Ti commento se tu mi commenti

Ecco qua. C’ho preso la mano e ho fatto piazza pulita col template. Un po’ come capita a mia sorella quando si rifà le sopracciglia con le pinzette. Stacca di qua. Tira di là. Questa la levo che esce fuori. Quest’altra la levo così si raddrizza. Accidenti, s’è storta dall’altro lato, mi tocca togliere pure questa. Ora è più corta, troppo, accorcio anche l’altra così diventa uguale. Ma non è uguale mai, mannaggia. Che a lavoro ultimato delle sue sopracciglia non resta più alcuna traccia, e si ode fin dal vicino paese lo specchio ridere a crepapelle delle sue virgole di pelo sopra gli occhi.
Sana e salva la minacciata sezione delle recensioni (chissà perché poi tanta pietà). Piombati invece nell’abisso i link e i banner, oltre all’annunciata sparatoria sulle copertine delle antologie e della mensola preferita. I casi della vita, mai sentirsi troppo al sicuro. Chi prima d’ora mai aveva fatto il suo ingresso nella Stanza non può sapere di cosa stia parlando ed è giustificato se clicca sulla X rossa in alto e chiude la pagina (ciao ciao). Giusto per riassumere, nella colonna di destra c’erano tante copertine di libri che adesso non ci sono più e io sto immensamente meglio (pure se gli avverbi mi sono antipatici ben più dei folletti di Babbo Natale e dei bimbi perfetti con gli occhi azzurri ottenuti per colorazione chimica nei laboratori segreti di C’è posta per te). Mi sentivo osservato, come se i personaggi di tutti quei libri mi alitassero sul collo senza essersi prima lavati i denti. Ora c’è il cielo, è diverso.
Qualcuno ci rimarrà male per non essere più presente nella mia lista link, ma ho ritenuto che basta. Il fatto è che lo scambio link, l’inserimento banner pubblicitari, di iniziative, di premi vinti; il ti leggo se tu mi leggi, ti commento se tu mi commenti son cose che non mi appartengono più, oltre a portar via non poco tempo. E allora io leggo chi mi pare e chi mi piace e non mi servono i link per ritrovarli (ho una lunga lista di feed che apro giornalmente). Chi vuole, mi legga senza aspettarsi che io legga lui (io leggo tanti blog che non mi cagano neanche alla lontana, eppure continuo a leggerli). Mi scocciano i PVT che dicono: passa da me e lascia un commento. L’ultimo proprio ieri. A cui ho risposto: perché dovrei? Lei: non sei obbligato, se ti fa piacere puoi lasciare un commento. Anche tu puoi farlo col mio come con tutti i blog del mondo. Non ha più risposto (e meno male).  Insomma i link e i banner non servivano più a niente e alcuni facevano anche schifo, quindi via tutto perché, come dice Niccolò, meglio le cose semplici che le accozzaglie. E diciamolo che La stanza del Matto aveva preso le sembianze di un bazar, tipo quelli in cui si vendono le reti da pesca, le sigarette, le scarpette di plastica per passeggiare sugli scogli, i piumoni invernali, i giochi da tavola e tante altre chincaglierie scollegate. Poi mi sono sbizzarrito coi titoli delle sezioni superstiti, mi sentivo creativo ieri. Comunque non è che doveva cambiare chissà che. Una sfoltita, come quando rileggi un manoscritto e tagli tutto quello che non ti piace più. Io poi, che sono uno che non cambia cellulare da 6 anni (il mio Sharp gx10i (possiamo fare pubblicità perché immagino non sia più in commercio) può contenere massimo 10 messaggi e 20 foto, non sa mandare gli emme emme esse e touch screen pensa sia una proposta indecente e lui è timido e per sicurezza si rintana chiudendo lo sportellino dietro di sé) figuriamoci se cambio template.
“Che bello il mio blog!” “Vacci ad abitare!”
Piuttosto dovrei cambiare i faretti della mia stanza, quella in cui dormo veramente, perché da 4 funzionanti sono diventati 3, poi 2, poi 1 (e poi?). L’ultimo è venuto a mancare ieri notte che ho sbattuto la caviglia contro l’angolo del letto e, nel tentativo di accendere la lampada sul comodino, ho dato una carezza al cellulare che s’è fracassato a terra e per mezzora ha continuato a dirmi inserire sim. Ma cambiarlo non potrei mai.