Quando gli editori se la prendono coi blogger e li portano in tribunale

Linda Rando è una blogger ventunenne condannata in primo grado a un risarcimento di 5000 euro per diffamazione ai danni della casa editrice 0111 (Zerounoundici), diretta da Stefania Lovati.
Il reato si riferisce a una serie di commenti offensivi lasciati da alcuni utenti del Writer’s Dream, community letteraria ideata e gestita appunto da lei.
In sostanza Linda Rando, in quanto amministratrice del forum, è stata ritenuta responsabile dei contenuti, inclusi quelli non da lei pubblicati, alla stregua di un direttore di giornale, senza che nessuno si fosse preoccupato di rintracciare i reali autori dei commenti infamanti. Da informatico non proprio all’ultimo grido, mi sento comunque di dire che non sarebbe stato complicato farlo.

Linda Rando in questi anni si è distinta per le sue battaglie contro l’editoria a pagamento. Per quanto mi è dato sapere e ho potuto constatare, non l’ha fatto mai attraverso insulti o cattiva informazione, al contrario. Ha sempre cercato la strada della conoscenza, mettendo le persone davanti a fatti concreti.
La prima volta che ho sentito parlare di lei, ormai qualche anno fa, mostrava trionfante gli esiti di un esperimento interessante. Aveva messo assieme un disorganico blocco di memorie, articoli di giornale, diari, spezzoni di pseudo-racconti, pensieri, scritti a casaccio insomma, gli aveva dato un titolo e l’aveva spedito in valutazione alla casa editrice Il Filo. In men che non si dica aveva ricevuto in risposta una proposta di pubblicazione, ovviamente a pagamento, piena di elogi  e lodi all’opera proposta, segno che nessuno si era preoccupato di valutarla perché la differenza la fanno i soldi.

Mi è simpatica Linda, come mi sono simpatici i giovanissimi che per esperienze, entusiasmo, passione, impegno, stimoli, camminano a settemila piedi d’altezza rispetto alla media dei coetanei e non solo. A ventun’anni ha alle spalle e sulle spalle la più grande community letteraria italiana, il Writer’s Dream, dove porta avanti con impegno costante e coraggio fra scomode grane – chiamiamoli così quei piccoli contrattempi nei tribunali –  la buona e giusta informazione, tutta a favore di chi prova ad avvicinarsi alla pubblicazione.
Writer’s Dream è una preziosissima goccia limpida in un gigantesco specchio d’acqua stagnante, popolato da “editori” (fra virgolette) con canini sporgenti che Edward Cullen, il vampiro liceale di Twilight, a confronto è Fiocco di Neve, la capretta di Heidi. Si muovono nel buio di contratti editoriali ingannevoli e si nutrono dei sogni e dei soldi degli aspiranti autori. Li convincono a pagarsi la pubblicazione sommergendoli di elogi e palle sulla difficile condizione dell’editoria e sulla necessità di investire loro stessi nella produzione dell’opera, perché “gli editori grandi non considerano gli esordienti, e i medi e piccoli sono a pagamento”. Tutto falso!
Linda Rando ha trovato il modo per ribadirlo fortemente con le prove. Grazie al contributo di centinaia di autori pronti a raccontare le proprie esperienze, e di bravi editori desiderosi di far conoscere le loro buone intenzioni, ha potuto stilare una lista di quasi trecento editori non a pagamento, alla faccia di chi dice che per pubblicare bisogna per forza pagare, autori frustrati compresi. Per completezza di informazione, e sempre a vantaggio di chi cerca un editore, ha inserito quelli che invece chiedono un contributo agli autori, che sia sotto forma di denaro, poco o tanto, oppure di copie da acquistare, poche o tante, in altre liste ben definite secondo criteri oggettivi.
Far parte della lista degli editori a pagamento non significa essere dei delinquenti. Questo Linda l’ha specificato innumerevoli volte, anche perché non c’è nessuna legge che vieti a un editore di chiedere all’autore una partecipazione economica per la pubblicazione. Né le liste vanno lette come un giudizio di merito o demerito sugli editori, stanno semplicemente a indicarne l’operato; quello pubblica gratis, quell’altro ti chiederà dei soldi.
Gli aspiranti autori, quelli che si informano, ora sanno cosa aspettarsi e possono scegliere in completa libertà e soprattutto consapevolezza l’editore a cui rivolgersi.

Non voglio entrare nel merito della faccenda giudiziaria fra Linda Rando e Stefania Lovati della casa editrice 0111 con la quale non ho mai avuto a che fare. Vi segnalo qualche contributo per saperne di più. L’articolo del Fatto Quotidiano e l’intervista a Linda su Valigia Blu: Clic e Clic, e un articolo sul Post scritto da Carlo Belgino, avvocato penalista che ha trattato la vicenda in modo molto preciso: Clic.
Ci tenevo a parlarvi di Linda e del suo Writer’s Dream, augurandomi che sia per voi, autori in cerca di editore, utile come lo è sempre stato per me, e mi dispiace di doverlo fare in questa triste occasione.

