che ha scritto, perché quella sì, è una critica che non ha nessun motivo. Mentre l’analisi dei miei personaggi è completamente in tema.
    Insomma io sono per le critiche all’opera, tutte. Poi sta a me vedere quali sono oneste.

    Ma ho anche una vita di lettrice e fruitrice. E in questo caso è un altro paio di maniche. Con l’età comincio a essere stufa di dedicare tempo a critiche elaborate su romanzi, racconti, post, persino film, che non mi sono piaciuti. Quindi non vado a prendere l’autore di proposito con l’intenzione di distruggerlo o di dirgli che quello che ha fatto non funziona.
    Preferisco parlare di quello che mi è piaciuto, anche per consigliarlo. E anche qui, con altre persone. Non con l’autore.
    All’autore mi premuro di dire qualcosa solo in due casi. Il primo: l’autore vuole una critica a tutti i costi.
    A quel punto, positiva o negativa, la elargisco. Poi reagisca come preferisce. L’ha chiesta lui (o lei)
    Il secondo: l’autore (o l’autrice) è così infantile da pretendere che una persona prima di poter dire qualcosa di negativo sul suo capolavoro se lo sorbisca fino alla fine, ritenendo inconcepibile che chicchessia possa decidere un ‘non mi piace’ o peggio un ‘questo non doveva scrivere, era meglio che si desse all’ippica’ solo dopo 5 pagine. Ecco, quando ci sono casi del genere con autori che si premurano di dire a destra e a manca che prima la gente deve leggerli e POI può giudicare, vinco il ribrezzo che mi possono provocare le prime 5 pagine e leggo tutto, prendendo appunti dei punti deboli, per poter un giorno sedere l’autore a un tavolino e inchiodarlo al suo stesso gioco. Si chiama vendetta. Per ora ho incontrato solo una persona che se l’è meritata. La attendo al varco con l’elenco delle mostruosità del suo romanzo, pagina per pagina.

  6. L’icona che mi rappresenta nel post non l’ho scelta io, però mi piace, anche se non sono quasi mai così arrabbiato 🙂

  7. Va bene, sono soddisfattto, la maggior parte in fondo non vuole critiche malevole. A volte ho fatto anch’io lo sbaglio di dare dei suggerimenti a qualcuno che fra l’altro me l’aveva chiesto esplicitamente. Erano anche benevoli, non certo offensivi, perché non è nel mio carattere. Ma le persone si offendono, altroché.
    Allora torno a quello che dicevo.
    Io, se dò da leggere qualcosa a qualcuno, mi aspetto solo di sentir dire “mi è piaciuto, oppure non mi è piaciuto.”
    Non apprezzo molto che mi si diano giudizi che non stanno nè in cielo nè in terra, sui contenuti. E che le cose bisognava scriverle così o cosà.
    Adesso va di moda che mi dicano che nei miei libri ci sono troppe battute spiritose (spero) nei dialoghi e che le persone comuni non parlano così. Beh, io quelle persone le ho conosciute davvero ed erano proprio così.
    Io direi che uno dovrebbe almeno leggere, se vuole e se non lo annoia, il libro fino alla fine se ha intenzione di esprimere dei giudizi.
    Ovviamente il libro ti ci deve portare piacevolmente fino all’ultima pagina, non deve essere una sofferenza.
    A volte mi capita di persone che mi fanno un sacco di appunti, consigli per il mio bene, mi trovano i refusi (grazie! qualcuno sfugge sempre) ma poi per sapere se il libro gli è piaciuto oppure no lo devo chiedere esplicitamente.
    E dopo una paginata di commenti, sempre per il mio bene, la cosa che più mi interessava sapere si risolve in “sì, mi è piaciuto.” e nient’altro.
    Allora, chiedo, se il libro ti ha fatto schifo dimmelo per prima cosa, e poi mi puoi anche spiegare perché.
    Se dobbiamo criticarci, non siamo timidi. Togliamoci la pelle a striscioline, se pensiamo che ne valga la pena, ma senza remore del tipo “non posso dire questo, poi si offende e potrebbe vendicarsi a sua volta”.
    Altrimenti chiudiamoli questi blog e rimaniamo nella nostra stanzetta a rileggere pagine che nessun altro leggerà mai.
    scusate se mi sono dilungato.

