• Io non so se quella dei postini sia una categoria per la totalità composta da stronzi, oppure se a essere stronzo sia soltanto il mio. Fatto sta che la favoletta del postino che suonerebbe sempre due volte si è rivelata una gran cazzata. A Preturo il postino suona, bene che va, mezza volta, e poi va via ad una velocità che Road Runner (Beep Beep) di Willy Coyote gli fa una pippa.
    Ieri sono rincasato verso le tre e mezza. E quando le notti non finiscono (all’alba nella via, le porto a casa insieme a me ne faccio melodia, e poi mi trovo a scrivere chilometri di lettere…) vuol dire che c’è qualcosa di magico nella mia vita di adesso. Però la mattina, non dico tutta, ma una buona parte, uno la vuole passare a dormire. È una conseguenza logica, o sbaglio?
    Suona il citofono alle nove in punto. I soliti ventotto secondi (pure pochi!)  per svegliarmi e capire cosa succede. Avrò diritto a un attimo per ritrovare i contorni delle cose, o no? Dalla finestrella del bagno riconosco la Panduccia bianca. Impreco inutilmente al soffitto, giusto per sfogarmi tra me e me. Una cosa mia insomma. Alzo la cornetta e dico: “Arrivo”. Riattacco. Scendo le scale in boxer e maglietta del pigiama, con tanto di barchette a vela blu. Apro la porta. Attraverso il giardino in ciabatte. Arrivo al cancelletto. Spariti Panda e postino.
    Che palle!
    Certo non posso incazzarmi perché suona, quello no. Però – dico – (non ricominciamo con le coppie di fatto ché il discorso ha già rotto. Era semplicemente indicativo presente del verbo dire, prima persona singolare. Io dico.) visto che m’hai svegliato, aspetta due minuti cazzo!
    Poco male. Mi volto verso la cassetta per ritirare il talloncino che certamente avrà lasciato. Vuota. Quindi?
    Non ho capito. Voleva fare quattro chiacchiere con me? Parlarmi dei suoi problemi di cuore? Raccontarmi delle sue storie passate; della vecchia madre che odia la ragazza perché è convinta che voglia sposare il suo idiota pargolo solo per interesse? Del suo cane che mangia poco? Cosa vuoi da me maledetto postino? La prossima volta abbi almeno il coraggio di aspettarmi.
     
    M.
     
    Qualche giorno fa mi sono ritrovato per caso ad ascoltare un testimone di Geova. Quando ha detto che è il diavolo tentatore che ci induce a fare sesso prima del matrimonio, mi ha fatto un po’ pena.
    Scrivi un commento →: Stronzo di un postino
  • Non provo repulsione per gli insetti. E neanche un folle amore. Non sono uno di quelli che se calpestano un uovo di moscerino piangono e si infliggono lancinanti pene corporali per l’efferato omicidio appena compiuto, e neanche appena vedo un animaletto più o meno volante gli piombo addosso e lo spiaccico a suon di frustate col Messaggero.
    No.
    Io lascio vivere. Esistono loro, esisto anch’io. Tu stai alla larga da me, io sto alla larga da te. Non mi pare un concetto di difficile comprensione.
    Succhio l’anguria e sputo i neri semi di malavoglia. Devo mangiarla anche se non mi va, altrimenti domani finisce nel bidone della spazzatura, e non è che la cosa m’intristisca particolarmente. Già è parecchio andata, farinosa e di un rosso scuro, che prendi in mano la fetta, e la polpa si stacca da sola e cade sul tavolo. La schifosa mosca grassa, attirata dal dolce succo, si avvicina rumorosamente e non mi si scolla di dosso. Glielo dico. Stai attenta che finisci male. È temeraria e non s’arrende; non sa che è sbagliatissimo sottovalutare il nemico, soprattutto se è grande cinquecento miliardi di volte lei. Lo so che gl’insetti non capiscono, ma questo non allevia il fastidio di un ronzio continuo, e poi le piccole zampette che si posano, e si staccano, e si posano ancora, un po’ più giù, sulla gamba, e io provo a scacciarla, ma lei ritorna.
    Quando non vuoi sentire, spegni la fonte del rumore.
    La musica dello stereo t’infastidisce?
    Premi off.
    Scatta l’allarme della macchina perché un topo ha sfiorato la ruota?
    Premi off.
    Sei ad una festa e ti stai eccessivamente rompendo i maroni?
    Te ne vai.
    Solo che io sono a casa mia e non esiste telecomando per liberarmi del peloso insetto. Allora penso che forse se l’accontento la smetterà di volarmi sopra. Bene. Colpisco la mosca con il panno per asciugare i piatti, e poi, mentre si dimena sul tavolo stordita, alla ricerca della lucidità per riprendere il volo, sollevo il mezzo cocomero e glielo appoggio sopra, dalla parte della scorza. Starà percependo quel lieve scricchiolio come un semplice spappolamento di ogni microparte del corpo. Non ronza più. Ha avuto quello che desiderava.
    Ora sì che è una mosca soddisfatta.
     
