Ieri avrei voluto aggiornare, e lo desideravo con tutto me stesso, più d’ogni altra cosa al mondo (persino più della fine di tutte le guerre), aggiornare. Però non ce l’ho fatta, fisicamente intendo. Il mio corpo giaceva morto sulla sedia mentre l’anima aggiornava il blog coi pensieri, che però non riuscivano a raggiungere il pannello di controllo di Splinder, perché quelli da soli non vanno da nessuna parte, o meglio, possono andare molto lontano, ma senza le mani a digitare, sul blog no. È stata una mattinata tanto stancante da trasformare la mia giornata in un trascinarmi nei luoghi che dovevo, e poi in casa, dalla sedia al letto, poi alla sedia (perché volevo aggiornare, cavolo!) e poi di nuovo al letto (la resa finale). In due ore ho scaricato e messo a posto 5 bancali di roba (formaggi, salse (e sono tante eh!), pomodori, insalate, coca cola zero, coca cola light (non lasciatevi fregare e controllate gli ingredienti, sono identiche) mozzarelle, smarties, latte sundae, latte shake (e quanto pesano già l’ho detto da qualche altra parte) cartoni d’acqua liscia e frizzante, prosciutto cotto, feta, carni, patate (qualcosa come 40 cartoni), gamberetti, polli, polletti, alette di pollo, dolcetti congelati, file e file di pane congelato, tutto congelato e poi il magazzino con tutti gli incarti, i bicchieri le coppette, i cartoni d’olio, le salsette, i cetrioli, la cipolla disidratata, gli Happy Meal con tutti i giochini, i cucchiaini, il cioccolato per i Flurry nuovi, il sale, lo zucchero, i fustoni di birra che la schiena tira ad ogni sollevamento, finché, secondo me, prima o poi si spezzerà, per non parlare dei bicchieri, quei maledettissimi bicchieri colorati che diamo in omaggio con ogni menù grande, ai quali la gente si sta attaccando come a un’ossessione. È solo un pezzo di vetro a forma di lattina e con scritto Coca Cola, cazzo!). Quando ho finito, all’una e dieci, sono andato in sala a pulire tavoli, vassoietti, svuotare i secchi, pulire i cessi con lo scarico dei maschi che è difettoso e se non sai come prenderlo non fa il suo dovere, che è quello di scaricare appunto, neanche se lo prendi a calci, e allora ogni pisciata resta lì a ristagnare, e io a pulirla. Poi è arrivata dall’Inferno, suppongo, un’indefinita quantità di gente tutta insieme. Il manager mi ha pregato gentilmente di tornare in cucina ad aiutare un ragazzo che da solo non riusciva a stare al passo coi panini della sua postazione. Arrivo e trovo 4 pani bacon che all’aria si stanno raffreddando con nessuna carne in cottura. Suona il toaster ed escono altri 8 pani hamburger e nessuna carne, mi giro al tipo, che per la privacy chiameremo Mangu, e gli faccio: “Ma che cazzo stai facendo?!”. Mi faccio un culo tanto per mettere a posto la situazione dei panini e poi torno in sala che, abbandonata a se stessa, grondava di spazzatura, vassoietti gocciolanti, roba appiccicata per terra. Pulisco tutto e torno in cucina. E avanti così fino alla fine dell’inferno. Quando ho staccato, alle 15.00, il manager e il direttore mi hanno detto grazie. Io non ho avuto la forza di rispondere, ma, considerato quello che avrei voluto esternare, meglio così. A casa ho persino messo la sveglia per non rischiare di appisolarmi a tempo indeterminato, solo che, quando dormi tre quarti d’ora aprendo gli occhi ogni 7 minuti per vedere che ora è, tutto è tranne che riposarsi.
Comunque, visto che qualcuno mi ha rimproverato di non aver aggiornato, chiedo scusa a chi dovesse aver provato risentimento nei miei confronti, a chi afflitto dalla disperazione è scoppiato a piangere quando la pagina ha nuovamente caricato lo stesso medesimo e tale e quale post del giorno prima. A chi ha dovuto per forza di cose rivolgersi ad uno psichiatra che provasse a seguire e reindirizzare il suo improbabile, ma tutto è possibile, percorso di recupero e disintossicazione dalla Stanza. A chi ieri mi cercava per la città per chiedermi in anteprima anticipazioni sul nuovo post, che tardava ad arrivare. A chi costringe amici, genitori, parenti e persino i propri animali domestici, ogni santissimo giorno, davanti al PC e gli legge ad alta voce i miei altissimi prodotti letterari di cazzate quotidiane, e si sente meglio, e la giornata è diversa, e la felicità è di nuovo nell’aria e l’atmosfera è fresca brezza mattutina che aggiusta tutto.
