Io e la mia Valigia, stavolta per niente sbagliata

Sanremo è finito, pare. Amici di Mary no, purtroppo. (Abbattete quella deficiente con la cresta, se potete farmi questo piccolo favore.) Quest’anno preferisco far finta che il Festivàl non sia ancora iniziato, o meglio che non debba iniziare mai, giusto per evitare ogni commento, augurandomi comunque che qualcuno rinchiuda Amanda che Al BaGno ha liberato nel suo mirabile pezzo e che qualcun’altra chiami ancora amore Vecchioni che m’ha fatto una pena mentre urlava sul palco, poveraccio. Detto questo, anzi non detto questo, spendo un post per condividere col mio solito gruppo d’ascolto di 7 anime (cercatelo, guardatelo, amatelo. Il film dico) la mia esperienza di presentazioni pugliesi, che sia anche di ringraziamento alla ET/ET Edizioni che mi ha trattato come un principe. La prima è stata all’Artsmedia che è un’agenzia di comunicazione fighissima, intanto per le tinte bianche con tocchi verde acido della sede di Andria, resa ancor più bella agli occhi del mio cuore dalla stampa con la copertina della Valigia e il mio nome a caratteri cubitali sulla parete, più grande e alta di me. Quando l’ho vista ho avuto un calo di zuccheri e mi son dovuto sedere un attimino, mentre pensavo e dicevo: WOW! Poi inviti, locandine sparse per la città. Facevo colazione in un piccolo bar, nella piazza principale di Andria e, sfogliando il giornale, mi sono ritrovato fra gli appuntamenti della serata. Mi è andato di traverso il cappuccino e mi sono messo a ridere. “Tutto bene signore?” “Sì, grazie…” a parte quel signore che francamente avresti potuto sostituire con ragazzo o, che so, fanciullo. Sono stato ospite di una trasmissione televisiva che si chiama Questioni, in onda il 22 febbraio. Si è parlato di terremoto oltre che della Valigia. È stata un’occasione per puntualizzare certi aspetti sulla situazione aquilana e dire ancora una volta la mia. Ringrazio il conduttore Paolo Farina per avermi dato liberamente parola, diritto, quello della libertà di parola, che in TV viene troppe volte dimenticato. Cercherò di caricarla da qualche parte su internet, così ce la rivediamo assieme, con le solite risate a cascare.
Quando sono entrato nella mia stanza d’albergo ho pensato: Potessi fare solo questo, Dio mio! Pranzi e cene e aperitivi e succhi di frutta e yogurt al caffè sul porto di Trani col calore del sole sugli occhi che m’ha fatto ricordare di aver dimenticato gli occhiali da sole in macchina, a L’Aquila. (Ricordare di aver dimenticato, mica da tutti.) Tutto il tempo per godermi la visione del mare fuori stagione tagliato dalle zampette dei gabbiani in volo. Marcella mi ha raccontato della rivalità fra la loro città dei sensi unici Andria e la splendida Trani che chiamano la spiaggia di Andria. Per riassumere: affanculo la dieta, insomma. Mica posso mettermi a fare il prezioso: “Per me soltanto un listello di carota cruda, grazie”. Al primo posto della top 3 dei complimenti più strambi ricevuti in questi giorni resta stabile quello di un giovane poeta del luogo: “Tu sei molto più oggettivo di me”. Che volesse dire vattelappesca. Non ho avuto il coraggio di chiederglielo, però l’ho ringraziato.
È stato una viaggio non comune. Mi sono sentito accolto e amato da tutti, come se tutti fossero entusiasti di me, come se mi conoscessero senza che io conoscessi loro. È una sensazione difficile da descrivere che considero un miracolo. Un privilegio che mi ha arricchito di sorrisi, condivisioni di letture, opinioni, storie di vita. Grazie a Paola per avermi regalato un giro turistico all’interno dell’affascinante Castel del Monte, testimonianza del genio quasi ultraterreno di Federico II; non avrei potuto immaginare tanto se l’avessi camminato senza le sue storie, la passione che ci mette nel raccontarle. A tal proposito una considerazione su tutti quei (tanti) stronzi che prima si sono accodati e si son goduti l’ora e mezza di spiegazioni e aneddoti e poi hanno pensato bene di dileguarsi senza sganciare il money. Lei è stata fin troppo signora, io avrei sbarrato il portone e li avrei fatti marcire nel cesso del castello. Rispetto gente! Sempre. Per chi lavora e spende tempo, energie e voce per voi.
Sto conoscendo pian piano la casa editrice ET/ET e le persone che l’hanno messa su partendo alla grandissima. Mi sono innamorato della loro sede, della sinergia di intenti e competenze che confluiscono in un progetto ambizioso che è quello di arrivare lontano con una casa editrice nata meno di 2 anni fa. Ringrazio un sacco di gente, a partire da Marcella che ha dovuto sopportarmi per 12 ore al giorno e poi Aldo Tota, l’editore col montgomery, e tutti tutti tutti, non per ultima, forse per prima, Laura Tota, un vulcano di ragazza che, non ho ancora capito come e perché, è finita nel mio blog, cioè qui, e ha deciso di pubblicarmi. Quindi ‘ste cose succedono veramente. Sono tanti i grazie che dovrei. Tipo all’associazione culturale CICRES che mi ha ospitato a Corato in un incontro pieno di bella gente e poi alla libreria Ambarabacicicocò che l’ha promosso. Coi nomi non sono bravissimo. Comunque ci vediamo presto, probabilmente a maggio, per nuove date e cene e sole e mare.
Ho fatto un po’ di foto con la mia nuova (e prima) macchinetta fotografica donatami da Luca e Niccolò e a parte qualche dimenticanza di flash che conferisce a certi scorci una poetica e naturalmente voluta “lugubrità” (tipo questa qui del portale dal buio alla luce, morte/vita, inferno/paradiso… sì, come no!), devo dire che me la sono ben cavata. Le altre le trovate sul mio Facebook. Adesso, visto che ha appena fatto una scossa di terremoto di 2.9 che mi ha fatto ballare culo e armadio, direi che, se non avete nulla in contrario, io andrei.