    M.
     
    Il mio dirimpettaio, in bilico sulla scala, sta trasformando il suo balcone in una gabbia, illudendosi di poter impedire così ai suoi gattini la libertà. Se fossi uno dei suoi due gatti, ora gli salterei addosso, in una coccola estrema. Giusto per fargli perdere l’equilibro.
    Scrivi un commento →: Una succosa morte
  • Appena spedito l’ultimo Supermarket24. Dovrò farne altre copie per altre possibilità. Il grosso è andato, giusto altre poche. Cinque o sei. Ho qualche debito da saldare e sono in rosso. Domani o dopodomani passo in libreria a ritirare le vendite di Non farmi male, almeno avrò l’autonomia di un altro mesetto di week-end e giovedì cocktail. Gli editori dopo la bomba atomica dei tre NO nello stesso giorno, paiono essersi calmati. Magari già in vacanza, sotto gli ombrelloni a godersi i loro successi editoriali. Torneranno presto più bastardi che mai. Intanto vi segnalo una recensione del mio libro Non farmi male, scritta da Valentina M, giornalista di Sipario, che con passione e amore entra nelle storie e le vive, ritrovando in ogni respiro connessioni con l’arte di chi ha raggiunto tutto. Anche se l’ho già fatto, voglio ringraziarla ancora. Clickate quaggiù.

     
    È lunedì. Allora buon inizio settimana a tutti.
     
    M.
     
    Per la serie schifezze in piena notte: ieri, tornato da una splendida serata, ore due e mezza, ho spalmato quello che era rimasto del Philadelphia su una fetta di pane mediamente secca, e poi quello che era rimasto della salsa tartufata, sopra. Non sopporto le confezioni semivuote. Occupano solo spazio. Unica consolazione, il Philadelphia era Light.
    Scrivi un commento →: Lunedì light
  • La storia di Facchinetti junior e del suo coraggioso e malriuscito tentativo di apparire simpatico su YouTube non ha colpito solo il Matto (chi s’è perso il post lo trova un po’ più giù. Non mi fate mettere i link ché non mi va!), ma anche migliaia di altri fruitori della rete, che hanno accolto il fenomeno Facchinetti-YouTube come si accoglierebbe la notizia di una calamità naturale; che so, l’arrivo di un meteorite che in meno di quarantotto ore impatterà col pianeta sterminando l’ottantanove per cento della popolazione. Io volevo finirla là. Poi mi sono arrivate altre segnalazioni di chi non si è limitato a lasciare un segno, ma ha ingaggiato una vera e propria battaglia a suon di filmati contro il germe Facchino, che a quanto pare sarebbe tanto potente da rimuovere la cascata di commenti negativi giunti, salvando solo quelli dei suoi simili. E allora il Matto ha deciso, dopo essersi letteralmente scompisciato dalle risate, di supportare la lotta postando il video del simpatico BlackSun per augurarvi un’allegra domenica.

