• Ieri mi sono svegliato con lo yeah-mode impostato. Se sei tu il primo a decidere che quello che è appena sorto può essere potenzialmente il giorno della svolta, beh può darsi che lo diventi davvero. Non lo è diventato, che ve lo dico a fare. Però sono lieto di annunciarvi che nell’intera giornata di ieri 6 maggio non son capitate catastrofi che hanno colpito direttamente o indirettamente la mia persona o oggetti a me cari (leggasi: la mia macchina). Questo mi pare un più che buon motivo per mantenere lo yeah-mode sull’ON per un’altra giornata, perché oggi sì che sarà The day after tomorrow!
    La mia piccola Matiz, dopo aver subito le percosse senza pietà di malviventi ubriachi che le hanno provocato fratture multiple (dei vetri), e un rapimento, è stata recuperata dal suo padrone dal cuore d’oro (ma dal portafogli di cartone) che ha girato mari e monti, per niente sostenuto dalle forze dell’ordine della zona (i rapitori, se non si era capito), e l’ha ritrovata abbandonata al settore A della depositeria comunale di Firenze. Ha pagato il riscatto di 130 sporchi euro e l’ha portata al sicuro nel garage del carrozziere Mori.
    “Cosa dobbiamo far aggiustare?” “Effettivamente mia sorella l’ha ridotta un catorcio, però, per adesso, soltanto il vetro, grazie!” “Allora domani chiamo il fornitore. Se ce l’ha disponibile da subito, in un paio di giorni è pronta.” “Allora speriamo che non ce l’ha!” L’omino dal gran sorriso mi guarda con un gigantesco punto interrogativo increspato fra i fili d’erba grigia che ha annaffiato per anni e anni e anni sul fertile cranio. Mi sento in dovere di spiegare la mia all’apparenza nefasta speranza. “Il fatto è che dovunque la lascio succede qualcosa. Sta diventando motivo d’ansia e attacchi di panico trovarle un posteggio e il suo garage mi pare un luogo sicuro, quindi più posso lasciarla e meglio è.” Vado via incrociando le dita che il pezzo debba arrivare dalla Siberia, poi, se chiama, non rispondo fino a domani almeno.
    Ieri sera, per festeggiare la mia purezza d’animo e di spirito che mi tiene lontano da pensieri e azioni squallide finalizzate a raggiungere una meta più o meno materialistica (prendetela così, non è che posso mettermi a spiegare per filo e per segno cosa non ho fatto, però siate orgogliosi del vostro Matto, insomma) ho preso un gelato nei pressi del Duomo. “Quanto vengono i coni? Sono scritti piccoli piccoli i prezzi e io non ci vedo tanto bene.” “Allora, c’è questo più piccolo che viene 3 euro, poi questo un po’ più grande, ma sempre piccolo che viene 4 euro. Quest’altro medio ehm ehmque euro (5? Ho capito bene?) e il più grande di tutti ehm ehm coff coff burpei euro.” 6 euro un cono gelato che sarà pure il più grande di tutti, ma riflettendolo non è che sia proprio sua vastità. Attraverso un attimo, ma solo un attimo in cui penso che sarebbe carino prendersi quello da 6 giusto per dirlo in giro. “Sì sì, qua se non sganci come minimo 6 euro, un gelato te lo puoi scordare!” Per la serie: Io mi posso permettere la vita di Firenze, tu resta pure a Monculo montano che stai bene là! Non son tipo io che si vanta del proprio tenore di vita, che è sostanzialmente quello di un disoccupato che fa finta di andare avanti finché non si saranno esaurite quelle 4 monete di cioccolata che ha messo da parte in lunghi anni di duro lavoro tra supermercati, trattorie e Mc Donald’s. Oggi passo in banca per l’ennesimo prelevamento e faccio pure un estratto conto che magari son finiti e io non lo so.
    Ora vado alla discussione della tesi di Linda, la sorella di Luca che mi ospita assieme a Niccolò. Chissà se in un tempo prima di mai qualcuno verrà alla mia.

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  • Che 50 dei nomi più grandi della musica italiana si riunissero per cantare una canzone, beh non era mai capitato. È capitato il 21 aprile. Ed è capitato perché i nostri artisti hanno voluto fare qualcosa per L’Aquila. Dalle 3.32 di questa notte, a un mese esatto dalla scossa, è in rotazione in tutte le radio Domani.
    L’intero ricavato dalla vendita del brano sarà devoluto alla ricostruzione del conservatorio e del teatro stabile de L’Aquila. Guardate e sentite che meraviglia.