Incuriosito dalla vicenda, ho cercato informazioni sulla casa editrice 0111. Da scrittore, quello che m’interessa è intanto il contratto. Ho trovato un portale che vi segnalo perché riporta paro paro quello della 0111 concentrandosi sull’aspetto delle royalties, la percentuale che l’editore deve all’autore sulle vendite del libro pubblicato. Zerounoundici ha un’idea piuttosto originale su quanto e come pagare i diritti d’autore: Clic. Copio dal sito, che copia dal contratto della 0111:

Sulle copie vendute l’Autore ha diritto a quanto segue (il totale vendite è da intendersi cumulativo e comprenderà sia la versione stampata, sia la versione e-book):
– fino alla 100° copia: 3% sui rispettivi prezzi di copertina – libro, ebook
– dalla 101° alla 200° copia: 5% sui rispettivi prezzi di copertina – libro, ebook
– dalla 201° alla 500° copia: 7% sui rispettivi prezzi di copertina – libro, ebook
– dalla 501° alla 1000° copia: 8% sui rispettivi prezzi di copertina – libro, ebook
– oltre la 1000° copia: 10% sul prezzo di copertina sui rispettivi prezzi di copertina – libro, ebook
Le provvigioni di cui sopra verranno riconosciute solo se le vendite totali raggiungeranno almeno le 250 copie (cumulative) nel periodo contrattuale. In caso contrario verranno riconosciute con i seguenti limiti:
– sotto le 150 copie = 0 (si veda nota)
– da 150 a 200 copie = 40% della cifra calcolata secondo la tabella di cui sopra (si veda nota)
– da 201 a <250 = 70% della cifra calcolata secondo la tabella di cui sopra (si veda nota)
(nota: quanto sopra verrà applicato a meno che l’Autore non dimostri che grazie al suo impegno promozionale – copie richieste in conto vendita; presentazioni; vendite derivanti dalle sue pagine web – sono state vendute un minimo di 125 copie. In tal caso, la percentuale verrà riconosciuta al 100%).

Quindi la Zerounoundici, non chiedendo soldi agli autori, resta a tutti gli effetti una casa editrice free, però il meccanismo del pagamento dei diritti è piuttosto contorto. Io ad esempio avevo male interpretato; me l’ha dovuto spiegare Stefania Lovati con la quale ho avuto un interessante confronto che mi dà modo di rivedere queste righe del post.
Se il libro raggiunge le 250 copie vendute, nessun problema: all’autore vengono riconosciuti i diritti d’autore pieni secondo le percentuali sopra specificate (3% fino alla centesima copia, il 5% dalla copia 101 alla copia numero 200… ecc.) Percentuali che, per esperienza, giudico ai limiti della miseria. Se il libro non raggiunge le 200 copie vendute, l’autore per vedersi riconoscere le provvigioni in toto deve vendere per fatti suoi fra presentazioni, copie richieste per sé e copie vendute attraverso il suo sito o quello dell’editore (a patto che riesca a dimostrare che sia stato effettivamente lui a farle acquistare) almeno 125 copie, che non sono pochissime. Come ho anche risposto a Stefania Lovati in uno dei commenti, non spetta all’autore vendere le copie e non si capisce perché sotto un certo numero di copie vendute l’autore non si debba vedere riconoscere i diritti per la propria opera.

Comunque. In una buona copisteria stampare 125 copie ben fatte (spesso meglio di quanto facciano certi editori) costa intorno a 400 euro, anche meno. Rivendute a 10 euro l’una, senza editori di mezzo, portano un guadagno di 1250 euro. Tolti i 400 di spese di stampa vengono fuori 850 euro puliti che vanno in tasca all’autore.
E allora, la domanda che si pone l’autore dell’articolo e che viene spontanea anche a me è: a questo punto, non è meglio autopubblicarsi che mettersi in mano a editori che non ti chiedono soldi (ma tante energie sì) e niente o quasi ti danno?
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AVVISO AGLI AVVENTORI DI QUESTA PAGINA: Qualora vogliate esprimere la vostra sulla vicenda Rando-Lovati vi chiedo di farlo con educazione, almeno per evitarmi la denuncia per diffamazione, altrimenti sarò costretto a cancellare i commenti. Io 5000 euro non ce l’ho (ma neanche 2500, per dire).
– Vi segnalo l’intervento di Stefania Lovati, l’editrice in questione, nei commenti.
– Ho prelevato l’immagine del simpaticissimo lupo diffamato da MartelBlog (http://martelblog.myblog.it).

60 commenti su “Quando gli editori se la prendono coi blogger e li portano in tribunale

  1. Il problema secondo me sta nel fatto che si è creata una situazione in cui la serietà di un editore viene giudicata in base al suo chiedere contributi o meno, e questo secondo me è sbagliatissimo. Ci sono editori nella lista free, che vengono portati in palmo di mano perché non chiedono contributi, poi però stampano un numero minimo di copie e non muovono un dito per la promozione, costringendo quindi tacitamente l’autore all’acquisto copie per farsi la promozione. Quando l’autore ha bisogno di mettersi in cottatto spariscono letteralmente non rispondendo ai messaggi, spesso il libro viene pubblicato solo sul sito dell’editore, ed è ordinabile dalle librerie con tempi d’attesa biblici. Cioè, io sono contrario alla pubblicazione con contributo, ma mi disturba molto vedere editori che passano per onesti solo perché non chiedono contributi. Il contributo o meno non è a mio avviso un dato certo di onestà dell’editore. Tanto più Matteo, e tu questo lo sai molto bene, che esistono editori nella lista a pagamento che non chiedono contributi a tutti gli autori. E allora mi chiedo: perchè non vengono spostati nelle liste a doppio binario? So che sto andando fuori tema, perché la storia riguarda la situazione Rando-0111, ma voglio anche sottolineare che l’editoria è un campo davvero molto complesso, e non è poi così facile dare giudizi perché non esiste il bianco e nero, ma ci sono migliaia di sfumature che non possono essere ignorate.

