Qualcuno ha rimborsato la benzina al Papa?

Il Papa, a distanza di quasi un mese dalla scossa, si è degnato di venire a fare un giretto dalle nostre parti. Già si era dimostrato persona generosa e caritatevole nel perfetto spirito che avvolge la sua carica donando ai terremotati il calice con cui dice messa e alcune boccette di olio profumato, che se vai alla Coop secondo me con 3 euro e 50 ce la fai, e i prezzi della Coop non è che siano proprio da mercatino in piazza, ma ieri ha superato davvero se stesso rinunciando addirittura all’elicottero per raggiungere L’Aquila, causa cattivo tempo. Non so come ringraziarlo, davvero. Mia madre, che fino a ieri voleva costruire una baita in giardino e vivere là, ha deciso che è bene trasferirsi per un paio di anni a Pescara, che secondo lei, col mare e la sabbia, le scosse non fanno. Al telefono mi ha detto di restare a Firenze, che la situazione è delle peggiori. Poi, con questa pioggia che non la smette, tutto diventa più difficile, il fango nelle tende, lo sporco. Io ho deciso di tornare ugualmente per un paio di giorni. Passerò la notte non so se in tenda o in un camper rimediato. Il tempo di trascorrere almeno una giornata intera con chi mi manca, capire come stanno le cose e come sta realmente la mia famiglia, che mia madre mi ha detto che gli equilibri stanno saltando e basta un niente per finire a gridare fra tutti. Farò in fretta a riempire un borsone di mutande, calzini, magliette, che quando son partito non pensavo di star via così a lungo e a Firenze è vero che piove, ma tra poco farà molto caldo. Lunedì mattina ci vediamo con tutti i ragazzi del Mc Donald’s, col direttore, per capire che ne sarà di noi, se qualcuno ci darà dei soldi per questo mese perso e per i prossimi, che non si sa bene quando riaprirà. Si parla tanto di diritti, di iniziative, di tutela, poi uno con un contratto a tempo indeterminato si ritrova senza busta paga perché arriva un cazzo di terremoto a rovinare una città intera. Solo supposizioni per ora, lunedì saprò qualcosa di più preciso. Intanto continua la mia avventura di terremotato alla ricerca di un lavoro a Firenze. Oggi mi ero prefissato di passare al CPI (Centro Per l’Impiego) a raccontare la mia storia, giusto perché C’è posta per te ancora non ricomincia, ma indovinate qual è il giorno di chiusura del CPI. Esatto, proprio il mercoledì. Più tardi porto il curriculum all’Esselunga che ho letto che stanno cercando giovani volenterosi e ambiziosi. Volenteroso lo capisco bene, ma ambizioso per mettere a posto i biscotti o pulire la lattuga o affettare il salamino… Magari mi dice culo come a Giuseppa Gaetana Ferraglia e tanto che ci sto mi compro una bella stecca di cioccolata e un barattolo di Nutella. Qualcuno dice che io, però, non so cantare, ma in fondo pure lei non è che lo sappia fare così bene.