    Li avrete riconosciuti, ma li voglio nominare tutti. Afterhours, Niccolò Agliardi, Albano, Alioscia, Malika Ayane, Claudio Baglioni, Franco Battiato, Baustelle, Samuele Bersani, Bluvertigo, Caparezza, Luca Carboni, Caterina Caselli, Carmen Consoli, Cesare Cremonini, Dolcenera, Elio e le Storie Tese, Elisa, Niccolò Fabi, Fabri Fibra, Giusy Ferreri, Tiziano Ferro, Eugenio Finardi, Frankie Hi Energy, Giorgia, Gianluca Grignani, J-Ax, Jovanotti, Ligabue, Mango, Gianni Maroccolo, Marracash, Gianni Morandi, Morgan, Gianna Nannini, Negramaro, Negrita, Nek, Roy Paci, Pacifico, Mauro Pagani, Giuliano Palma, Laura Pausini, Piero Pelù, Max Pezzali, Massimo Ranieri, Francesco Renga, Ron, Enrico Ruggeri, Antonella Ruggiero, Sud Sound System, Tricarico, Roberto Vecchioni, Antonello Venditti, Mario Venuti, Zucchero.
    Un grazie particolare a Giuliano Sangiorgi e a Jovanotti per averci pensato, a Caterina Caselli e alla sua Sugar che produrrà il pezzo, a Mauro Pagani per averla scritta.
    Questi sono i gesti concreti, di questo abbiamo bisogno noi aquilani, non di stronzate, chiacchiere e polemiche. Grazie ragazzi.

    Non siamo così soli. Domani lo so che si passa il confine. E di nuovo la vita sembra fatta per te, e comincia domani. Tra le nuvole e il mare si può fare e rifare, con un po’ di fortuna si può dimenticare.

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  • Studio a memoria il percorso dal carrozziere allo stadio che poi avrei dovuto rifare in macchina, al contrario, sempre perché qualche puttana (maschio o femmina che fosse, poco cambia) mi ha sfasciato il vetro del finestrino posteriore. Davanti allo stadio il consueto luccichio del verdino chiaro della carrozzeria non giunge a salutare i miei occhi. Chiamo Niccolò in stato di incoscienza indotta: “Dove l’avevamo parcheggiata la Matiz?” “A fianco al pub, di fronte ai cassonetti.” “E perché a fianco al pub e di fronte ai cassonetti c’è una C3?” “Uh madonna!” “E mo’?” “Te l’avranno rimossa.” “Sì, i ladri. Oddio m’hanno fregato la macchina, che emozione!” “Ora ti cerco il numero della depositeria comunale.”
    Chiamo la depositeria: “Salve, ho inavvertitamente (notare l’avverbio) lasciato la mia macchina allo stadio durante la partita della Fiorentina (vaglielo a spiegare che mi avevano appena sfasciato il vetro e che mi trovavo in uno stato di shock). Visto che ora non c’è più, volevo sapere se era lì da voi o se me l’avevano fregata sul serio, ecco.” “Targa?” “Inizia per CW, ma non me la ricordo e non ho neanche modo di recuperarla. Comunque è una Matiz verdina senza un finestrino e con un tappetino incastrato tra lo sportello e l’interno, sa per non farci piovere dentro.” “Sì, è qua. Per riaverla porti con sé un documento e 130 euro.” “Minchia! Quasi quasi la lascio lì.” “Più giorni la lascia e più paga.” “Che simpatici!”
    Mi ero dimenticato che il 2 mi hanno pure scalato la rata, che continuerò a pagare non so bene fino a quando, di 185 euro. Quando avrò finito, la macchina sarà da buttare. È come se in tutti questi anni avessi pagato una sorta di noleggio senza tra l’altro averla usata gran che. Rata+rimozione+vetro = uno scherzetto da oltre 500 euro senza colpo ferire. Prevedo che tra una decina di giorni, se ancora non avrò trovato un lavoro, finirò a piangere lacrime amare da un usuraio della zona. Tornando mi sono fermato a prendere un gustoso pezzo di schiacciata al forno sotto casa. “Uh, l’abbiamo appena sfornata, lei è proprio fortunato!” Fortunato?! C’è mancato poco che quelle parole scatenassero un raptus, che si fa pugno e la colpisce sul naso.
    Niccolò dice: “Vedrai che si sistemerà tutto, sempre se non muori prima!”
    Credo sia la giusta sintesi di questo scintillante momento della mia vita.