    • Sono d’accordo con te. Qualche giorno fa facevo questa riflessione con un amico. Su tutti quegli editori considerati di qualità soltanto perché non chiedono contributi e poi non pagano i diritti d’autore, pubblicano libri che di qualità non sono, e via dicendo. Ma come hai detto giustamente tu, questo è un discorso molto ampio. Certo è – almeno secondo me – che una proposta di pubblicazione con contributo va rifiutata a priori e sempre.

  2. Matteo è il chiaro esempio di razza italiota – tale non può ritenersi offesa a patto che non si voglia ledere onore e decoro dei campioni italiani. Solidarietà va alla Stefania Lovati che non a caso ha avuto anche quella del giudice. Bisogna farla finita col credere che la libertà sia parificabile al libertinismo e qui non ci soccorre solo la soggezione al buon costume o buon senso ma al freddo, glaciale ed equidistante diritto: è illegale – per dolo o colpa – dire il falso arrecando con ciò un pregiudizio o danno ingiusto ad altri. La logica manca, l’equilibrio anche: c’è uno scontento che si riversa con emozionalità mediterranea: uno contro tutti in nome di una moralizzazione indecorosa ove il picadores fa la predica al toro che sta sfinendo. Ciò che fa la Lovati è lecito e morale, ciò che viene riferito è – per dolo o colpa – falso, distorto, lesivo in quanto fa in modo che le cose appaiano peggiori di come non siano!

    • Cara LUCE, la conversazione ha perso per me ogni forma di interesse. Grazie comunque per aver espresso il tuo parere che non aggiunge né toglie niente ai chilometri di inchiostro versati. Ciao

  3. XXX
    (Commento rimosso. Pur non ritenendo il contenuto del commento infamante o lesivo della professionalità né della persona, mi scuso con Ferdinando e provvedo a rimuoverlo come richiesto da Stefania Lovati, titolare della casa editrice 0111, a dimostrazione del fatto che qui non si vuole offendere nessuno.)

    • Ferdinando, se il libro raggiunge le 250 copie vendute, non importa quante ne avrà vendute l’autore, gli verranno comunque riconosciute le royalties senza decurtazioni. Certo è che un autore bravo a farsi promotore di se stesso ha maggiore possibilità di superare quella soglia rispetto a un autore più “timido”. Quello che a mio parere un editore non dovrebbe mai fare è spingere gli autori a contribuire alla vendita del libro. Vendere il libro è compito della casa editrice, in particolare dell’ufficio stampa che cura la promozione e la veicolazione dell’opera, e del distributore che la porta nelle librerie.

      • Matteo, sono costretta a chiederle formalmente di fornirmi i dati in suo possesso relativi all’utente Ferdinando, oppure, a fronte di ciò che ha scritto in un suo commento, qui presente: “è censura pura. A casa mia decido io. […] Questo è un sito personale dove io scrivo, chi vuole legge, chi vuole commenta, io decido, stop.”
        In alternativa e se non possiede alcun dato dell’utente, le chiedo di rimuovere il commento di questo “signor” Ferdinando. Ho voluto fare una richiesta PUBBLICA, così questa volta nessuno potrà accusarmi, a seguito di eventuali sviluppi futuri, di non averlo fatto.
        La nostra casa editrice è stata ingiustamente accusata di essere a pagamento, quando invece non lo è (e la Rando ha ammesso di essersi “sbagliata”) e da qui è iniziata la storia che tutti conoscete. In tutta risposta, è iniziato un attacco senza precedenti nei confronti della casa editrice, dove tutti hanno detto la loro in chiave negativa, spesso non sapendo neppure di cosa stessero parlando, ma per il solo gusto di unirsi all’attacco, e hanno utilizzato sia notizie false, totalmente inventate per l’occasione, sia interpretazioni totalmente errate e decontestualizzate di argomenti o politiche aziendali della nostra casa editrice, esattamente come è stato fatto su questo blog. E aggiungo che “altrove” sono state SCRITTE parole e frasi offensive rivolte sia alla casa editrice, sia alla mia persona. Naturalmente rilevate e confermate in fase di indagini da parte della Procura. Se ora non le trovate in giro, non vi viene il sospetto che “qualcuno” le abbia eliminate (anche se un po’ troppo tardi)?
        L’unica via LEGALE che la casa editrice aveva per tentare di riscattarsi da tutte le falsità e le offese che sono state SCRITTE sul suo conto era la querela.
        E ora, dopo che un giudice ha condannato la Rando, è evidente che c’è ancora qualcuno che insiste, anche se tutti coloro che lo fanno sono (guarda caso) TOTALMENTE ESTRANEI alla casa editrice, quindi parlano senza cognizione.

        Mi dispiace, ma non mi sono arresa prima e non lo farò certo adesso, soprattutto perché si andrà in secondo grado di giudizio, quindi LE DANZE NON SONO ANCORA CONCLUSE, signori. L’avvocato lo pago (di tasca mia, non faccio come la Rando che se lo fa pagare dagli utenti!) e pagarlo per “una”, per 10 o per 100 Rando non cambia poi molto.

