Il tempo, inteso come inesistente elemento

Il tempo, inteso come inesistente elemento che l’uomo ha teorizzato per regolarsi, dovrebbe mantenere costante la sua velocità di crociera, se non erro. (Io a scuola non ho mai aperto un libro al di là della copertina, avete presente la prima pagina bianca dove si provano le penne? Quindi fate conto che tutto quello che dico è frutto di mie intuizioni alla vista di fenomeni naturali. Capite ora perché sono un genio?) Il tempo procede senza metter fretta a nessuno e senza neanche impantanare nessuno e, fondamentale, senza sbalzi di velocità. Mi vien difficile pensare che il tempo abbia fretta o che sia stanco e decida di rallentare. Non come il Titanic che, per fare lo sparone e arrivar prima, perché era la nave più imponente che fosse mai stata costruita e – sia ben chiaro – inaffondabile, è capitato nella notte ad attraversar una zona vagamente pericolosa e, va bene che l’omino, che ha il compito di urlare alla visione del pericolo, stava facendo uno dei sogni più erotici di sempre: trombare la poppa di un’orca assassina in poppa, però andar più piano e affrontare la distesa di iceberg di giorno, pareva brutto? Che poi, secondo me, in quell’occasione, se la son tirata da soli. Io non ricordo, Titanic escluso, sia mai stato detto di una nave che era inaffondabile, invece quelli continuavano a ripeterlo ai pranzi in prima classe e ai concertini, e mentre Jack e Rose si alitavano in faccia nella carrozza appannata, e alla fine è affondato. Per la serie: Così impari, gne gne gne gneggne!
Comunque pure se un secondo è un secondo e un’ora è sempre un’ora, ci sono istanti e istanti, e minuti e minuti. Ricordo la prima volta che dovevano bucherellarmi il braccio per guardare nel mio sangue. Seduto su una sedia di plastica bianca accanto a una signora con le vene gonfie, che aveva il numeretto successivo al mio e borbottava che doveva andare a fare la spesa. L’ho fatta passare avanti non certo perché preoccupato del suo sostentamento – la mia vita sarebbe comunque andata avanti serenamente pure se fosse morta di fame, la vecchia – ma per dilatare al massimo quell’attesa, per vedere quell’ago il più tardi possibile. Poi ci son mesi che volano e non riesco proprio a stargli dietro. E giorni che s’incollano sulla palle insieme alle lancette dell’orologio che ticchettano, ma non si spostano. Non è vero che il tempo è sempre uguale, penso mentre svuoto un barattolo di Nutella mezza congelata a colpi di forchetta. Pensate alle 8 ore della notte per esempio (beato chi le dorme). Quelle son troppo veloci per essere 8 come le ore al lavoro, che sembra che alla fine debbano darti una specie di premio alla resistenza, neanche avessi superato il training per L’isola dei famosi, o fossi riuscito ad ascoltare l’intero CD di Tony Dallara senza vomitare rane scoppiate.
A proposito di vomitare, vorrei invitare Wendy ad andarci piano coi rum e pera perché io, la prossima volta, dentro casa sua alle 4 di mattina, che siam dovuti entrare dal garage che la porta non si apriva perché i suoi avevano giustamente messo la chiave dietro, non ce la riporto. Che mi son anche dovuto sentir un uomo sospetto quando – tu guarda la sorte! – il cognato è rientrato mentre io uscivo dal garage. Tra l’altro io mica lo sapevo che era il cognato quello, e mi son messo anche una cerca paura vedendo uno sconosciuto che s’infilava in casa sua di notte con lei in quelle condizioni sul divanetto della taverna, e non ho neanche dormito all’eventualità che quell’uomo potesse abusar di lei. O che, conoscendola, lei potesse abusar di lui, ecco.