Buona fortuna a chi se ne va

Sono sempre i migliori quelli che se ne vanno, si dice. Per favore cerchiamo di evitare gesti scaramantici poco eleganti perché non è di tirare le cuoia che parlavo, ma di andarsene: moto da luogo. Quale luogo? Beh, quello in cui stavano e che non gli piaceva, altrimenti non sarebbero andati via. Qualcuno è costretto ad andarsene, è vero, ma parliamo di chi vuole andarsene e ci riesce. Altri, tempo di sistemare poche cose e se ne andranno, far quadrare gli ultimi aspetti per evitare di lasciarsi dietro un vagone di rimpianti. Lo ripetono da una vita. Poi le cose si moltiplicano, gli obiettivi a portata di mano si allontanano fino a non poterne distinguere più forma e lineamenti. Una sconfinata attesa diventa una sconfinata rassegnazione, e non se ne vanno più. Invecchiano fra le stesse mura, con gli stessi propositi, uno in particolare: andarsene quanto prima. Quel che accentua il dolore è che ad andarsene sono gli altri. Certa gente che non gli avresti dato 2 lire, invece ce la fa e (a proposito di volgarità) te lo mette proprio là. A te che lo meriti di più, pensi tu. È come se la loro riuscita avesse l’effetto di chiudere la serratura della gabbietta al cui interno attendi paziente evoluzioni, e poi gettato la chiave nell’oceano. Dalle sbarre colorate di verde vedi la casa dei tuoi vicini. Se sposti un po’ lo sguardo a oriente puoi arrivare a seguire le automobili sfrecciare sulla statale. Raccontano che oltre i campi c’è un condominio e che al secondo piano ci viva un vecchio che racconta un mucchio di storie a cui non crede più neppure lui. Mi fa pensare a mia nonna. Quando mia nonna racconta i suoi anni più avventurosi, gli aneddoti, come ogni volta se l’è cavata, gli incontri con la Storia, le magie che hanno salvato i suoi cari, non riesco mai a capire dove finisce la realtà e inizia la fantasia. Ma mi commuove sempre.
Non si respira una brutta aria qui. Fredda, rigenerante. Le montagne proteggono e isolano L’Aquila massacrata. Non è alla disavventura che lego la volontà di andarmene. È una volontà vecchia, una non-volontà visti i risultati, le grosse radici che mi tengono a portata di passo.

“Se non vi piace il luogo che abitate, potete cambiarlo. Non siete delle piante.”

Non ricordo la fonte (né sono stato in grado di ritrovarla), ma il messaggio era più o meno questo.
Con chi vuoi prendertela?
E allora non resta che accanirsi su chi ce la fa a scrollarsi di dosso la ruggine e si mette a correre alla ricerca della felicità. Il giudizio è quasi sempre il comportamento dei codardi, di chi di fronte allo specchio dà la colpa delle sue imperfezioni alla scarsa luminosità, alla polvere.
Sono sempre i migliori quelli che se ne vanno, c’è poco da chiacchierare. La verità è che sono migliori di te e di me. Pure se nessuno si azzarderebbe a sostenerlo, lo faccio io. Perché la gabbia l’hanno sfondata a calci e hanno respirato il cielo e visto le città.

10 commenti su “Buona fortuna a chi se ne va

  1. Mi hai commosso e fatto venire un brivido su per la schiena. Per quello che dici, per come lo scrivi, per quanto bello e intenso è leggere queste parole, scritte in modo davvero superbo, parole amare ma anche piene di speranza.
    Magari ti sembrerà banale, detto da una conoscenza nuova e anche virtuale, quale io sono, ma io ti auguro di saper vedere dentro di te se la tua strada sia restare o andare, e che ciò che sceglierai ti renda felice.
    Detto col cuore!

  2. Come una volta ho scritto nel mio blog ormai dimenticato, “A chi mi chiede consiglio, perché l’Italia non la vuole lasciare, non rispondo. Io li stimo. Perché ci vuole più coraggio a restare”. Oggi forse userei altre parole, ma il concetto resta. Ciao Mat!

  3. Credo che la verità come al solito non sia mai una sola.
    Ovvero, è giusto quanto affermano Paleomichi e Monica. Trovare la serenità all’interno di noi stessi è la prima cosa. Ma è anche vero che certe realtà ti mettono all’angolo e non danno alcuno sbocco a chi ha la sola colpa di desiderare qualcosa di appena diverso.
    E sono d’accordo con quanto dici. La verità è che spesso chi riesce altrove ci costringe a fare i conti con noi stessi. E a volte preferiremmo evitarlo,e così ce la prendiamo con chi c’è riusicto.

  4. Infatti, andare via spesso significa scappare da un mondo di cui non si è soddisfatti, con la convinzione che cominciare da un’altra parte renderà tutto diverso e straordinario, ma se il cambiamento non avviene dentro sè stessi sarà tutto inutile. Migliore non è colui che va via ma colui che riesce a trasformare la realtà in cui vive in quella dei suoi desideri.

    • Monica, certe volte c’è ben poco da trasformare e noi non siamo maghi. I veri “maghi” hanno altre priorità. E’ bello e condivisibile quello che dici, sarebbe ancor più bello se fosse possibile metterlo in pratica.

    • Michi, io la penso come te. Andare non dovrebbe essere una fuga (altrimenti sarebbe appunto scappare), ma una scelta ben ponderata da perseguire come un obiettivo.

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