Chi l’ha vista (l’estate)?

È lodevole la mia buona intenzione di studiare, avvalorata poi dalla sveglia puntata alle 9.00. Non è proprio lodevolissima (lo so) la noncuranza che alle 9.00 ha spinto la mia mano a mostrarsi infastidita al suono del frenetico cucù vibrante, e a dare un colpetto al vecchio sharp, quanto basta per farlo crollare dal comodino a terra, e ritrovare la pace del sonno. È spregevole (so anche questo) che io stia dedicando il resto della mattinata al nuovo post, invece che costringermi a sbattere la testa su grafici a forma di torte colorate, ma senza panna, né cioccolato, né crema chantilly, e formule che entrano in my mind come trainate da un bradipo esausto, e che escono alla velocità della luce, e spariscono nel mio personalissimo e affollatissimo dimenticatoio.
Quando? Ieri a pranzo. Dove? Al Mc, ovviamente.
“Scusi è caduta una coca cola” “Arrivo” (che palle!) “Scusa sono cadute due coche” “Insieme?” “Sì” “Arrivo” (che strapalle!) “Scusi è caduta una fanta” “Ma oggi avete tutti le mani di pastafrolla?” digrignando i denti che in realtà vorrebbero gridare: per caso stamattina hanno scaricato al Mc Donald’s una colonia di dementi (con tutto il rispetto)?
Quando ho staccato mi sono cibato della solita insalata di plastica (pare che al di là del suo gusto croccante sì, ma decisamente sintetico, sia comunque la portata meno catastrofica per il fegato umano), e sono partito per Teramo. Una serata in compagnia di Luca e Niccolò. Buona la pizza della Taverna dei Ricordi a Mosciano, un po’ troppo pastosa. Tutta questa massa… come direbbe Luca. Mia madre, quando all’1.00 più o meno sono tornato, mi fa: “Dove sei stato?” “A cena (molto) fuori!” poverina, non mi vedeva dalla sera prima. Chissà quante volte ha pensato di chiamare la sua cara amica Federica Sciarelli per ritrovarmi.
Ah, ma fatemi fare un saluto all’anonima8, la vincitrice del giochino del plagio di Jovanotti, ve lo ricordate? Ricordatevelo va! Ebbene, l’altra sera a piazza San Biagio, mi sento tirare da dietro, mi giro e: “Ciao, io sono l’anonima8, quella che ha vinto il calippo!”. Per un istante ho pensato: ma ‘sta pazza chi l’ha sciolta? poi ho ricollegato, e l’istante dopo ho creduto che lo volesse sul serio, il calippo slinguazzato, e che fosse lì per minacciarmi, così, mostrandole le tasche vuote della mia giacca di jeans, le ho provato che non ce l’avevo. A parte gli scherzi, la ringrazio perché mi ha detto che mi legge sempre, mi ha fatto piacere conoscerla. Magari qualche volta ci andiamo a bere una birra insieme (Matto marpione).
Chiudo con un buon proposito: dopo pranzo (lasagna scongelata) studio. Buona domenica di fine estate a tutti. (Lo so che è estate fino al 21 (giusto?) però, parliamoci chiaro, è finita!)

Light o zero (o nessuna delle due)?

Finalmente è arrivata coca cola zero. Gusto coca cola, zero zucchero.

