Questo incredibile capodanno mi ha presentato la Morte, a cui evidentemente sto antipatico, ben in 2 occasioni. Mi sembra un ottimo traguardo non essere stato decapitato dal sedile della seggiovia a 4 posti che arrivava dietro di me. Ieri, l’ultimo giorno alla casetta, abbiamo deciso di svegliarci alle 7.20 per concludere il capodanno sulle piste da sci di Prati di Tivo. Se non fosse stato per Luca che, appena suonata la sveglia, si è preparato in un lampo per costringerci con le sue torture ad alzarci, facendo abbondante uso di mezzi poco ortodossi: urla nelle orecchie, pentole e coperchi sbattuti nell’aria, la luce accesa mentre gridava: “Buongiorno!” e ci privava delle coperte e non è proprio l’ideale a 1600 metri e a -10 gradi fuori, nessuno si sarebbe mai svegliato (e nessuno lo avrebbe tanto odiato come ieri mattina) e mai saremmo andati a sciare, e non ci saremmo così divertiti. Certo, io non avrei rischiato la vita, comunque, visto che non sono morto né ho riportato lesioni permanenti, lo ringrazio. Skipass + sci + racchette + scarponi coi pollicioni a fine giornata sull’orlo della cancrena = 37 euro, e ora il debito con Luca è salito a 150 euro (pare voglia pure gli interessi). Mi sa che devo cominciare a cercare un triplo lavoro, oppure uno solo che mi faccia guadagnare il triplo del mio onorevole e profumato part-time da Mc Donald’s. If anyone has something for me, thanks! Saliamo amichevolmente in 4, dondolando con le gambine sul vuoto come allegri fanciulli decenni e, nell’attesa di raggiungere l’inizio della pista, raccontavo di quando l’ultima volta che ero salito su un paio di sci, saran stati 8 anni fa, avevo concluso la mia folgorante carriera da autodidatta impedito incastrandomi con la punta dello sci nella grata di scolo dell’acqua, che stava proprio nel punto esatto in cui la seggiovia riprende il suo viaggio a ritroso, e che avevan dovuto fermare gli impianti e pure azionato la sirena; tutto questo per me, che onore! Ieri ricordavo la scena con malinconica dolcezza. Erano altri tempi, son cambiate tante cose, sono cresciuto, maturato, vuoi che lo spettacolo si ripetesse a così tanto tempo e km e seggiovie di distanza? Ebbene, a grande richiesta ho replicato, però stavolta avevo un non so che di scaltra eleganza in virtù della innegabile raffinatezza nei movimenti che il tempo mi ha donato. Mi spingo per scendere, evviva non cado. Tutti si spostano a inizio pista io mi sistemo un attimo i jeans perché la tuta non ce l’ho e la giacca s’era appallottolata e pure la fascia, che l’orecchio destro tra un po’ si sgancia e lo ripongo in tasca. Loro si sbracciano per avvertirmi del pericolo, io penso che vogliono mettermi fretta e dico: “Ho fatto, eccomi che arrivo!” Alla o di arrivo mi arriva una botta atroce tra schiena e culo. Capisco immediatamente cosa sta accadendo e penso che l’unico modo per non morire è riaccomodarmi sulla seggiola e tornare giù. Scelgo di fare la più smodata figura di merda della storia e salvarmi la pelle, ma non ci riesco perché la punta dello sci s’incastra nel tombino, che ovviamente era posizionato a meraviglia perché il bis fosse perfetto. Io cado mentre la seggiola avanza e, visto che nessuno si accorge di me, arriva pure quella dietro che mi decapiterà, lo so. È là che scatta la forza della disperazione, quella energia inspiegabile che ti fa tirar fuori anche quello che non hai perché, se non lo fai, muori. Mi sono accucciato sulla neve pregando che ci fosse abbastanza spazio perché la seggiola passasse sulla mia testa senza spaccarmi il cranio come un martello farebbe con un salvadanaio a forma di porco carico di monetine, come quando passi su un riccio con la macchina e lui non si fa niente perché capita al centro, e così è stato. L’omino finalmente ferma gli impianti e, se qualcuno non si era accorto del mio show, ci pensa la sirena ad avvisarlo. Accorrete numerosi! Io rialzo la testa sollevato e il rinculo della seggiola fa sì che mi arrivi una tranvata in fronte memorabile. “Devi stare più attento e toglierti subito da qua, la prossima volta!” (Grazie di esistere!) “Poteva fermarla un po’ prima visto che mi stava per decapitare.” “Io che ne so che uno fa una cosa del genere!” Mi riprendo e raggiungo i miei amici, poi mi giro e grido: “Comunque non ci sarà una prossima volta!”
A fatica raggiungo il fondo pista sotto choc, mentre Luca ride. Giunti giù ci guardiamo e diciamo che non ci va più, ma mai più nella vita proprio, aggiungo io, e allora andiamo a prendere una cioccolata con panna al bar. La panna era quella spray del supermercato che era pure finita e allora la signora l’ha scrollata nelle tazze e il risultato è stato che, tempo di trovare un mezzo tavolino libero, e la panna aveva perso la sua tridimensionalità precaria trasformando la cioccolata calda in un’apparente tazza di latte dalla candida superficie.
La vita l’ho rischiata pure al ritorno che ero stanco e ho sbagliato strada. Una a caso delle molteplici volte in cui il sonno mi ha vinto alla guida, mi sono risvegliato a gran velocità e a 20 cm da una colonna che prima mi sono chiesto se ero finito in un buco spaziotemporale ritrovandomi nella Grecia dorica e poi mi son posto il problema di evitarla, ma come sta accadendo spesso negli ultimi tempi, c’ha pensato la colonna, che gentilmente s’è scansata. Oggi dura giornata di lavoro e, anche se ho alle spalle troppo poche ore di sonno, è l’umore che sta meglio e che vuole riempire quella bellissima valigia il prima possibile.
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