Madre nella casetta di legno

Eravamo a cena fuori e uno dei ragazzi ha individuato al tavolo di fronte al nostro Ida Peritore. Comprendo bene l’espressione sconcertata che starà dipingendo i vostri volti, perché suppongo identica a quella stampata sul mio e che m’ha fatto proferire a gran voce: “Ida chi?”. Costei è una giornalista del TG1 dai capelli di un biondo volutamente posticcio – non si spiega un colore del genere se non con una ben precisa e consapevole scelta di portarlo – che si scofanava la sua pizza alternando movimenti poco educati delle mascelle che trituravano la pasta e la mozzarella e i funghi a bocca aperta, a sputacchiamenti sul suo e su l’altrui piatto, a espressioni del volto scocciate e un po’ grezze, devo dire. Io, che non ho mai saputo della sua esistenza, ovviamente mi dissocio dalla certezza che fosse realmente lei, quindi non si sprecasse neanche a denunciarmi perché, brutta com’è, casca male. Mentre la osservavo ghiotto di nuovi spunti per la Stanza mi giunge una telefonata. È Madre.
“Matte’ hanno dato l’agibilità a casa nostra.” “Ah, e quando pensi di tornarci?” “A L’Aquila ci sono già tornata, ma dormo in una tenda.” “Appena il sindaco darà il via libera potrai tornare in casa.” “Sì, in quella che farò costruire.” “Mamma, cosa stai dicendo?” “Sarà una casetta di legno fatta bene.” “Fatta bene dove?” “In giardino, col basamento in cemento, mica una di quelle che se ne volano!” “Mamma, ma tu una casa già ce l’hai.” “Sì, rientraci tu!” “Ha resistito a un terremoto che ha ucciso 300 persone!” “Eh appunto, io non voglio essere la 301esima e quindi vivrò nella casetta di legno finché non finisce tutto.” “E quand’è che sarà finito tutto?” “Dopo l’estate, ma non una casetta che se ne vola.” “Sì, ho capito, una fatta bene. Ma costano!” “Con 5 o 6mila euro ce la facciamo.” “Tu stai dicendo che farai costruire una baita in giardino e vivrai lì con la villa dietro?” “Sì, bravissimo!” “Ne hai parlato con papà, zia… con uno psichiatra?” “Sì, sono tutti d’accordo.” “Pure lo psichiatra?” “Sì!” “Mamma, spero ti passerà prima che sia troppo tardi.”
Io a L’Aquila pensavo di tornarci alla fine di questa settimana. Ho bisogno di riabbracciare qualcuno, prendere un panino assieme, andare al mare, magari. Quando sono andato via ho guardato tutto, senza vedere abbastanza. È passato quasi un mese e non so cosa mi aspetta. La distruzione dei luoghi mi fa paura. Nella testa si alternano le immagini di una serata insieme, o di un pianto davanti a un chiesa che ora non c’è più. Sarà difficile l’impatto. È come se quei 20 secondi avessero abbattuto assieme alle costruzioni tutti i ricordi che conservavano tra le loro pareti, porose come spugna. Spero che non mi ritroverò a riscontrare quest’oblio. Che la città nuova, che in un tempo secondo me non troppo lontano sarà la città dei giovani, dei bambini che in questi giorni giocano nelle tendopoli, di quelli che devono ancora nascere, non spenga i ricordi di un passato glorioso, antico. Che la mia città arrivi anche nel cuore dei giovanissimi attraverso i racconti e le fotografie conservate negli album di famiglia, che non possono sapere quanta vita è andata giù e sarà lentamente portata via, perché ora sono macerie e ingombrano.

4 chiacchiere (contate) con… Elastigirl

L’altra sera mi ferma un tipo che pareva Vasco Rossi ai tempi di Voglio una vita spericolata di quelle vite fatte (ma proprio fatte) così. Era notte e la sua presenza non era proprio angelica. “Ce l’hai una sigaretta?” “No.” “Non fumi?” “No.” “Neanche l’erba?” Ecco che sale la paura. “No.” “La vuoi provare?” Mi alitava in faccia. “No, anzi se puoi allontanarti…” Accelero il passo e lui da dietro alza la voce. “E la cocaina l’hai provata mai?” “No.” Il mio procedere assomiglia a una disperata corsa nel buio e lui da dietro: “Provala, è come fare sesso per la prima volta con una bella donna”. Io son fuggito a gambe levate, mentre lui proseguiva nei suoi viaggi mentali alla scoperta di droghe e delle loro proprietà a dir suo terapeutiche. L’ho sempre vista come una specie di leggenda metropolitana quella dei personaggi cattivi che ti avvicinano per offrirti pillole, polverine e quant’altro. Allora è vera pure la faccenda dell’Uomo Nero nell’armadio e delle caramelle degli sconosciuti e pure che in discoteca ti mischiano la droga alla coca cola. Quindi quando passeggiate, nella notte, guardatevi attorno e portate sempre un amico con voi, magari alto, forte, bello, possente e dallo sguardo gelido e terrificante. Invitatemi a uscire, insomma.
Durante il ridicolo corso Kirby, abbondantemente descritto nel precedente post, ha preso a vibrare il telefono. Con indifferenza l’ho tirato fuori dalla tasca e ho visto lampeggiare numero sconosciuto. Quanto avrei voluto rispondere! Magari era una libreria di quelle a cui ho lasciato il curriculum, o la Mondadori che ha deciso (senza leggerlo nemmeno) di pubblicare Supermarket24. Ero lì, prigioniero di quella stanza di setta segreta piena di anime morte infervorate dal Guru; il telefono squillava, finché ha smesso. Pensavo che avrebbe richiamato, magari la mattina dopo alla stessa ora, e invece nada de nada. Considerato che non ricevevo una chiamata da numero sconosciuto da anni, vorrei fare un appello: Chiunque tu sia, che sia tua intenzione offrirmi soldi a palate o farmi un saluto, richiama (più per i soldi che per il saluto, certo)!
Annuncio alla signora ultranovantenne che mi fissa da quarantanove minuti abbandonata sul davanzale della sua finestrella al quarto piano del palazzo di fronte che oggi è uscita la nuovissima intervista di 4 chiacchiere (contate) sempre perché è sabato. E oggi incontriamo un mito del web, son certo che la conoscerete tutti. Migliaia di visite al giorno e da poco anche scrittrice. Il suo libro è alla terza ristampa. Grazie infinite a Claudia De Lillo, la mitica Elastigirl di Nonsolomamma, per aver accettato di lasciarsi intervistare, pur non essendo io Fabrizio Frizzi. Buona intervista a tutti!