(Ma non esisteva già la light?)
La pubblicità continua a bombardarci in tv e non solo, e allora, visto che sono in possesso di un vero e proprio segreto di stato, ho deciso di svelarlo e far contenti tutti coloro che non riescono a prender sonno la notte, tormentati dal continuo domandarsi: ma che differenza c’è tra la coca cola light e la coca cola zero?
Intanto, se almeno una volta avete avuto l’impavido coraggio di assaggiarle, avrete intuito, alla prima sorsata, che nessuna delle 2 sa di coca cola, neanche lontanamente. La coca cola light sa di acqua sporca di terra, la coca cola zero sa di schiuma di acqua sporca di terra. Quindi, a meno che il sapore della coca cola originale non sia associabile a quello della schiuma prodotta dall’acqua sporca di terra (e sinceramente mi pare di no) la campagna pubblicitaria di coca cola zero è una truffa. Sì, perché se io sgancio 2 euro pensando di bere coca cola e non assumere calorie, e poi invece mi ritrovo ad assorbire (bere non è la parola esatta) schiuma di acqua sporca di terra, allora tu mi stai fregando.
Assodato questo, ora cercherò di rispondere a tutti coloro che al drive o in cassa si ostinano a chiedere la differenza tra light e zero, considerato che anche la light doveva sapere di coca cola visto che si chiama coca cola light e non, ad esempio, acqua sporca di terra light. Dopo un’attenta analisi degli ingredienti, che l’azienda coca cola, dall’informativa che ha fatto recapitare a tutti i Mc Donald’s, non vorrebbe che io faccia pubblicamente (ma beneamati signori della coca cola, volete che un curioso, o 2 curiosi, o 120 curiosi, se lo volessero, non potrebbero mettere a confronto gli ingredienti, obbligatori sulla confezione, delle vostre due vomitevoli trovate? E quindi, se lo faccio io, che cambia?) credetemi sulla parola se vi dico che la light e la zero sono assolutamente identiche, fatta eccezione per un solo componente, che nella zero è presente in percentuale lievemente superiore che nella light. Il ciclammato di sodio. (E che è?) È un edulcorante. (E che è un edulcorante?) Dovrebbe essere uno zucchero chimico (me l’ha detto una collega che ha studiato un po’ più di me all’asilo), tipo un dolcificante ipocalorico che, suppongo, dovrebbe avvicinare leggermente il gusto a quello della classica coca cola mangiaruggine.  
Morale della favola: una coca cola dignitosa a zero calorie non esiste. Se proprio volete la zero o la light fatevela da soli, gratis. Per la light è sufficiente un bicchierino da caffè pieno fino all’orlo di comune terriccio da giardino (filtrato da sassi, vermi, formiche… sempre se non vi piacciono, eh!) diluito in un litro d’acqua di fontanella. Per ottenere la zero vi basta agitare il composto per un quarto d’ora e inalarne la schiumetta. Facile no?

Alessia Fabiani al Mc Donald’s

Per la serie: incontri di un certo livello in posti di un certo livello, vogliamo parlare del fatto che stavo inavvertitamente rovesciando un vassoietto pieno di patatine vertigo e salse spiaccicate (rende l’idea) su Alessia Fabiani? E parliamone va!
L’imperatrice paperina delle letterine delle cretine delle veline delle pipine nonché orgoglio/vergogna per noi suoi concittadini aquilani, che inseguiamo continuamente la gloria della tv, perché lei ce l’ha fatta signori miei, e non venite a dirmi, giovin pulselle di tutto il mondo, che anche voi almeno una volta non avete desiderato essere al suo posto a interpretare con ammirevole maestria la coreografia di Passaparola che fa ullallaullallaullallallà. Insomma, proprio lei, l’eterna 23enne con le gonnelline provocanti, a mangiare al Mc Donald’s un Big, mi pare di aver scorto, ma non ci giurerei. Stavo ritirando una catasta infinita di vassoietti da sopra la trash della sala esterna (un appello a voi che vi accingete a passare una mezzoretta in allegria nel più vicino Mc Donald’s: cercate di non vomitare sui tavoli e di non fare pipì fuori dalla tazza perché qualcuno deve pur pulire i vostri residui e non è bello, ve l’assicuro. Solo se potete eh!), noto questa scheletrica creatura con due canotti nuovi di zecca al posto delle labbra e un paio di occhialacci grezzi con la scritta dorata Dolce & Gabbana che, se avesse potuto, si sarebbe staccata dalla stecca per occupare l’intera superficie del parcheggio, tanto era mastodontica. Mi fa: “Ciao!” come se tutto il mondo dovesse conoscerla, salutarla, onorarla, la divetta. Probabilmente abbagliato dal riflesso della and commerciale tra i due stilisti ho perso il controllo della fila di vassoi smerdati che fino a un istante prima seppur in bilico, comunque stavano in equilibrio tra le mie mani, l’istante dopo, ahimè un po’ troppo inclinati, sgocciolavano liquami in corrispondenza delle sue tette (rifatte). Si toglie gli occhiali e: “Ohhh!” e io: “Scusa!” e rientro dentro. “Hai visto che c’è Alessia Fabiani seduta fuori?” mi fa la manager. “È Alessia Fabiani quella a cui ho quasi rovesciato un vassoio sopra?”
Esco e lei non c’è già più. S’è vendicata dimenticando (?) i resti del suo pasto sul tavolo, la sbadatella (maleducata), compreso un pacchetto di grissini ancora sigillato. Cos’è, ha paura d’ingrassare? Alessia, quando torni fammi sapere in anticipo che panino vuoi, che te lo insaporisco a modo mio (in bagno).

