Vita impallata

Avevo pensato di lasciare il post compleannoso fino al 29 Giugno prossimo per accumulare un esagerato anno di auguri; avrei dimostrato non poca megalomania, non trovate? No, la verità è che questi giorni sono impallati, come quando ti s’impalla il PC. Quando le finestre non si chiudono più e appaiono clessidre multiple che ti pregano di attendere finché viene fuori la scritta: Il sistema non risponde, e pure ctrl+alt+canc dichiara impotenza, e allora non ti resta che tener premuto il pulsantone generale che tutto ammutolisce. Esatto. In questi giorni ci sono almeno cinque o sei finestre aperte con cinque o sei impegni e scadenze, in cinque o sei luoghi diversi, e nessuna per ora risponde. Metteteci pure il caldo che è davvero insopportabile. In momenti come stamattina, quando sei in fila al Centro per l’Impiego (hanno cambiato nome all’Ufficio di Collocamento, ma la sostanza, ahimè, non cambia mai) per due ore e mezza, col biglietto del supermercato numero 126, e nessun monitor che ti dice a che numero sono arrivati, con la gente che urla: “85… no 93… io c’avevo il 79 e mi siete passati avanti tutti…”, seduto sulla mensola davanti alla porta del cesso, pregando che regga, perché non è proprio una panchina quella, ma non c’è posto e di soffocare in piedi in mezzo a quella baraonda di anime perse non se ne parla neanche, a fianco a un cactus che non è proprio di compagnia, non puoi non chiederti se tutto quello abbia veramente un senso, o tutto questo. Quello che c’è fuori. La vita in generale, insomma. La tua, in particolare (che poi è un modo per dire: la mia).
E ti sale l’amarezza, perché si riaccendono le luci su tutti gli errori. Sulle scelte che pesano. Ma allo stesso tempo, lì, a fianco a quel cactus, maturi una voglia di rivincita che non ti aspetti da te, perché è vero che il tempo stringe, però, diciamocelo, prima che potrà dirsi scaduto ne dovrà passare ancora. Forse non c’è più spazio per gli errori, ma chi l’ha detto che tu debba sbagliare nuovamente? E allora aspetto il mio turno, e dopo due ore e mezza mi siedo.
“Sono Matteo Grimaldi, mi è scaduto il contratto ieri, dovrei riscrivermi.” “Mi serve il CUD e l’ultima busta paga.” “Non ce l’ho ora.” “Neanche la penultima?” “No.” “E allora deve tornare.” “Ma ho fatto due ore e mezza di fila!” “Mi dispiace, ma io la devo allegare.” “Siete aperti oggi pomeriggio?” “Sì, dalle 15.30.” “Ci vediamo dopo.”
Mattinata persa. Che palle. Devo riprendere la macchina che alle tre avrà sviluppato al suo interno l’habitat perfetto per i temibili scorpioni giganti del deserto. Tornare al Collocamento, e poi portare le carte al Mc Donald’s che ha deciso di farmi il contratto a tempo indeterminato almeno, finché non deciderò di emigrare in un punto qualunque dell’Oceania, avrò una mezza specie di lavoro. Intanto devo laurearmi e le solite cose.
Ecco, ora che ho rimesso a posto le idee mi sento meglio. Stamattina era tutto confuso. Lo è diventanto mentre ascoltavo ammirato la storia di una mia ex compagna di classe che ora insegna alle elementari, e quando mi ha chiesto: “Tu che fai?” ho avuto la netta tentazione di risponderle: “Non comprendo, non sono italiano! perché dire lo scrittore fa un po’ ridere tutti quelli che mi conoscono, e poi non lo dico mai. Non mi piace nascondere tutti i miei numerosissimi flop dietro un libro, e un altro che uscirà presto, e altri cento che forse usciranno. Ora ho di nuovo una linea guida. Ora una finestra pare rispondere ai miei movimenti di mouse. Provo a chiuderla. Una almeno la devo chiudere.
Tanto che ci sto aggiungo pure che Splinder fa cagare. Motivazione: pubblichi un post e appare 22 minuti dopo. (Riga partorita in quei famosi 22 minuti.)