Trovare meteore è più facile che trovare lavoro

“Non c’è nulla che vi accomuna. C’è chi viene da Prato, chi da L’Aquila (cominciamo bene) chi è africano chi ha 19 anni chi 65 (c’era uno di 65 anni, vi giuro), l’unica cosa che vi accomuna sapete qual è?” (Oddio, che curiosità!) “È questo!” e con fiera mano disegna sulla lavagna di carta uno smile sorridente. “Quello che vi accomuna è l’energia positiva, l’allegria.”
Io mi guardo intorno e finisco prima sulla faccia di un islamico che dall’espressione direi stesse pianificando un attentato al neopresidente americano Baracca. Sposto gli occhi a destra e becco un vecchio che per sedersi c’ha impiegato 23 minuti per via dei dolori, e non mi pareva sprizzasse gaiezza da tutti i pori.
“Ora presentatevi. Nome, hobby, città, perché cambiare lavoro e cosa vi aspettate da Kirby.” Sono uscite le assurdità più inenarrabili, ma ce n’è stato uno che ha superato ogni limite facendomi esplodere in una risata roboante, destando l’ira di un ingiacchettato che mi ha ripreso verbalmente: “Per favore!”. Portate rispetto a chi è riuscito a dire che il suo hobby era ricercare meteoriti. Se non lo sapevate la Kirby è la più grande azienda al mondo che fattura 500 miliardi di dollari l’anno (come?) e Warren Buffet (chi?) che ha inventato il metodo (truffa) Kirby è attualmente l’uomo più ricco al mondo, che è anche quello che ha brevettato la lavatrice e il ferro da stiro (a dire loro). Poi ho appuntato (ci han detto di portare un blocco per prendere appunti e allora, considerata la tragicomicità della faccenda, ho scelto di scrivermi le peggiori cazzate pronunciate, sempre e soltanto per vòòòi amici della Stanza) che era anche il fotografo di Umberto Smaila, ma non credo si riferissero a Warren Buffet che sarà anche in fin di vita, se ha brevettato il Kirby nel 1914. Comunque non so quanto sia un vanto fotografare Smaila.
Andiamo ad elencare le funzionalità del prodigioso macchinario. Motore a turbina interna da 15.000 giri\min a tenuta stagna certificato NASA. Corpo in alluminio. Motore elettrico collegato all’assale delle rotelle per aiutare il movimento. Sacco impermeabile derivante da invenzione NASA (abbiamo capito, grazie). È immatricolato come un’automobile (bisogna pagarci bollo e assicurazione?), è artigianale, fatto a mano pezzo per pezzo. Nel tempo aumenta di valore come le case (che non stanno a L’Aquila). I materiali scelti son quelli utilizzati per la fabbricazione dei missili, e quella che vedete non è banale plastica, ma una roba che si usa per tessere i giubbetti antiproiettili. Sul sito NASA ci sarebbe una sezione dal nome Top Secret che io non ho trovato, ma devo dire che non è che mi sia impegnato gran che per scovarla, che conterrebbe i dettagli della progettazione del Kirby, ma fino a un certo punto però, perché han paura che qualcuno li carpisca e sottragga loro il segreto del successo. Può stare acceso 24 ore su 24, scartavetra, fa i massaggi (a cui si son sottoposti alcuni coraggiosi volontari che mi parevano piuttosto provati dall’esperienza, accompagnata da Donne dududù in cerca di guai… a palla).
Passiamo alla sostanza: 750 euro di fisso più contributo se scegli il part time, 1500 euro più contributo per il full time. Sì, perché puoi sceglierlo, capito? Se riesci ad affilare 5 mesi di 15 Kirby al mese venduti diventi importante e ti aprono l’ufficio. Loro la fanno facile, ma 1) non credo agli stipendi fissi, 2) 15 Kirby al mese? Impossibile. 3) Non mi avevano detto che non si trattava di vendere? Non avevo forse promesso a voi e a me stesso che, se così fosse stato, qualche testa sarebbe rotolata?
“Voi dovrete PRESENTARE il prodotto al cliente già preventivamente contattato dalle ragazze che sono ai telefoni. Voi non dovete fare telefonate, no no. Siete telefonisti voi?” “Nooooo!” tutti in coro, gli adepti. “E se il cliente dice che lo vuole, voi potete venderglielo?” “Nooooo!” come sopra. “Siete venditori voi?” “Nooooo!” “Voi metterete il cliente in contatto coi nostri uffici e a venderglielo penseremo noi.” Ah, ma va? Io quando parlavo di vendere non intendevo l’atto legale, ma tutto ciò che è necessario per convincere qualcuno ad acquistare, loro lo sanno e fanno i finti tonti. Ci mancava solo che dicessero che non siamo dei venditori, ma dei presentatori magari pure televisivi. Alla fine mi chiamano. “Matteo, come hai sentito saranno pochissimi i selezionati (immagino!) vuoi fare questo lavoro?” “Sì, certo! Mi piace, mi appassiona, è una continua sfida.” “Bene, infatti tu eri tra quei pochi selezionati.” Lo guardo, sorrido: “No, scherzavo. Non ne ho la più pallida intenzione. Ho chiesto tra telefoniste, manager, e quello che era tutto il vostro personale con cui son venuto a che fare, se si trattava di vendere, di andare in giro per le abitazioni, mi avete sempre risposto di no. Questo lavoro è degno di chi ama farsi prendere per il culo.” Lui s’incazza. “Non siete voi che selezionate noi, è il contrario ricordatelo. E pensa anche che, se io non avrei fatto Kirby non so cos’avrei potuto fare.” “Le elementari, magari.”

