Non pensavo fossi così bravo

Era difficile. Non che le altre presentazioni non lo fossero, però questa per come l’avevo pensata, era davvero una sfida, più con me stesso che con la gente. Ho deciso fin da subito di liberarmi del moderatore: quell’omino che si fregia del titolo di giornalista o critico o scrittore o tutti e tre e qualcun altro ancora, abbastanza noto nel circondario cittadino, pagato o non pagato per ricoprire l’autore e la sua opera di complimenti a prescindere, sottolineando il valore immenso di una voce giovane e brillante, magari proprio quella che la letteratura italiana aspettava da tempo.
“Chi ti presenta?” mi domandava qualcuno un paio di giorni prima. “Nessuno!” rispondevo con gli occhioni luccicanti di lacrime del Gatto con gli Stivali di Shrek. Non sono uno scrittore orfano che nessuno vuol presentare, la verità è che li avevo fatti fuori tutti perché volevo presentarmi da me. Il mio unico obiettivo era quello di raccontarmi e far conoscere il mio nuovo libro, non quello di sentirmi lo scrittore del millennio. E allora, con la complicità di Giampaolo, il cantante degli Intrigo, abbiamo dato vita alla serata con un piccolo sketch comico. Al microfono, nascosti dietro una tendina di canne, invisibili al pubblico: “Giampa’?!” “Oh!” “Ma hai visto quanta gente?” “Sì, ho visto!” “E mo’?!” “Eh, mo’ vai e fai la presentazione!” “Ma che dico?” “Non lo so, avrai preparato qualcosa.” “No, perché io pensavo che saremmo stati io, te, mia madre e il padrone del locale. Va be’, qualcosa m’inventerò, andiamo!”
Siamo entrati, anzi usciti su questo meraviglioso terrazzo con vista su L’Aquila, pieno di tavolini e di persone, ed è partito l’applauso giusto per cominciare alla grande. I due Jagermeister più quello che doveva essere un amaro alla liquirizia, e invece era una roba all’amarena che io ho comunque bevuto – tutto fa brodo! – , hanno fatto l’effetto sperato; procedevo come un treno alternando il mio gaudente parlare con il live degli Intrigo. Ad un certo punto ho totalmente perso la concezione del tempo perché dell’esistenza del tempo me ne sono dimenticato finché non mi sono accorto che erano le 8 e mezza e che avevo parlato per 2 ore di Luca Sognatore, dei suoi incontri, dei clienti e dei colleghi paranormali, del suo cinismo, della tenerezza che affiora all’improvviso. Ho deciso di chiudere nonostante avessi ancora un sacco di cose da dire. I festeggiamenti sono durati a lungo finché noi ultimi 4 verso le 11 siamo andati a mangiare al Cinese.
Dalle foto della serata che potete ammirare su Facebook (in queste due che ho postato o sembro magro o non compaio) mi sovviene una considerazione spontanea: sto ingrassando pure se il mio fidato specchio continua a mostrarmi un’immagine gradevole di me. 2 son le cose: o il mio è come lo specchio della strega di Biancaneve che non smette di adularmi (sotto minaccia) nonostante l’inesorabile passare degli anni, oppure sono molto specchiogenico e poco fotogenico. Oltre al mio specchio dovrei ripetere i ringraziamenti che ho fatto giovedì sera, ma ve li risparmio. Però qualche parola su mia madre e mio padre la devo dire. Chi mi segue dall’inizio, da quando un sacco di anni fa ho manifestato la mia passione e ho cominciato a coltivarla sul serio, sa bene che mio padre, ma soprattutto mia madre l’ha sempre considerata una perdita di tempo. La testa pazza di un figlio che non riusciva a dar loro alcuna soddisfazione lo spingeva verso un futuro di scribacchino illuso, fallito e patetico. Ero certo che fra i tanti complimenti avrei ricevuto le loro delicate mazzate pronte a trasformare una serata di successo in un flop colossale. Però li ho invitati comunque. Le parole uscite dalla bocca di mia madre sono state: “Non pensavo fossi così bravo”.
Non riesco a spiegare quello che ho provato in quel momento, però provate a immaginare cosa può voler dire sentirsi apprezzati da chi invece ha sempre manifestato ribrezzo per quello che per voi invece vale come la vita. Metteteci pure che quel chi è vostra madre. Ecco.