Assiomi splendenti

Vorrei riuscire a tenere buona quella parte di me che invece non sa stare ferma, e soprattutto zitta. Non sa lasciarsi guidare dal vento a favore, coglierne la brezza, aspettare quando è tempo. Non sa sfruttare le circostanze, le persone, le occasioni. Potrei evitare di essere me, e potrei anche riuscirci visto che in molti si scoprono maestri nell’arte del trasformismo. Otterrei così il giusto pass per la soluzione migliore. La raggiungerei comportandomi come si comporterebbe qualcun altro, che non capisce il mio modo di fare, il mio modo di arrabbiarmi, il motivo che mi spinge a urlare, inveire contro, alzare aria, polvere. Faccio uso di tante parole che cadono pesanti, che si districano tra i rovi e trovano sotto alle pietre anime da colpire. Consumo un po’ di me sapendo già che tra poco sarà tutto uguale a prima. Intanto fuori tuona. Intanto, dentro, la pace soffia silenzio, e stanca la voglia di vedere e sentire. Di restarci di un male che non so raccontare, perché non so neanche spiegare le meccaniche della mia mente e non soltanto, che io per primo non comprendo, che sono mie, complicate, ma irremovibili, immodificabili e certe, come assiomi. Volto pagina e nessuno se ne accorgerà. Perché la nuova ha lo stesso sfondo, gli stessi personaggi, lo stesso fiume e le stesse montagne, gli stessi fuochi d’artificio e gli stessi intrecci. Diversi i colori, che stavolta sono splendenti.

Ho vinto 500mila sterline!

We are delighted to inform you that you are one of the THREE LUCKY WINNERS whose e-mail address won the sum payout of £500,000 GBP. in the UK DELL ELECTRONICS SEASONAL AWARD 2008. To file in for your claims, contact our claim’s agent with your information as provided below:
 
Brown .J. Williams
Email: agt_bwilliams@live.com
 
Full Names:……Country:……. Tel:……Marital Status………Sex…….Age:…. Occupation:…. Nationality:…….
Residential Address: ………
 
Dr. Stella Moore
(information Officer)
 
Praticamente io, che con l’inglese non è che ci vada proprio a letto tutte le notti, secondo questa e-mail (che certamente ho ricevuto soltanto io e altri due in tutto il mondo (di cui uno, a quanto pare dai commenti, è BB) avrei vinto 500mila sterline (senza avere tra l’altro partecipato ad alcun concorso) e mi basterebbe contattare tale Brown J. Williams (se è lontano parente del Dan del celebre Codice Da Vinci giuro che rinuncio al premio) dirgli come mi chiamo, dove vivo, il mio numero di telefono, se sono sposato, il sesso, l’età, il mio lavoro, la nazionalità e l’indirizzo, e lui mi fa il bonifico di 500mila pippi; giusto?
Allora, lasciatemi qualche minuto per compilare la scheda con i miei dati personali, magari ci aggiungo pure il numero di conto corrente e il pin per facilitargli la transazione, poi chiamo il Mc Donald’s e mi licenzio. Che bello, sono ricco!