    • Adesso però basta! In nome del “diritto di opinione” state invece OFFENDENDO. Il “diritto di opinione” è lecito quando si hanno basi su cui costruire la propria opinione, il che non significa esprimere qualunque stupidaggine limitandosi a leggere un articolo di blog e senza avere riscontri su ciò che si legge e, soprattutto, su ciò che si dice!
      Ma dov’è scritto che le copie devono essere vendute dall’autore? E come fate a dire che le copie vendute da 0111 ad oggi sono solo copie acquistate dagli autori? ME LO DICA! Questo è assolutamente FALSO! E se non lo crede, LO PROVI, prima di denigrare la professionalità altrui senza averne alcun titolo!

      • Stefania, non capisco, e se puoi spiegarmelo te ne sarei grato, cosa c’entra l’opinione di Ferdinando, che ho immediatamente provveduto a chiarire nella risposta che gli ho fornito, con la vicenda giudiziaria fra te e Linda Rando. Lui si è espresso sul dato: il vostro contratto. E non su “interpretazioni totalmente errate e decontestualizzate di argomenti o politiche aziendali della nostra casa editrice esattamente come è stato fatto su questo blog”, come hai scritto tu. Lo dimostra anche il fatto che il suo intervento è posteriore alla rettifica dell’articolo, così come mi avevi chiesto, in cui non è più contenuta alcuna interpretazione errata.
        La vostra vicenda giudiziaria mi interessa poco. Tu fai benissimo a portare avanti le tue ragioni, ci mancherebbe altro, ma non è questo il luogo in cui dimostrare la colpevolezza di Linda Rando e specificare le modalità di pagamento dei vostri rispettivi avvocati. Non sta a me, né ai lettori di questo blog, né tantomeno agli altri blogger sparsi per il web stabilire cos’è giusto e cosa no, ci penserà la giustizia. Quello che mi preme dire è che io non ho mai insultato nessuno su queste pagine, semmai il contrario, e non ho mai risposto alle offese di chi ha ritenuto di farlo con me. Non mi sto riferendo a te, naturalmente, per quanto i tuoi toni siano arrabbiati e questo rende sgradevole la discussione. Quindi per piacere, ed è la seconda volta che te lo chiedo, non includermi nella cerchia di coloro che si muovono per distruggere la tua immagine e quella della tua casa editrice. Io esprimo un parere personale su quanto vedo e leggo, ma senza insultare nessuno. Se così non è stato, ti chiedo di ricordarmi quando e come ti ho mancato di rispetto.

        Per quanto riguarda il commento di Ferdinando, non ha scritto che le copie devono essere vendute dall’autore, ma che maggiore è il numero delle copie che l’autore vende per conto suo e maggiore quello delle royalties che gli spetteranno, cosa che in effetti è solo parzialmente vera perché, nell’ipotesi che il libro venda 250 copie, l’autore potrebbe anche non averne venduta nessuna, percepirebbe comunque il totale dei diritti d’autore previsti dal contratto, come d’altra parte gli ho risposto anch’io. L’affermazione che le copie vendute da 0111 sono solo quelle che comprano gli autori non so dove l’hai letta. Io qui non la trovo, segnalamela se puoi. Pur non ritenendolo offensivo, se ti fa piacere comunque lo cancello e la finiamo qua.

        • Non stavo trattando, Matteo. Le ho fatto una richiesta precisa.
          E la ringrazio per aver provveduto.
          Come le ho detto, qualcuno in passato ha dato battaglia a noi e vedo che la cosa sta proseguendo, con un esercito sempre più numeroso.
          Io rispondo con le uniche armi che ritengo lecite, che piaccia o no. E’ un mio diritto.

        • Che il signor Ferdinando vada a dire “tipografo” a suo padre, che non so nemmeno che mestiere faccia e senza voler privare di professionalità il lavoro del tipografo, che comunque NON E’ IL NOSTRO.
          Noi, se permette, SIAMO EDITORI a tutti gli effetti, perché nessuno ci paga né tanto meno ci rimborsa le spese sostenute se qualcosa va male nelle nostre pubblicazioni. E le spese sostenute non sono solo quelle di stampa!
          I tipografi, così come qualunque altro imprenditore e professionista, invece si pagano per il lavoro che fanno.
          E’ chiaro?

          • Stefania, ho molto chiara la differenza fra un tipografo e un editore. Sono due mestieri diversi, non certo per il rispetto che meritano entrambi. Direi che siamo a posto.

  4. Caro Matteo, è molto disinformato. Forse è il caso che si dia una guardata ai 70 documenti riportati all’interno di questo blog. Poi potrà scrivere davvero un articolo su Linda Rando, Writer’s Dream e la diffamazione. Cordialità. http://XXX

    • Caro Antonio, quando scrivo un articolo è perché ritengo di avere le informazioni necessarie. Altrimenti non lo faccio.

      • Dato l’atteggiamento chiaramente censorio e in malafede di Matteo Grimaldi, abbandono il dibattito (inesistente). Credo che si veda in modo evidente come stanno le cose.

        • Antonio, ma con chi parli? (Parli di Matteo Grimaldi a me che sono Matteo Grimaldi?) Mi diverti molto. Non ti trovi in un talk televisivo. Qui ti sento solo io. Comunque sì, l’ho già detto, è censura pura. A casa mia decido io. E no, non c’è bisogno di nessun dibattito. Se avessi voluto un luogo mio dove sollevare le opinioni mi sarei aperto un forum e mi sarei messo a lanciare gli argomenti. E invece no. Questo è un sito personale dove io scrivo, chi vuole legge, chi vuole commenta, io decido, stop.

    • Vedo che ha oscurato il sito che le ho linkato a scopo informativo. Complimenti, ricorre addirittura a sotterfugi per impedire il circolare della libera informazione. La cosa e’ molto eloquente, si commenta da sola.