Scusatemi, se potete. Io mi sono molto pentito per ciò che ho fatto. Ho provveduto anche ad impartirmi punizioni corporali degne del tradimento che ho osato perpetrare nei vostri confronti. Un giorno di silenzio. Oh mio Dio, come ho potuto?
Sulla schiena porto i segni delle scudisciate che ho deciso di farmi assestare dal mio cane per dimostrarvi quanto io ci stia male per questa cosa e lui ci godeva, ululava e un filo di bava calava incollato alle sue gengive giganti e mollicce. Basta tutto ciò perché voi possiate donarmi la vostra inestimabile carezza del perdono, e decidere di non tradirmi col blog di Melissa P o Federico Moccia?
Posts published in Luglio 2008
Sex on the beach
Oggi voglio rendervi partecipi degli strabilianti risultati ottenuti in mesi e mesi di sperimentazioni scientifiche sul mio organismo. Io, cavia a servizio dell’umanità. In realtà è solo una breve e non difficile constatazione. Se bevi ti vengono le parole. È questa la conclusione a tutti i miei studi (capite bene quanto abbia potuto studiare io nella mia vita). E non c’entra niente la storia del vino veritas; qua non è di verità che si parla, ma di un paio di bicchieri di vino o di un cocktail alla frutta alcolico, che è la nuova fissa delle mie (poche a dire il vero) recenti uscite notturne. Avete presente la sgradevole sensazione che si prova quando 2, 10, 40, 300 persone vi seguono, con gli occhi puntati nei vostri, catturate dal discorso che portate avanti con saggezza e ottime argomentazioni da più di 6 minuti senza tentennare, finché poi, all’improvviso, TAC, vi manca la parola? Fareste di tutto perché quella parola giunga a collegare come un anello il prima e il dopo della vostra catena, ma il silenzio, che vi augurate possa convincerla a tornare, non serve, e voi rimanete muti finché non decidete di sostituirla con cosa. Se prima di quella malaugurata discussione aveste ingollato un bel bicchiere, nulla avrebbe potuto fermare il vostro notevole favellare, statene certi. Ammutolitevi, oh voi che state già saltando dalla sedia per etichettarmi come cattivo dispensatore di messaggi diseducativi, capace addirittura di incitare all’ubriachezza. Già vi sento con la storia degli incidenti del sabato sera e compagnia bella. No, no e no.
È chiaro che se vi ubriacate le parole vi vengono sì, ma di certo non quelle che cercate, altre di cui fareste volentieri a meno e che non riuscite a tenere dentro per via dell’umore alticcio che vi fa fare brutte figure (oltre che convincervi che quel palo luminoso a pochi passi sia una bella gnocca, e voi, bramosi di raggiungerla, decidete di zomparci sopra, a bordo o no della vostra o di qualcun altro automobile). Il mio messaggio è più sottile. Un bicchiere. Un cocktail. Uno soltanto e vi sentirete oratori professionisti, non avvertirete più l’ansia da prestazione (orale. E meno male che la parentesi mi serviva a fugare facili doppisensi) e immagino che la pompetta dell’alcol test vi risparmierà il ritiro della patente per 6 mesi e, se non dovesse essere così, riuscireste comunque ad annebbiare la mente dell’agente con i vostri inarrestabili discorsi fumosi al punto da lasciarvi andar via, prima di fare lui stesso l’alcol test.
Ora che l’ho scoperto, prima delle presentazioni un bicchierino non me lo toglie nessuno. Voi, provate. (Sex on the beach, ecco come si chiama il cocktail alcolico alla frutta, che non ho bevuto prima di scrivere questo post, altrimenti il nome mi sarebbe rivenuto una trentina di righe fa.) (Il titolo l’ho scritto alla fine.)
Trash week end (10) (Convertini vacci piANO!)
Che so fesso, io che (il quale) penso?
L’importante è che sia un titolo da boom
Mi chiama la mia casa editrice e mi dice che il nuovo romanzo non potrà chiamarsi Supermarket24 (che è come l’ho chiamato io), ma Agenzia matrimoniale. Io chiedo perché (Agenzia matrimoniale cos’è, il nuovo libro di Marta Flavi? Dai, dev’essere uno scherzo!), loro mi rispondono che è così che dovrà chiamarsi perché funziona di più, perché un colosso ha deciso di distribuirlo soltanto a certe condizioni e il titolo è una di quelle e, comunque, o ‘sta minestra o ‘sta finestra. Se dico di no, non mi pubblicano. Respiro rubando qualche istante di silenzio, e continuo a domandarmi come possa essere possibile che qualcuno ritenga il nuovo titolo migliore del mio, quando invece a me sembra di una banalità sconcertante e poi… ma che c’entra con la storia che racconta?!
“C’entra che non serve che un titolo c’entri più di tanto, l’importante è che sia un titolo da boom.” “Allora chiamiamolo Strappami le mutande adesso! sicuramente attira di più.” “Dai Matteo, non scherzare!” “Non scherzo.” “Quindi sei d’accordo o no?” “No che non sono d’accordo!” “Matteo pensaci, perché c’è in ballo una cosa grossa!”
