Sono in doccia, squilla il cellulare.
“Mattè, il telefonooo” grida Niccolò. “Vedi chi èèè” urlo da dentro la cabina doccia. “Milano!” “Oddio!”
Mi credete se vi dico che nell’arco di una giornata può non squillare mai? Certe volte dimentico di averlo, un telefono. Ci sono giorni in cui fatico a ricordare che suoneria abbia, nonostante sia la stessa da cinque anni e nove mesi (i primi tre mesi le cambiavo pure). E giorni in cui do una gomitata a quello vicino e gli dico: “Scusa, sono venti minuti che ti suona il cellulare”. Mi becco di risposta uno sguardo furibondo perché da venti minuti stava pensando la stessa cosa del mio telefono e, con tono ascendente: “Guarda che è il tuo. Anzi, se puoi rispondere…” Cazzo non lo dice, ma lo pensa.
A proposito, auguri al mio Sharp gx10i che a metà giugno ha compiuto sei anni. Un degno erede del Nokia 5110, il primo cellulare trasformista. Quello pubblicizzato dal venticinquenne con la camicia verde pisello e il Nokia violetto che s’innamora della ragazza della porta accanto col Nokia verde pisello e la gonna dello stesso violetto. Fanno a scambio di cover e vissero insieme felici e contenti. Ve la ricordate? Non credo. Io, che dello spot ho immagini molto vaghe, ho dovuto ricorrere al sacro fuoco dell’artificiosa arte immaginifica per ricostruirla.
Quel meraviglioso regalo dei diciotto anni non ha davvero potuto fare di più. Dopo quattro anni era arrivato al punto che per farlo reagire agli stimoli bisognava esercitare una pressione sul piccolo monitor a cristalli liquidi. Sempre più forte, come quando assumi costantemente un farmaco e l’effetto nel tempo diminuisce, se non aumenti la dose, così le pressioni. Finche sono scoppiati i cristalli in un: “Nooo!” della folla partecipante. Comunque quei due adesso avranno suppergiù cinquantotto anni e continuano imperterriti a calcare le scene della pubblicità. Lei della crema anti invecchiamento a base di cetriolini Mc Donald’s (ve li raccomando). Lui è stato preso per interpretare il nonno che cade dalle scale nel nuovo spot di Euronics e dell’ottimismo che sarebbe il profumo della vita.
Ecco cos’era la puzza che si respira in Italia da qualche anno a questa parte. Non la spazzatura che Berlusconi ha spostato da Napoli a Palermo. È proprio lui che puzza. Non perché non si lava. Questo non posso dirlo, non ho avuto mai il piacere di averlo ad una distanza tanto ravvicinata da afferrarne l’odore e, perché no, la solita spranga dimenticata dal mostro di Firenze e colpirlo su quella capa di nano coi capelli color terra di siena bruciata. È la sua esistenza che puzza. Il suo potere che soffoca gli italiani. Le sue parole vergognose ai funerali di Stato delle vittime del terremoto, per esempio: “Giuro su queste 300 tombe che gli aquilani riavranno le case che hanno perso”. Arrivano le elezioni e gli abruzzesi si riversano al voto per rimpinzare i consensi del Premier, fiduciosi che possa riportare la luce sulla loro terra, neanche fosse Gesù Cristo. Berlusconi arraffa il cinque per cento in più delle ultime Politiche e decide che, ora che ha vinto, è il momento di rendere pubblico il tanto discusso decreto. Ebbene, chi ha perso la prima casa avrà un contributo dallo Stato ridicolo. A chi è crollata la seconda casa neanche un centesimo. Abituarsi all’idea di aver perso una casa è senz’altro più facile che accettare l’esistenza di Berlusconi e giustificare la perseveranza di Madre Natura nel non causargli la morte per soffocamento da ananasso fuori stagione. Perché non si può fare un giuramento su 300 persone morte e anche lì prendere per il culo. Lì no. lui sì.