    Scrivi un commento →: Sempre se non muoio prima
  • Ho visto al tg che tanta gente ha passato il lungo week end del primo maggio al mare. Non ho capito, però, perché intervistano sempre e solo balenottere azzurre in bichini, o pesci palla con lo slip incastrato nel culo, arenati sulla sabbia con gli occhiali da sole di plastica bianca che, al cospetto di un tal orrore, prima mi verrebbe il vomito e poi sarebbe dura resistere alla tentazione di lanciare a quelle ingombranti specie marine le banane o le noccioline insieme a qualche gamberetto essiccato, altro che interviste. Mi par già sorprendente che non abbiano azzannato il microfono scambiandolo per un cannolicchio abbronzato. È anche per questo che a me non tanto piace il mare, perché non mi piace essere disturbato, se non dal mare, appunto. In spiaggia non ti senti solo e in pace con te stesso neanche se dovesse arrivare un kamikaze a farsi esplodere tra la folla in un meraviglioso sterminio di massa. Ci sono troppe voci, piedi che corrono, palloni di plastica scaldata dal sole che vengono continuamente a sbatterti addosso, neanche il tuo corpo fosse calamita e il pallone ferro. Figuriamoci poi se stavi sognando di amori leggeri come farfalle nei campi, col sottofondo e il profumo del mare e ti arriva una microfonata tra i denti, apri gli occhi con la telecamera di Studio Aperto a 7 cm dalla faccia e l’inviata col vento finto tra i capelli (finti) ti fa: “Voglia di mare?”. No, voglia di mandarti a raccogliere telline, stronza.
    Mi piacerebbe poterci andare quando non c’è nessuno, magari fuori stagione o di notte, chiudere gli occhi e non pensare a nient’altro che ad ascoltare la sua voce. Qua a Firenze il mare non c’è (lo sapevate?), ma quando la sera passo ponte Delle Grazie mi fermo sempre qualche istante a guardare l’Arno trascinato dal vento. Resto poco, però in quel poco spariscono i pensieri, belli e brutti, come se in quegli attimi perdessi la facoltà di costruire collegamenti cerebrali. Più niente in testa finché non riprendo la mia strada fino a casa.
    Per ora non ci sono novità rilevanti. Ho consegnato 30 curricula e ho ricevuto ben 0 (zero) chiamate e quindi zero proposte di lavoro. Se ci pensate c’è un che di positivo, almeno non sono angosciato dall’interrogativo se sia meglio lavorare in una libreria o mettere a posto scatole di cereali all’Esselunga o dire a una cliente della Benetton: “Uh, quanto le dona questa gonna (che ti fa sembrare la gemella della mucca Carolina)! perché non mi ha chiamato né una qualunque libreria, né l’Esselunga né la Benetton. L’altro ieri c’era un cartello che diceva Cercasi personale sul vetro della porta di Lush, uno di quei negozietti sparsi in tutta Italia che vendono le saponette profumate e le boccette di olio per la pelle. Ieri vado a consegnare il curriculum e la signorina mi risponde: “In questo momento siamo  a posto, ma il curriculum puoi lasciarlo, se vuoi”. Io guardo esterrefatto il vetro della porta e, mentre mi chiedo dove sia finito il cartello, le chiedo: “Ma non c’era un cartello con scritto Cercasi personale?” “Sì c’era!” “Ah, l’avete trovato, il personale?” Spunta da una porticina nascosta una grassona col grembiule. La bella padroncina guarda lei, poi guarda me e: “Ehm sì, per ora…”.
    Per quanto riguarda il Mc Donald’s di L’Aquila dalla riunione di oggi, alla quale io non sono potuto andare, visto che non si è tenuta a Firenze, sono venute fuori notizie frammentarie. A quanto dicono staremmo in cassa integrazione straordinaria fino alla riapertura e percepiremmo una cifra che va dal 40 all’80 per cento dello stipendio completo, e c’è una bella differenza, gli avrei detto io, ma non gliel’ha detto nessuno. Per farvi capire sui 300/400 euro al mese, non a vignetta. Non si sa bene neanche se questi soldi verranno versati fin da maggio o se dovremo aspettare giugno/luglio, e non è che uno possa aspettare giugno/luglio per riprendere a mangiare e via dicendo.  Ora vado a portare la macchina dal carrozziere. Mentre seguivo The day after tomorrow, che si son dimenticati The nel sottotitolo che ogni tanto scorreva a fondo schermo, ha fatto uno scroscio improvviso e fortissimo d’acqua accompagnato da lampi impressionanti che volevo chiamare il centro meteorologico mondiale per sapere se la temperatura rilevata dalla boa di Baltimora era rassicurante o se era scesa di 13 gradi al secondo come nel catastrofico film. Non credo che il tappetino incastrato nel buco del finestrino che non esiste più abbia resistito alla tempesta. Spero anche che il vigile abbia risparmiato il mio macinino dalla multa perché mi son dimenticato di spostarla ieri che la Fiorentina giocava in casa. Per la serie: Non so se ancora posseggo un’automobile. Luca mi ha detto che forse c’hanno messo le ganasce, perché qua si usa così. Io quasi quasi la lascio lì, e se ogni giorno ci applicano nuove ganasce sulle altre, tra un po’ sarà più famosa del lampione di ponte Milvio soffocato dai lucchetti dell’ammmòòòre di Moccia.
    Saluti (e baci).

