Roberto copia-incolla Saviano. Come diventare un idolo con la roba d’altri

Ero uno sprovveduto e ansimante apprendista opinionista scrivente letterario. Presi 4 o 5 frasi da una recensione scritta da una fanciulla non conosciuta ai più e le infilai nella mia recensione nuova di zecca dello stesso romanzo che, grazie alle di lei osservazioni stilose, scintillava. Tutto filò liscio, io mi presi i complimenti di quei 4 lettori e una banana della mia recensione, e bon. Un giorno di qualche mese dopo, mi arriva un’email dall’autrice della recensione originale. Non aveva gradito, e lo manifestò liberando il demonio che la possedeva. Aveva ragione, pure se io in quell’occasione pensai: Mammasaura, quante storie per 4 frasi! Quelle frasi erano state partorite dalla sua testa, dalla sua parte emozionale di lettrice. Sarebbe stato giusto citarla. Questa è la mia ammissione di colpa. Per comprendere il fastidio nello scoprire altrui bocche riempite di parole non a loro appartenenti, dovevo viverlo sulla mia pelle. Ed è capitato. Qualche anno fa, un geniale e neanche tanto giovane autore ha letto il mio libro Non farmi male, e mi ha scritto facendomi molti complimenti riferiti soprattutto ad alcune scene che l’avevano colpito. Poi che ha fatto, questo qui. Ha scritto 7 racconti dalla tematica vicina (come 7 ce ne sono nel mio) sul cui valore letterario non sto a spendere troppe parole, se non un consiglio all’autore: Fatti regalare un dizionario della lingua italiana degli anni 2000, e paga un bravo editor. Ci ha infilato le scene di Non farmi male che tanto gli erano piaciute, modificate a parole sue, quindi imbruttite, ma evidentemente riconoscibili nella sostanza. Ha dato alla sua opera un titolo che sarebbe il mio con una parola cambiata. E se l’è autoprodotto.
Ah-ah-ah!
Quando ci ripenso, mi scappa sempre una risata con rigurgitino. Prima plagi e poi ti paghi la pubblicazione? Dritto dritto da uno psichiatra di un certo livello. Avanti, marsch! Nonostante avessi il sostegno morale ed economico del mio editore, non ho seguito l’iniziale intenzione di entrambi di denunciarlo per vederlo brancolare nell’oscurità, a chiedere un piatto caldo senza neanche più le mutande. Cosa che avrei fatto se mi avesse copiato Ammaniti, per dire. Ma, visto che si trattava di un poveraccio che si era pure indebitato per pubblicare un libro plagiato, ho avuto compassione del caso umano e non gli ho neanche scritto un’email. L’ho trattato come tratto abitualmente i lettori di Moccia: non l’ho trattato.
Il discorso sarebbe cambiato se mi avesse plagiato Ammaniti, dicevo. Figuriamoci poi se Saviano avesse riempito i suoi celebri monologhi mafiosi di paragrafi di Supermarket24 – cosa che ci sarebbe stata tutta, visti i personaggi – e avesse dimenticato di citare la fonte davanti a milioni di telespettatori. Non ci crederete, ma l’ha fatto. Non con me, ma con Giampiero Rossi, autore di La lana della salamandra e Amianto, libri dai quali Saviano ha pescato aneddoti, circostanze, retroscena che l’autore aveva raccolto in mesi di frequentazione della gente di Casale, li ha imparati a memoria e ha fatto il figheiro recitandoli a pappardella davanti alle telecamere, fra una grattata di culo e una di testa, come se quelle informazioni appartenessero a lui. Il Fatto Quotidiano ha pubblicato una tabella che mette in relazione le precise frasi pronunciate in diretta da Saviano con quelle presenti nei libri di Rossi. Segue.

 