Questa è la mia vittoria più grande unita a una serata che porterò sempre nel cuore e che a questo punto m’impegnerò a ripetere altrove.

Vento Letterario

In questo preciso momento, steso a pancia in giù sul letto della mia stanza verde, col primo fresco di una giornata soffocante che penetra fra le persiane, sono tantissime le informazioni che giocano all’autoscontro nella mia testa. Devo fare una pausa per elaborarle. Una pausa non troppo lunga altrimenti chiudo gli occhi e buonanotte. Informazioni confuse si intrecciano, talvolta fondono, e quando due cose si fondono non è più possibile recuperarle singolarmente. Se poi gli elementi sono decine allora conviene fermarsi e godere delle sensazioni che restano, senza pretendere di isolarli per analizzarli.
Vento Letterario. Tre giorni splendidi segnati da incontri inaspettati. Sono gli incontri la discriminante di un’esperienza. Una piccola fiera a Finale Ligure in piazza Vittorio Emanuele II, che tutti gli abitanti del posto conoscono come Piazza dei Cannoni, dedicata all’editoria indipendente di qualità, quella degli editori che producono coi loro soldi gli autori in cui credono, per capirci. Stimolante il confronto con ISBN, nostri vicini di stand; con Luca della Bradipolibri che ringrazio per l’interessamento a me e alla mia storia, ma in generale felice di aver conosciuto di persona tutta una realtà editoriale fatta di nomi sinceri che lavorano con passione per far emergere giovani o vecchi talenti inascoltati e che fino al 16 luglio conoscevo soltanto attraverso la rete e le loro pubblicazioni. È un’esperienza che mi ha arricchito come autore, e che auguro ad Andrea e Carlotta, fra i principali organizzatori, di poter riproporre con successo anche il prossimo anno. Chissà cos’avranno pensato tutti di me e Sara l’editora che dormivamo soli soletti nel nostro bungalow al campeggio Tahiti. La vita è tutta un do ut des.
Un grande abbraccio alla bellissima famiglia che gestisce il bar Mapu poco distante dal campeggio. L’ho conosciuta per caso il secondo giorno, entrando con la voglia di un cappuccino e cornetto e riuscendo, oltre 2 ore dopo, con la pancia piena del pranzo. In bocca al lupo per la vostra storia d’amore nata grazie a uno scontrino e a un finanziere che ferma una bella fanciulla fuori da un locale. Di quei giorni mi mancheranno le mattinate in quello che Sara chiamava il tuo ufficio, e cioè uno spazio d’ombra dietro al bungalow in cui circolava ossigeno respirabile. Tavolino, bottiglia d’acqua e portatile e giù a scrivere. Mi mancheranno i pomeriggi e le serate allo stand, le chiacchiere coi colleghi e con gli strani personaggi che si avvicinavano a chiedere informazioni o a consegnare manoscritti e fascicoli esplicativi di progetti improbabili. La signora amante della letteratura postuma indicando Supermarket24: “L’autore di questo libro è morto?” e io lì intento a gesti scaramantici, grattatine e cornini con le dita. “Signora, Supermarket24 non fa per lei ché io voglio vivere ancora e tanto, soprattutto!” Mi mancheranno le pizze alla Caprazoppa, gigantesche e gustose, dove ci hanno trattato da principi. E poi la lunga passeggiata per tornare al Tahiti con Sara, stremati. Le chiacchierate fuori al bungalow, al venticello finalmente fresco fino alle quattro di notte; quelle altro che Mastercard.
Non mi mancherà mai il viaggio di ritorno in treno. Se tu paghi 59 euro e 90 e all’una e mezza ti dicono che si è rotta l’aria condizionata, t’incazzi un attimo o sono l’unico pazzo che tiene alla propria sopravvivenza? Mentre i miei compagni di carrozza agonizzavano imponendosi l’immobilità per sentire meno caldo io sono andato dal controllore e gli ho chiesto se potevo trasferirmi in un’altra carrozza. Lui ha risposto: “No, perché i posti sono numerati”. Quando gli ho fatto notare che avevo pagato 59 euro e 90 solo andata e l’ho invitato a farsi il resto del viaggio nella mia carrozza, accompagnando il tutto con l’espressione del viso che assumeva i connotati di una iena non tanto ridens, mi ha risposto che potevo. Non so in quanti siano sopravvissuti alla strage della carrozza 6 che, si vocifera, diventerà un film diretto da Stanley Kubrick.