      • Antonio, sono felice dell’esistenza di prove che dimostrano il contrario. Il contrario di cosa? Non c’è un diritto e un rovescio da dimostrare. Io esprimo un’opinione su un accaduto. Si può non essere d’accordo e ho capito che tu non lo sei, ma oltre qui non si va, perché questo è il mio blog e non un tribunale dove il PM è chiamato a provare la colpevolezza dell’imputato e lo fa attraverso le prove.
        Il tuo link è stato “oscurato”, come dici tu, come faccio con tutti i contributi non richiesti. Non è un sotterfugio per impedire la libera informazione, sempre come dici tu. Il web è un territorio sconfinato, pur volendo “impedire la libera informazione” non potrei mai. Si tratta di una consuetudine che mi consente di controllare i contenuti che vengono divulgati attraverso le mie pagine. Questo è il mio blog, esiste il diritto di replica, ma non quello di divulgazione, attraverso le mie pagine, di altri contenuti, a meno che non sia io a permetterlo.
        Per qualunque altro chiarimento sono qua.

        • Ci sarebbero da chiarire molte cose. Prima cosa, perche ‘ si continua a fare riferimento a commenti di terzi in relazione alla sentenza? La sentenza che condanna la Rando per diffamazione, facilmente consultabile online, fa riferimento alla diretta responsabilita’ della Rando nella vicenda, non a commenti di terzi. Sarebbe meglio leggerla per capire come stanno le cose. Seconda cosa: perche’ dire che la Rando non ha mai fatto ricorso a insulti o a cattiva informazione? Questo e’ falso, e facilmente dimostrabile. Negarlo significa non sapere come stanno le cose, ed e’ questo il contrario che si puo’ dimostrare. Terza cosa: il tuo atteggiamento e’ una censura, si chiama cosi’ in parole molto semplici. Ultimo punto: l’ articolo che hai scritto tiene conto solo di una campana. Sarebbe bello capire perche’, e non venirmi a dire che sono opinioni perche’ si tratta di fatti.

          • Antonio, mi sta venendo il sospetto che tu abbia sbagliato persona. Io della faccenda giudiziaria non ne parlo proprio. Parlo di Linda Rando e del suo lavoro col Writer’s Dream, mi è concesso o per poterlo fare devo prima leggermi settanta tuoi post e qualche altra sentenza?

            “In sostanza Linda Rando, in quanto amministratrice del forum, è stata ritenuta responsabile dei contenuti, inclusi quelli non da lei pubblicati, alla stregua di un direttore di giornale, senza che nessuno si fosse preoccupato di rintracciare i reali autori dei commenti infamanti.”

            Questo significa che è stata ritenuta responsabile anche per interventi di altri sul forum. Non che lei non ha mai insultato nessuno, cosa che non posso sapere visto che non passo le mie giornate a controllare quello che scrive Linda Rando su internet.
            Sul mio blog cancello tutto ciò che non ritengo pertinente (in dieci anni è capitato soltanto col tuo link e con qualche altro tentativo di pubblicizzare cose o opinioni. Ognuno è libero di farlo a casa propria, non a casa d’altri).
            L’articolo che ho scritto tiene conto di una sola campana: la mia.

  5. Caro Matteo! In attesa di sapere qualcosa di più sul tuo nuovo romanzo (certo che sei peggio della Rowling quando faceva uscire il nuovo Harry Potter!) e visto che comunque qui di editori si parla… vorrei darti una notizia che mi riguarda e non riesco più a trattenermi! Sappi però che se te la dirò sarò costretto a svestire i panni del rompino e svelare la mia identità. 🙂 sta a te decidere. Rompiamo (!) la magia del travestitismo o lasciamo il mistero e per te sarò sempre il solito rom pino?

    • Mi sto emozionando.
      Allora, intanto pensavo a te ieri o l’altro ieri: “Chissà che fine ha fatto Rompino!”.
      Mi dispiace sempre quando manchi per un po’, e poi mi sento impotente perché vorrei ripescarti da qualche parte, ma non so dove, uffa.

      Io romperei la magia e darei vita a un’altra magia! Dammi questa notizia perché voglio brindare alla tua! 🙂

      • E vai! Così mi sfogo finalmente. E anche tu potrai prenderti le tue rivincite nei confronti dei miei iniziali commenti acidi, che mi hanno fatto conquistare questo nickname. Sino a qualche giorno fa eravamo solo in cinque a saperlo, per scaramanzia. Ma ora è ufficiale. Dal 16 di maggio sono in libreria col mio primo romanzaccio!!! Sto bene, è solo la fine del mondo by Ignazio Tarantino. 🙂 Ecco, l’ho detto. Sono un tuo collega!

        • Le mie rivincite?! Tu vinci “Io scrittore” e pubblichi con Longanesi, e io dovrei prendermi le mie rivincite?!
          Ma ma… io non ci provo nemmeno! E mi imposto subito in modalità “festeggiamenti sfrenati”.
          Ma quanto sono contento! Dovresti vedermi che scuoto la testa e dico: “Nooo! Fantastico!” con un sorriso a 365 denti (uno per ogni giorno dell’anno).
          Sono felicissimo caro Ignazio (nel mio cuore sempre Rompino però, sappilo).
          Tanto tanto felice!
          Ti faccio il mio grandissimo in bocca al lupo! 🙂

          PS1: Ho aggiunto uno su Facebook, non so se sei tu però. ahah
          PS2: Vivi a Firenze?! Sempre più meravigliato.

