Vento Letterario

In questo preciso momento, steso a pancia in giù sul letto della mia stanza verde, col primo fresco di una giornata soffocante che penetra fra le persiane, sono tantissime le informazioni che giocano all’autoscontro nella mia testa. Devo fare una pausa per elaborarle. Una pausa non troppo lunga altrimenti chiudo gli occhi e buonanotte. Informazioni confuse si intrecciano, talvolta fondono, e quando due cose si fondono non è più possibile recuperarle singolarmente. Se poi gli elementi sono decine allora conviene fermarsi e godere delle sensazioni che restano, senza pretendere di isolarli per analizzarli.
Vento Letterario. Tre giorni splendidi segnati da incontri inaspettati. Sono gli incontri la discriminante di un’esperienza. Una piccola fiera a Finale Ligure in piazza Vittorio Emanuele II, che tutti gli abitanti del posto conoscono come Piazza dei Cannoni, dedicata all’editoria indipendente di qualità, quella degli editori che producono coi loro soldi gli autori in cui credono, per capirci. Stimolante il confronto con ISBN, nostri vicini di stand; con Luca della Bradipolibri che ringrazio per l’interessamento a me e alla mia storia, ma in generale felice di aver conosciuto di persona tutta una realtà editoriale fatta di nomi sinceri che lavorano con passione per far emergere giovani o vecchi talenti inascoltati e che fino al 16 luglio conoscevo soltanto attraverso la rete e le loro pubblicazioni. È un’esperienza che mi ha arricchito come autore, e che auguro ad Andrea e Carlotta, fra i principali organizzatori, di poter riproporre con successo anche il prossimo anno. Chissà cos’avranno pensato tutti di me e Sara l’editora che dormivamo soli soletti nel nostro bungalow al campeggio Tahiti. La vita è tutta un do ut des.
Un grande abbraccio alla bellissima famiglia che gestisce il bar Mapu poco distante dal campeggio. L’ho conosciuta per caso il secondo giorno, entrando con la voglia di un cappuccino e cornetto e riuscendo, oltre 2 ore dopo, con la pancia piena del pranzo. In bocca al lupo per la vostra storia d’amore nata grazie a uno scontrino e a un finanziere che ferma una bella fanciulla fuori da un locale. Di quei giorni mi mancheranno le mattinate in quello che Sara chiamava il tuo ufficio, e cioè uno spazio d’ombra dietro al bungalow in cui circolava ossigeno respirabile. Tavolino, bottiglia d’acqua e portatile e giù a scrivere. Mi mancheranno i pomeriggi e le serate allo stand, le chiacchiere coi colleghi e con gli strani personaggi che si avvicinavano a chiedere informazioni o a consegnare manoscritti e fascicoli esplicativi di progetti improbabili. La signora amante della letteratura postuma indicando Supermarket24: “L’autore di questo libro è morto?” e io lì intento a gesti scaramantici, grattatine e cornini con le dita. “Signora, Supermarket24 non fa per lei ché io voglio vivere ancora e tanto, soprattutto!” Mi mancheranno le pizze alla Caprazoppa, gigantesche e gustose, dove ci hanno trattato da principi. E poi la lunga passeggiata per tornare al Tahiti con Sara, stremati. Le chiacchierate fuori al bungalow, al venticello finalmente fresco fino alle quattro di notte; quelle altro che Mastercard.
Non mi mancherà mai il viaggio di ritorno in treno. Se tu paghi 59 euro e 90 e all’una e mezza ti dicono che si è rotta l’aria condizionata, t’incazzi un attimo o sono l’unico pazzo che tiene alla propria sopravvivenza? Mentre i miei compagni di carrozza agonizzavano imponendosi l’immobilità per sentire meno caldo io sono andato dal controllore e gli ho chiesto se potevo trasferirmi in un’altra carrozza. Lui ha risposto: “No, perché i posti sono numerati”. Quando gli ho fatto notare che avevo pagato 59 euro e 90 solo andata e l’ho invitato a farsi il resto del viaggio nella mia carrozza, accompagnando il tutto con l’espressione del viso che assumeva i connotati di una iena non tanto ridens, mi ha risposto che potevo. Non so in quanti siano sopravvissuti alla strage della carrozza 6 che, si vocifera, diventerà un film diretto da Stanley Kubrick.
A proposito di strage e morti diciamo tutti addio alle ciabattone di legno di faggio acquistate 7 anni fa nel corso di una vacanza per sostituire i saldali del Dottor Scholl, stroncati da una passeggiata. Lo stesso è accaduto ai ciabattoni. Tornavo dalla prima doccia, causa sasso stronzo + scivolata, si sono aperti in due e sono dovuto tornare al bungalow fluttuando come una madonnina e rassicurando con sorrisi di circostanza, peraltro naturalissimi, tutti coloro che osservavano questo ebete di 2 metri in accappatoio multicolor che procedeva a mezzo decimetro orario coi piedi sporchi di terra fingendo interesse per il mondo attorno, ovviamente unica causa di quel procedere stanco.
Speravo di racchiudere in un unico post (sono pigro io) tutti gli ultimi accadimenti letterari, ma già sta prendendo i connotati di un papiro e ne avrei di cose ancora da raccontare, tipo la presentazione di giovedì – tipo eh! – che rimando al prossimo.
Vado a nutrirmi delle esalazioni di fritto di nuggets e patatine Mc Donald’s, evviva la domenica!