A proposito di strage e morti diciamo tutti addio alle ciabattone di legno di faggio acquistate 7 anni fa nel corso di una vacanza per sostituire i saldali del Dottor Scholl, stroncati da una passeggiata. Lo stesso è accaduto ai ciabattoni. Tornavo dalla prima doccia, causa sasso stronzo + scivolata, si sono aperti in due e sono dovuto tornare al bungalow fluttuando come una madonnina e rassicurando con sorrisi di circostanza, peraltro naturalissimi, tutti coloro che osservavano questo ebete di 2 metri in accappatoio multicolor che procedeva a mezzo decimetro orario coi piedi sporchi di terra fingendo interesse per il mondo attorno, ovviamente unica causa di quel procedere stanco.
Speravo di racchiudere in un unico post (sono pigro io) tutti gli ultimi accadimenti letterari, ma già sta prendendo i connotati di un papiro e ne avrei di cose ancora da raccontare, tipo la presentazione di giovedì – tipo eh! – che rimando al prossimo.
Vado a nutrirmi delle esalazioni di fritto di nuggets e patatine Mc Donald’s, evviva la domenica!

Mi riposo, son contento?

Da oggi ferie.
“Ti riposi, sei contento?”
sento riecheggiare. Chi s’è azzardato a parlare? Non mi riposo per niente per i seguenti motivi.
–    C’è un libro da consegnare entro settembre.
Non che scrivere sia diventato stancante, ma neanche è un week end alle terme. Parto dal presupposto che passerò ogni minuto libero di questa settimana immerso nelle atmosfere del nuovo romanzo. I minuti liberi non si possono programmare, sono ritagli che spuntano inaspettati perché salta un appuntamento o perché mi faccio negare ai perditempo che si stanno raggruppando e i grandi numeri creano pericoli. Hanno il potere di chiamarmi, cercarmi, linkarmi, facebookarmi, mailerarmi, suonarmi al citofono, mettersi a gridare fuori la porta della mia stanza (quella è mia madre quando è pronta la cena) sempre quando sono assorto in una ben precisa fase della giornata, quella più importante, quella senza la quale tutto andrebbe a rotoli: la logistica. Comunque mi sto abituando ad andare in giro col portatile incollato alle chiappe.
–    Dal 16 luglio al 18, inclusi gli estremi, sarò a Finale Ligure per Vento Letterario.
Non si tratta di un cataclisma naturale in cui si vedono libri di Moccia volteggiare nell’aere e poi abbattersi rabbiosi e pesanti come mattoni di piombo su innocenti esseri umani che non avevano davvero fatto nulla per meritarsi una tale sciagura. Vento Letterario è la prima fiera dell’editoria indipendente di qualità. Questa definizione pone le basi per molteplici interrogativi del tipo: Chi la decide la qualità? Come si riconosce l’editoria di qualità dal porcaio? E soprattutto, se davvero quella di Finale Ligure è la fiera dell’editoria di qualità, che caXX ci stai a fare tu? Vi prego di fare lo sforzo di sorvolare sulla terza e poniamo l’attenzione sulle prime due. La qualità l’ha selezionata l’entità Fiera, perché lei, la signora, anzi signorina Vento (non sto parlando di Flavia, e non credo fosse necessario specificarlo, ma non si sa mai) è la prima fiera d’Italia che si avvale del potere imperialista di decidere quale editore entra e quale no. Il criterio non è la simpatia, ma la qualità e qui veniamo al punto due.  Esistono due tipologie che identificano la stessa categoria “editore”, con un’infinità di sfaccettature che migliorano o peggiorano di un niente il concetto di base. Ci sono quelli che ti impolpettano la testa di storie che parlano di difficoltà del settore, di esordienti che non vendono, dell’Italia paese di capre e cavoli in cui nessuno legge, e allora nonostante il tuo libro sia l’opera d’arte che il pianeta Terra attendeva da secoli (qualcuno aveva dubbi al riguardo?), se vuoi vederlo travestito da libro, devi autoprodurti, anzi, partecipare alla produzione dicono, come se i tuoi soldi non fossero abbastanza per pubblicarne non uno, ma cinque di libri, oppure acquistare settecentomila copie a prezzo pieno. Insomma tirar fuori un mucchio