    • Corsa, corsa. E’ tardi è tardi è tardi! (Mi sembro il Bianconiglio di Alice.) Ma arrivo eh e il weekend è ancora lungo. Ehm. 🙂

  8. Ciao Matte. Innanzi tutto a me piace come scrivi, per i termini che usi, le metafore che fai e la scorrevolezza di ciò che dici. Parlo dei tuoi post. Se qualcuno mi dovesse far capire che non valgo nulla a scrivere, sono sincera, ci rimango un pò male, ma poco, davvero. Perchè penso che a quel qualcuno può non piacere ma ad altri si. Penso che ogni scrittore abbia il suo stile e non può piacere o essere compreso da tutti. Poi, inoltre, incontro persone come voi, te, Miss, Chagall e tanti altri che mi fanno i complimenti anche solo per un semplice post e sono felice. Certo, uso le crtiche per migliorarmi. Se in parecchi mi dicono che ad esempio, non si capisce chi parla nel mio romanzo, allora è ovvio che mi correggo altrimenti no. La saccenza di cui parlava Sergio, che ho poi capito meglio nella sua posteriore spiegazione, io non l’avevo vista, avevo colto più ironia che saccenza, o pane al pane e vino al vino, ma se anche fosse, ricordo le risposte che dava Susanna Agnelli o che da oggi Carlo Rossella sui settimanali che trovi in qualsiasi ufficio. Altro che saccenza, che menefreghismo, che presunzione, eppure in milioni scrivono a queste persone nella speranza di un buon consiglio. Morale: sii come sei, e scrivi come è nel tuo stile, qualsiasi esso sia. Se non piaci a uno, piaci a dieci. Se non piaci al tuo agente invece e non ti paga, allora….bè, questo è un altro commento e tutt’altro mercato. Ti abbraccio.

  9. Matteo, che argomento delicato hai proposto.
    Provo a dirti la mia opinione, sperando di riuscire ad articolarla nel modo giusto.
    Vivere, scrivere, qualunque nostra azione ci espone al giudizio degli altri, sempre.
    Io nel tuo post di ieri ho percepito ironia, tanta…la stessa che sto trovando nel tuo libro che ho quasi terminato. E l’ironia per me è segno di intelligenza, avercene gente in grado di maneggiarla bene come te! Io riconosco al lettore il diritto di esprimere la propria opinione su un libro, ma la critica dovrebbe essere costruttiva, ben articolata ed argomentata; se dici ad un autore “il tuo libro non mi piace”, a lui devi dare la motivazione, qualunque essa sia, in quanto non ne stai discutendo con un altro lettore, ma con colui che quelle parole le ha pensate, sudate e scritte.
    Mi sembra ci sia una differenza abissale.
    Detto ciò, dò ovviamente per scontato che nel porgere una critica bisogna essere educati e civili, se manca lo stile decade tutto il resto, qualunque pensiero, esposto in malo modo, perde automaticamente il suo valore e la sua efficacia.
    E credo che tu abbia l’atteggiamento giusto nel confronto con i tuoi lettori, garbato, a modo e privo di presunzione…secondo il mio modesto parere, è così che si fa.

  10. Io in prima persona ho il senso critico di un paguro sordo, e difatti trovo arduo, dopo la fruizione di un film o di un libro, dire qualcosa di diverso da “Oh, bellissimo!” oppure “Mah!”. Per questo, ogniqualvolta qualcuno usa il suo senso critico per farmi notare cose che a me sarebbero sfuggite, prendo il gesto come un supplire a una mia mancanza. Difatti, qualsiasi tipo di commento sul mio blog o sui miei racconti è ben gradito. 🙂

  11. Ci pensavo proprio stamattina, ho stroncato un libro su Anobii (oh, non mi è piaciuto, che dovevo dire? Bellissssssimo?) e una ragazza mi ha risposto abbastanza piccata che non potevo permettermi di dire ciò che ho scritto.
    In effetti rileggendo avevo dato un’opinione stringata senza spiegare il perchè.
    Però… se io dico “un libro inutile” il senso finale è “a me non ha dato niente”. Poi magari è Hemingway, ma a me personalmente non ha dato niente.
    Alla fine secondo me il giudizio non si dà mai sul libro, sul film, sul quadro o sulla musica, ma lo si dà sulla ricezione dell’opera da parte di chi ne usufruisce o entra in contatto con essa. Quindi, tenendo conto delle normali regole della cortesia, io credo che ognuno abbia diritto a criticare un’opera, ma che debba sempre ricordare che non sta dando un giudizio sull’opera in sè ma sul proprio recepimento della stessa.