     
    Chiudo con un frase che ho appuntato ieri notte alle quattro per non permettere al sonno e ai sogni di portarla via. Chi ha orecchie per intendere intenda. Anche se temo non possegga neanche gli elementari strumenti logici per poterlo fare, comunque…
    Ad alcune persone occorrerebbe una lunga immersione formativa in una vasca colma di rispetto liquido e bollente educazione.
     
    M.
    Scrivi un commento →: Il germe Facchino
  • Mi sto chiudendo. Sono incappato – mannaggia la miseria – in BlogItalia. C’è una specie di mega classifica dei blog più visitati, poi dice segnala il tuo blog!, allora ho segnalato la Stanza. Navigando navigando ho inteso che solo quelli iscritti a Technorati (se qualcuno mi spiega cos’è ché io ancora non l’ho capito, e a questo punto mai lo capirò) vengono rilevati per la classifica, e allora mi sono iscritto, ma quelli dicono che non è vero. Poi il sito è in Inglese, e allora chissà se dicono proprio che non è vero, oppure che manca qualcosa, oppure che ho sbagliato un passaggio, o tutti i passaggi, o che sono un idiota. O uno stronzo (magari ci vanno giù pesante e io non me n’accorgo). Allora ho preso a copiare nel template tutti i loro codici, ma apparivano robe orribili; l’ho modificati, ma probabilmente ora non funziona più, come se prima funzionasse. Poi è apparsa un’icona con la bandierina dell’Italia, che rileva i feed, un feed generator, che fa? Boh, ma pare che ce l’hanno tutti. Ho chiuso mandando ripetute volte affanculo blog, classifiche, template, tastiera (che si dimentica i caratteri), mouse zozzo lercio che custodisce la schifosa pallina intrappolata dalla polvere appiccicosa mischiata a tutte quelle particelle che il super Kirby rimuoverebbe al solo nominare il suo nome, e quella minchia di freccetta che per farla camminare devo zappare sul tappetino; Technorati che odio con tutto me stesso senza neanche sapere che forma abbia, e quella maledetta scrittina fluorescente con tanto di lampadina delle idee che continua a dirmi iscriviti a Technorati! come se non ci stessi provando da ore; il monitor (ok, è l’unica cosa che funziona, ma se affanculo ci vanno tutti non capisco perché non dovrebbe andarci anche lui) e anche la vicina di casa che mi sta lievemente cascando sotto i maroni. Chiudo tutto. Non ho risolto niente, niente è cambiato, a parte il nervoso cosmico e la furia che cresce contro la tecnologia avanzante. Bene. Chi c’ha capito qualcosa è bravo. Io sono un grande (…). Ora ci starebbe bene la sigla di Bravo Bravissimo.
    Intanto complimenti a Niccolò Ammaniti che col suo ultimo romanzo Come dio comanda ha vinto il premio Strega 2007. Sono contento per lui. È un autore che amo, ma non posso non dire che a parer mio quest’ultimo libro, per quanto comunque di altissimo livello è il meno riuscito. Mi domando come mai non l’abbia vinto con Io non ho paura ad esempio. Il potere degli editori e il grande ritorno dell’autore dopo oltre cinque anni di silenzio, il successo di vendita del libro comunque non ai livelli attesi, a mio parere hanno inciso profondamente sulla decisione di premiarlo.
    Saluto tutti. Technorati stai attento perché io ti troverò, e allora per te sarà la fine!
     
    M.
     