AAA subaffitto la Stanza per 2 giorni

Stanno per arrivare a L’Aquila Luca e Niccolò. Li ho invitati a dormire a casa questo week end senza naturalmente possedere due posti letto (ma neanche uno) su cui lasciarli liberi di adagiarsi. Provate ad immaginare la reazione della matrona che, sconvolta, annaspava alla ricerca di soluzioni. Abbiamo optato per subaffittare loro (gratuitamente) la nostra seconda casa che è già affittata a 4 studentesse, che ad agosto l’affitto non lo pagano, così dice il contratto, quindi, in teoria (ma in pratica no), ad agosto la casa torna nostra e, se volessimo, potremmo affittarla (stavolta a pagamento) ad esempio a una famiglia di tedeschi decisa a passare il mese più psyco dell’anno nella città più triste dell’anno (forse giusto il Deserto del Gobi fa meno abitanti ad agosto). Il piccolo problemino è che le stronze hanno chiuso le loro stanze a chiave, tranne una. Quindi, o ne sfondiamo un’altra, oppure Luca o Niccolò (o anche una notte a testa, visto che il soggiorno terminerà domenica) dovrà dormire sul divano, che non è letto perché noi, le cose che si trasformano in altre, non le vogliamo.
Tutto questo per dirvi che se non aggiorno fino a domenica/lunedì non sono morto, né ho chiuso per ferie, né sono andato ai Caraibi (sto leggendo L’amore ai tempi del colera di Marquez, fatelo anche voi) né ho vinto al Superenalotto, né un topo mi ha rosicchiato il cavo dell’ADSL , né varie ed eventuali commistioni delle precedenti. È solo che sto con i miei amici per tutte le ore che non lavoro. Se qualcuno ha interesse a scrivere al posto mio e colmare questo tremendo vuoto di 2 giorni, sono disposto a subaffittargli la Stanza; per la cifra ci mettiamo d’accordo. Sì lo so che l’estate sta finendo, che i week end ci si annoia, che con questo caldo non si ha voglia di fare niente, figuriamoci poi di alzare il culo dalla Global Relax e allora,visto che io a voi ci penso, vi lascio da leggere la recensione di Non farmi male scritta da Monia Di Biagio, giornalista e scrittrice che ringrazio per le splendide parole. È un po’ lunga, voi sorseggiatela una quindicina di righe a notte, prima di andare a dormire. Concilierà il sonno, e il quarto giorno la vostra anima gemella si paleserà regalandovi la felicità (eterna). Intanto buon week end!

Silvia, ora sì che puoi fare pipì

Ora che ho scoperto che si arriva nella Stanza sia digitando www.lastanzadelmatto.splinder.com sia senza il www, e non solo. Pure se mettete l’it al posto del com col www, ma anche se togliete il www lasciando l’it, sì che mi sento meglio. Provate anche coi vostri blog, che per quanto io comunque sia una personalità, e questo ormai è chiaro anzi lapalissiano (desideravo da settimane fare uso di tale termine), dubito che il su descritto trattamento sia stato riservato solo al sottoscritto. È un po’ come se tutte le strade portassero nella Stanza, altro che a Roma. Ieri ho fatto apertura delivery e quindi, a pranzo, mi è toccata la sala ed è là che s’incontrano gli individui più strani e spaventosi che la razza umana possa aver generato. Persone che d’improvviso impazziscono, che si perdono nell’incertezza di domande senza senso, che s’infervorano perché i loro diritti di consumatori sarebbero stati in qualche modo calpestati. Questi i tre esemplari in cui mi sono imbattuto, casualmente tutti donne.
Primo esemplare: “Mi scusi?!” “Dica!” “Da dove si esce?”. Allora, premesso che il Mc Donald’s dell’Aquila non è che sia proprio il labirinto di Dedalo, io non posso che dedicarle qualche compassionevole istante di silenzio e, con sguardo esterrefatto, sussurrarle: “Da dove è entrata”, riprendere i milioni di vassoietti abbandonati sulle trash e tornare dentro a pulirne un po’. Chissà se poi quella donna confusa è riuscita ad uscire o vaga ancora lì dentro priva d’orientamento e lucidità, prigioniera di tavolini sporchi di briciole e insalata e ketchup. Il secondo esemplare è una dolce vecchina di quelle che t’ispirano tanta tenerezza, come se non potessero più rialzarsi da lì, come se quel Big fosse il loro estremo pasto (tutta salute, poi) avvolta in un camicione fiorato che mi chiama: “Scusa giovanotto, è caduto un goccio d’aranciata”. Non ci sarebbe alcun problema se il goccio d’aranciata di cui parla lei non fosse proprio un goccio, ma un’ intera Fanta grande tutta sparsa sul pavimento, mentre ragazzine cretine ci passano sopra e rimangono coi piedi appiccicati alle piastrelle ed emettono versetti schifati, e continuano a calpestare la pozza e a trascinare la colla zuccherosa ovunque. E se qualcuna cade e muore è pure colpa mia. “Non si preoccupi signora, vado a prendere il mocio.” Maledetta vecchia, aggiungerei. Diecimila passate tra mocio bagnato e mocio asciutto perché se no rimane il segno nero, tipo quando stacchi una figurina e quella colla non se ne va neanche con le unghie. E la gente che ti guarda come se da un momento all’altro dovesse affiorare dal pavimento un diamante grezzo oppure la navicella di ET. Mentre torno di là mi sento chiamare da una tizia (terzo esemplare) perfetta per interpretare il ruolo da protagonista nel nuovo film di Verdone, tutta precisina, dalla voce impostata, antipatica e convinta forse che noi non abbiamo altro da fare che stare ai suoi comodi. “Sulla mia sedia c’è una foglia d’insalata.” Mi verrebbe da dire: “La scansi, la faccia cadere, se la mangi, se la infili in gola così crepa soffocata” insomma, a me mai e poi mai sarebbe venuto in mente di chiamare qualcuno per farmi spostare una fogliolina d’insalata dalla sedia. Comunque con una pezzetta la faccio cadere a terra. Neanche mi ringrazia. Dopo un paio di minuti mi richiama, sempre lei. “Al bagno delle signore è finita la carta.” Stavolta glielo dico di pulirsi il culo col foglio delle calorie che sta sul vassoietto, anzi no. Vado a prendere un rotolo di carta igienica, lo sistemo in bagno e sento lei che fa alla figlia che avrà avuto 35 anni: “Ecco Silvia, ora puoi andare”.