    Caspita che stile aulico che ho tirato fuori, scusa, sto scrivendo roba scientifica e condiziona il mio modo di esprimermi (fra un po’ aggiungo pure la bibliografia…) 😀

    • Michi, come ti sei permessa?! Attenta che l’autore potrebbe denunciarti alla polizia postale. (E’ capitato a una mia amica che c’era andata già pesante contro un’autrice un filino permalosa.) Ecco, il tuo è un altro aspetto fondamentale. La ricezione dell’opera, come l’opera che è per tutti la stessa, arriva però a ognuno in modo diverso. Sono quelle le sensazioni che noi raccontiamo nelle recensioni, nei commenti. Chi può giudicare un’opera in modo assoluto? Eppure qualcosa di assolutamente meraviglioso, assolutamente e per sempre patrimonio dell’Umanità c’è. Tante opere. A rispondere sarà la Storia.

      Sir Babylon, e io non me lo faccio ripetere 2 volte. 🙂

      Miss Fletcher, ti sei tradita. Ho capito quale mio libro stai leggendo! 🙂

  12. Io non sono d’accordo con Francesco (che lo sa). Dirò di più: credo che il rapporto autore-lettore dovrebbe essere sempre più stretto, perchè, come dice Matteo, è il lettore che compra quindi ha ogni diritto di dire la sua. Lo credo così fermamente che, insieme a Carlotta, ho ideato una libreria in cui gli scrittori possono mettersi in gioco e condividere le proprie opere. A loro rischio e pericolo 😀
    Poi, secondo me, nella vita bisogna mettersi sempre in discussione, scrittore e non.

  13. Non so se mi stordisce o mi fa piacere aver innescato queste riflessioni. Mi spiego: trovo la tua scrittura divina, ho letto Supermarket24 e l’ho trovato delizioso. Detto questo credo che il tuo approccio alla critica sia il più sano e maturo. Mi spiego ancora meglio: io non ho usato il termine “saccenza” per fare il maestrino, l’ho usato con cognizione di causa perchè, quello che hai scritto come lo hai scritto, mi suscitava quell’impressione. Lo scrittore è un artista, non un primus inter pares. Posso dire, certo, se una cosa mi è piaciuta o no, ma posso anche permettermi di metterci dell’altro, e non perchè scrivo/leggo/mi informo, ma semplicemente perchè penso. Comunque ti faccio un grosso in bocca al lupo. Ne hai di strada davanti e sono certo la percorrerai benissimo.

  14. Io spesso mi interrogo su come pormi quando commento un libro. Secondo me il buon senso (arte della quale siamo sempre meno provvisti) è l’unica soluzione.
    Spendere dei soldi non mi autorizza a vomitare qualsiasi sproposito su un libro o sull’autore. In effetti più che con i libri i commenti più lapidatori mi pare che se la prendano personalmente con lo scrittore.
    Il diritto di dire il mio parere sento di averlo se ho letto un libro, nei limiti della decenza e del buon gusto. Se mi aspettavo qualcosa di diverso lo dico, ma va preso solo per quello che é. Una mia idea, niente più.
    Quanto a cosa deve fare lo scrittore non lo so, visto che non lo sono. Ma pure qui il buon senso non sarebbe male. Si valutano le opinioni, ma che direzione prendere lo l’interessato.
    E per quel che vale, non mi dai l’idea di saccente.