Plof

All’Esselunga (dove Giusy Ferraglia faceva la cassiera) girando per gli scaffali ho letto: Ottima da mordere sulla confezione di una stecca di cioccolata al latte a blocchi. L’ho comprata (basta poco per convincermi) e confermo, l’ho morsa quasi tutta ed era ottima, proprio nell’atto del mordere dico, poi, che di sapore facesse schifo, è un altro discorso. Sono andato a spostare la macchina e a momenti non la riconoscevo. In 4 giorni s’è trasformata nel cesso pubblico di punta per piccioni che gli scappa lenta. Ce lo vedo il piccione grasso che fa: “Largo, largooo che mi scappa…” PLOF, sul vetro della mia Matiz che ha cambiato leggermente tonalità, dal verde acqua a un verdino un po’ più, come dire, stimolante e stimolato. Qua le strade hanno ognuna un giorno prefissato per la pulizia. E allora la notte devono restar libere che passa l’omino a bordo dell’infernale mezzo che lava e asciuga. E se ce la lasci bene che ti va ti becchi una multa che te la ricordi, oppure le ganasce e allora o fai un mutuo e la rilevi, perché è pur sempre la tua automobilina, o la saluti cordialmente per sempre. Tutte tranne quella davanti allo stadio, ed è lì che ho parcheggiato la Matiz, almeno sta bene fino a sabato notte che dovrò portarla da qualche altra parte perché domenica gioca la Fiorentina in casa.
Permettetemi di fare una riflessione sul vincitore del Grande Fratello, il rom. Con tutto il rispetto, ma io mi chiedo:  si può essere gente fottutamente felice, a cui tutto nella vita è andato così bene da far schifo a Paris Hilton, e vincere pure il Grande Fratello senza doversi sentire in colpa, oppure se non sei un caso umano disperato a cui concediamo al massimo una zia sopravvissuta, non azzardarti a partecipare che tanto non passi mezzo provino? Diciamo basta alle storie di vita. Vogliamo gente che continui a fregare agli altri la felicità. Il vincitore del superenalotto che poi vince un’automobile a un concorso e poi viene preso alla Fattoria e poi incontra una modella americana e se la sposa e uno dei figli trova per strada un assegno al portatore in bianco e cose così. Io di Ferdi non ne sapevo nulla, mai visto il GF quest’anno, e durante la finale pensavo: Che antipatico questo! e non mi spiegavo come fosse arrivato all’ultima puntata. Poi vai a scoprire che è un rom che non si sa bene dove sta la sua famiglia e la sorella gli manda i videomessaggi dalle sue terre in culo al mondo e allora tutto si fa chiaro. Non è razzismo, però non mi sta bene neanche l’eccessivo pietismo. Pare che se non sei un senza gambe che ha perso i genitori in guerra non meriti attenzioni, eccheccazzolina.
E poi volevo vantarmi del mio potere medianico che ancora una volta mi ha fatto fare centro. Tempo addietro avevo scritto su queste pagine che Alessandra Amoroso andava tenuta d’occhio, perché se ce n’era una da produrre dentro quel gallinaio di adolescenti urlanti di Amici era proprio lei. Ebbene, non solo ha vinto Amici, ma guardate un po’ la classifica degli album più venduti e dei digital download della settimana.
Stamattina son tornato dalla manager degli aspirapolvere ed è stato il fatidico giorno del delitto, il suo. Avete sentito gridare una donna come un maiale che corre esagitato con un coltello conficcato in gola? Ebbene, grazie per non aver chiamato i soccorsi, ma ve lo racconto domani che sto tentando di riprogrammare il Kirby per tornare sulla Terra, che per sbaglio ho azionato il teletrasporto e son finito su Urano, perché questo gioiellino, L’OPPORTUNITA’ che viene concessa solo a vòòòi, l’ha progettato la NASA, che non lo sapevate?