Occhio agli occhiali!

Sapevo che il vizietto di appoggiare cose sul cofano della macchina nel mentre trovo le chiavi e apro lo sportello, un giorno mi avrebbe punito. È accaduto ieri quando, come al solito, abbandono temporaneamente gli occhiali da vista (mi servono solo per guidare eh!) sul cofano, prendo le chiavi dal marsupio (sì, sono uno dei pochi esemplari sulla Terra ad usare ancora quegli ineleganti, antiestetici, terrificanti marsupi che ti regalano con 2 fustini d’ammorbidente o se ti carichi 25 scatolette per il cane (è il mio caso), ma sono comodi cavolo!), apro lo sportello, mi siedo, chiudo, metto la cintura, aggiusto lo specchietto, infilo la chiave, accendo, ingrano la retromarcia, faccio manovra, poi la prima, e via verso il Mc Donald’s.
Toh, mi son dimenticato gli occhiali. Li cerco mentre guido, sbandando sempre più col crescere del panico. Apro il cruscotto, sempre mentre guido, non ci sono. Perché dovrebbero essere lì se nessuno ce li ha messi? Oddio, vuoi vedere che sono partito con gli occhiali sul cofano? Vuoi vedere che mia madre prima mi squarta, urlando, e poi si suicida gettandosi ripetutamente di testa contro la sua amabile e amata roccera, in giardino? Ormai sono vicino al Mc, tempo per tornare indietro non ce n’è, vado al lavoro sperando di averli dimenticati in casa, con la chiara e contrastante immagine di me che li appoggio sul cofano e poi parto. Alle 17.30 stacco senza aver un solo istante smesso di pensare ai miei occhiali e a mia madre morta tra le pietre (e a me squartato, soprattutto). Chiamo casa.
“Pronto?” Che voce suadente mia madre che risponde al telefono. “Ma’?” “Eh, che vuoi?” Il tono al riconoscermi si fa cupo, sospettoso visto che non chiamo mai. “Ho lasciato gli occhiali in casa?” “No!” “Quindi io, quando sono uscito, li portavo?” La prendo alla larga. “Sì, li portavi.” Il suo tono mi dice che lei già sa tutto. “Ops…” “Li portavi e ora te lo dico io come sono andate le cose.” “…” (Help me!) “Li hai lasciati sul cofano, sei partito, e gli occhiali sono volati per strada.” “È possibile, sì.” “E tuo padre li ha ritrovati sulla statale davanti casa.” (In che condizioni li ha ritrovati? Che faccio, glielo chiedo? Sì, glielo chiedo almeno so se tornare a casa o fuggire in Malesia) “Integri?” “…” “Eh?” “Sì, integri, tu comunque stai fuori di testa!” Riaggancio se no si scarica il cellulare. Immagino mia madre che continua a parlare da sola senza sapere che io, sollevato, sto andando in centro a prendermi un gelato.

