Io sono stupida follia. Tu sei stupida ragione. Io sono superficialità, di quelle che qualche volta fanno ridere. Tu sei spessore, essenziale per stabilire confini. Io sono bravo a parlare. Io sono bravo soltanto a parlare. Tu incassi il colpo senza dire nulla. Io dico, eccome se dico, e maledico, ore e ore prima di incassare il colpo. Non ami disturbare le circostanze; le osservi come se la vita fosse uno spettacolo teatrale neanche così avvincente. Io entro nella vita della gente come un uragano che distrugge, per questo in tanti non mi sopportano. Sono ingombrante, rumoroso, impacciato. Tu aspetti con la schiena al muro che qualcuno ti guardi e ti chieda un’opinione. Vesti sempre uguale, come me. La quotidianità ti rassicura; rassicurava anche me prima, ora mi annoiano i fuochi d’artificio e le lucciole, figuriamoci una serata a guardare la tv sul divano. Mi annoia tutto. Più che noia è assenza d’aria, perché sono nel posto sbagliato al momento sbagliato da un po’ troppo tempo ormai. Tu sai quello che vuoi, non potresti volere altro dalla vita, d’altronde. Io nuoto in mezzo a troppe possibilità, e non riesco ad afferrarne una sola con convinzione. Le dita mi fanno male, non invano. Ho il merito di esser riuscito a non farne scappare nessuna, però. Questo mi va riconosciuto, e sarà proprio questo il mio male. È piena di difetti la tua vita, forse più della mia. Suona come un’assurdità. È come dire che il vuoto è più eccitante di Las Vegas. Perché i difetti eccitano e, il non poterli possedere, ancora di più. Non so se odiarti o ringraziarti, per aver tenuto saldamente testa alla mia voglia di rovinare la realtà. Per ora resto come al solito a metà, e non mi sento attratto da nessuno dei due estremi. Al centro si sta male. Ci si sente inutili, instabili, insensati, privi di connotati e caratteristiche e scopi riconoscibili e perseguibili, perché averne troppi corrisponde al non averne nessuno se prima o poi devono affondare tutti, in quell’oceano di cui molti parlano, che mi piacerebbe vedere, entrarci dentro e restare a sentire se l’acqua è davvero così fredda come dicono, se davvero al largo, di notte, si muore.
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