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  • Cambio idea a distanza di pochi istanti da quella che sembrava una certezza appurata, e quindi non parto più. Ho pensato che forse è il caso di risparmiare un po’ e devolvere i soldi del viaggio alla riparazione del vetro della Matiz che mi hanno spaccato, secondo noi con un calcio, giovedì notte. Rinvio la partenza per L’Aquila a data da destinarsi. Anche le decisioni di mia madre saltellano e si modificano continuamente. Aveva deciso di costruire una casetta di legno in giardino, poi di trasferirsi un paio di anni a Pescara, oggi è tornata la casetta, rafforzata dalla prospettiva presente e futura di decine di casette che a dir suo starebbero spuntando come funghi nei giardini della gente tutto intorno.
    Volevo ringraziare le 800mila persone che ieri sera erano a piazza San Giovanni a Roma, per Vasco Rossi, è vero, ma che, quando Castellitto ha raccontato di L’Aquila, di via XX settembre, della casa dello studente, si sono lasciate andare ad un applauso commovente. 800mila in silenzio in quelle mani dedicate a qualcosa che non c’è più, a chi magari ieri avrebbe voluto essere a Roma a festeggiare il suo primo maggio. Grazie anche a Castellitto, un maestro non soltanto del cinema, per le parole gridate al cielo. Mi fa riflettere la sufficienza con cui qualcuno parla del terremoto come di un evento soltanto mediatico, ormai. Non so se queste persone hanno chiara consapevolezza di cosa possano significare 300 morti in 20 secondi. Non uno, non 10, 300. Bisognerebbe forse smettere di parlarne? Chi è che ha il coraggio di dirmi di sì?
    Vi lascio con l’intervista della settimana. Oggi incontriamo Eliselle, che ci racconta qualche retroscena del suo ultimo romanzo Fidanzato in affitto pubblicato da Newton Compton. Un ringraziamento speciale a Eliselle, intanto per la disponibilità, e poi perché da anni è una sorta di punto di riferimento per le giovani voci della narrativa italiana attraverso le iniziative che promuove in tutta Italia e il suo portale Delirio.NET.
    Passate un buon week end; pare sia tornato a splendere il sole, così ha detto Giuliacci.

