Fra le stanze del mio castello

Sto ricaricando energie e parole. Sto mettendo benzina nel mio cuore. Voglio vederlo gonfio, sentirlo soffocare dalla pienezza. Sto assorbendo ogni forma di sole, pure quello nero. Sono così potente da saperlo schiarire. Sto in silenzio a guardare tutto e tutti senza vedere nessuno. Sto la notte in un locale a ridere, rotolo a terra abbracciato a chi con prepotenza ha deciso di volermi essere amico, in questa città desolata e desolante. Sto nel letto a ringraziare Dio per avermelo mandato.
Credi in Dio? Non chiedermelo più.
Sto tra le pagine del nuovo libro di Andrea De Carlo e ci sto bene. Sto dietro il vetro della finestra, oltre la tenda, a cercare fuori qualcosa che non m’intristisca. Sto su una sedia invisibile, mi metto seduto sul mondo. Sto programmando ogni passo con gli occhi che non colgono le cose vicine, ma riescono a guardare e comprendere l’orizzonte, dove stanno i luoghi che presto o tardi visiterò. Sto cercando di capire se potrò riprendermi quello che mi è stato tolto, che ho lasciato andare io alla corrente degli errori passati. Quando qualcuno riesce a sottrarti ciò a cui tieni è perché ha trovato la porta aperta, che tu gli hai lasciato, ingannato dalle promesse, dalla sua mano, da quel sorriso irresistibile e dalla sua fragilità che con una parola ti annienta. Mi sto rispondendo che sì, riavrò le mie monete una sull’altra. Sto ricostruendo il tessuto delle mie passioni, lasciate in panchina per l’improvvisa richiesta di un castello da tirar su in poco tempo. Il castello è pronto, aspetta che il nuovo padrone decida di scartarlo. Nel frattempo torno al mio villaggio di casupole piccole e carine, di cui nessuno continua ad accorgersi, perché tutti hanno occhi soltanto per il gigantesco pacco al centro del salone. Bramano di sapere che forma abbia, quante torri e se c’è il ponte levatoio sospeso sul fossato coi coccodrilli. Se avranno anche loro una stanza in cui sentirsi importanti oppure se mi basterà un castello per dimenticarli e per dimenticarmi del me che cammina dall’altra parte della strada, in direzione opposta a quella dei miei desideri. Si ferma, mi fissa e sorride, è felice per me. Sorrido pure io, non sono molti coloro che festeggerebbero la mia felciità. Comunque vada, se sarò in me o in lui, se la meta sarà la sua oppure la mia, noi sorridiamo e scriviamo tutti e due. Io in un castello e l’altro me nella casetta di legno di un villaggio dimenticato, con tanto bene che lo abbraccia e coi sogni in cui non crede più, pur sapendo che è solo un momento.