Sì amore, no amore, amore amore amore

Ieri in aula studio sono stato costretto a salutare due mummie a cui avevo tolto il saluto immemore tempo fa. Costretto perché ci sono andato a sbattere. Tolto il saluto è un’espressione forte, diciamo: evitato le loro rotte per non sprecare parole. Loro non mi hanno mai fatto niente, sono tanto bravi per carità, però questo non basta perché io trasformi ogni volta il mio viso in una maschera di gioia mentre sorrido e dico: “Ciao!” (va be’, come salutate voi?), perché io ho a disposizione un quantitativo limitato di energie e oltre quello non si va, e allora devo gestirle con accuratezza. Poi, man mano che il tempo passa (signori, ventisette (quasi) non son pochetti eh!) le energie si affievoliscono e allora saluto solo chi dico io, quindi loro no. Perché? Beh, per un po’ di motivi dei quali uno è paradossalmente proprio che non m’hanno mai fatto niente. Come posso salutare individui che scivolano nella mia vita senza lasciare un segno, un cazzotto, una vomitata sulla giacca, o uno sputo in faccia, che ne so. Niente. Sono ventimila anni che procedono mano nella mano con quelle facce cretine e sorridono tutti ninninininini a tutto il mondo. Fidanzatini, modello: Che palle! (è il nome del modello, pertanto vuole la maiuscola) noiosi, banali, ripetitivi, stancanti, indifferenti, amorino, tesorino, sì piccola mia, sì amore, no amore, amore amore amore. Lui digita al PC ultima generazione, e io ridotto a scrivere i post su un block notes a quadretti grandi con la penna nera dieci pezzi a un euro e cinquantanove (di cui sei nere tre rosse e una verde, perfetta per scrivere le centinaia alle elementari) e lei che evidenzia con i suoi trentasei colori diversi e scrive la g e la o e la l con i tondini e gli arzigogolini, sui suoi appunti che per copiare una pagina in quel modo ci vuole un pomeriggio. Io l’avevo individuati nella stanza, mica no. Stavano all’estremo del mio tavolo, figuriamoci. Però con garbo, raffinatezza e il talento eccelso che mi contraddistingue, mai e poi mai avevo permesso ai miei occhi di incrociare i loro, così da evitare il patetico moment. Solo che, di ritorno dalla pausa studio (una delle tante), nel raggiungere il mio posto, non mi son reso conto che la traiettoria che andavo a percorrere avrebbe cozzato alla metà esatta della sua evoluzione contro il corpo della mummia femmina. “Ahia!” fa lei. “Ma ahia tu!” faccio io. (Sarà stato per via di una naturale forma di difesa inconsapevole, tipo quando dici a uno “Fanculo!” e lui ti risponde: “Ma fanculo tu!”; lo so che ahia non è come fanculo!)
“Ah, ciao!” fa la mummia maschio. “Ah, ciao!” faccio io. “Oh, ciao!” fa la mummia femmina. “Oh ciao!” rifaccio io.
Ecco, e ora chi me la ridà la linfa vitale buttata in quei due inutili ciao?