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  • Era tanto che non ridevo così. Andiamo a ballare. Serata un po’ sfigata, però ci sta, in un periodo in cui l’umore è quello di un pesce abbandonato sul bagnasciuga. Quello ci prova a tornare in acqua, però qualcuno potrebbe sprecarsi a dargli un calcetto. Senza spinta anche gli spiriti infrangibili a volte scelgono l’immobilità. Non parlavo di me che altro che infrangibile; sono una specie di puzzle di schegge per l’ennesima volta rincollate. Non parlavo neanche del vetro posteriore della mia dolcissima Matiz verde acqua che, usciti dal locale, abbiamo ritrovato frantumato. Quando l’ho visto ho cominciato a sbriciolarlo con la mano. Niccolò: “Non ci posso credere”.
    Ci siamo guardati e abbiamo cominciato a ridere quasi a soffocare. Ho aperto lo sportello per vedere se, tanto che c’erano, avevano portato via qualcosa. Il giubbetto era lì e pure il portafogli di Niccolò. Il mio ce l’avevo in tasca. Quando l’ho richiuso, il vetro è crollato tutto a terra. Se fosse stato un evento isolato in un segmento di vita mediamente figo, beh, mi sarei incazzato a morte. Invece è l’ultimo (?) di una serie di eventi nefasti che renderanno questi 2 mesi incancellabili, anche per farci un brindisi fra 5 anni o una settimana, a seconda degli eventi che decidono se e quanto un pezzo della tua vita è felice. Quando non hai più parole ti viene da ridere. Non l’avevo mai provata una sensazione del genere, però devo dire che pure le risate rassegnate son risate e fanno bene. Mettono in circolo una forma di allegria chimica che sortisce comunque gli effetti dell’allegria. Non sei per niente felice, però ridi e, finché hai accanto qualcuno con cui farlo, va tutto bene pure se non va bene niente.
    Abbiamo parcheggiato la Matiz allo stadio. Erano le 4 del mattino e nel cielo non si vedeva una sola stella. “Ci manca pure che mi piove nella macchina e facciamo bingo.”
    Buste, teli di plastica e scotch non pervenuti, casa troppo lontana e troppo tardi per mettersi a cercare e svegliare l’intero palazzo a poche ore dall’alba. Ho sradicato il tappeto del portabagagli e l’abbiamo incastrato a filo di sportello internamente. Altro che Mc Givers. Ci siam poi dovuti trasformare nell’incredibilissimo Hulk e spingere con tutta la nostra forza soprannaturale di supereroi per far chiudere lo sportello con lo spessore del tappetino in mezzo. Ora sta lì, alla mercé di ladri e puttane, col tappetino nero che spunta in alto. “Va bene, no?” “Benissimo! Meravigliosa!” E riprendiamo a ridere.
    Domenica volevo ripartire e lasciare la Matiz a L’Aquila invece mi tocca portarla a un carrozziere domani, che oggi è giorno di festa, e che festa, e ripartire con treno + autobus che hanno anche ridotto le corse da Roma, ne parte uno ogni 3 ore per L’Aquila. Per non parlare di nuovi soldi da tirar fuori e di nessuno che entra, per ora. “Che ne sai che domani non ti chiama PincoPalloInCarriola a cui hai lasciato il curriculum?” Non lo so, in effetti. Quel che è certo è che oggi non chiama. Buon primo maggio a tutti. Un giorno di riposo per chi lavora, per riflettere sull’immensa fortuna di averlo, un lavoro, un giorno che porti buone notizie a chi il lavoro lo aspetta. Mai come in questo momento mi sto rendendo conto di quanto possa essere avvilente desiderare di lavorare, per (soprav)vivere, mica per vestirsi Gucci e acquistare automobili di lusso, e non farcela comunque.
    Non è che a spaccarmi il vetro, ieri notte, è stato Vauro?

    Scrivi un commento →: Grazie a chi mi ha spaccato il vetro della macchina
  • Il Papa, a distanza di quasi un mese dalla scossa, si è degnato di venire a fare un giretto dalle nostre parti. Già si era dimostrato persona generosa e caritatevole nel perfetto spirito che avvolge la sua carica donando ai terremotati il calice con cui dice messa e alcune boccette di olio profumato, che se vai alla Coop secondo me con 3 euro e 50 ce la fai, e i prezzi della Coop non è che siano proprio da mercatino in piazza, ma ieri ha superato davvero se stesso rinunciando addirittura all’elicottero per raggiungere L’Aquila, causa cattivo tempo. Non so come ringraziarlo, davvero. Mia madre, che fino a ieri voleva costruire una baita in giardino e vivere là, ha deciso che è bene trasferirsi per un paio di anni a Pescara, che secondo lei, col mare e la sabbia, le scosse non fanno. Al telefono mi ha detto di restare a Firenze, che la situazione è delle peggiori. Poi, con questa pioggia che non la smette, tutto diventa più difficile, il fango nelle tende, lo sporco. Io ho deciso di tornare ugualmente per un paio di giorni. Passerò la notte non so se in tenda o in un camper rimediato. Il tempo di trascorrere almeno una giornata intera con chi mi manca, capire come stanno le cose e come sta realmente la mia famiglia, che mia madre mi ha detto che gli equilibri stanno saltando e basta un niente per finire a gridare fra tutti. Farò in fretta a riempire un borsone di mutande, calzini, magliette, che quando son partito non pensavo di star via così a lungo e a Firenze è vero che piove, ma tra poco farà molto caldo. Lunedì mattina ci vediamo con tutti i ragazzi del Mc Donald’s, col direttore, per capire che ne sarà di noi, se qualcuno ci darà dei soldi per questo mese perso e per i prossimi, che non si sa bene quando riaprirà. Si parla tanto di diritti, di iniziative, di tutela, poi uno con un contratto a tempo indeterminato si ritrova senza busta paga perché arriva un cazzo di terremoto a rovinare una città intera. Solo supposizioni per ora, lunedì saprò qualcosa di più preciso. Intanto continua la mia avventura di terremotato alla ricerca di un lavoro a Firenze. Oggi mi ero prefissato di passare al CPI (Centro Per l’Impiego) a raccontare la mia storia, giusto perché C’è posta per te ancora non ricomincia, ma indovinate qual è il giorno di chiusura del CPI. Esatto, proprio il mercoledì. Più tardi porto il curriculum all’Esselunga che ho letto che stanno cercando giovani volenterosi e ambiziosi. Volenteroso lo capisco bene, ma ambizioso per mettere a posto i biscotti o pulire la lattuga o affettare il salamino… Magari mi dice culo come a Giuseppa Gaetana Ferraglia e tanto che ci sto mi compro una bella stecca di cioccolata e un barattolo di Nutella. Qualcuno dice che io, però, non so cantare, ma in fondo pure lei non è che lo sappia fare così bene.