    Oggi è il compleanno di Luca. Tanti auguri ad uno che mi ha dimostrato, senza far uso di troppe parole inutili, quanto può essere splendida e significativa un’amicizia. Chi l’ha detto che per essere fratelli bisogna per forza avere nelle vene lo stesso sangue? Grazie per tutto quello che sai, e che sei.
    Scrivi un commento →: Technorati ti odio! Auguri Luca!
  • Monserrat ha ventiquattro anni, vive a Milano e per pagarsi gli studi lavora come centralinista in un call center erotico. La prima chiamata che prende cambia la sua vita, quando la voce di uno sconosciuto dall’altro capo del telefono le sussurra: “Non ti sto offrendo una tenera noia, tu vuoi essere sconvolta”. È Davide, artista affascinante e sfuggente, animato da uno smodato desiderio di possesso. La piccola Monserrat si lascia trascinare nella spirale di giochi di Davide. L’amore la travolge e lei si fa inghiottire con innocente spontaneità. La sua natura passionale la catapulta in un rapporto simbiotico, fino a perdere le tracce di sé. È confusa. Persa in quel lunghissimo attimo nebbioso dal quale esce d’improvviso, con la scelta di partire per l’India, non tanto per ritrovare se stessa quanto per provare a vivere al di fuori di una relazione sentimentale, che stringe e si fa fondamentale fino a soffocare ogni altro spicchio di vita. È lontana eppure non dimentica. Non si possono dimenticare pulsioni tanto vere, irrefrenabili. Le uniche ad averle fatto conoscere la completezza del cuore e del corpo. E allora dall’India racconta la sua storia con Davide, alternandola alla scoperta e alla estenuante fatica, di ambientarsi in un paese così difficile. Monserrat vive la contemporaneità non giudicandola, ma tuffandosi senza paracadute. È un’esploratrice di sé stessa; legge il suo dentro attraverso le esperienze e gli incontri, le reazioni, i compromessi, la strada. L’India la trasforma da ragazza sprint di città a giovane donna più consapevole e riflessiva; che sa valutare e proteggersi. Vedere il mondo dall’alto e comprenderne certi meccanismi per restare a galla, senza permettere a nessuno di privarla del respiro. Vermi è il suo diario, un viaggio nello spazio e nell’intimo sentire, dove amore e allucinazioni si intrecciano in modo indissolubile. Scene intense, che richiamano l’anima e la catalizzano sulla pagina. Una scrittura incisiva, che taglia e resta con poche parole. Senza fronzoli, secca e definitiva come un’accettata violenta, romantica come un bacio leggero e indimenticabile.
    Vermi inaugura la collana Neon! di Tea diretta da Aldo Nove. Un esordio che fa rumore quello di Giovanna Giolla, già apprezzata da molti per la sua rubrica Transiti su Repubblica nella quale scrive brevi racconti.
    vermigioL’autrice ha un blog che vi invito a visitare, per conoscerla meglio, ma soprattutto per entrare nelle vene di Monserrat, e nutrirvi di quel calore contemporaneamente sporco e puro.
    Leggete Vermi, perché Giovanna Giolla è una rivelazione, perché Giovanna Giolla sembra conoscere il segreto per narrare le emozioni.
      
    M.

    Vermi
    Diario d’Amore

    Romanzo di Giovanna Giolla
    Edizioni Tea

    Technorati Profile

    Scrivi un commento →: Vermi – diario d’amore
  • Leggo. So leggere (anche ad alta voce), e mi piace. Farmi trasportare dalle acque vive di una buona storia. Non tutte le storie sono buone. Almeno per me. Alcune riescono a farsi amare da tutti, altre solo da pochi, altre ancora spaccano in due, costringendo contemporaneamente alla venerazione e all’odio. Ho parlato di parecchi libri nell’altro blog, che proprio oggi, dopo un mese di preavviso, hanno chiuso e cancellato, sostituendo due anni della vita di molti con l’accogliente messaggio:

    RCS Libri tornerà presto con nuovi siti che, grazie a communities mirate, daranno nuove opportunità ai lettori e ai navigatori, con spunti di discussione, iniziative, dibattiti focalizzati sul mondo dei libri e della cultura in generale.

    Tornate a trovarci… (Sicuramente!)