          • Caro! La defilippata è fatta. Crepi il lupo e faccio lo stesso augurio a te per la tesi, in attesa d’altro. 🙂
            Presto ci sarà la presentazione alla ibs in via de’ Cerretani. So che non sono dietro l’angolo ma sarò felicissimo di vederti.

            • Fammi sapere! Non ti prometto niente, ma ci provo. 🙂

              (Crepi, crepi tutto il cattivo e arrivi tanta fortuna per entrambi!)

    • E’ una sentenza che ha spiazzato anche me. Bisogna stare attentissimi.
      (Se penso a quante ne ho dette e scritte… Ma non pensiamoci ehm.)

  6. Una delle questioni irrisolte di questo tipo di editoria si chiama progresso. Se le copie te le vendi da te, magari perchè hai un blog e un certo seguito di gente a cui paice come scrivi, se con il printing on demand le copie te le stampi da solo, a che serve l’ editore (serve a tantissime cose se sa fare il proprio mestiere, intendiamoci, infatti ancora non pubblico in proprio)? Invece di interrogarsi su questo si denuncia una blogger, bene, bravi, bis.

    • Hai fatto bene a specificare che l’editore serve, l’editore vero, non necessariamente grande, ma serio. Hai fatto bene perché oggi mi ha scritto una ragazza che difende l’autopubblicazione e mi ha dato dell’incoerente per aver prima criticato gli editori a pagamento e poi inneggiato all’autopubblicazione sul finale.
      Ognuno capisce quel che vuol capire (e che può capire, aggiungo io).

  7. la Socrates è stata inserito a suo tempo tra le case editrici a doppio binario. La prova è che ho chiesto a un aspirante autore di leggere, ripeto leggere non comprare, uno di nostri libri, il capolavoro di Ron Butlin ( noi facciamo prevalentemente stranieri) Ovviamente ci hanno poi tolto da quell’elenco per me infamante ma mica ci ha messo tra i 300 non a pagamento! Che altro vuole la Rando? eppoi se ci sono commenti offensivi perché non gli togli?

    • Non è questa la sede per fare domande a Linda Rando.

      Comunque mi tolga una curiosità. Chiedere a un autore di leggere (e non comprare) cosa significa? E’ un consiglio letterario amichevole? (Che senso avrebbe un consiglio letterario amichevole a un autore che si sta proponendo all’attenzione di un editore?) O una condizione per pubblicare con voi?

      • Tra l’altro, a uno completamente inesperto, quelle 250 copie potranno sembrare poche. Ma chiunque abbia pubblicato con un piccolo editore sa che in realtà sono tantissime. Vendere 250 copie con un piccolo editore è un successo, e questo al di là della vicenda in sé.

          • Vorrei che per UNA VOLTA vi degnaste di leggere bene ciò che riportate, quindi commentare con più criterio.
            Dov’è scritto che l’autore deve vendere 125 copie per i fatti suoi? Le riporto il brano:

            “(nota: quanto sopra verrà applicato a meno che l’Autore non dimostri che grazie al suo impegno promozionale – copie richieste in conto vendita; presentazioni; vendite derivanti dalle sue pagine web – sono state vendute un minimo di 125 copie. In tal caso, la percentuale verrà riconosciuta al 100%).”

            C’è scritto che se fra eventuali presentazioni organizzate per suo conto, oltre che con vendite ad amici e conoscenti (tramite il proprio sito o tramite store online) e che possano essere documentate, e con eventuali copie richieste per sé si arriva a un totale di 125 copie, le condizioni di cui sopra non verranno applicate (ossia la provvigione sarà riconosciuta al 100%).

            E’ un po’ diverso da come lo ha riportato lei, signor Grimaldi, che ha scritto “[…] soprattutto se la metà, per contratto, deve vendersele da solo, in pratica.”

            Quello che ha scritto non rientra nell’ambito delle “opinioni personali”, bensì di una ERRATA INFORMAZIONE, e forse volutamente errata al fine di buttare ancora un po’ di fango sulla casa editrice. Vorrei che ne prendesse atto.

            • Stefania, io con gli editori ci lavoro da dieci anni e mi stupisce molto che un’editrice si ponga così male come ti sei posta tu nel tuo commento. Ho riportato nell’articolo il passaggio che riguarda i diritti d’autore preso dal vostro contratto editoriale e il contratto non l’ho scritto io. Subito dopo ho scritto:

              “Mi pare di capire che l’autore, per raggiungere le agognate 250 copie vendute, e quindi vedersi riconoscere le provvigioni totali […], deve vendere per fatti suoi almeno 125 copie, che non sono pochissime.”

              E’ giusta la mia interpretazione?
              Nel commento ribadisci che l’autore beneficia delle piene royalties previste dal contratto se dimostra di aver totalizzato almeno 125 copie fra:
              1) copie vendute per proprio conto (presentazioni, amici, parenti ecc.);
              2) copie vendute attraverso il proprio sito internet, oppure attraverso il portale della casa editrice, a patto che ne abbia lui il merito, cioè che l’acquisto sia dipeso da lui. (Ora mi sto domandando come potrebbe fare a dimostrarlo. Che contratto complicato!);
              3) copie richieste per sé;
              Che, riassumendo, significa che l’autore deve vendere (o far comprare, che è la stessa cosa) la metà delle copie da solo (sempre delle 250 di cui si parla per vedersi riconoscere i diritti d’autore pieni, ma capisci bene che non posso ripetere ogni volta tutto, pure quando rispondo agli interventi dei lettori che si presuppone abbiano letto il post intero comprensivo del vostro contratto e del mio parere).

