È divertente restare ancorati al proprio equilibrio a osservare quello degli altri crollare e portarli a decisioni folli, vigliacche, comprensibili solo se viste da un’ottica di meno complicanze poi. Di fronte al tumulto dell’interiore precarietà altrui che s’affanna, mi dà immensa soddisfazione l’essere sempre stato coerente con me stesso, e osservare le gocce di sudore scendere sulla fronte di chi prova ad arrampicarsi a giustificazioni deboli per colmare i comportamenti assurdi del tempo fino a ieri. Mi fa anche un po’ tenerezza pensare che qualcuno possa credere di recuperare le attenzioni e l’affetto del passato dopo aver lavorato anni per fare terra bruciata attorno al suo mondo. Spero che stia bene nel suo niente. In realtà non spero niente, però neanche auguro il male a nessuno. Io sto benissimo nel mio tutto, e non lo regalo né permetto a qualcuno di entrarvi con troppa facilità. Sembra paradossale, ma queste manifestazioni hanno l’effetto di elevare il mio buonumore, come un film di Verdone: mi fanno ridere, ma tanto.
Ieri in macchina ho alzato il volume dello stereo, e ho avuto per la prima volta quest’anno la sensazione di potercela fare, che non è poco. Certo, va presa con le pinze, però è stato bello sentirsi avvolto da una sfera di positività, come un’aria diversa che diventa amica della stanchezza fisica e alleggerisce il peso sulla schiena, e accende gli intenti e i progetti, perché mi mostra i primi risultati. I risultati di un impegno che va molto oltre le mie possibilità, me ne rendo conto. L’altro pomeriggio mi sono anche appisolato in macchina; quando mi sono svegliato, una mezzoretta dopo, ho pensato che stavolta ce la stavo mettendo veramente tutta, e forse è la prima volta. Non sono proprio un asso in certe cose io, e quindi per ottenere 1 devo faticare 100 (mila, a volte), lasciar scorrere via tutte le energie che dal mio corpo finiscono a terra, ma proprio tutte. Però a me non importa ora, perché quell’1 lo voglio, e l’otterrò per stanchezza, come tutto ciò che nella vita ho ottenuto.
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