    Fanculo voi e le communities, mi verrebbe da dire. E lo dico.
    Fortuna che sono fuggito in tempo, per sentire, ora, soltanto una lieve malinconia. Qualche illuso sperava di poter  scrivere ancora su DiaBlogando. Non mi son piaciuti per niente, e allora sono andato via; e non avrei cambiato idea qualora c’avessero ripensato.
    Torniamo a noi, parlavamo di recensioni. Mi arriva una mail.
    Ho voglia di collaborare con un sito nuovo, giovane, vario? Magari con qualche recensione?
    . Il sito è serio ma non troppo di nome e di fatto, e oggi è uscita la prima. Mi sono occupato di Mare delle verità, l’ultimo romanzo di Andrea De Carlo. Date un’occhiata alla recensione e a tutto il portale. Ci trovate classifiche, passatempi, giochi, film, libri, moltissime sezioni da esplorare. Il link lo trovate anche in Parole nella rete e la recensione di Mare delle verità inaugura la nuova sezione della Stanza: Le recensioni del Matto. A coloro che son già lì, pronti a deridermi, e mi puntano il dito accusandomi di aver scelto il titolo in italiano solo perché non so come si dice recensione in Inglese, rispondo che recensione in inglese si dice review. (Giusto?)
     
    M.
     
    Grazie a Dio, sì, proprio Lui, ho terminato Con le peggiori intenzioni di Piperno. La consacrazione dell’orrore. Un contenitore di parolone saccenti, per la serie Io so scrivere, che se non hai un vocabolario a portata di mano non ci capisci un tubo. (Che poi non è che col dizionario il concetto cambi molto.) L’ho finito solo perché, spinto non so da cosa, l’avevo acquistato a prezzo pieno. Quasi quasi lo uso per provare le penne. Non fate il mio stesso errore. E non parlatemi di Piperno. Non lo voglio sentire mai più nominare .
    Scrivi un commento →: So leggere, scrivere, e so anche scrivere di ciò che leggo!
  • OK. È tornato il silenzio. La Stanza non è mai stata così affollata da tante voci pazze; però, ragazzi, una mano a pulire potevate anche darmela. Patatine sbriciolate e appiccicate sul parquet, la tenda azzurrina macchiata col pomodoro delle pizzette, sei bicchieri di cristallo andati in frantumi, e se scopro chi è stato me lo faccio a passo di canarino, due profilattici sporchi abbandonati vicino alla poltrona gonfiabile, e uno aperto che sembrerebbe pulito (ahia, cilecca!) sopra al comodino, e mia madre che piange, mentre con pezzetta logora e secchio d’acqua, struscia disperatamente il battiscopa all’angolo dell’armadio, sperando di lavar via il fango che vi siete portati dietro, passando per chissà quali praticelli di terra smossa prima di giungere alla mia residenza.
    Comunque è andata. Scherzi a parte, grazie a tutti quanti per questa specie di meraviglioso Tsunami d’auguri e allegria. Ci voleva.
    Bene, ora torniamo seri perché, anche se in molti l’avranno dimenticato, distratti da trombette e balli scatenati, il matto è anche uno scrittore. Fortuna che qualcuno se lo ricorda, in questo caso il critico letterario Simone Gambacorta che mi ha intervistato per la rivista on-line AbruzzoCultura.
    Allora fate una bella cosa. Mentre io finisco di rassettare, cliccate QUA e leggetevi l’intervista; vi aiuterà a conoscere un po’ meglio Non farmi male e quello che c’è dietro.
     
    M.