La Puglia e la Toscana confinano, sapevatelo!

Questo week end, come vi accennavo nello scorso post, sarò in Puglia a presentare la Valigia qua e là. Ieri ne parlavo con Luca che vive a Firenze. Luca conosce benissimo la mia ignoranza geografica che per anni ha garantito il buonumore ai miei amici attraverso l’arte della derisione alla quale mi sono sempre e volentieri prestato e allora la butta lì: “Tanto che sei di strada perché non vieni a trovarci giovedì; da Firenze a Barletta col treno sarà sì e no una mezz’oretta”. In un altro momento forse c’avrei riflettuto un po’ di più prima di rispondere: “Ah, fantastico! Guardo gli orari dei treni. Cerco di arrivare verso le 6 e mezza così andiamo a cena insieme e venerdì in tarda mattinata ne prendo uno per Barletta”. In un altro momento avrei tentato di focalizzare la posizione della Toscana che evidentemente non confina con la Puglia, e non serve che lo dica io. Però ieri (attenti che adesso ha inizio la mia arrampicata sullo specchio) avevo un lieve mal di stomaco, la testa mi doleva, pensieri confusi affollavano la mia mente associati a immagini di morte e arte figurativa ansiogena, devo ancora fare i biglietti e a L’Aquila la stazione ferroviaria apre e chiude quando lo decide lei, figuratevi se potevo starmi a chiedere se Barletta e Firenze sono o no così vicine, mettere in dubbio la parola dell’amico. Non si fa! Convincente, no?
Bene. Comunque, se fino a ieri avrei invitato alle presentazioni pure i toscani, oggi magari me lo risparmio, a meno che qualche temerario non sia disposto a digerirsi 6 ore abbondanti di Freccia Argento per qualche mia irripetibile pillola di stupidità. Vi ricordo gli appuntamenti. Sabato 12 ad Andria, alle 19.00 presso lo studio di comunicazione ArtsMedia, con la partecipazione de Il teatro di Puck, nella rappresentazione scenica di un estratto, e domenica 13 alle 19.30 sarò a Corato in provincia di Bari presso l’Associazione CICRES in Via Aldo Moro 58.  Vado e torno vincitore (lunedì).
Siiusun!

