Quando il week end uno non sa che fare va al cinema, tanto per dire di aver passato una serata diversa (diversa da che poi, che è quanto di più banale si possa pensare; ma dico io: fatti una bella trombata, quella sì che è una serata diversa, eccheccavolo!) e allora permettetemi di salvarvi con qualche dritta in merito ai film in programmazione visto che, intanto, non è che ci spalanchino proprio gratis le porte delle sale, e visto anche che dopo lo straziante Un giorno perfetto di cui ho già parlato qua, ne ho beccato un altro da farsi strappare le palle a morsi. Stavolta della nefasta scelta è abbondantemente responsabile Luca, perché io non è che fossi proprio convintissimo di Decameron Pie, anzi. Trasportato dal desiderio nostalgico di rivedere all’opera Mulder e Scully, tentavo di spingere verso X-Files, per rivivere l’eccitazione del mistero e dell’inspiegabile, poi abbiamo pensato che non era stato proprio un gran successo, che Mulder e Scully non erano più quelli di una volta, invecchiati e anche un po’ ridicoli, debilitati dall’Alzheimer, ancora appresso agli alieni, e che quella sera avevamo voglia di qualcosa di leggero, la demenza di un film comico senza pretese e così, tra il poco accreditato Kung Fu Panda (scusate se ho la nausea di tutti quei ributtanti animaletti di plastica in regalo con gli Happy Meal) e Decameron Pie, trionfa il (molto) liberamente tratto dal Decamerone di Boccaccio che, all’apparire di quella scritta sul megaschermo della sala 12, si sarà rivoltato nella tomba come un involtino primavera. Era tanto che non andavo al cinese e, per chi non sa mai che scegliere e continua imperterrito a ordinare il pollo alle mandorle, consiglio la squisita variante: gatto in salsa piccante, oddio scusate, volevo dire pollo. È che quella carne è così tenera che non riesco a convincermi che sia pollo, sembra più coniglio, e quindi gatto. Dicevamo… La trama non è di certo delle più articolate. A Firenze a metà del ‘300 c’è la peste, e c’è un tipo che fa lo stronzetto coi potenti a cavallo di un caval, finché qualcuno non si incazza e decide di farlo fuori. Lui, durante l’ennesimo inseguimento alla Zorro, incappa in un convento di suore ninfomani che lo accolgono solo perché fa finta di essere sordomuto e quindi non può raccontare al mondo ciò che accade tra quelle mura. E indovinate un po’ chi vestiva i panni (pochi) di una di cotali suore puttane, recitando ben 2 battute per un totale di circa 12 parole (di cui 4 erano articoli e 3 preposizioni semplici)? Il nostro orgoglio italiano Elisabetta Canalis che, a dire della neoeletta velina Costanza (non chiedetemi qual è delle due) sarebbe stata una delle poche a dimostrare di avere stoffa e quindi suo esempio da seguire (a me non sembrava ne avesse molta di stoffa, addosso almeno). Era lì a pretendere di essere trombata perché aveva beccato l’aitante sordomuto impostore intrattenersi amorevolmente con un’altra suora dietro una fratta selvatica. Comunque la parte l’ha interpretata bene, aveva una tetta (l’altra non s’è vista) e un culo molto espressivi. All’inizio del secondo tempo ero così trasportato che mi sono addormentato e, quando ho riaperto gli occhi, era la fine del film e si baciavano tutti (ma va?!).
Veramente un filmetto che neanche fa ridere, mannaggia. 600 e passa pagine di Decamerone ridotte a porno-pellicola da seconda serata di Rete4. Io, se fossi il povero Giovanni Boccaccio, vi giuro mi reincarnerei nel letale morbo (che non è fatto di carne, lo so) per far morire di peste chi ha prodotto Decameron Pie e, tanto che ci sono, anche la Canalis.
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