    Come avrete notato, oltre alla sfiziosissima tag-board di saluti&baci, ho inserito una nuova sezione. Matto’s bazar, (il the iniziale l’ho volutamente omesso, appesantiva!) nella quale piano piano confluiranno illogicamente un po’ di cose che riguardano il matto, sparse qua e là per il web.
    Scrivi un commento →: Intervistina al Matto che, nel frattempo, pulisce.
  • Consueto gingle digestivo di Uomini e Donne. Tante sedie vuote. Siamo a fine stagione, e allora sarà senz’altro una delle solite puntate commemorative degli innumerevoli love-flop nati e morti tra le urla di quelle quattro tacchine grasse del pubblico parlante. E invece no. Signori e signore, torna sul trono per la terza volta Luca Dorigo. Vogliamo qui ripercorrere l’illustre carriera d’Umiliato Pubblico della persona divenuta ormai lo zimbello d’Italia.
    Personaggio creato da Maria nostra a Uomini e Donne, pone fine a un trono anonimo scegliendo la tigre con le cicce Amalia, che gira e rigira tra le parole prima di sparargli un sonoro e secco No, forse illusa da prospettive di troni futuri. Luca, alla ricerca di un riscatto, torna sul trono. Amalia torna a corteggiarlo. Luca la risceglie (e va be’, allora… ) e a quel punto un altro No avrebbe significato la lapidazione a colpi di mezzi tacchi delle suddette tacchine, e allora Amalia dice Sì. L’amore trionfa, calano i petali, Maria applaude dalle sue scalette in plastica, e tutti vissero felici e contenti.  
    Inizia La Pupa e Il Secchione. E chi ti arriva a sostituire una pupa fuggita in tempo da quella vetrina di carni ignoranti? Amalia, che gira sulla pedana con le mutande di pizzo, ammiccando a quei bruttoni complessati. Viene scelta, e inizia la sua pratica di biscia tra i letti.
    Ma non stava con Luca?
    Maria nostra invita subito il povero (…) in trasmissione, che racconta di essere stato lasciato una settimana dopo. Bene. Inizia il Grande Fratello, e chi ti arriva in studio fidanzato alla bella concorrente Melita? Naturalmente Luca Dorigo. La visione della sua faccia mi provoca un’irrefrenabile pulsione a cambiare canale, ma quando sto per farlo ecco la scena clou. Melita lo lascia in diretta e lui torna di nuovo a fare la parte del cornuto e mazziato. Emblematica la risposta di lei che alle parole: "ho perso sei chili, mi hai deluso, ti amavo e ti amo ancora" e altre frasi simili, ribatte all’incirca così: "il mio unico errore è stato quello di non chiudere con te prima di entrare qui", e via di baci e abbracci col suo Alessandro.
    Chiunque, dopo una tale figura di cioccolato, sarebbe sparito dalle scene, in esilio volontario in qualche chalet diroccato, a riflettere sul senso della vita. Luca Dorigo no. E quindi diventa a tutti gli effetti concorrente del reality Un Due Tre Stalla, di Barbarina nuovo look (dimostra solo trent’anni di più) e sguardo devastato dagli ascolti sottoterra. Non ho ben chiaro in funzione di quale meccanismo del regolamento Luca sia potuto entrare nella Stalla (spiegazione esauriente la presenza del cognome De Filippi tra quelli degli autori) e soprattutto nella squadra delle vallette, anche se basta un’occhiata al suo curriculum televisivo per convincersi che non poteva che andare così.
    E allora, quando Barbarella chiama: “La squadra delle valletteee!” ecco sfilare le stambeccone ipertruccate con le lenti a contatto azzurre e le labbra canottate, e a seguire, il nostro eroe Luca incaricato di proteggerle dall’impeto dei rustici contadini. È l’unico istante della trasmissione che guardo. Esilarante.
    Beh, dai, almeno vince un reality. Lui è famoso, lo voteranno. Manco per niente. Vince Imma, (chi è?) (boh), e la Stalla si chiude tra i fischi di tutti con l’ennesima umiliazione di Luca secondo.
    Quando Maria Maria Maria prende a cuore una causa non la molla, e allora eccolo ricomparire sul trono.
    Il ragazzo è ben contento di restare in video più tempo possibile per incrementare cachet e serate. (Mica fesso!) Basti pensare che ne farà cinque solo nei primi quattordici giorni di Giugno. Sul suo sito ufficiale (non metto il link manco morto) dopo la intro di foto grezze e musica tunzettara, c’è un banner che voglio segnalare a tutti i fan che desiderano ardentemente anche solo un saluto del Re Luca.
    Recita così: Chatta al telefono con Luca. Quando Luca esce (ma non si dice uscirà?!) da Un Due Tre Stalla…! parlerà direttamente con te!

    Cliccate e vedete un po’ che succede. Io intanto chiamo Striscia.
    Nella speranza che qualcuno che gli vuol bene riesca presto ad allontanarlo da telecamere e umiliazioni, e a permettergli così di recuperare quel poco di dignità che offre il silenzio, noi vogliamo ricordarlo nell’unico momento felice della sua vita durato ben tre minuti e cinquantuno secondi.