In mezzo al cielo, per due giorni

Che poi a sentire Le Vibrazioni non ci siamo andati, e non è stata una gran perdita. Sono stati due giorni passati in un attimo nonostante di tanto in tanto mi fermassi a pensare che assaporandoli con consapevolezza sarei riuscito ad allontanarne la fine. La baita di Niccolò è sempre più bella e curata, ora c’è anche il recinto di pietre e tronchi di legno, la scaletta che porta al piano di sopra, un pendolo a cucù grande e uno piccolissimo, una piccola tettoia e un giardinetto, e tutta la montagna intorno. Pietracamela più che un paese è un piccolo meraviglioso regno, uno spettacolo, e l’hanno capito in molti che affollavano la parte bassa, la piazza. La baita sta in cima, nella pace di tutto. La prima sera abbiamo provato a osservare le stelle col telescopio very professional di Luca che armeggiava coi pezzi secondo le indicazioni di Niccolò che, nel frattempo, tentava di decifrare le 120 pagine di istruzioni. Io intanto tenevo in mano qualche vitarella, per sentirmi di una qualche utilità. Abbiamo deciso che quel punto più luminoso degli altri, non troppo lontano dalla Luna, era Giove e siamo riusciti a puntarlo dopo aver beccato prima un lampione, poi un albero che sembrava impazzito per il vento forte che trasportava le fronde e anche gli scatoloni del telescopio, e che faceva tremare quella piccola pallina luminosa che era Giove, sì. E poi la Luna quasi piena con tutti i suoi crateri limpidi nell’occhio di una lente capace di arrivare al di là dello Spazio.
Il giorno dopo siamo andati a fare un giro intorno, a vedere le pitture rupestri, e poi la sera alla festa di San Rocco in cui si mangiavano panini e si beveva vino gratis, e poi le frittelle calde con una fetta di pomodoro sopra. Nei momenti di puro immobile relax sulle sdraio al sole e nei minuti prima di andare a dormire io leggevo L’amore ai tempi del colera, Luca invece Parlare in pubblico (una specie di manuale con i giusti consigli per dominare le platee, che mi farò prestare al più presto) e Niccolò che si chiedeva il perché di tutto ciò. Ai Prati di Tivo volevamo prendere la seggiovia (più io che gli altri), ma a maniche corte era un po’ troppo coraggioso, così abbiamo optato per buttarci nell’erba a faccia al sole. Ho rivisto Filippo, Camilla e Clarence, i cagnolini di Niccolò. Abbiamo giocato a carte e mi sono scoperto imbattibile campione di Scala40 (vecchi di tutto il mondo, accorrete numerosi a sfidarmi!). Per gli altri invece sono soltanto sfortunato in amore, e questo non è che sia poi così falso. Mi è tornata la voglia d’innamorarmi, dal nulla, e nel nulla sparirà. Sarà stata l’aria di montagna, quell’aria in particolare, ma non è questo il desiderio che ho espresso alle due stelle cadenti che mi hanno attraversato il cielo davanti. È stato un week end speciale che ha saputo restituirmi un pieno di energie e, quando è arrivato il momento di tornare, ero solo un po’ malinconico, ma felice.
Rientrare al lavoro di domenica a chiusura è stato uno shock. La gente non finiva mai, le urla di bambini eccitati all’idea di ingozzarsi di happy meal hanno risvegliato le mie brame omicide. È stato come essere catapultati dal paradiso direttamente al centro dell’inferno.
Chiudo ringraziando i genitori di Niccolò che sono stati come sempre gentilissimi e poi, per l’ennesima volta, Luca e Niccolò che lo sanno che io sto bene e ho voglia di camminare perché ci sono loro.
E voi, oh miei stanzini (Renato Zero ha i sorcini io non posso avere gli stanzini?), che mi dite del vostro Ferragosto?

L’equazione della felicità

(Io + Luca + Niccolò) x {[1giorno + (1notte : stelle) + (1notte : Le Vibrazioni)] } Baita = Ferragosto
 
E, come diceva (ma magari lo dice ancora) il campione del Milan George Weah: “Buon Ferragosto a tutti, belli e brutti!”, molto democratico lui. Divertitevi, e ci risentiamo domenica. Bye!