Oggi voglio rendervi partecipi degli strabilianti risultati ottenuti in mesi e mesi di sperimentazioni scientifiche sul mio organismo. Io, cavia a servizio dell’umanità. In realtà è solo una breve e non difficile constatazione. Se bevi ti vengono le parole. È questa la conclusione a tutti i miei studi (capite bene quanto abbia potuto studiare io nella mia vita). E non c’entra niente la storia del vino veritas; qua non è di verità che si parla, ma di un paio di bicchieri di vino o di un cocktail alla frutta alcolico, che è la nuova fissa delle mie (poche a dire il vero) recenti uscite notturne. Avete presente la sgradevole sensazione che si prova quando 2, 10, 40, 300 persone vi seguono, con gli occhi puntati nei vostri, catturate dal discorso che portate avanti con saggezza e ottime argomentazioni da più di 6 minuti senza tentennare, finché poi, all’improvviso, TAC, vi manca la parola? Fareste di tutto perché quella parola giunga a collegare come un anello il prima e il dopo della vostra catena, ma il silenzio, che vi augurate possa convincerla a tornare, non serve, e voi rimanete muti finché non decidete di sostituirla con cosa. Se prima di quella malaugurata discussione aveste ingollato un bel bicchiere, nulla avrebbe potuto fermare il vostro notevole favellare, statene certi. Ammutolitevi, oh voi che state già saltando dalla sedia per etichettarmi come cattivo dispensatore di messaggi diseducativi, capace addirittura di incitare all’ubriachezza. Già vi sento con la storia degli incidenti del sabato sera e compagnia bella. No, no e no.
È chiaro che se vi ubriacate le parole vi vengono sì, ma di certo non quelle che cercate, altre di cui fareste volentieri a meno e che non riuscite a tenere dentro per via dell’umore alticcio che vi fa fare brutte figure (oltre che convincervi che quel palo luminoso a pochi passi sia una bella gnocca, e voi, bramosi di raggiungerla, decidete di zomparci sopra, a bordo o no della vostra o di qualcun altro automobile). Il mio messaggio è più sottile. Un bicchiere. Un cocktail. Uno soltanto e vi sentirete oratori professionisti, non avvertirete più l’ansia da prestazione (orale. E meno male che la parentesi mi serviva a fugare facili doppisensi) e immagino che la pompetta dell’alcol test vi risparmierà il ritiro della patente per 6 mesi e, se non dovesse essere così, riuscireste comunque ad annebbiare la mente dell’agente con i vostri inarrestabili discorsi fumosi al punto da lasciarvi andar via, prima di fare lui stesso l’alcol test.
Ora che l’ho scoperto, prima delle presentazioni un bicchierino non me lo toglie nessuno. Voi, provate. (Sex on the beach, ecco come si chiama il cocktail alcolico alla frutta, che non ho bevuto prima di scrivere questo post, altrimenti il nome mi sarebbe rivenuto una trentina di righe fa.) (Il titolo l’ho scritto alla fine.)
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