Chiacchierate così

Oggi l’umore è più o meno non so che. Come quando non sai definire un momento. È comunque meglio di ieri, poi di ieri l’altro non ne parliamo, che avevo le borse sotto agli occhi cariche di acqua benedetta pronta a trovare una via di fuga senza apparente motivo, se non quello che troppa acqua, in un contenitore limitato, non può starci. È lo stesso meccanismo di quando vai al cesso e svuoti la vescica. Non è che pisci perché sei triste, ma solo perché se no scoppi. È l’accumulo che ti frega, non il singolo bicchiere d’acqua. Le lacrime venivano giù assieme alle risate, ed era tutt’altro che gioia. Piangevo perché gli occhi piangevano e non potevo farci nulla. Sarà il week end a farmi questo effetto, o che sto scrivendo un pezzo che mi fa male, o semplicemente che, quando non ho certezze, alterno entusiasmi a crolli tragicomici, più comici che tragici per chi mi sta vicino. Stamattina sono andato da Manpower e da Start People che stanno sulla stessa strada. Ho pensato: Che culo! sì, ma a 5 km di distanza l’una dall’altra; parliamo di via Cavour che non è proprio un viottolino fiorentino, ecco. Mi son iscritto, e: “Appena avremo opportunità conformi al suo curriculum la chiameremo” “Il più presto possibile che ci sarebbe una certa urgenza. (Vai Matte’ con la storia del terremotato!) Sa, vivevo a L’Aquila fino a 12 giorni fa…” “A L’Aquila?” “Sì, ha presente gli sfigati colpiti dall’esagerato idromassaggio della crosta terrestre di cui in questo momento stanno parlando in tutto il mondo?”
Mi dispiace anche un po’ perché io, che sono aquilano, lo devo dire, altrimenti non potrei spiegare i motivi che così, all’improvviso, mi han portato qua, e il mio interlocutore a quel punto va in tilt. C’è chi abbassa la testa in segno di lutto. Chi mi chiede se sto bene. (A meno che tu non stia parlando con una versione evoluta di Slimer, forse sono vivo, che ne pensi?) Chi dice: “Mi dispiace assai” e poi mi fa l’in bocca al lupo e io me ne vado perché il tutto assomiglia molto ad un: Ritenta, sarai più fortunato. Chi storce la bocca e aspetta che io cambi argomento. A chi mi dice: “Parliamo d’altro, so che per te dev’essere doloroso” io rispondo sempre che voglio parlarne, invece. Se ne deve parlare più che si può prima che i media decidano di spostare l’attenzione sulla finale del Grande Fratello o su Ping Ping che è l’uomo più basso del mondo.
Mio padre è tornato a lavorare. La banca ha allestito delle postazioni sparse per la città e ha offerto ai suoi dipendenti e alle famiglie un camper per potersi sistemare al meglio. I rilievi hanno stabilito che la casa dove stavano in affitto le ragazze è inagibile, nulla di sorprendente considerato che erano crollati alcuni tramezzi. La casa dove vivevamo ancora non la visionano. Manca il gas, che è stato tolto il 6 aprile subito dopo la scossa. Tutta la rete di condutture ha subito dei danni gravissimi e, perché si torni a un’erogazione normale, passerà almeno un mese. Mia madre, che mi chiama per informarmi di tutte le sciagure sismiche che le arrivano, narrate da molteplici e mai attendibili canali di pettegolezzi (oggi mi ha detto che hanno fatto evacuare Sulmona perché avrebbero previsto una botta pazzesca pure lì, e non è vero, anche se a Sulmona un po’ paura ce l’hanno), conclude sempre le sue telefonate con un: “Tu… tu… vedi quello che vuoi fare, ma… non spendere troppo!” e io stamattina, dal terzo piano di Zara vicino a piazza della Signoria, con fra le mani un pantalone nero, una camicia bianca, una cintura nera, sul lucido, e una giacchetta che l’ho vista e non me ne importava niente che costava 119 euro perché io la volevo, ho risposto: “Mamma, che dici? Io vado avanti con la roba che mi prestano Luca e Niccolò”. Dev’essere stata molto orgogliosa di me che intanto delapido il mio già esiguo patrimonio in attesa di una telefonata fortunata, che mi regali un lavoro. Le buone sensazioni ci sono, pure quelle brutte. Certo è che chiacchierate così mi mancavano tanto.