‘Una valigia tutta sbagliata’: 5 fratelli e una sorellina di nome Mia

Ebbene è nato, anzi… sono nati!
‘Una valigia tutta sbagliata’ è il mio terzo libro: una raccolta, un parto gemellare, 5 fratellini e una sorellina di nome Mia. Sono tornato ai racconti, amanti ideali per uscire dalla routine del romanzo. Amori occasionali, veloci, senza impegno, ma che lasciano il segno. Per questo li scelgo, pure se nella vita e nei rapporti non ho mai tradito (dicono tutti così), ma è vero (tutti dicono anche questo). Magari alternerò un romanzo a una raccolta da qui all’eternità. C’è un dato rilevante. Questa è la prima volta in cui è un editore a cercarmi e non sono io a bombardare la sede di tutte le case editrici italiane, pure quelle che pubblicano le ricette della Parodi, con i pacchi bomba dei miei manoscritti. Scoprire che c’è una prima volta anche per questo fa ben sperare. Ero di ritorno da un viaggio che non ho scelto di vivermi, una fuga necessaria, la chiamo io, pure se necessaria non lo era per niente. La confusione mi ha impedito di capire cosa fare e così ho optato per la decisione più semplice da prendere dopo che un terremoto ha distrutto la città in cui vivevo e vivo: scappare. È quello che fa il protagonista di ‘Mai abbastanza lontano da me’, il racconto più autobiografico dei 6, quello della mia fuga da L’Aquila, della mia rabbia per ciò che la Natura e l’uomo hanno causato e distrutto, della solitudine improvvisa, del silenzio, del brusio del verso del mostro che ancora sento nitido ronzare in fondo, della ricerca di un altrove, dell’abbandono, dell’illusione di lasciare a L’Aquila tutta la mia disperazione, che invece s’è accomodata sul sedile del passeggero della mia Matiz verde acqua e ha disturbato il viaggio e tutti i giorni fino al mio ritorno. ‘Mai abbastanza lontano da me’ è stato il primo dei 6 viaggi impossibili che ho affrontato e quello che più rappresenta l’intera raccolta perché li contiene tutti. Dev’esserci un motivo forte per partire e quelli dei miei protagonisti non sono viaggi di piacere. Loro non possono far altro che mettersi in cammino, talvolta correre senza più fiato nel tentativo d’inseguire l’unica possibilità su un milione che porta all’obiettivo, convinti che esista. Io sono come loro: tento spesso viaggi impossibili, viaggi indietro nel tempo, nel ricordo, oppure oltre la morte. Non mi arrendo a perdere quanto di più importante esiste per me. I protagonisti della Valigia fanno così, cercano la vita pur scappando dalla loro e senza l’amore non ce la fanno. L’amore passionale, l’amore corrisposto, l’amore che cambia, l’amore che muore, l’amore del mare che non sa tradire in ‘Sms dal mare’, l’amore di Alberto che non sa aspettare, in ‘MutoDentro’, l’amore di Marco, Giulia e Dario che tentano di restare sul filo di un equilibro che non può durare ne ‘Il dolore definitivo’, l’amore della piccola Mia per i suoi sogni che la illudono di poter cambiare la realtà semplicemente colorandola con la magia, in ‘Luci di cera’, un esperimento fantasy dolcissimo che chiude la raccolta. L’amore “a gocce di cristallo” in ‘Quattordici febbraio’. “Cercatelo, perché questa raccolta ne è colma”, scrive Mauro Marcialis nella prefazione. Credevo di aver nascosto i miei frammenti segreti dove nessuno avrebbe potuto mai trovarli e invece mi sbagliavo. Mauro Marcialis è riuscito ad andare oltre le trame e i dialoghi. Ha trovato il baule chiuso a chiave nella cantina delle mie insicurezze, ha scardinato il lucchetto e ha sfogliato le cartoline e le foto del passato, le immagini dei sogni del futuro.
In ‘Una valigia tutta sbagliata’ nessuno dei personaggi si arrende, perché se il passato non possono cambiarlo e il futuro conoscerlo, il presente è adesso e dipende da loro. Questo fine settimana sarò in Puglia per le prime 2 presentazioni, sabato 12 ad Andria, alle 19.00 presso lo studio di comunicazione ArtsMedia, con la partecipazione de Il teatro di Puck, nella rappresentazione scenica di un estratto, e domenica 13 alle 19.30 sarò a Corato in provincia di Bari presso l’Associazione CICRES in Via Aldo Moro 58, con la collaborazione di una libreria dal nome che è tutto un programma: Ambarabaciccicoccò (tre civette sul comò che facevano l’amore…).
Chiunque volesse ordinare il libro può farlo attraverso il sito dell’editore (CLICK) che è la modalità più veloce, oppure attraverso tutte le librerie online (IBS, Libreria Universitaria, ecc. ecc. insomma, le conoscete) e pure quelle fatte di mattoni, con gli scaffali, sempre sperando che al libraio di turno non siano tornate proprio in quel giorno.