  15. Bel quesito: certo è che chiunque può avere un giudizio su di una determinata cosa.
    Però, penso io, è inutile in questo contesto. Mi spiego: un libro (che ho pagato, come hai detto tu, 10/13/22 euro), un biglietto del cinema (che ho pagato 7/8/10 euro), un dvd, un cd, una canzone su itunes (o qualsiasi altro negozio digitale) e tutto ciò che pago per godere di un opera, potrei anche dire sinteticamente la mia opinione e fare degli appunti all’autore, al regista, al cantante, all’attore, ecc. ecc. (posso ma non necessariamente devo farlo se non ne ho voglia. Anche perchè, magari il film x del regista y fa schifo, invece il film z dello stesso regista mi piace un sacco -attenzione!!!! mi piace vuol dire: piace a me, agli altri può anche fare schifo-)
    Però, per quanto riguarda un blog, un film dato in tv, una canzone che passa per la radio (e tutti gli esempi del caso) il commento o l’appunto che uno può fare è sterile. In quanto se non ti piace nessuno ti costringere a leggere, guardare, ascoltare, ecc… Esistono quei fantastici aggeggi che si chiamano telecomandi e mouse e basta cambiare pagina, canale, stazione.
    Quindi, in questo contesto, trovo sia saccente la persona che vuole esprimere qualcosa al di sopra di noi stessi (in questo caso prendo il blog, visto che mi interessa da vicino). In fin dei conti… Io mica dico a nessuno che deve leggermi o addirittura commentare per forza! Se questo qualcuno vuole insegnarmi, perchè non lo scrive lui un blog? mica costa nulla (con tutte le piattaforme gratuite che ci sono adesso) ed evita di fare il saputello della situazione???
    Quindi… a tutti questi “signori” dico (esclusivamente in dialetto romagnolo) “ma vat a fe’ un zoir e nu romp la bali”
    Sempre tuo lettore devoto e indefesso 😀

    Un abbraccione carisimmo fabuloso e scusa se son stato prolisso in questo commento… Ma… Quando ce vo’ ce vo’
    😀

    • Devis, tu sei un po’ più radicale, ecco. Mi ricordi la Regina di Cuori di ‘Alice nel Paese delle Meraviglie’. “Tagliatele la testaaa!” 😀
      Anche tu hai ragione. Se un blog non mi piace, non lo leggo, in fin dei conti non c’ho perso mica soldi a capire se mi piace o no. Però un libro l’ho comprato (a meno che tu non trascorra il tuo tempo in libreria a leggere un libro 5 pagine al giorno finché non lo finisci e passi a un altro. Se lo fai sappi che appena la commessa ti avrà scoperto ti farà arrestare). Talvolta le critiche diventano anche un suggerimento ai potenziali lettori che ancora non lo acquistano. Io forse sbaglierò, ma se su IBS trovo 100 commenti negativi e 5 positivi nella scheda del libro che m’incuriosiva, non m’incuriosisce più e mi passa la voglia di comprarlo. Un abbraccio a te e non scusarti, mi piacciono i commenti lunghi, come i libri lunghi.

      Chagall, il buon senso è fondamentale. E’ che non tutti ne sono dotati ahimè. Chi commenta spesso esagera trasformando quello che potrebbe essere un confronto pacifico in un bombardamento di insulti, ed è anche per questo che sempre meno scrittori aprono pubblicamente le porte al confronto coi lettori, per esempio su internet. E gli autori che se la prendono, rispondono male, oppure se ne fregano trattando il lettore (colui che li paga) come una nullità dalla voce non degna di esprimersi.

      Sergio, hai acceso la miccia di una bella bomba. Una discussione che ci voleva e che ha entusiasmato me e i lettori, per questo ti ringrazio del “pizzico di saccenza”. Poi ti voglio ringraziare per le parole che hai speso per me e ‘Supermarket24’. Dal momento che l’hai letto, perdi il titolo di lettore occasionale e guadagni quello di lettore stimato e a cui sono molto grato. Crepi il lupo e resta su queste pagine, mi fa tanto piacere!

      Giulia, mettersi in discussione, per chi ha raggiunto traguardi universalmente riconosciuti, diventa la sfida quotidiana più ardua.

  16. Io sono per il “mi piace” / “non mi piace”.
    Penso che chi scriva abbia già il suo entourage di lettori pre-pubblicazione, oltre che un critico interiore severissimo.
    E poi non sono per niente sicuro che, chi stronca, abbia la competenza e/o il “coraggio” per ripetere le stesse critiche di persona, all’autore, magari durante una presentazione dell’opera.
    Insomma il lettore legge e lo scrittore scrive. Certamente si può discutere sui contenuti: “sono d’accordo”, “io no”, “non ho capito” – quest’ultimo sono io.
    Distinguerei, infine, i “professionisti” dai “dilettanti”.
    Io, da absolute beginner, accetto osservazioni stilistiche, anzi le cerco, ma solo da chi giudico “titolato”. E “titolato”, per me, è chi ha uno stile che mi piace; come vedi si torna all’inizio…