      
    M.
     
    Il cuore mi ha sempre detto Amalia. Ah, l’amore…

    Scrivi un commento →: Luca Dorigo, ancora sul trono… Della pietà!
  • Oggi ho fatto fuori l’ennesimo mazzo di chiavi.

    È un’attitudine incurabile, una sbadataggine senza rimedio. Ogni volta che prendo in mano uno di quegli stramaledetti pezzi di metallo intagliato mi ripeto: “Stai attento, pensa a cosa fai, a dove vai, e li porti, e li appoggi, controlla ogni movimento…”

    Io sto attento. Penso a cosa faccio, a dove vado, e li porto, e li appoggio, controllo ogni movimento; eppure, magari non nell’immediato, magari il giorno dopo, sparite le chiavi.

    Di solito finiscono in qualche tasca di cui ho sempre ignorato l’esistenza; raramente tornano alla luce, e mai prima di un paio d’anni, quando ormai l’ho rifatte oppure ho cambiato le serrature; e allora le uso per sbudellare le zecche.

    Fermo la macchina davanti al cassonetto. Sì, lo so che è divieto di sosta e fermata, ma non pretenderanno che mi faccia i chilometri con cinque buste della CONAD piene di umido puzzolente! Con gesto atletico lancio le prime due, e poi le altre due; la quinta tintinna.

    Oddio le chiavi. Mano in tasca. Della macchina, presenti. Di casa, presenti. Tiro un sospiro di sollievo mentre percorro la salita fino a casa di Luca e Niccolò. Pranzo insieme: penne al sugo semplice, insalata con l’olio (io ci volevo l’aceto), caffè divino simil-bar, gelato che non gela gusto cappuccino. Visione delle altre due puntate di Ugly Betty, e studio alternato a simpatiche pause ciambella e internet.

    Alle diciannove e trenta parcheggio fuori casa, scendo, arrivo al cancelletto. Mani in tasca. Niente. OK, ripeto il gesto. Mani in tasca, niente. Le chiavi. Torno in macchina, niente. Ancora in tasca, (lo so che c’ho già visto) niente.

    Mi apre mia madre che, dopo il momentaneo impeto di incontrollata violenza urlante scatarravolgarità, torna in cucina rassegnata.

     

    “Hai controllato in macchina?”

    “Sì.”

    “Sicuro che quando sei uscito le portavi?”

    “Sì.”

    “Questo sarà il decimo mazzo di chiavi che perdi, lo sai?”

    “Non l’ho perse.”

    “E dove sono?”

    “Non lo so, erano in tasca.”

    “Se non lo sai vuol dire che l’hai perse; comunque stavolta le paghi tu, io non te le rifaccio!”

    “Oddio ma’, ho come un’illuminazione!”

    “Ah, dove stanno?”

    “Beh, a quest’ora ormai alla discarica comunale!”

    “L’hai buttate nel cassonetto?”

    “Mi sa di sì. Ho sentito qualcosa di tintinnante mentre lanciavo una busta.”

    “E perché non l’hai recuperate?”

    “Perché ce l’avevo, ho controllato.”

    “Sei peggio di nonna Giovannina.”

    “Perché?”

    “Stava tutto il giorno a chiedere chi s’era rubato le sue chiavi, ché lei non l’aveva spostate dalla mensola; a dire che erano tutti stronzi, che le volevano male, che la dovevano smettere di frugare tra le sue cose, e poi, quando la sera si spogliava, le cascavano a terra dalle tette.”

    [risata con le lacrime]

    “Almeno se le metteva nelle tette, tu le butti!”

     

    M.

     

    Nonna Giovannina tornerà presto. Non nel senso che tornerà in vita. Va be’, ci siamo capiti.

    Scrivi un commento →: Nelle tette di nonna Giovannina

sono Matteo

Sono nato a L’Aquila nel 1981.
Adesso vivo a Firenze, insegno ai bambini della scuola primaria e scrivo romanzi definiti “per bambini e ragazzi”, ma io dico non vietati agli adulti…

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