Le mie braghe calate

Stamattina, nonostante in questa città sia difficile ritrovare qualunque cosa (perché effettivamente qualunque cosa non c’è più) sono riuscito ad acquistare una busta imbottita, di quelle con le palline che scoppiettano, per spedire un libro e pure degli altri fogli, che non sono fogli qualunque, ma, come direbbero dei tipi fantastici che non vedo l’ora di conoscere: (censura censura), sì loro direbbero così, perché è ancora tutto top secret. Abbiate fiducia gente che sta per arrivare un vagone di novità. Chi sono loro? I lanternati, che saluto e che (censura censura), ovviamente.
Ho anche comprato dei gamberetti essiccati di due dimensioni diverse e pure delle palline vitaminiche verdi per Italia e Nerozza, le mie due tartarughe acquatiche che, infatuate e anche un po’ invidiose di Paola e Chiara, dopo aver trascorso tre anni e passa in vasca assieme, si sono finalmente conosciute e hanno deciso di fondare un gruppo musicale chiamato Le bellissime. Italia suona i sassi e Nerozza canta. Ha una voce molto particolare Nerozza, direi soffiata. Poi se si arrabbia sputa pure e anche quello è un effetto sonoro che sarà contenuto nel primo singolo delle Bellissime che si chiamerà Datemi un gamberetto essiccato, in tutte le radio da domani. Sono diventate talmente grandi che, dopo averle traslocate in innumerevoli vasche, ognuna sempre il doppio della precedente, sto seriamente valutando la possibilità di adibire una delle stanze della casa a vasca. Si tratta semplicemente di allagarla e lasciare delle zone emerse su cui arrampicarsi, tipo dei divani, dei comò, eccetera. Ne parlerò a mia madre quando torna dal lavoro, ne sarà entusiasta.
Mentre tornavo a casa ho notato nel cielo sopra al Mc Donald’s volteggiare giganteschi palloncini rossi e gialli che si scorgono da dieci chilometri di distanza. Che ideona, eh?! Caro Matteo, speravi che qualcuno, per una serie di fortunose coincidenze, non fosse venuto a conoscenza della riapertura di stasera? Ebbene, ti sbagliavi. Per la serie: Nessuno non sa che stasera riapriamo. Centinaia di corpi sudati bramosi di cibo fritto e salse dense come stucco, che si spintonano e urlano e pretendono di essere serviti tutti assieme e fanno sgocciolare liquami sui divanetti nuovi e incidono con le chiavi i tavolini calcando il loro nome si alterneranno fino a mezzanotte in punto e io tornerò a casa alle tre e mezza bene che mi va, all’alba se proprio mi dice sfiga. Non è meraviglioso tutto ciò?!
Mi sto preparando psicologicamente riservandomi un pomeriggio di annullamento cerebrale. È facile, basta spegnere l’interruttore (ognuno sa dove cercare il proprio) e riaccendersi un paio di minuti prima delle otto, giusto per concedere al sistema operativo di caricare, nella speranza che non finisca impallato nel bel mezzo del rush (termine tecnico che indica il segmento temporale di massima densità di persone in sala, tipicamente in corrispondenza dei pasti principali) e cominci a svalvolare lanciando spinacine addosso ai manager o saltellando sul bancone con le braghe calate. E vi assicuro che non sarebbe uno spettacolo per il quale pagare un panino, le mie braghe calate intendo.