4 chiacchiere (contate) con… Cristina Mosca

Nonostante le abbia nuovamente ripetuto che non ho alcuna intenzione di vendere aspirapolvere, mi chiamano per dirmi che ho superato brillantemente il secondo colloquio e allora sono convocato per il corso da manager galattico mercoledì sempre a Prato. Mi han pure detto che bisogna presentarsi in abito professionale. Io me lo compro anche un pantalone nero e un paio di scarpe lucide, mica no, ma se si azzardano a dirmi che devo andare a suonare a un campanello, fare una telefonata per proporre le nuove spazzole cattura-acari io mi alzo dalla sedia e mi trasformo nell’Incredibile Matto che al contrario del celebre Hulk diventa Blu e comincia a scoreggiare gas nervino. Come ben sapete la trasformazione comporta danni irrimediabili sui capi d’abbigliamento e quindi poi mi toccherà anche chiedere il risarcimento dell’abito professionale che avrò comprato apposta per loro e che non costa proprio 7 lire. A Firenze ora cade una pioggia rumorosa, poi all’improvviso smette e ti sorprende pure il sole. È una città che ti prende in contropiede. Intanto che lo faccia con me, visto che è sabato, proviamo a tornare alla normalità con le interviste agli scrittori di 4 chiacchiere (contate) con… e oggi incontriamo Cristina Mosca con la quale un anno fa esatto ho avuto anche il piacere di fare una presentazione. Vi ripropongo quel vecchio post con la mitica intervista doppia. Ha smesso di piovere, ve l’avevo detto che è un po’ pazzo questo cielo, e la bolla d’acqua che m’è sbucata dietro al tallone destro mi fa un male cane.

Dalle unghie dei piedi fino ai pelini più reconditi

Avevo progettato di conficcare l’ombrello con la punta di legno nella gola della centralinista perché ero convinto che si trattasse dell’ennesimo colloquio per farmi andare in giro a vendere padelle. La convinzione è ancora più stabile dopo che ho scoperto che l’azienda vende aspirapolvere. “Ma scherza signor Grimaldi? Noi quelle figure ce le abbiamo già. Quello che cerchiamo è un manager per gestire un nuovo ufficio di prossima apertura a Firenze.” Sì e io sono il figlio di Stephen King. Sapete cosa vuol dire uccidere una persona? È quello che farò appena mi diranno (domani probabilmente) che si parte dal basso, che bisogna fare esperienza, che bisogna avere pazienza e voglia di arrivare… e allora comincia a costringere tua nonna a desiderare improvvisamente un aspirapolvere. Ecco, quello sarà il momento esatto in cui sferrerò il colpo, e l’ombrello, che ha per puntale un paletto di frassino per vampiri, trapasserà la sua giugulare da parte a parte. Perché io l’ho avvertita che questi lavori, con tutto il rispetto, se li possono ficcare nel didietro, e visto che devo tornare a Prato e rifarmi 6 km e mezzo a piedi (ma questa è anche un po’ colpa mia che sono abbondantemente impedito a Firenze che ci sto da una decisa di giorni figuriamoci se dovessi prendere un autobus a Prato) e pure prendere un treno, permettete che, qualora si profilasse l’ipotesi dell’accattateville, la rabbia ricoprirebbe ogni zona del mio corpo, dalle unghie dei piedi un po’ lunghette, a dir la verità, fino ai pelini più reconditi sparsi sul mio capoccione, e renderebbe giustificabile l’omicidio? Insomma, se domani leggete di una grassottella mora, morta dissanguata sulle scale di un anonimo edificio toscano, state pur tranquilli perché è tutto sotto controllo.
Stasera sono andato alla presentazione di Gente di Mumbai di Munmun Ghosh, una scrittrice indiana che per ovvi motivi non poteva essere lì, che recensirò appena l’avrò letto. Ho conosciuto Chiara Fattori, la direttrice editoriale di Intermezzi, nuovissima casa editrice, coraggiosa perché sceglie di pubblicare senza chiedere contributi agli autori, intanto. È una ragazza che le si legge negli occhi la passione che muove il suo lavoro. E anche se per ora la distribuzione non è mondiale, dalle piccole cose si arriva lontano, se gli intenti sono sinceri, e i suoi lo sono. Ho conosciuto Ilaria Giannini, giovane giornalista che tra pochi giorni esordirà nella narrativa col romanzo Facciamo finta che sia per sempre, per Intermezzi. Siam rimasti qualche minuto dopo l’incontro a parlare di lei, dei suoi progetti, di L’Aquila, di me che tra un po’ finirò a lavare i vetri delle macchine ai semafori, armato di tira-acqua versione mignon. La conoscerete meglio intanto perché ha accettato di sottoporsi alle mie 4 chiacchiere (contate) e poi perché ho deciso di seguirla, non per strada come fanno i maniaci, intendiamoci.
Settimana prossima passeranno a stabilire l’agibilità di casa nostra. Per quella in cui vivevamo non ci dovrebbero esser problemi, per l’altra, quella che avevamo affittato alle ragazze, forse si prospetta un brutto destino.
Probabilmente dovrà essere abbattuta e ricostruita. E chi la ricostruirà e quando, son domande che neanche provo a pormi, perché l’unica risposta che mi viene in mente è: Berlusconi, che mi fa un po’ ridere, pur non essendo granché comica la faccenda. Mia madre ha deciso di dormire in tenda tutta l’estate. Dice che non ce la fa a dormire in casa. Ce la siamo giocata, presto dichiareranno l’inagibilità del suo cervello. Si scherza, in verità non me la sento di biasimare le sue paure. Volevo ringraziare Maria De Filippi che ha deciso di donare attraverso Mediaset e la puntata speciale di Amici da Lecce, 300mila euro per ricostruire una scuola.

