Il dopo

Quando si attraversa un evento disastroso, qualunque esso sia – non mi riferisco solo al terremoto – c’è un prima, un mentre e un dopo.
A distanza di 13 anni da quella notte indimenticabile del 6 aprile 2009, posso dire di ricordare con piena nitidezza questi tre momenti, ma è al “dopo” che vorrei dedicare una brevissima riflessione.
I 13 anni trascorsi di ricostruzione interiore sono stati così importanti per me, per il mio carattere, per la mia vita senza coordinate e poi riallineata, per il mio essere persona insieme agli altri.
Cosa mi ha lasciato il terremoto dell’Aquila?
Quali ricordi porto con me di quelle settimane imprevedibili in tendopoli, in cui la quotidianità era completamente diversa da quella che tutti noi ci aspettiamo di vivere; quali immagini, quali cicatrici, quali voci, quali abbracci, quali persone; quanto ho perso e quanto il terremoto, che ha sbriciolato la mia amata città, mi ha regalato in termini di sentimenti, crescita personale, spirito di solidarietà, incontri gentili, amicizia, comprensione, umanità.
È di questo che mi trovo spesso a parlare quando racconto Il violino di Filo ai bambini e ai ragazzi delle scuole.
Ci ho impiegato tanto, non a scriverlo, ma a decidere di scriverlo – avrei voluto farlo prima, ma non si può metter fretta all’elaborazione di un tale sconquasso – e Il violino di Filo è il mio modo per condividere con i giovanissimi tutto il bello che ho incontrato e ho imparato dal terremoto, perché si può e si deve sempre cercare il bello per se stessi, per ricominciare, per sentirsi sollevati, per non ripartire da soli. Il bello cura le ferite e ne facilita la guarigione.
Proprio questo: la condivisione dei sentimenti positivi attraverso un libro dedicato ai bambini, per me è quanto di più speciale – e a questo punto direi bello – potessi trarne.