Mi pare che ci sia poco da stare a riflettere. Giampiero Rossi vive la spiacevole avventura di seguire Saviano in tivù che s’impolpetta la bocca con i suoi libri, e che fa? Afferra un giavellotto olimpico e glielo infila su per il culo? No, gli scrive una lettera che Il Fatto Quotidiano pubblica e che vi consiglio di leggere, se siete arrivati qua e non l’avete fatto. Reazioni dal più ricercato scrittore italiano non pervenute. Se è vero che il lupo perde il pelo, ma non il vizio, e Saviano c’ha proprio la faccia di un vecchio lupo di mare spelacchiato, torna alla carica dello scopiazzo con la prefazione commissionatagli da Legambiente per la pubblicazione annuale di Ecomafie, edizione 2012. Il libro contiene, fra gli altri, l’intervento di Giovanni Tizian dal titolo Il Sacco del Nord, nel quale – magia! – compaiono gli stessi concetti, espressi con le stesse identiche parole utilizzate da Saviano nella presentazione, non immaginando – voglio sperare per la sua sanità mentale – che quel testo se lo sarebbe ritrovato nel libro poche pagine più in là. I Segreti della Casta ha pubblicato l’immagine che affianca i passaggi quasi identici. Quasi però, perché lui ci vuol mettere sempre del suo. Divertitevi a fonfrontarli.

 

Quelli di Legambiente si sono presi la colpa, poveretti, scusandosi per un problema di editing francamente dalla credibilità fantascientifica. Lo dimostrano proprio i piccoli cambiamenti stilistici operati da Saviano prima di consegnare la sua prefazione, che rendono gli spezzoni diversi quanto basta per gridare al plagio. Questa ennesima brutta faccenda instilla nelle maliziose menti dei più (compresa la mia) il dubbio che Gomorra sia il risultato di un intelligente collage di materiale raccolto da altri sul campo, che Saviano avrebbe abbellito e romanzato, aggiungendoci il solito suo. All’epoca del boom, più che le minacce della Camorra, mi colpì la protesta di molti cronisti locali che affermarono che erano stati utilizzati da Saviano, per il libro, brani dei loro articoli senza citare la fonte, ma la sentenza del tribunale di Napoli stabilì il contrario, e cioè che erano stati loro a scopiazzare Gomorra. Comunque.
Caro Giampiero, non ci conosciamo, ma permettimi di regalarti un consiglio spassionato. La lettera, la prossima volta, invece che dal Fatto Quotidiano, fagliela recapitare dal tuo avvocato. Vedrai che ti risponderà di certo. Come risarcimento, pretendi di pubblicare anche tu con Mondadori e vendere 3 milioni di copie, e fare i monologhi su La7.

21 commenti su “Roberto copia-incolla Saviano. Come diventare un idolo con la roba d’altri

  1. Che poi non ci sarebbe stato niente di male se Saviano invece di spacciare le cose come sue avesse chiaramente detto da dove venivano gli episodi e chi li aveva scritti. Siamo in un’epoca di condivisione, dove presentare buoni contenuti, anche non tuoi, può essere un valore.

    • Infatti! Avrebbe reso onore al lavoro dei molti giornalisti che non godono della sua popolarità, e che fanno informazione in Italia con sempre maggiori difficoltà.

  2. Quando lessi Gomorra, pochissimi episodi del capitolo “guerra a Scampia” non mi erano noti da tempo dato che ne hanno parlato tutti i giornali diffusamente. L’inizio del libro con i cadaveri dei cinesi che cadono dal container è pura invenzione… Insomma Saviano ha racconto un po’ di informazioni, messe tutte in uno stesso volume a mo di raccoglitore. E’ evidente che un napoletano lo veda con diffidenza e che molti polentoni, con ammirazione per aver “svelato” quei retroscena che passano rapidamente sotto gli occhi per poi dimenticarsene altrettanto velocemente, sempre che non si abbia un amore viscerale per la cronaca nera mafiosa. Cmq non occorre aver letto Guerra e Pace per capire che Saviano non è il nuovo Tolstoj.

    • Eh, boh. Io non ho mai avuto buone sensazioni di lui come autore. Però la stima sì, per la scelta di confrontarsi con una vita più complicata, sebbene di successo. Piano piano sto perdendo pure quella.

  3. Le informazioni non appartengono a lui, a nessuno, sono di dominio pubblico, chiunque può usarle, a meno che non si tratti di plagio vero, ossia copiare letteralmente da opera altrui ! Saviano non l’ ha fatto, nel caso di Rossi: se si confrontano davvero i brani, non sono gli stessi ! sono solo le stesse informazioni ! plagiare e usare le stesse informazioni non sono affatto lo stesso concetto ! Ma l’ evidente malafede arriva al massimo, quando si pretende di credere che il prefatore (Saviano) di un libro “copi” brani di un capitolo presente nello stesso libro ! La stessa Legambiente ha parlato di un loro errore, com’ è evidente, in fase di editing del libro.