GNLD per una vita migliore

Sto imparando a muovermi da solo. Mi sento un bambino che comincia ad allontanarsi da casa e che gioisce perché ritrova la strada del suo portichetto. Firenze mi piace ogni giorno di più. Mi piace la gente animata da modi gentili, che avrò notato solo io, forse, ma mi par che sia così. L’autista dell’1, stamattina, mi ha aiutato a trovare la strada del secondo fantomatico ridicolo colloquio. Si tratta di vendere i prodotti GNLD per una vita migliore, che ora vi illustrerò nei dettagli perché, fingendo interesse, mi son fatto dare il depliant (sperando che non mi denuncino). Cominciamo dalla soluzione Pro Vitality che son delle bustine che forniscono un’elevata energia, salute del cuore, protezione antiossidante, ottimo potere immunitario, articolazioni sane ed elastiche, salute cellulare e funzione cerebrale regolare. E quella per diventare milionari se la son dimenticata? Io alle bustine non ci credo, fossero state pillole avrebbero forse destato in me maggior curiosità, ma le bustine miracolose son cosa vecchia, suvvia. Poi ci sono gli integratori nutrizionali e per la perdita del peso che sarebbero, a dire di costoro, anche una buona prevenzione per il cancro. Striscia la notizia la chiamate voi? Prodotti per la cura della pelle e della persona e, la loro punta di diamante, il ritrovato che al mondo così non ce n’è, Super10 per la pulizia degli ambienti. Flaconi che vanno da un litro a 100 tonnellate. Vi giuro che mi ha detto così. Un flacone da 100 tonnellate non l’ho mai visto, ma mi sa di difficile utilizzo, poco pratico, forse. Mi è venuto da ridere non poco e in quell’istante mi son chiesto per la 57esima volta: Che ci faccio qui? C’è anche un’iscrizione per intraprendere quella illuminante attività, 69 euro. Quando la signora bionda, ex impiegata al comune, che ora ha trovato la ricchezza e la felicità in un mezzo scantinato della periferia fiorentina, me l’ha detto, io ho risposto: “In questo momento nel portafogli ho 6 euro e 75, può andar bene ugualmente?” poi devi pure acquistare un po’ di questi prodotti scontati del 25% e poi devi trovare a chi rivenderli. Più vendi più guadagni. Se riesci a coinvolgere altre persone interessate e a formare una rete di venditori tu diventi il capoccione e prendi pure parte delle robe che vendono loro, insomma una gran cagata. Domani sera fanno un meeting a Pisa dove sarà presente il rappresentante americano del baraccone per parlare ai suoi adepti. Mi hanno invitato a partecipare, ho risposto che ci avrei pensato (se avessi risposto di no non mi avrebbero lasciato il catalogo e io non mi sarei ricordato mai Super10, ad esempio).
Ieri invece son stato dalle 8 e mezza fino alle 7 della sera a girare per Firenze in compagnia del Fabrizio Corona de noartri e una poveretta di vent’anni che non riusciva neanche a formulare le 2 frasette di presentazione al cliente. Tra il dialetto toscano e la timidezza che le faceva mangiar le parole vi giuro sarebbe stato di gran lunga più comprensibile ET, almeno lui t-e-l-e-f-o-n-o-c-a-s-a lo scandisce come si deve. Si trattava di convincere tutti coloro in possesso di una partita IVA a passare da Enel a Sorgenia, perché noi siamo la fonte dell’energia. Il Ray Ban dotato, con cravatta serpente, ha chiuso 3 contratti prima di pranzo e allora ho pensato che era facile e sarebbe stato divertente provare. Arrivati alle 7 di sera i contratti chiusi erano ancora 3, i km percorsi forse 50, i piedi come 2 palloni aerostatici imprigionati nelle mie Adidas celtiche da 19 euro e 90 che non sto qui a dirvi di che grave arma biologica sono custodi, la camicia zuppa di sudore e gli occhi che mi si chiudevano, 20 milioni di vaffanculo celati negli sguardi della gente che aveva altro da fare che stare a sentire palle su Sorgenia e sconti: “Allora Matteo, ora compiliamo un test così vediamo se sei idoneo all’assunzione” “Il test lo devo compilare pure se non voglio essere assunto?” Stava inducendo a firmare il contratto un poveraccio del Senegal che non parlava mezza parola di Italiano e io non sono così.