    Scrivi un commento →: Qualcuno ha rimborsato la benzina al Papa?
  • Eravamo a cena fuori e uno dei ragazzi ha individuato al tavolo di fronte al nostro Ida Peritore. Comprendo bene l’espressione sconcertata che starà dipingendo i vostri volti, perché suppongo identica a quella stampata sul mio e che m’ha fatto proferire a gran voce: “Ida chi?”. Costei è una giornalista del TG1 dai capelli di un biondo volutamente posticcio – non si spiega un colore del genere se non con una ben precisa e consapevole scelta di portarlo – che si scofanava la sua pizza alternando movimenti poco educati delle mascelle che trituravano la pasta e la mozzarella e i funghi a bocca aperta, a sputacchiamenti sul suo e su l’altrui piatto, a espressioni del volto scocciate e un po’ grezze, devo dire. Io, che non ho mai saputo della sua esistenza, ovviamente mi dissocio dalla certezza che fosse realmente lei, quindi non si sprecasse neanche a denunciarmi perché, brutta com’è, casca male. Mentre la osservavo ghiotto di nuovi spunti per la Stanza mi giunge una telefonata. È Madre.
    “Matte’ hanno dato l’agibilità a casa nostra.” “Ah, e quando pensi di tornarci?” “A L’Aquila ci sono già tornata, ma dormo in una tenda.” “Appena il sindaco darà il via libera potrai tornare in casa.” “Sì, in quella che farò costruire.” “Mamma, cosa stai dicendo?” “Sarà una casetta di legno fatta bene.” “Fatta bene dove?” “In giardino, col basamento in cemento, mica una di quelle che se ne volano!” “Mamma, ma tu una casa già ce l’hai.” “Sì, rientraci tu!” “Ha resistito a un terremoto che ha ucciso 300 persone!” “Eh appunto, io non voglio essere la 301esima e quindi vivrò nella casetta di legno finché non finisce tutto.” “E quand’è che sarà finito tutto?” “Dopo l’estate, ma non una casetta che se ne vola.” “Sì, ho capito, una fatta bene. Ma costano!” “Con 5 o 6mila euro ce la facciamo.” “Tu stai dicendo che farai costruire una baita in giardino e vivrai lì con la villa dietro?” “Sì, bravissimo!” “Ne hai parlato con papà, zia… con uno psichiatra?” “Sì, sono tutti d’accordo.” “Pure lo psichiatra?” “Sì!” “Mamma, spero ti passerà prima che sia troppo tardi.”
    Io a L’Aquila pensavo di tornarci alla fine di questa settimana. Ho bisogno di riabbracciare qualcuno, prendere un panino assieme, andare al mare, magari. Quando sono andato via ho guardato tutto, senza vedere abbastanza. È passato quasi un mese e non so cosa mi aspetta. La distruzione dei luoghi mi fa paura. Nella testa si alternano le immagini di una serata insieme, o di un pianto davanti a un chiesa che ora non c’è più. Sarà difficile l’impatto. È come se quei 20 secondi avessero abbattuto assieme alle costruzioni tutti i ricordi che conservavano tra le loro pareti, porose come spugna. Spero che non mi ritroverò a riscontrare quest’oblio. Che la città nuova, che in un tempo secondo me non troppo lontano sarà la città dei giovani, dei bambini che in questi giorni giocano nelle tendopoli, di quelli che devono ancora nascere, non spenga i ricordi di un passato glorioso, antico. Che la mia città arrivi anche nel cuore dei giovanissimi attraverso i racconti e le fotografie conservate negli album di famiglia, che non possono sapere quanta vita è andata giù e sarà lentamente portata via, perché ora sono macerie e ingombrano.