              Francamente non noto questa “errata informazione” di cui dovrei prendere atto.

          • No che non è giusta la sua interpretazione. Perché non c’è bisogno di INTERPRETARE, ma è sufficiente LEGGERE! Perché le provvigioni vengano riconosciute al 100% NON E’ NECESSARIO vendere 125 copie per i fatti propri, ma bisogna che il libro abbia venduto almeno 250 copie e non importa attraverso quali canali, che poi sono la media di vendita in Italia. Non importa da chi. Ma se l’autore in qualche modo ha contribuito alla promozione e ha venduto attraverso i suoi canali almeno 125 copie, il 100% gli viene riconosciuto comunque! E’ l’esatto contrario di ciò che ha dipinto lei! E per provarglielo, potrei dirle che togliendo l’ultima parte della frase “(nota: quanto sopra verrà applicato a meno che l’Autore non dimostri che grazie al suo impegno promozionale – copie richieste in conto vendita; presentazioni; vendite derivanti dalle sue pagine web – sono state vendute un minimo di 125 copie. In tal caso, la percentuale verrà riconosciuta al 100%).”, non sarebbe un miglioramento delle condizioni per l’autore. Ma se è questo che crea “confusione” e malcontento, saremo ben felici di eliminarlo dal contratto. Gli autori ringrazieranno chi di dovere…

            Troppe cose che ci riguardano sono state storpiate da molti, e in ultimo anche da lei, qui nel suo blog, al solo scopo di farle apparire “cattive” e dannose per l’autore, quando invece servivano proprio a facilitare il raggiungimento di un certo obiettivo. Tanto più che ci sono editori che i diritti non li riconoscono proprio, oppure che non li pagano, quando spettano. Di noi potete inventarvi ciò che volete, storpiare qualunque notizia che ci riguardi con tutta la cattiveria e l’ignoranza possibili, ma non potrete mai dire che la 0111 non sia CHIARA, TRASPARENTE e ONESTA. Ma per questo non bastano interpretazioni errate come la sua o di tutti coloro che ad oggi si sono divertiti a infangare il nostro nome, ma servono PROVE. E dato che la 0111 è CHIARA, TRASPARENTE e ONESTA, non le troverete (non c’è un solo autore che possa lamentare una sola nostra mancanza! Quanto è stato promesso, è stato mantenuto, SEMPRE!).
            Cosa chiede 0111 agli autori è riportato chiaro sul sito, in ogni fase di contatto con gli autori e nelle fasi successive, da quando viene proposta la pubblicazione in poi. Non solo, ma se va sul nostro sito c’è anche la situazione vendite ufficiale, ed è pubblica. E prima che possiate tessere le vostre losche trame in proposito, consiglio di verificare l’anno di pubblicazione per quei titoli che hanno venduto poco (per ora).

            • Stefania, ti assicuro che non ho alcun interesse a gettare fango sulla tua casa editrice, anzi. Sarei felice di poterne parlare bene, come faccio con gli editori che mi colpiscono positivamente. Quindi fai pure a meno di includermi nell’esercito del male che lavora per distruggere la vostra immagine. La vita mi ha insegnato a costruire e non a distruggere.
              Detto questo, ho riletto per la quarta volta e finalmente ho capito. Se il libro vende 250 copie almeno, l’autore si ritrova le provvigioni riconosciute in toto (secondo le condizioni percentuali specificate), altrimenti si va a guardare le copie che ha venduto lui personalmente. Se sono almeno 125, come sopra. Altrimenti il 70%, il 40% oppure niente a seconda di quante sono. E’ un meccanismo molto contorto, che può confondere. E non è vero che basta leggere. Bisogna leggere, leggere e rileggere e se qualcuno te lo spiega due volte è meglio ancora. E sì, se togliesse l’ultima frase peggiorerebbe ulteriormente la situazione. Se vuole il parere di un autore che non conta niente, visto che poi si tratta di cifre veramente ridicole, dovrebbe rimuovere tutta questa serie di condizioni dal contratto a beneficio della chiarezza e riconoscere all’autore la percentuale media che si aggira attorno al 7/10 % sul prezzo di copertina, ma dalla prima copia venduta. Non spetta all’autore vendere le copie (poi se lo fa ben venga, certo) e non si capisce perché sotto un certo numero di copie vendute l’autore non si debba vedere riconoscere i diritti per la propria opera.
              Detto questo, spero che le sia chiaro che non ho alcuno scopo volto a demolire il suo lavoro.

              • “Detto questo, spero che le sia chiaro che non ho alcuno scopo volto a demolire il suo lavoro.”

                Da ciò che ha scritto nel suo articolo, non si direbbe. Anzi, chi legge sicuramente capisce il contrario.

                “Bisogna leggere, leggere e rileggere e se qualcuno te lo spiega due volte è meglio ancora.”
                Ecco, questo è quello che fa una persona dotata di senno: se non capisce, rilegge ed eventualmente chiede. Siamo disponibilissimi a fornire spiegazioni, a chi le chiede. Ciò che non siamo disposti a fare, invece, è dare ascolto a che pretende, anche in forma di “consiglio spassionato”, di dettare le regole in casa d’altri. Ogni casa editrice ha il suo contratto e le sue condizioni, e le assicuro che le nostre non sono certo le peggiori! Di sicuro a lei saranno capitate le migliori (ne trova 1 su 1000 che le dà il 7-10% dalla prima copia!), ma ciò non toglie che anche condizioni diverse, leggermente meno favorevoli delle sue non sono da “raggiro”.