Oggi ho lasciato altri 2 curriculum (curricula è obiettivamente un termine sparone che io non uso, pur sapendolo giusto), la prima libreria mi ha detto che non cercano, ma di lasciarglielo comunque, la seconda mi ha fatto compilare un test di richiesta di colloquio e poi mi han detto: “In bocca al lupo” magari mi chiamano a fare 4 chiacchiere. A L’Aquila, nonostante le ultime scosse, sta rinascendo la vita. Allora è vero che gli abruzzesi son tenaci, io devo essere una specie d’eccezione. Si ricomincia a lavorare, dove si può. Ci si attrezza perché i ragazzi non perdano l’anno scolastico, perché i bambini possano tornare a scuola e perché gli studenti universitari possano sostenere gli esami nonostante l’inagibilità di moltissimi edifici, probabilmente in tenda, e questo trovo sia una cosa bellissima. Io tornerò a farci un salto appena avrò la possibilità di parlare col mio professore. Ho voglia di riabbracciare la mia famiglia, i miei amici che mi chiamano per dirmi che gli manco e spupazzarmi di baci Iker, e pure Italy e Big Black, le mie tartarughe in custodia dagli zii. Sarà doloroso passeggiare lungo le strade distrutte, ma son certo che i miei occhi andranno a cogliere qualche filo d’erba nuovo tra le macerie.
Vi segnalo la presentazione del libro Gente di Mumbai di Munmun Ghosh, Intermezzi editore, domani giovedì 16 aprile, alle 19, presso la libreria Cafè Meykadeh in via dei Pepi 14/r, ovviamente a Firenze. Io ci vado e ‘sto libro lo prendo perché intanto l’avevo puntato e poi qua non ho nulla da leggere e comincio a soffrirne. Provo a prevenire, così, i segnali di una seria astinenza in arrivo. Ah, vorrei salutare tutte le 1277 zanzare che nelle ultime 3 notti hanno creduto in me e nel mio sangue. Grazie.

Cambieranno i giorni

Giornata sì, giornata no, giornata sì, giornata no, giornata sì, giornata no. Ieri giornata sì, oggi già non lo so più. Mi sono mezzo ubriacato con un aperol spriz, che io spriz comunque non l’avevo detto, ma me l’hanno ordinato così; mi pareva un po’ più alcolico del solito innocuo aperol. Ho inviato il mio curriculum a tutte le case editrici fiorentine e l’ho consegnato pure alle librerie. Ne mancano un paio, domani completo la missione. L’altro ieri ho sbagliato direzione del bus e mi son ritrovato a Scandicci. “E ora?” con sguardo lacrimevole, inumidito, devastato verso il guidatore. “Ora si siede una quarantina di minuti e arriva a piazza Alberti”.
Arrivo alla libreria che si abbassa la saracinesca. “Mi dispiace stiamo chiudendo” “Devo consegnare una cosa, un attimo soltanto” mi fa entrare. “Mi dica” “Sì, ecco, devo consegnarvi… il mio curriculum!” e sfodero il mio stranoto sorriso finto a 32 denti bianchissimi. Qualcuno sta tornando a L’Aquila. Si parla di iniziare i lavori di visione delle abitazioni. Mia madre, che è un po’ negativa di suo (dopo il terremoto ha detto che era arrivata la fine del mondo), mi ha detto che casa nostra forse risulterà non agibile e non si sa bene il destino delle case non agibili e dei loro ex inquilini. Io per ora resto qua a cercare una strada, un lavoro. Firenze è meravigliosa, anche se vi giuro che è tutto difficilissimo. Non mi sento più padrone di niente, una specie di estraneo e nell’80 per cento delle situazioni non so come comportarmi, come muovermi, cosa fare e cosa no, cosa dire, se dire, come aiutare. Mi dispiace che il blog in questo periodo stia diventando monotematico, ma è quello che sono ora, monotematico. Trovare energie per inventare argomenti, spunti divertenti, quando non so neanche bene dove dormirò non è proprio pensabile. Cambieranno i toni, vedrete, come cambieranno i giorni.