    Scrivi un commento →: Madre nella casetta di legno
  • L’altra sera mi ferma un tipo che pareva Vasco Rossi ai tempi di Voglio una vita spericolata di quelle vite fatte (ma proprio fatte) così. Era notte e la sua presenza non era proprio angelica. “Ce l’hai una sigaretta?” “No.” “Non fumi?” “No.” “Neanche l’erba?” Ecco che sale la paura. “No.” “La vuoi provare?” Mi alitava in faccia. “No, anzi se puoi allontanarti…” Accelero il passo e lui da dietro alza la voce. “E la cocaina l’hai provata mai?” “No.” Il mio procedere assomiglia a una disperata corsa nel buio e lui da dietro: “Provala, è come fare sesso per la prima volta con una bella donna”. Io son fuggito a gambe levate, mentre lui proseguiva nei suoi viaggi mentali alla scoperta di droghe e delle loro proprietà a dir suo terapeutiche. L’ho sempre vista come una specie di leggenda metropolitana quella dei personaggi cattivi che ti avvicinano per offrirti pillole, polverine e quant’altro. Allora è vera pure la faccenda dell’Uomo Nero nell’armadio e delle caramelle degli sconosciuti e pure che in discoteca ti mischiano la droga alla coca cola. Quindi quando passeggiate, nella notte, guardatevi attorno e portate sempre un amico con voi, magari alto, forte, bello, possente e dallo sguardo gelido e terrificante. Invitatemi a uscire, insomma.
    Durante il ridicolo corso Kirby, abbondantemente descritto nel precedente post, ha preso a vibrare il telefono. Con indifferenza l’ho tirato fuori dalla tasca e ho visto lampeggiare numero sconosciuto. Quanto avrei voluto rispondere! Magari era una libreria di quelle a cui ho lasciato il curriculum, o la Mondadori che ha deciso (senza leggerlo nemmeno) di pubblicare Supermarket24. Ero lì, prigioniero di quella stanza di setta segreta piena di anime morte infervorate dal Guru; il telefono squillava, finché ha smesso. Pensavo che avrebbe richiamato, magari la mattina dopo alla stessa ora, e invece nada de nada. Considerato che non ricevevo una chiamata da numero sconosciuto da anni, vorrei fare un appello: Chiunque tu sia, che sia tua intenzione offrirmi soldi a palate o farmi un saluto, richiama (più per i soldi che per il saluto, certo)!
    Annuncio alla signora ultranovantenne che mi fissa da quarantanove minuti abbandonata sul davanzale della sua finestrella al quarto piano del palazzo di fronte che oggi è uscita la nuovissima intervista di 4 chiacchiere (contate) sempre perché è sabato. E oggi incontriamo un mito del web, son certo che la conoscerete tutti. Migliaia di visite al giorno e da poco anche scrittrice. Il suo libro è alla terza ristampa. Grazie infinite a Claudia De Lillo, la mitica Elastigirl di Nonsolomamma, per aver accettato di lasciarsi intervistare, pur non essendo io Fabrizio Frizzi. Buona intervista a tutti!