Mi viene da piangere. Comincio a sentire caldo, comincio a sentirmi pazzo con lei che, così calma, mi spiega le dinamiche senza tentennare un istante, mentre io sto imbufalendo. Sì, perché le sue dinamiche si basano su presupposti assurdi ed io non ho più parole per fargli capire che stanno sbagliando tutto. “Allora mi dispiace, non possiamo pubblicarti.” “Ma abbiamo firmato un contratto!” “Sul contratto c’è scritto che possiamo riservarci il dirtto di cambiare il titolo, pena l’annullamento.” “Sì, è scritto in tutti i contratti, poi però non lo cambia mai nessuno!” “Quasi mai…” “Va be’, mai però con uno più brutto!” “Matteo mi dispiace.” “No, senti, cioè, è del mio libro che si sta parlando. Il libro che per trovare un editore c’ho impiegato due anni. E voi siete fantastici, e che significa questa cosa?” “Significa quello che significa. Il mercato ha le sue condizioni e questo mondo, lo sai, non è un bel mondo, quindi ti facciamo avere presto la copia dell’annullamento, e in bocca al lupo!”
Scaglio il cellulare contro la parete, ma la voce della tipa resta immutata nell’aria. Non possiamo pubblicarti se non lo chiami Agenzia matrimoniale, sarà la quarta o quinta volta che lo ripete ed io scoppio a piangere. Vorrei strapparmi i capelli, lo faccio, ma non sento dolore. Ho sete e non riesco a parlare per via della bocca impastata. Gli occhi chiusi, quasi sigillati che trovano la luce del giorno. Una notte di merda. Oddio ragazzi che incubo, e che sollievo al risveglio! Perché il mio romanzo uscirà a fine anno e si chiamerà Supermarket24, come piace a me e alla mia CE (Casa Editrice).
Il Matto opinionista
Trash Week End (9) (Jingle!)
Aiuto, brucio!
Se non mi linki giuro che m’ammazzo!
Ennesima eclissi
È proprio vero che quando la malasorte ci si mette sa essere proprio stronza. È anche vero che c’è sempre nella vita di tutti noi, almeno un momento (magari fosse uno soltanto) in cui arriviamo talmente giù che non abbiamo neanche più la forza e la voglia di piangere. È vero che sembra quasi che capitino tutte a te in quel preciso momento, che poi spesso non è così breve, e allora ci provi, ma non riesci proprio vederne la fine. Però è vero pure che esiste un’alternativa, non sempre, stavolta grazie a Dio sì, ed è quella di ricominciare a costruire. È l’unico modo per riprendersi in generale, e in particolare la propria vita. È una bruttissima giornata questa, però finirà, forse non stanotte, neanche domani, ma presto finirà. Scaccia via tutte le paure ché quelle non ti portano da nessuna parte, t’indeboliscono soltanto. Invece tu presto sarai più forte. La vita purtroppo è anche questo, è crollare. Poi è chiaro che passa, ed è chiaro che tornerai a ridere, e che torneremo a ridere tutti insieme. Perché tu sei tu, e perché la vita nostra è cominciata quando ci siamo conosciuti, di questo ormai ne sono sicuro da tempo. Il nostro è un microcosmo che nessuno può capire. Un mondo dentro una bolla che né il vento, né la pioggia, né un uragano, né una cannonata, né una mitragliata spietata, potranno distruggere. Ed è là che dobbiamo rifugiarci in momenti come questo, per ritrovare le forze, la voglia anche, perché in giorni così vorresti solo addormentarti e sperare che il sonno duri parecchio. È là, dentro la nostra bolla, che dobbiamo ispirare aria pulita, mangiare una gustosa fetta di millefoglie, e tornare fuori a vivere.
Guarda a fra qualche mese. Guarda quanto sole c’è. Mai come stavolta è azzeccato dire che cambierai pagina, cambierai proprio libro tu. Una storia nuova, in una città nuova, dove hai sempre desiderato vivere. Una città bellissima. E poi c’è un impegno che abbiamo preso, ognuno con se stesso, di provare a riunirci e, sono certo, nessuno di noi desidera altro in modo così intenso. Forse perché sappiamo che la felicità è là, insieme. E quando sai dov’è la felicità non puoi smettere un attimo di fissare quel punto e camminare in quella direzione.
Ho conosciuto tante persone in 27 anni. E se mi chiedessero di puntare tutti i miei soldi su qualcuno, su chi vincerà alla fine dei giochi, li punterei su di te. Forza eh! Io sono qua e metto a tua disposizione tutta la mia, di forza. È l’ennesima brutta caduta. A cui bisogna reagire con l’ennesimo calcio in culo a questo destino di merda. Che vada a rompere i coglioni a qualcun altro.