Yes we camp!

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Questa è la scritta che campeggia sulla collina di Roio ben visibile dalla sede della Guardia di Finanza di Coppito dove oggi si sono incontrati gli otto capi di Stato, più altre delegazioni dal resto del Mondo, per il primo giorno di summit.
Yes we camp!
Un modo ironico per ricordare a chi ha fra le mani il potere di fare e disfare, che venticinquemila persone sono ancora nelle tende in situazioni di forte disagio. Noi siamo fatti così. L’avevate detto che gli aquilani sono un popolo che non molla, no? Ebbene, non molliamo. In Italia si pensa che la ricostruzione stia procedendo liscia, che gli aquilani siano tornati tutti nelle loro case e invece a tre mesi dal sisma la verità è un’altra. Mi stupiscono molti dei commenti di cui è disseminata la Rete. Chi, per esempio, umbro, rivendica per la sua terra lo stesso trattamento che starebbero riservando a L’Aquila, perché loro sì che sono stati abbandonati. Loro sì che hanno sofferto. Perché loro le case ancora non le rivedono, come se gli aquilani avessero visto un solo centesimo delle centinaia di milioni di euro che sono o dovrebbero essere arrivati.
Nelle tendopoli non hanno da mangiare. Ci sono giorni in cui finisce tutto e chi non ha potuto mangiare viene invitato a recarsi in un altro campo e provare a vedere se là è rimasto qualcosa, come un animale in caccia. “Non ci danno da mangiare, figurati se ci ricostruiranno le case” mi ha detto un giorno un signore che faceva la fila col piatto di plastica vuoto in mano.
La verità è che l’uomo sente il bisogno di primeggiare anche nelle sciagure. Qualunque cosa tu abbia passato, io l’ho vissuta doppia. Qualunque sofferenza tu stia vivendo, io sì che posso capirti e non sai quello che sta accadendo a me. Non è una condizione di privilegio essere un terremotato aquilano, come molti credono.
Fino al giorno prima delle elezioni l’obiettivo in Abruzzo era restituire agli aquilani le case che hanno perso. Qualche giorno dopo l’uscita del decreto, di cui ho già abbondantemente parlato, il Premier rilascia una dichiarazione, tra l’altro ripetuta ieri sera nella lunga conferenza stampa alla vigilia del G8, in cui sostiene che “il suo obiettivo è quello di restituire un tetto a tutti gli aquilani prima dell’inverno”. Non so se vi è arrivata, come un pugno in faccia, la sottile differenza fra le due dichiarazioni, che a prima vista appaiono concettualmente equivalenti.
Ricostruire agli aquilani le case che hanno perso vuol dire che Mario, che aveva il suo bell’appartamentino in centro, ora ridotto a un mucchio di mattoni che hanno già portato via, dovrà riavere un appartamento dello stesso valore. E significa pure che Mariella, che aveva la sua bella villetta circondata dal verde, dovrà riavere una villetta dello stesso valore. E significa anche che Gianclaudio che aveva una bella villetta e pure un bell’appartamentino che teneva affittato agli studenti, dovrà riavere la villetta e l’appartamento se sono entrambi crollati, non soltanto la villetta entro i prossimi 25 anni (fra quarant’anni, praticamente) e l’appartamento no perché era seconda casa. Come se uno poi, le seconde case le avesse trovate nell’uovo di pasqua. Come se uno sulle seconde e terze e dodicesime case non c’avesse pagato le tasse, ancor più care e salate che sulle prime, fra l’altro. Comunque io, che ho gran fiducia nel fantino delle mignotte, il Cavaliere, appunto, mi aspetto che le sue parole significhino questo e invece poi il suo obiettivo diventa restituire un tetto a tutti gli aquilani prima dell’inverno.
Quale tetto? Naturalmente quello di una delle C.A.S.E. (che è diverso da case) che verranno destinate agli sfollati che hanno perso tutto, perché, se ti è rimasto qualcosa, la cuccia del cane o la vasca idromassaggio con cabina doccia, l’appartamento non te lo danno in quanto risulti in possesso di tutti i mezzi per provvedere all’autonoma sistemazione.
C.A.S.E. sta per Complessi Antisismici Sostenibili Ecocompatibili. La strategia tradizionale, dopo un cataclisma di questa portata, prevede nell’immediatezza la sistemazione in tenda, poi una sistemazione provvisoria in baracche e poi (chissà quanto poi) quella definitiva in una casa vera e propria. Stavolta invece Berlusconi ci tiene a far notare che lui ha deciso di attuare una strategia alternativa, infatti dalle tende gli sfollati passeranno direttamente in uno degli appartamenti ad elevati standard abitativi e immersi nel verde di questi complessi che stanno costruendo contemporaneamente nei molteplici vastissimi cantieri attorno alla città. Questo, se da un lato fa pensare ad una buona mossa, perché ancora un po’ di pazienza e gli aquilani avranno un alloggio più che dignitoso (date un’occhiata) dall’altro viene spontaneo chiedersi se non sia un modo per lavarsene la coscienza senza rimorsi, e alle case vere, prima o poi, ci si penserà (impersonale), chissà.
Il primo giorno di G8 è andato. Non chiedetemi cos’è accaduto che io non esco di casa da quattro giorni per partito preso, se non, stamattina, per dire al poliziotto che suonava da quaranta minuti il campanello, che la Yaris grigia parcheggiata male non era la mia. “È sicuro?” “Un attimo che ci penso. Effettivamente, con tutte le automobili che ho, potrebbe essermi sfuggita”. So che Berlusconi ha portato Oby in gita fra le macerie e che stasera Silvio offrirà la cena a tutti i quarantuno membri presenti. Che alla fine lo sanno tutti che non pagherà lui, ma la Finanza con gli aiuti. Quindi noi, cioè voi.