    Scrivi un commento →: 4 chiacchiere (contate) con… Elastigirl
  • “Non c’è nulla che vi accomuna. C’è chi viene da Prato, chi da L’Aquila (cominciamo bene) chi è africano chi ha 19 anni chi 65 (c’era uno di 65 anni, vi giuro), l’unica cosa che vi accomuna sapete qual è?” (Oddio, che curiosità!) “È questo!” e con fiera mano disegna sulla lavagna di carta uno smile sorridente. “Quello che vi accomuna è l’energia positiva, l’allegria.”
    Io mi guardo intorno e finisco prima sulla faccia di un islamico che dall’espressione direi stesse pianificando un attentato al neopresidente americano Baracca. Sposto gli occhi a destra e becco un vecchio che per sedersi c’ha impiegato 23 minuti per via dei dolori, e non mi pareva sprizzasse gaiezza da tutti i pori.
    “Ora presentatevi. Nome, hobby, città, perché cambiare lavoro e cosa vi aspettate da Kirby.” Sono uscite le assurdità più inenarrabili, ma ce n’è stato uno che ha superato ogni limite facendomi esplodere in una risata roboante, destando l’ira di un ingiacchettato che mi ha ripreso verbalmente: “Per favore!”. Portate rispetto a chi è riuscito a dire che il suo hobby era ricercare meteoriti. Se non lo sapevate la Kirby è la più grande azienda al mondo che fattura 500 miliardi di dollari l’anno (come?) e Warren Buffet (chi?) che ha inventato il metodo (truffa) Kirby è attualmente l’uomo più ricco al mondo, che è anche quello che ha brevettato la lavatrice e il ferro da stiro (a dire loro). Poi ho appuntato (ci han detto di portare un blocco per prendere appunti e allora, considerata la tragicomicità della faccenda, ho scelto di scrivermi le peggiori cazzate pronunciate, sempre e soltanto per vòòòi amici della Stanza) che era anche il fotografo di Umberto Smaila, ma non credo si riferissero a Warren Buffet che sarà anche in fin di vita, se ha brevettato il Kirby nel 1914. Comunque non so quanto sia un vanto fotografare Smaila.
    Andiamo ad elencare le funzionalità del prodigioso macchinario. Motore a turbina interna da 15.000 giri\min a tenuta stagna certificato NASA. Corpo in alluminio. Motore elettrico collegato all’assale delle rotelle per aiutare il movimento. Sacco impermeabile derivante da invenzione NASA (abbiamo capito, grazie). È immatricolato come un’automobile (bisogna pagarci bollo e assicurazione?), è artigianale, fatto a mano pezzo per pezzo. Nel tempo aumenta di valore come le case (che non stanno a L’Aquila). I materiali scelti son quelli utilizzati per la fabbricazione dei missili, e quella che vedete non è banale plastica, ma una roba che si usa per tessere i giubbetti antiproiettili. Sul sito NASA ci sarebbe una sezione dal nome Top Secret che io non ho trovato, ma devo dire che non è che mi sia impegnato gran che per scovarla, che conterrebbe i dettagli della progettazione del Kirby, ma fino a un certo punto però, perché han paura che qualcuno li carpisca e sottragga loro il segreto del successo. Può stare acceso 24 ore su 24, scartavetra, fa i massaggi (a cui si son sottoposti alcuni coraggiosi volontari che mi parevano piuttosto provati dall’esperienza, accompagnata da Donne dududù in cerca di guai… a palla).
    Passiamo alla sostanza: 750 euro di fisso più contributo se scegli il part time, 1500 euro più contributo per il full time. Sì, perché puoi sceglierlo, capito? Se riesci ad affilare 5 mesi di 15 Kirby al mese venduti diventi importante e ti aprono l’ufficio. Loro la fanno facile, ma 1) non credo agli stipendi fissi, 2) 15 Kirby al mese? Impossibile. 3) Non mi avevano detto che non si trattava di vendere? Non avevo forse promesso a voi e a me stesso che, se così fosse stato, qualche testa sarebbe rotolata?
    “Voi dovrete PRESENTARE il prodotto al cliente già preventivamente contattato dalle ragazze che sono ai telefoni. Voi non dovete fare telefonate, no no. Siete telefonisti voi?” “Nooooo!” tutti in coro, gli adepti. “E se il cliente dice che lo vuole, voi potete venderglielo?” “Nooooo!” come sopra. “Siete venditori voi?” “Nooooo!” “Voi metterete il cliente in contatto coi nostri uffici e a venderglielo penseremo noi.” Ah, ma va? Io quando parlavo di vendere non intendevo l’atto legale, ma tutto ciò che è necessario per convincere qualcuno ad acquistare, loro lo sanno e fanno i finti tonti. Ci mancava solo che dicessero che non siamo dei venditori, ma dei presentatori magari pure televisivi. Alla fine mi chiamano. “Matteo, come hai sentito saranno pochissimi i selezionati (immagino!) vuoi fare questo lavoro?” “Sì, certo! Mi piace, mi appassiona, è una continua sfida.” “Bene, infatti tu eri tra quei pochi selezionati.” Lo guardo, sorrido: “No, scherzavo. Non ne ho la più pallida intenzione. Ho chiesto tra telefoniste, manager, e quello che era tutto il vostro personale con cui son venuto a che fare, se si trattava di vendere, di andare in giro per le abitazioni, mi avete sempre risposto di no. Questo lavoro è degno di chi ama farsi prendere per il culo.” Lui s’incazza. “Non siete voi che selezionate noi, è il contrario ricordatelo. E pensa anche che, se io non avrei fatto Kirby non so cos’avrei potuto fare.” “Le elementari, magari.”

    Scrivi un commento →: Trovare meteore è più facile che trovare lavoro

sono Matteo

Sono nato a L’Aquila nel 1981.
Adesso vivo a Firenze, insegno ai bambini della scuola primaria e scrivo romanzi definiti “per bambini e ragazzi”, ma io dico non vietati agli adulti…

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