di pippi sia che si tratti di una richiesta di contributo evidente sia di una celata come l’acquisto copie. L’arguto aspirante autore si ripete che deve credere nei propri sogni, che se non lo fa lui perché dovrebbe farlo qualcun altro e allora che fa? Corre in banca e fa il bonifico, ovvio, e ritrova le sue (bruttissime, perché realizzarle in modo dignitoso sarebbe costato troppo) settecentomila copie, scaricate da un camion direttamente nella sua stanza. E mo’ vendile! E poi ci sono quelli che pur navigando spesso in acque difficili, mai si sognerebbero di chiedere un centesimo ai pochi autori che possono permettersi di pubblicare. Quelli che lavorano accuratamente al libro passo passo perché quel libro lo devono vendere. Quelli che hanno un distributore vero, perché i loro libri li devono vendere. Quelli che ogni occasione è buona per una presentazione, perché quel libro lo devono vendere. Quelli che scrivono tutti i giorni comunicati stampa e segnalazioni ai giornali e siti web e pure alla TV che non si sa mai, perché quel libro lo devono vendere. Queste si chiamano promozione e distribuzione. E sapete perché lo devono vendere a tutti i costi? Perché quel libro, signori miei, l’hanno pagato loro. Parlerò di editoria a pagamento più in là, intanto cominciate a studiare a memoria la sacra bibbia della lotta contro i vampiri della parola, il Writer’s Dream diretto dalla condottiera più querelata d’Italia Linda Rando di cui sono ormai da mesi fedele adepto. Tagliando, alla fiera parteciperanno ventisei editori, alcuni noti (Marco Y Marcos, Stampa Alernativa) alcuni stra-noti (Minimum Fax (attualmente primo in classifica), Nottetempo, Voland) alcuni semisconosciuti come la mia piccola e appassionata Camelopardus, ma tutti accomunati dall’unica politica editoriale che merita di essere portata avanti e difesa e cioè, se non si era capito, quella della pubblicazione free.
La mia editrice è convinta che me ne starò buono buono allo stand a salutare le signore e a vendere qualche copia di Supermarket24 e invece mi incollerò come una medusa allo stand della Voland per farmi regalare (il sottolineato ha reso bene l’idea?) tutta la bibliografia della Nothomb e andrò in giro a conoscere e chiacchierare con chi da mesi scambio commenti, pareri e “mi piace” su Facebook: Andrea Malabaila e la sua bella Carlotta di Las Vegas (edizioni, ché lei è italianissima), per esempio che voglio ringraziare perché per la riuscita di questi tre giorni di libri ci stanno mettendo l’anima e un po’ più di tre giorni di lavoro e tempo.
–    Il 22 luglio alle 18.00 aperitivo letterario per presentare Supermarket24 a L’Aquila.
Uno dice 22 luglio e pensa di avere ancora decenni per preparare la serata e invece mancano nove giorni di cui quattro sarò impotente per i motivi del suddetto punto e uno servirà per riprendermi dal jet lag. Le locandine e i volantini comunque arrivano domani perché Pino è un supereroe che li ha disegnati e spediti in sette minuti e mezzo (grazie di esistere!) e io dovrò attaccarli e distribuirli in un tempo simile. Vogliamo parlare del fatto che non so ancora chi canterà, perché qualcuno deve cantare, oppure ballare, oppure recitare. Chi sa fare qualcosa mi contatti perché a seguito di un casting lampo verrà assoldato per intrattenere i tanti (si spera) spettatori mentre il sottoscritto ingolla il sedicesimo spritz prima di ricominciare a parlare a macchinetta. Esiste un evento su Facebook la cui creazione, per un impedito come me, può esser già definita un evento. Andate e moltiplicatevi! Intanto le previsioni dicevano sole sole sole per tutta la settimana e qui si sta scatenando un nubifragio. Cosa potrebbe accadere il ventidue che sono previsti rannuvolamenti? Siete ancora convinti che mi riposerò in queste ferie? Spero di potercela fare a scrivere qualcosa nei giorni di fuoco, o anche prima. Altrimenti non pensate subito che mi sia suicidato. Potrebbe non essere andata così, siate fiduciosi. Sempre.