Come sconfiggere la Suina in poche semplici mosse

Sto male, ma non devo stare male, per questo faccio di tutto per impedire all’influenza di impossibilitarmi le giornate. Fare di tutto non è che sia concettualmente corretto, perché si tratta di pochi semplici accorgimenti, in fondo. Basta sostituire i biscotti della colazione con un paio di pasticconi di efferalgan 1000, il tè delle cinque con sette vitamine c sciolte in un tazzone d’acqua, il limoncello della sera con qualche cicchetto di actigrip e prima di andare a dormire vi infilate dritto dritto nell’epicentro del deretano un missile unto di tachipirina 1000 (voi, io la tachipirina me la prendo per bocca). E al risveglio riprendete la vita ricordandovi sempre i suddetti appuntamenti fissi. Tre giorni di trattamento e sarete più in forma di Hulk.
Al lavoro l’altra sera stavo per svenire. Non riuscivo a stare in piedi. Neanche i gianduiotti in ufficio, mandati giù in numero decisamente considerevole, riuscivano a farmi stare meglio. Fortuna che è capitato al Mc Donald’s un ragazzo che lavora in ospedale e che portava dietro una bustina di aspirina, di quelle in polvere che si prendono per bocca a effetto immediato. L’ho mandata giù con negli occhi la stessa brama di un tossico che punta il suo cocktail chimico e, visto che aveva un saporaccio, ci ho bevuto sopra della zuccherosa coca cola. La reazione per poco non è stata letale.
Come non sono morto per poco, quando, poco dopo, un ubriaco ha fatto irruzione nel locale. Era venuta la polizia un quarto d’ora prima a chiedere se andasse tutto bene. Visto che andava tutto bene (era un quarto d’ora prima, ciò significa che non potevo che ignorare cosa sarebbe accaduto) ho risposto: “Sì, perché?!” “No, è solo un controllo”. Tu non mi rispondere: “È  solo un controllo” se sai che c’è un ubriaco pericoloso che vaga da quelle parti. Per di più poi se ne vanno e TAC, spunta l’uomo. Prima alla finestrella del drive. Io provo ad assecondarlo e in effetti mi dispiace che stia solo qui, con la sua famiglia a Brescia, e passi le sue giornate a bere e a cercare cibo e sigarette e pare anche un lavoro, e le sue nottate dentro a una chiesa. Solo che poi ha cambiato espressione e ho letto nei suoi occhi come una minaccia, allora ho tagliato corto e l’ho salutato chiudendo la finestrella. Me lo sono ritrovato nel locale, che correva e sbatteva alle porte. Poi cade a terra si rialza e grida contro la gente. Avrei dovuto chiamare la polizia, però m’è venuto da portarlo fuori e mettermici a parlare. Ho chiuso il locale a fatica e quando siamo usciti, all’una e mezza di notte, ce lo siamo ritrovati lì, nel parcheggio dietro al Mc dove lasciamo le macchine noi dipendenti.
Io salto nella Mini grigina della Papi, una prodezza non proprio senza conseguenze. Ho dato una capocciata alla tempia sinistra che in un nanosecondo ho visto tutte le stelle dei mondi e l’ho pure contate, poi ho letto il terzo mistero di Fatima e ho visitato pure la stanza segreta fra le zampe della Sfinge, ho dato una sbirciatina ai documenti in essa contenuti che attestano, senza ombra di dubbio, l’esistenza della leggendaria e meravigliosa popolazione di Atlantide. La Papi non ci pensa due volte, ingrana la prima e con un rombo che neanche Barrichello ai tempi d’oro, parte e si dilegua nel buio (fra l’altro l’ha quasi ucciso quel povero disgraziato). Le altre due ragazze della chiusura non dimostrano la stessa prontezza della Papi. Restano paralizzate in macchina a fissarlo mentre lui avanza verso di loro.
“Papi, dobbiamo andarle a salvare!” “E a me chi mi salva?!”
Ecco, insomma, grazie all’indomito coraggio di Papi, che nella vita ha affrontato le peggiori peripezie, dall’esser riuscita a farsi scontare una borsa Gucci di ben centocinquanta euro, all’aver scansato una vecchia che riposava su Ponte Alle Grazie a Firenze perché lei doveva farsi una foto con la vista migliore, ci rigiriamo e torniamo sul luogo del delitto, ma della macchina delle ragazze nessuna traccia. Non ho il loro cellulare, ma non può averle rapite dai. Andiamo via pensando che sono scappate. Il giorno scopriamo, con nostro grande sollievo, che erano ancora vive. Ora, dopo le due famiglie di zingari che dormono nei macchinoni bianchi coi teli di plastica fuori, ci mancava l’ubriaco pazzo bresciano. Non mi sorprenderei se stasera, dopo la chiusura, lì dietro ci trovassi tre o quattro prostitute a ballare il tip tap in tacchi a spillo rossi e gonna… gonna… non gonna.

6 commenti su “Come sconfiggere la Suina in poche semplici mosse

  1. mi piace leggere le tue avventure/disavventure;-)
    le esponi con un sacco di ironia ed è piacevole..anzi molto spesso lasci riflettere
    anche abbastanza su ciò che scrivi(cm il post sull’Aquila)..
    a rileggerti

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