Intanto alle 23.16 ha fatto una scossa di 4.6 che ha terrorizzato gli aquilani. Come si può firmare un’ordinanza che costringe chi ha la casa agibile a lasciare le tendopoli? Non credo che uno scelga la tenda perché vuole riscoprire la giovane marmotta che è in lui. Uno se sta in tenda è perché ha paura. Una paura ragionevole, considerato che le scosse sono tutt’altro che finite. Anzi, aumentano d’intensità. Il signor sindaco Cialente sta bene o è impazzito appresso a Berlusconi? Ha paura che finiscano i pacchi di pasta e zucchero e le conserve per i pasti degli sfollati? E tutti quei fondi promessi, giunti, spariti, mai visti, PUFFETE PAFFETE e non se ne parla più? Non bastano per sfamare la gente un altro paio di mesi nelle tendopoli? Novanta mila fantastiliardi di milioni di euro che Berlusconi ha detto sarebbero arrivati a L’Aquila. Finiti già?
“La scossa, anche se profonda, è stata avvertita molto bene dalla popolazione ma rientra nel quadro dell’evoluzione del sisma” ha detto Boschi, direttore dell’Istituto di geofisica e vulcanologia (Ingv). “Il problema sono le conseguenze di tipo psicologico sulla popolazione perché le continue scosse creano paura e scoraggiamento.” Signor Boschi, lei sarebbe rassicurato? Certe dichiarazioni mi sembrano così idiote. E poi si è parlato per mesi della prevedibilità, dei segnali che possono far presagire e l’unica cosa che è arrivata come certezza è che i terremoti non si possono prevedere, quindi state tranquilli… E ora il signor Boschi dell’Ingv ci dice che la scossa di 4.6 (ragazzi, è una botta che ti ricuce la fessura del culo in un nanosecondo) rientra nella normale evoluzione del sisma quindi state tranquilli…? I terremoti non si possono prevedere, però si possono prevedere le evoluzioni? Com’è ‘sta storia? E che ne so io che fra un mese e mezzo non ne fa una di 7?
Mi dispiace per mia madre che stasera era da sola in tenda perché mio padre e mia sorella sono in viaggio da Trieste. Bella chiusa a sette catenacci, come dice lei, perché ha paura degli sciacalli che potrebbero farle del male. Allora, come ogni sera, ha legato i cordoni dall’interno che pure Lupin avrebbe trovato non poche difficoltà. Dopo la scossa non riusciva a uscire e l’hanno dovuta soccorrere e liberarla dall’esterno, poveretta. L’ho chiamata, mi ha fatto consumare tre euro e venticinque centesimi (la totalità del mio credito) per dirmi che si muoveva tutto e che sembrava che il telone della tenda volesse risucchiarla e digerirla. Lei ama condire le vicende col suo ingrediente segreto di estrema tragicità, frutto dei tre anni di appassionata visione di Nel segno del giallo.
Comunque quella di stamattina era l’unica telefonata che aspettavo, il loro numero. Doveva arrivare entro un mese è arrivata dopo otto giorni. Li ho contati. Come quando conti i giorni che mancano alla partenza o il tempo che ti separa da un incontro atteso. Niente d’importante, per ora. Per me è importante ciò che esiste, non l’ipotetico. Sono felice di dover cambiare di nuovo i miei programmi. Non torno più giovedì, ma direttamente il primo luglio, sperando di portare con me la buona speranza che mi ha attraversato oggi e che motiva la mia permanenza. A mia madre, che non torno, ancora non gliel’ho detto. Non era la serata giusta.
Un’altra scossa all’una di 3.1, proprio come nella notte del sei aprile.
Facciamo che vado a dormire e alle tre e trentadue non succede niente, eh! Perché, se no, altro che prevedibile e non prevedibile; ‘sto terremoto è un orologio svizzero.
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