Poche riflessioni su Berlusconi, le sue bambine e i conati di vomito

Un conato e poi un altro eppure non sono malato. Sono stato molto attento questo inverno perché con la salute non si scherza – dice il mio dottore, e l’anno scorso la polmonite mi ha lasciato il ricordo di un incubo, per questo non m’importa degli altrui sguardi fissi sul brutto cappello del Milan, e poi a quel berretto ci tengo. Questo per dire che nessuna influenza o virus d’altro tipo che attacchi l’organismo ha causato i conati, ma una discussione in TV. Si parlava di Berlusconi, delle sue bambine e dei suoi processi che quasi certamente non procederanno. Il disgusto è stato tale non tanto per l’argomento di base, che genera in me una totale impotenza a dire e fare, un po’ come quella che il Presidente ha sconfitto grazie a un marchingegno che preferirei non chiamare pompa, che si sarebbe fatto impiantare proprio per garantirsi prestazioni decenti, quanto per gli interventi degli ospiti che in un’atmosfera giocosa parlavano di puttane, pompini, Ruby e i suoi 7mila euro diventati poi, in un’intercettazione telefonica, 5milioni. Accusavano l’uno di essere stato pagato per difenderlo, l’altro se ne andava indignato e poi tornava minacciando di querelare l’uno, l’altro, tutto il programma e pure la madre del presentatore per aver messo al mondo un essere umano incapace di porre fine a quell’obbrobrio – penso io.
L’ho fermato io spegnendo la TV. È tutto ciò che ci resta, uno dei pochi diritti che ancora non ci tolgono: spegnere la TV. Arriverà il momento in cui ci costringeranno a tenerla accesa e a fissarla come zombie per almeno 6 ore al giorno. Una pratica per il nostro bene, per la nostra civilizzazione. L’indottrinamento televisivo come una pastiglia che giorno dopo giorno stordisce. Ecco la causa dei miei conati. In quello studio televisivo e in altri ho visto uomini e donne capaci di calpestare il corpo della madre pur di difendere, con evidente imbarazzo, il potente, non per niente, per molto anzi.
Lascio chiudere il pensiero a una donna con la D maiuscola.