  17. Matteo, questo post me lo stampo e lo metto sotto il cuscino. Poi ogni sera lo rileggo come un mantra salutare. Anzi, come la copertina di Linus. Quindi grazie!
    Ho letto anche i commenti precedenti e in tutti ho trovato qualcosa in cui sono d’accordo. Poi non lo so, dirò una cosa banale (anche perché, ufficialmente, non sono ancora scrittrice) ma io sono molto più critica nei miei confronti, che in quelli degli altri. Ci vuole rispetto, sempre, soprattutto perché NON si conosce l’autore o l’autrice come fosse nostro padre o nostra sorella. Una tale pretesa è assurda. Quando faccio leggere un mio lavoro desidero, bramo, delle critiche. E per critiche intendo l’accezione neutra del termine, ovvero opinioni. Non importa se fatte da un assoluto ignorante in materia, o da un pluripremiato editore, non importa quanto siano dure da mandar giù. L’importante è che di fondo ci sia rispetto. Dopodiché si è anche meglio predisposti ad ascoltarle. In quel caso, io le chiamo “critiche costruttive”, quando c’è interazione tra le due parti. O no? 🙂

  18. Una cosa è esprimere un parere (o recensione) con gli amici o in uno spazio aperto (blog), un’altra è andare dall’autore e dirgli di riscrivere l’opera come vuole il critico – forse sarebbe meglio dirgli “così non va” piuttosto che “andava fatto cosà”.

    Chiaro che le stroncature non piacciano e l’autore potrebbe anche infischiarsene delle critiche negative – se davvero ci riesce, ovvero se davvero ha una tale sicurezza nel suo lavoro da non lasciarsi influenzare dalle critiche. D’altro canto chi scrive lo fa per essere letto, chi gira un film lo fa per farlo vedere alla gente, e così via.

    Per non parlare delle differenze tra “valore artistico” di un’opera e “incasso” della stessa, che non sempre convergono. Voglio dire: personalmente potrei benissimo vivere senza Stieg Larsson, Fabio Volo, Banana Yoshimoto, ma i loro agenti (o detentori dei diritti) non sarebbero d’accordo.

  19. Interessante.
    Sono una scribacchina occasionale ma, nonostante tutto, in genere tendo ad accettare di buon grado solo critiche costruttive e/o fatte da gente che se ne intende.
    Le altre critiche, se e quando ci sono, faccio finta di accettarle ma poi dentro di me dico “ma guarda ‘sto stronzo” 😀
    I commenti che hai pubblicato mi sono piaciuti molto, ognuno ha un’ opinione condivisibile. Ad ogni modo, penso che dipendi molto anche dalla sensibilità dell’autore.

  20. Parlando in generale io dico sempre che è giusto dire la propria e, chi scrive, non deve sempre e solo aspettarsi commenti buoni.
    Come dici tu, le critiche aiutano ma dico anche che, soprattutto per quel che riguarda il mondo dei blog, spesso compaiono commenti brutti verso chi scrive solo perché si è gelosi di colui che scrive.
    L’invidia è sempre una brutta besta e, nel magico mondo dei commenti, bisogna sempre setacciare la critica costruttiva da quella fatta tanto per fare.
    Ben vengano quelle della prima categoria.
    E’ sempre giusto provare a vedersi dentro gli occhi di qualcuno diverso da noi.

    • Giovy, anche perché occhi diversi colgono aspetti che i propri occhi spesso (e mooolto volentieri) ignorano.

      Claudia, sei occasionale come il lettore Serrgio! Ho provato a far emergere dalla discussione opinioni apparentemente contrastanti, ma tutte in un certo senso ragionevoli. Carino il dipendi fantozziano. 🙂

      Speaker Muto, quello sul rapporto fra qualità e riscontro è un altro discorsone che avrebbe bisogno di 190 post, e magari un giorno glieli dedicheremo. Io non riesco a infischiarmene. Mi capita con i libri e mi è capitato con lo scorso articolo, che ho riletto da capo alla ricerca della saccenza misteriosa.

      Deb, mi piace il tuo intervento soprattutto quando fai riferimento al rispetto. Un altro esempio in cui il “come” e il “perché” si dice qualcosa contano più del “cosa” stesso.

      MaiMaturo, chissà se il titolato (perché ti piaceva), dopo che ti avrà criticato, continuerà a piacerti allo stesso modo. Continuerà a essere ai tuoi occhi ugualmente titolato a criticarti. 😀

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