    • Saviano ha preso dei brani, in alcuni casi di diverse righe, e li ha recitati come si fa con un copione teatrale senza dire che erano presi dal libro di Rossi. Perciò, tutti hanno pensato che fossero i suoi, farina del suo sacco, delle sue inchieste. Così non era. Lo specchietto con i brani serve proprio a confrontarli. Non occorre che siano identici parola per parola per convincersi che siano stati ripresi dal libro di Rossi. Questo basta a imporre la citazione. Tu dici che le informazioni appartengono a tutti. A tal proposito, ti invito a riflettere su un passaggio della lettera che Giuseppe Rossi ha scritto a Saviano, e che io ho linkato:

      Quello che ho trovato assai meno piacevole, però, è una certa mancanza di riconoscimento per chi quel lavoro lo ha realizzato. Tu lo sai bene, fare un’inchiesta, una ricostruzione storica, un racconto completo di vicende complicate ed enormi,come questa, comporta davvero tanta pazienza, volontà, tempo, passione. Perché, dunque, non riconoscere a chi ha investito tanto, almeno la paternità di quel suo lavoro? Eppure non sono pochi i particolari che hai scelto di utilizzare nel tuo racconto e che, guarda caso, sono tutti presenti in quei due libri (nel primo soprattutto) e non altrove, perché si tratta di racconti, confidenze, piccole sfumature emerse dalla mia lunga frequentazione della gente di Casale e della signora Romana Blasotti Pavesi in primo luogo.

      Continui a non pensare che fosse giusto citarlo? Cosa avrebbe tolto la citazione al monologo di Saviano?
      Se si è trattato davvero di un errore, cosa in cui nessuno che abbia un minimo di confidenza con l’editoria potrà credere mai, viste le sottigliezze che differenziano i due passaggi, appunto, l’uno la pensata modifica dell’altro, mi domando: Dov’è finita allora la prefazione di Saviano?

      • Solo un esempio. Tizian nel suo estratto pag 125, il primo a destra, parla di “tre amministrazioni condizionate dalla ‘ndrangheta in un solo anno” e le elenca. Poi leggi l’estratto di Saviano corrispondente e alle 3 di Tizian ci trovi aggiunta Rivarolo Canavese. “Quattro amministrazioni condizionate dalla ‘ndrangheta in un solo anno”. Questo non è editing, naturalmente.

  4. Ovviamente queste informazioni passano sottobanco, mentre le “prime serate” vengono urlate ai 4 venti…ora che c’è la certezza dello scopiazzamento, la tv è “muuuta”…io non ho sentito di tutto questo sul tg delle 13 nè su quello delle 20….non solo lamentarsi perchè ha alterato il contenuto dei libri di Benedetto Croce…

  5. ma allora queste verruche hanno un effetto benefico sulla tua prosa! sarà la sindrome leopardiana? ;-P non che ce ne fosse bisogno ma più passa il tempo e più ti si legge con piacere. l’accenno a Saviano col “tic” delle grattate è azzeccatissimo. per il resto, bravo lui ad aver riattivato i riflettori sulle mafie ma copiare non si deve.

    complimenti anche per il post sulle verruche, a cui avevo lasciato un comm ma con un fail nell’invio. ciao e in bocca al lupo con le cure

    • Il fail dell’invio in realtà era un agguato di Akismet, che ha pensato (ché lui pensa pure, eh!) che tu fossi il solito spam. Così, ha catturato il tuo commento prima che io potessi leggerlo. Li ho recuperati e resi visibili. E ti ho risposto nel post delle verruche. Se dovesse ricapitare, e io dovessi non accorgermene, tu scrivimi un’email. Saviano non la smette un attimo di toccarsi, nelle lunghe pause che fa evidentemente alla ricerca della frase mancante. Quella di quell’altro, che lui ha imparato a memoria, ma che al momento gli sfugge. 🙂

  6. ahahahahahah… cazz… c’è poco da ridere, ma non mi stupisco sulle notizie del tuo Reportage. Rido, ma cito (Matteo Grimaldi.com) “fra una grattata di culo e una di testa”, Saviani ne esce con ancor meno capelli 🙂
    Ah, l’ho poi letto Supermarket24. Mi sei piaciuto e anche qui, non mi stupisco. Mi piacevi anche prima.

  7. Se ti dico che non mi stupisco del copia incolla, visto che ad esempio, lui usa le informazioni prese da giornalisti che vanno lì a rischiare la vita per cercare qualche informazione sulla camorra?

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