                E con questo chiudo.

                • 7-10%?, io ho pubblicato un libro con amazon (create space) e le royalty sono più del 25%, il libro è in vendita a € 7,03, le mie royalty sono di € 1,85, per l’appunto più del 25%.

                  • Ciao Giancarlo, io mi riferivo a una pubblicazione con un editore tradizionale. Che fa promozione, che porta il libro alle fiere, che paga un distributore nazionale per portarlo nelle librerie. Amazon non è un editore, ma una specie di distributore online. Non fa alcun tipo di lavoro di editing sul libro, stampa solo le copie di cui ha bisogno, quelle che gli vengono ordinate, vende solamente attraverso il suo portale, non porta i libri nelle librerie. E’ una sorta di tipografia che ti permette anche di vendere il tuo libro sul sito. Per questi motivi le percentuali sono più alte, perché non ha le spese di un editore tradizionale.
                    Ti faccio un esempio. Un editore distribuito a livello nazionale deve pagare l’editor che cura il libro prima che vada in stampa, poi deve stampare almeno 1500 copie da affidare al distributore. Un distributore nazionale arriva a prendere il 60% del prezzo di copertina. E poi la promozione e la pubblicità che hanno costi altissimi. Questi e altri costi spiegano le percentuali delle royalties all’autore che si aggirano appunto intorno al 7-10%.

                    • certo, ma i problemi in Italia sono
                      1 il distributore che prende più del 50% del prezzo di copertina
                      2 le librerie lavorano in conto vendita, se si vende bene, altrimenti lo rimandano all’editore.
                      Poi un libro se va bene sta sullo scaffale 30 giorni, capita a volte che non vengono neanche tolti dalla scatole.poi ci sono i resi.
                      Amazon salta tutta la filiera, certo, l’editing l’ho fatto io, la pubblicità la faccio io,

                    • Giancarlo, conosco l’editoria italiana molto bene. Tuttavia non è possibile considerare Amazon un editore, proprio perché tutto quello che compete all’editore in questo caso te lo devi fare da solo con quelli che sono i tuoi mezzi, e le competenze specifiche che ovviamente non possono essere quelle di un editore. Amazon è un portale che offre un servizio: una specie di copisteria che vende i libri online. Non sto criticando la tua decisione di selfpublishing, sto solamente motivando le royalties ovviamente più alte che ti offrono.

                    • su amazon si sceglie il formato, il testo va formattato, cosa semplice visto che l’ho fatto io che col pc sono quasi analfabeta, e poi si carica, il testo si dispone da solo sulle pagine, i margini sono già predefiniti e le pagine numerate. Poi si verifica l’anteprima se c’è qualcosa da correggere e si carica definitivamente. Se come editing intendi l’impaginazione, allora su amazon è automatico. Il mio era solo testo, senza foto, (con le foto sarebbe stato decisamente più complicato) ed è stato semplicissimo caricarlo. inoltre è tutto completamente gratuito

                    • Giancarlo conosco molto bene Amazon.

                      L’editore non è colui che stampa il libro, l’editore è colui che cura un libro, e si serve dei suoi editor. L’editor è un elemento della casa editrice, un lettore consapevole, capace di individuare punti di forza e punti deboli di un manoscritto: sui secondi, interviene a più livelli, dai refusi allo stile, alla struttura narrativa. I primi vengono esaltati smussando i secondi. In definitiva, l’editor fa di un manoscritto un libro. Ogni opera, nessuna esclusa, ha bisogno di un lavoro di editing, di una sana ripulitura. Questo quando si parla di un libro vero, cioè selezionato da un editore, curato e distribuito. L’autopubblicazione è un’altra cosa: non prevede selezione, non prevede editing e non prevede distribuzione in libreria né campagne stampa ecc. Non sto esprimendo un giudizio negativo, sia chiaro: in qualche caso si rivela una scelta intelligente e azzeccata, ma è un’altra cosa che non ha nulla a che vedere con la pubblicazione tradizionale.

              • Anzi, dimenticavo: dato che ben pochi lettori del suo blog leggeranno tutti i commenti, specie gli ultimi, e siccome mi pare di aver capito che ha ammesso di aver male interpretato la clausola del nostro contratto, le suggerisco caldamente di modificare anche l’articolo, che sarà l’unica cosa che leggeranno coloro che capiteranno su questa pagina. Dato che riporta un dato errato, e che ciò è stato appurato, la prego di provvedere il prima possibile.
                Grazie

                • Stefania, il mio post non riporta un dato errato. Riporta il vostro contratto (che è il dato) e una mia interpretazione preceduta da un “mi pare di capire” che chiarisce la presenza di più di qualche dubbio. Poi, come dici tu, le cose non vanno spiegate, ma lette quindi chiunque capiterà qui leggerà il vostro contratto e capirà immediatamente quello che a me è sfuggito. Comunque mi sembra interessante modificare l’articolo e integrarlo anche alla luce del confronto avuto nei commenti.

                • > pochi lettori del suo blog leggeranno tutti i commenti
                  Come si permette di fare queste affermazioni OFFENSIVE senza nemmeno AVERNE LE PROVE.
                  Può dimostrare quello che sostiene O parla solo per il gusto DI farlo?!

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